Lo spettro dell'incoscienza di classe: la socializzazione neoliberale e la malinconia del capitale
- di Comunismo Gotico - 31/1/2025 -
La storia della lotta di classe è stata sempre narrata a partire dalla logica dell'umanesimo: il proletariato in quanto soggetto consapevole, la borghesia in quanto antagonista, e la rivoluzione come orizzonte teleologico. Ma il capitale non ha bisogno di soggetti coscienti, bensì di automi che operino all'interno del suo meccanismo. L'incoscienza di classe non è un errore da correggere; essa costituisce piuttosto la condizione strutturale della socializzazione neoliberista. La soggettività contemporanea si produce sotto forma di uno scarto funzionale, nel momento in cui si trova intrappolata tra l'autonomia simulata di un "Io imprenditoriale" e la totale subordinazione ai flussi che la superano. Non esiste alcuna "falsa coscienza" che debba essere illuminata per mezzo di verità rivoluzionarie, quanto piuttosto un meccanismo di desideri che cattura ogni possibile insurrezione per poi reindirizzarla verso la gestione neoliberista del malessere: Terapia, Consapevolezza, Auto-miglioramento, Resilienza. Ed ecco che, in un simile processo, la malinconia di classe appare come se fosse un residuo affettivo di un mondo che scompare, non perché il proletariato sia stato abolito, ma proprio perché non gli viene più consentito di riconoscersi in quanto tale.
La malinconia di classe e il Capitale in un duello senza fine
Il neoliberismo ha messo fine alla struttura classica del proletariato, e non perché abbia liberato la classe operaia, ma a partire dal fatto che ha frammentato l'esperienza dello sfruttamento in una miriade di micro-contratti, di lavori autonomi, in una precarietà travestita da libertà. Quel che è andato perduto, è la possibilità di un'identità collettiva, mentre al suo posto è rimasto un sentimento spettrale: la malinconia di classe. Questa sensazione non è nostalgia di un glorioso passato operaio, ma è il lutto per un'appartenenza che non si è mai concretizzata. La classe operaia non può più riconoscersi in quanto tale dal momento che il capitale ha dissolto i suoi confini lasciandoci in una sorta di amalgama di autosfruttamento. L'interclassismo, lungi dall'essere un superamento della lotta di classe, è la sua forma spettrale: ora i proletari vengono chiamati "collaboratori", e gli operai sono degli "associati", mentre i disoccupati sono solo degli "imprenditori in pausa". L'identità di classe è stata sostituita dall'autogestione emotiva: anziché l'organizzazione collettiva, quella che ora si impone è la terapia individuale.
Socializzazione neoliberista: produrre soggetti per il capitale
Il soggetto neoliberista non nasce, si fabbrica! Già fin dall'infanzia, la socializzazione non è più il processo di inserimento in una comunità, ma è invece allenamento alla competizione. La scuola non educa, ottimizza. La famiglia non è un rifugio, ma è una minuscola società di gestione delle risorse. La soggettività diventa una start-up, nella quale ciascun individuo bisogna che sia il proprio CEO emozionale. La privatizzazione della vita si riflette sul modo in cui vengono articolate le relazioni sociali. Così, l'amore diventa una transazione, l'amicizia viene valutata in termini di networking, il riposo è solo una pausa in modo da poter poi tornare a produrre di nuovo. In un simile contesto, ecco che la lotta di classe non appare più come un conflitto politico, quanto piuttosto come una disfunzione individuale: se non riesci a svilupparti e a prosperare, il problema non è il sistema, ma sei tu! La socializzazione neoliberista ci insegna a desiderare il capitale senza mai toccarlo, ci fa aspirare alla ricchezza senza però mai mettere in discussione le sue strutture. La meritocrazia, alla stregua di quella che è una grande farsa ideologica, trasforma lo sfruttamento in una questione di attitudine, di condotta. In tal modo, così facendo, il proletariato interiorizza il proprio fallimento, e lo trasforma in disprezzo di sé stesso. La lotta di classe si riduce a essere una crisi di autostima.
Oltre la soggettività rivoluzionaria: per una Critica senza Umanesimo
Il problema della sinistra classica è che essa continua a scommettere sull'umanesimo: vuole risvegliare le coscienze, ripristinare l'identità di classe, inculcare lo spirito rivoluzionario. Ma la soggettività non è né il problema né la soluzione: il capitale non si sconfigge attraverso la “presa di coscienza”, bensì per mezzo dell'interruzione materiale del suo processo di accumulazione. La vera critica non è quella che viene rivolta all'interclassismo visto come "confusione ideologica", ma riguarda piuttosto quella rivolta alla struttura stessa, la quale rende irrilevante l'identità di classe. Se il capitale ha abolito la possibilità di un'identità proletaria stabile, ecco che allora la lotta deve iniziare dalla sua assenza, non dalla sua restaurazione. Indietro non si torna. La malinconia di classe non è un lamento, ma un indicazione, un indizio. Essa ci dice che il proletariato non si è liberato, ma che è stato persino spogliato anche della possibilità di riconoscersi. Ed è in questa incoerenza che il sistema mostra la sua debolezza, e una possibilità. Se non c'è un soggetto rivoluzionario, allora non ce n'è bisogno, non serve: basta che la macchina collassi! Il compito non è quello di ricostruire la coscienza di classe, ma quello di disattivare tutte le strutture che l'hanno resa superflua. Il capitale non deve essere sconfitto a partire dalla soggettività, ma da da tutto ciò che costituisce la sua incapacità di reggersi ed alimentarsi. La sua autonomia non è assoluta, ed è nella sua fragilità che esiste la sua fine.
- Comunismo Gotico - 31/1/2025 -
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