sabato 15 febbraio 2025

La quercia di Coriolano e le ghiande ai Maiali…

Nella vita di Coriolano, proprio all'inizio, nella terza sezione, Plutarco racconta come l'allora giovane guerriero ricevette dal suo comandante una corona fatta di foglie di quercia; cosa che, per usanza, veniva concessa a chi salva la vita a un compagno d'armi, proteggendolo con lo scudo. Com'è tipico di Plutarco (cosa che, senza dubbio, costituisce uno degli elementi che nel corso dei secoli ha assicurato il valore del suo stile), egli dà inizio a una digressione, e lo fa sfruttando il tema della "quercia": un albero che rimanda agli Arcadi e all'Arcadia, e che, tra tutti gli alberi selvatici, è il più fertile; e tra tutti  gli alberi coltivati il più vigoroso. «Non bisogna dimenticare», aggiunge Plutarco, «che con le sue “ghiande”, oltre ad essere la fonte dell'idromele, la quercia offre nutrimento, e grazie al suo "vischio" serve ad aiutare nella caccia agli "uccelli commestibili"». Come spesso accade anche in Plutarco, molti dei riferimenti, da lui mobilitati nel corso del tour, servono a un apprezzamento, seppur parziale, del mondo greco. È, per esempio, il caso dell'evocazione delle ghiande delle querce: detto per inciso, Plutarco scrive che era stato un "oracolo", un tempo, a definire gli Arcadi come dei "mangiatori di ghiande". Un’occorrenza di questa espressione, la troviamo nell'Antologia Palatina, la quale riporta il seguente "Oracolo della Pizia", di autore ignoto: «Chiedi l'Arcadia? Chiedi molto, non te lo darò! / In Arcadia ci sono molti uomini che mangiano ghiande / e che ti ostacoleranno sulla strada» [da: Erodoto (1.66), il quale, nel trasmettere l'oracolo, sottolinea che esso venne dato dalla Pizia agli Spartani]. Così, nei versetti 20-21 della decima Bucolica, Virgilio salva uno dei suoi pastori, Menalca, per poi presentarlo come «bagnato dalla messe delle ghiande»; nella nota di un traduttore viene aggiunto che: «La raccolta del frutto della quercia, per sostenere i maiali e i buoi in inverno, viene effettuata nella stagione delle piogge e del freddo. Il pastore arriva bagnato proprio a causa di questo compito invernale. La cosa può essere interpretata anche in un altro modo.» E ancora, Catone, De Agricola, 54, e Columella, VII, 9, 8, riferiscono che «i rustici tenevano le ghiande in acqua per un loro utilizzo successivo» (p. 314-315, n. 18). Infine, nel canto XIII (versi 409-410) dell'Odissea, Omero fa incontrare Eumeo a Ulisse, e nel farlo descrive quale sia l'attività dei maiali: «bevono acqua torbida e mangiano molte ghiande saporite, adatte all'ingrasso».

fonte: Um túnel no fim da luz

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