Per capire il tardo fascismo
Il critico culturale italiano avverte: le analogie con Hitler o Mussolini sono di scarso valore. L'ultradestra si abbevera ai metodi della dominazione coloniale e razzista, riemerge ogni volta che l'ordine del capitale è sotto scacco ed è convocata dalle democrazie liberali...
- di Lisa Lowe -
Nel mondo contemporaneo, le bombe distruggono inesorabilmente scuole, ospedali e riserve d'acqua, costringendo le persone ad abbandonare le proprie case. Le misure di "austerità" approfondiscono quelle che già sono le voragini economiche globali, nel mentre che i governi autoritari sottopongono i più vulnerabili, poveri e senzatetto, alla violenza di stato e all'incarcerazione. È un tempo questo, per usare le parole scritte da Gramsci in un carcere fascista un secolo fa, nel quale «(...)il vecchio mondo muore e il nuovo non può nascere»; dove i fallimenti di un vecchio ordine politico-economico e i "sintomi morbosi" degli Stati-nazione imperiali afflitti da crisi di legittimazione convivono con le alternative emergenti che faticano a nascere. In tutto il mondo, le folle scendono in piazza per chiedere un cessate il fuoco a Gaza; per protestare contro le uccisioni di uomini e donne neri disarmati, da parte della polizia, in Nord America; per chiedere alloggi per i migranti, e la fine dell'incarcerazione di massa; e per proteggere i corsi d'acqua e la Terra dalle estrazioni e dalle costruzioni di oleodotti. Il caos che deriva dalla morte del regime reca in sé le sue stesse atrocità insieme alle nuove forme di terrore, ma rende anche possibili tuttavia anche quelle nuove relazioni sociali che non sono ancora state realizzate. Questi movimenti collettivi – che attraversano diverse storie coloniali e capitalistiche, insieme alle loro regioni e popolazioni – comprendono delle condizioni differenziate ma interconnesse di promessa e di pericolo, che proprio in questo momento storico urgente, e talvolta incomprensibile, si uniscono tra di esse.
Ho letto il libro erudito, elegantemente ponderato e pazientemente argomentato di Alberto Toscano [***], "Late Fascism" [N.D.T.: in italiano, "Tardo Fascismo", edizioni Derive Approdi], come uno sforzo per offrirci i mezzi storici e filosofico-politici per poter comprendere il fascismo nel nostro tempo; mentre che si fanno i conti con il fascismo a lungo termine. I linguaggi politici disponibili sono saturi di logiche liberali, e così spesso velano e ostacolano la comprensione del "presente politico". Contribuiscono all'errato riconoscimento del "fascismo", mostrandocelo come spettacolare ed eccezionale, piuttosto che invece come parte integrante del moderno matrimonio tra democrazia liberale e capitalismo. Il "tardo fascismo" di Toscano, sottolinea come questo errato riconoscimento sia un ostacolo primario alla comprensione, all'organizzazione e alla lotta efficace contro le molteplici contraddizioni del nostro presente politico. Nel discutere la natura e l'eziologia del tardo fascismo, Toscano ci accompagna oltre gli esempi europei del "tipo ideale" di fascismo relativo al periodo tra le due guerre, e decostruisce la presunta opposizione tra fascismo e democrazia liberale, sottolineando come il fascismo non sia monolitico o generico, e come esso non abbia un modello unico e statico, passando per il quale possiamo identificare delle analogie, spuntando un elenco di caratteristiche, e sostiene che dovremmo invece affrontare il fascismo vedendolo come un processo che ha molteplici origini, località e temporalità, e che si verifica dinamicamente in relazione a delle condizioni specifiche. In un certo senso (sebbene non la metta esattamente proprio così), Toscano sostiene che «il fascismo è una struttura, e non un evento», nel senso che non è un'aberrazione del periodo bellico europeo, né uno stato naturale originario dal quale emerge l'antidoto alla libertà politica liberale; ma rappresenta piuttosto una caratteristica persistente della storia del liberalismo colonizzatore, e del capitalismo coloniale. La democrazia liberale non è l'antidoto al fascismo, ma ne è piuttosto la sua condizione di possibilità. Il governo fascista può anche includere - ma non è limitato esclusivamente a essi - anche gli stati autoritari ultranazionalisti. Nell'ambito degli Stati liberali, questo fenomeno alimenta la perdita economica e l'abbandono sociale, accumula le irrisolte energie libidiche ataviche sprigionate dalle crisi e dalle crudeltà dell'ordine sociale diseguale, e le rivolge contro gli altri soggetti razziali, religiosi, sessuali e di genere. Toscano elabora inoltre l'ipotesi che si possa intendere il fascismo in quanto costellazione di formazioni reattive per mezzo di apparati ideologici e statali, i quali hanno l'obiettivo di mantenere, o sostenere, un ordine sociale in decadenza. Questo non è separabile dai colonialismi, ma viene a essere piuttosto intimamente interconnesso all'espropriazione indigena storica e in corso, alla schiavitù e alla controrivoluzione delle piantagioni; i diversi fascismi si dispiegano in opposizione e in previsione di ribellioni insurrezionali che sfidano o trasformano l'attuale regime di proprietà, a partire dai popoli, dai luoghi e dalle regioni in cui viene stabilita l'occupazione e un tenue dominio. È questo il motivo per cui Toscano, per le sue incisive teorie sul fascismo, attinge in particolare alle tradizioni nere radicali e anticoloniali, non solo al fine di dimostrare che, se lo limitiamo all'Italia di Mussolini e alla Germania di Hitler, lo fraintendiamo! Ma anche per sostenere che il fascismo è una formazione ancorata al capitalismo razziale e coloniale, che lo precede e che persiste al di là dell'esempio europeo. Tra i molti contributi preziosi del libro, c'è quello che affronto nel resto dei miei commenti.
I pensatori anticoloniali sono stati gli analisti più acuti del fascismo. Nel suo "Discorso sul colonialismo", del 1950, il martinicano Aimé Césaire identificò le origini del fascismo nel progetto di sottomissione coloniale, affermando che l'Europa riuscì a riconoscere la vergogna e la brutalità della «umiliazione dell'uomo» solo quando essa venne adoperata dai nazisti contro gli europei bianchi; qualcosa che «fino ad allora era stata riservata esclusivamente agli arabi d'Algeria, ai coolies dell'India e ai neri dell'Africa» [*1]. In "Come l'Europa ha sottosviluppato l'Africa", il guyanese Walter Rodney ha scritto che «il fascismo è stato un mostro generato da genitori capitalistici... Il prodotto finale di secoli di bestialità capitalistica, di sfruttamento, dominio e razzismo esercitati al di fuori dell'Europa» [*2]. George Padmore, di Trinidad, ha considerato l'apartheid in Sudafrica come lo Stato fascista classico, e il poeta afroamericano Langston Hughes ebbe spesso a dichiarare che le condizioni affrontate dai neri in America sono state "fasciste". Detto in altri termini, prima che la violenza nazista incarnasse il fascismo, i pensatori radicali neri stavano già descrivendo in dettaglio i fascismi, nel loro essere associati all'espropriazione coloniale e alla schiavitù razziale. Toscano cita "The Black Reconstruction in America" (1935), di W.E.B. Du Bois, leggendolo come testo chiave nell'analisi dell'intreccio tra fascismo e democrazia liberale. Du Bois sosteneva che la schiavitù era al centro del moderno capitalismo liberale. La brutale mercificazione degli esseri umani da parte della schiavitù, non ha smentito solo quelle che erano le pretese di democrazia liberale da parte degli Stati Uniti. La possibilità di una ribellione degli schiavi, ebbe anche il potere di trasformare quel sistema di violenta disuguaglianza razziale, e rese possibile ai liberali riuscire a parlare di "libertà universale". Du Bois affermava che la schiavitù non era un'aberrazione della democrazia liberale negli Stati Uniti; ma che essa era, e ha continuato ad essere, sistemica e costitutiva della democrazia americana, e dell'estensione del potere degli Stati Uniti in tutto il mondo. Il libro racconta la storia di mezzo milione di lavoratori neri che, attraverso il loro massiccio esodo, dalle piantagioni di schiavi del Sud, crearono una situazione simile a quella di una sorta di sciopero generale. Venne paralizzato il sistema delle piantagioni,fu rovesciata la Confederazione e si costrinse il Nord a dover assumere , come causa. l'abolizione della schiavitù. Ma "The Black Reconstruction" finisce per relazionare quella che Du Bois chiama la «controrivoluzione della proprietà»: la libertà dei neri venne bloccata per mezzo del consolidamento di un'alleanza bianca tra industriali del Nord e oligarchi del Sud, mentre si persuadevano i lavoratori contadini bianchi a rompere quella che si era configurata come un'alleanza interrazziale con i lavoratori neri. La “controrivoluzione della proprietà” ha esemplificato proprio una configurazione fascista che sosteneva il capitale bianco e la supremazia bianca in opposizione a una potenziale “insurrezione” che avrebbe potuto porre fine alla schiavitù e all'apartheid razziale, consentendo di sostituirle un ordine sociale costruito sull'accumulazione per mezzo dell'assoggettamento di esseri umani in cattività. In particolare, Toscano si concentra quello che Cedric Robinson chiamava il «la costruzione nera del fascismo». Mostra fino a che punto, oggi, siano sottovalutati i teorici del fascismo americano; dalle Pantere Nere della fine degli anni '60 e dei primi anni '70, agli scritti carcerari e alla corrispondenza dei prigionieri politici, come Angela Davis e George Jackson. Pertanto, invita a ripensare il dibattito teorico sul fascismo, facendolo in relazione alla situazione dei neri americani incarcerati sotto il capitalismo razziale. In quanto prigionieri politici, Davis e Jackson intendevano il fascismo vedendolo come una forma di controrivoluzione preventiva, che utilizzava strutture carcerario-giudiziarie per poter sopprimere le minacce all'ordine sociale capitalistico strutturato sulla dominazione bianca, che venivano percepite.In altri termini, i fascismi sono segnali di crisi del capitalismo razziale e degli eccessi imperiali, che si installano sia sulle debolezze dell'ordine politico-economico che sulla vulnerabilità dell'opposizione ad esso. Toscano commenta dicendo che il fascismo è «reattivo, non solo in termini di contenuto sociale, ma anche sotto il profilo temporale, in quanto risponde, o immediatamente, a una potenziale rivolta rivoluzionaria trionfante o, in maniera mediata, a una sfida oramai vinta o in via di estinzione» [*3].
Nel comprendere che il capitalismo è intrinsecamente instabile, possiamo osservare come esso entri in crisi allorché la contraddizione tra accumulazione e sfruttamento raggiunge un livello insostenibile, insopportabile che si esprime - da un lato - nella sovrapproduzione, nella diminuzione dei profitti e nella disoccupazione; e dall'altro nell'aumento delle disuguaglianze economiche, nella segregazione razziale e nel controllo delle comunità povere e non bianche. Negli Stati Uniti, queste contraddizioni hanno prodotto, dialetticamente, antagonismi per tutti gli anni '70, che esplosero nei movimenti radicali del Potere Nero, Marrone, Giallo e Rosso, negli scioperi dei lavoratori, nelle ribellioni urbane e nei movimenti sociali, dalle femministe nere, fino ai movimenti anti-apartheid e a quelli contro la guerra. A tutti loro, lo Stato ha risposto accrescendo la propria capacità militare, le forze di polizia e carcerarie dello Stato. Ruth Wilson Gilmore ci ha insegnato molto su come, negli anni '80, queste contraddizioni abbiano portato all'espansione del sistema carcerario degli Stati Uniti. Per giustificare sé stesso e il suo monopolio della forza, lo Stato ha lavorato ideologicamente, in modo da costringere a un'identificazione con la cittadinanza multiculturale, punendo così, invece, tutte le "minacce" alla sicurezza nazionale di quella cittadinanza, distinguendo, nel farlo, tra l'uso "legittimo" della forza da parte della polizia e delle forze armate, da una parte, e la violenza "illegittima" del dissenso e della ribellione, dall'altra. Nonostante l'espansione delle funzioni repressive dello Stato abbia moltiplicato gli spazi in cui le comunità sono state rese vulnerabili alla violenza dello Stato, tale violenza tuttavia non si limita solo all'incarcerazione, alla militarizzazione o alla polizia. Le comunità povere, immigrate e razzializzate, precedentemente colonizzate, sono state anche devastate dalle privatizzazioni neoliberali, dalla deregolamentazione e dall'estrattivismo: tutte cose che proteggono le imprese e minano le tutele del lavoro e dell'ambiente degli indigeni; dalla suburbanizzazione e dalla sorveglianza mirata degli spazi sociali urbani; dal panico morale nei confronti della “criminalità urbana”, degli immigrati, delle donne nere e non bianche e delle comunità queer. Anche queste sono tutte operazioni legate e coinvolte nell'espansione dello Stato carcerario statunitense. Angela Davis e George Jackson, nei loro scritti e nella corrispondenza carceraria, discutono l'espansione del sistema carcerario, da parte dello stato degli Stati Uniti, vedendolo come una forma esemplare di fascismo, la quale combina il capitalismo monopolistico, l'imperialismo e le crisi capitalistiche con la soppressione controrivoluzionaria del dissenso politico. In "Tardo Fascismo", Toscano discute a proposito di una delle lettere dal carcere di George Jackson, che si trova in "Col Sangue agli Occhi" (1972). Jackson scrive:
«Quando vengo intervistato da un membro della vecchia guardia e indico il cemento e l'acciaio, il minuscolo dispositivo elettronico di ascolto nascosto nel condotto di ventilazione, la falange di scagnozzi che ci scruta con il suo registratore di plastica a malapena funzionante che gli è costato una settimana di lavoro, e faccio notare che queste sono tutte manifestazioni del fascismo, egli tenterà invariabilmente di confutarmi definendo il fascismo semplicemente come un affare geo-politico economico in cui solo un partito è autorizzato a esistere e non è consentita alcuna attività politica di opposizione.» [*4]. Jackson identifica la prigione come un apparato del fascismo, e lo fa dal punto di vista di un prigioniero politico nero accusato di attività rivoluzionaria armata, che poi è stato assassinato dalle guardie carcerarie. Come prigioniero politico nero, inquadrato in quanto "minaccia" ribelle al monopolio della forza dello Stato, Jackson scrive in maniera trasparente circa la configurazione controrivoluzionaria del fascismo, e sottolinea la materialità del complesso industriale carcerario, dalle tecnologie di sorveglianza, al lavoro svalutato del personale carcerario. Jackson sta commentando il fascismo, e lo vede come ciò che Gilmore avrebbe poi chiamato la «ristrutturazione dello Stato capitalista» mentre cerca di andare avanti, ma non ci riesce. Gilmore enfatizza come la “soluzione carceraria”, adottata dallo Stato razziale americano del dopoguerra per far fronte al fallimento del capitalismo, non sia un fenomeno isolato. La decisione di costruire prigioni che incarcerino in modo sproporzionato uomini e donne neri – e di investire in punizioni industriali, in polizia e militarismo, piuttosto che nel benessere pubblico, nell'assistenza sanitaria o nelle scuole – è stata fondamentale ai fini di una riorganizzazione strutturale di «uno scenario di accumulazione ed espropriazione» del dopoguerra. Come osserva Toscano, il fascismo non è solo una ristrutturazione controrivoluzionaria dello Stato capitalista. Si tratta anche di un'azione preventiva e anticipatrice rispetto a una resa dei conti differita, soppressa o in corso.
- Lisa Lowe - 3/5/2024 - Pubblicato su Outras Palavras il 17/2/2025
***Alberto Toscano è uno dei teorici politici più significativi e originali del nostro tempo. In "Tardo Fascismo", si occupa di un ampio spettro di pensiero antifascista: da Ernst Bloch, George Bataille e Leo Lowenthal ad Angela Davis e George Jackson; da Stuart Hall e Ruth Wilson Gilmore a Jairus Banerji e a Furio Jesi. Ritraendo il fascismo, non come un monolite ma come una serie di risposte alla crisi coloniale e razziale del capitalismo, egli aiuta a far emerge il fascismo dall'impasse dell'analogia, fornendoci le risorse per comprendere efficacemente il nostro presente storico. Inoltre, l'esame che Toscano fa, della lunga durata del fascismo, si riferisce alla colonialità del presente. Nelle parole di Cedric Robinson, «resuscita eventi che sono stati sistematicamente cancellati dalla nostra coscienza intellettuale» [*5]. E ci permette di comprendere le nostre condizioni attuali in un modo del tutto nuovo.
NOTE:
1 - Discorso sul Colonialismo, Monthly Review Press, 1955/1972.
2 - Walter Rodney, Como a Europa subdesenvolveu a África, Verso Books, 1972/2018.
3 - Toscano, p34.
4 - George Jackson, Col Sangue agli occhi. Einaudi, citato da Toscano.
5 - Cedric Robinson, An Anthropology of Marxism, Ashgate, 2001.
Nessun commento:
Posta un commento