domenica 16 febbraio 2025

Due fratelli per due culture…

A metà degli anni Cinquanta Kurt Vonnegut accetta un incarico di redattore nell’ufficio pubblicitario della General Electric a Schenectady, dove suo fratello maggiore, Bernard, lavora come scienziato nel laboratorio di ricerca, la “Casa della magia”. Mentre il primo scrive brevi comunicati stampa ma ambisce a diventare romanziere, attingendo a piene mani spunti e temi dall’ambiente aziendale, il secondo si cimenta in soluzioni all’avanguardia di controllo del clima destinate a far fiorire i deserti, costruendo generatori a ioduro d’argento e ideando tecniche per “sparare” ghiaccio secco nelle nuvole. I suoi esperimenti attirano l’attenzione del governo: le condizioni meteorologiche si erano rivelate un fattore decisivo nella seconda guerra mondiale, e se i militari fossero stati in grado di controllarle avrebbero potuto programmare più missioni di bombardamento. Ma quando l’esercito prende in carico il “Project Cirrus”, Bernard inizia a nutrire dubbi sugli effetti nell’atmosfera e sulle applicazioni dannose delle sue invenzioni. Ginger Strand racconta l’intreccio delle vite dei due fratelli in un momento in cui le possibilità della scienza sembravano infinite. Restituisce così tutta la complessità dei loro dilemmi, le loro frustrazioni e disillusioni di fronte alle inquietanti questioni etiche del loro tempo, mostrando come i reali progetti di intervento dell’uomo per modificare il mondo naturale abbiano influenzato uno dei romanzieri più inventivi del Novecento.

(dal risvolto di copertina di: Ginger Strand, "I fratelli Vonnegut". Treccani, pagg. 408, € 27)

Due fratelli compresi tra due culture
- Ginger Strand ha scritto l’originale biografia di Kurt e Bernie Vonnegut, scrittore l’uno e scienziato l’altro. Un intreccio del grande Novecento -
di Goffredo Fofi

Posso vantarmi di essere stato tra i primi e più forti ammiratori avuti da Vonnegut in Italia, da bravo lettore adolescente dei romanzi di “Urania” e di “Galaxy”, e di aver trascinato, in anni ormai lontani, nella mia ammirazione amici che fecero molto perché egli venisse letto e rispettato anche in Italia – e forse prima in Italia che in altri paesi: Grazia Cherchi e Stefano Benni. E ricordo quanto mi disse Giovanni Jervis di ritorno da Berkeley che tanti studenti con cui aveva dialogato – siamo nei primi anni 60 del Novecento – citavano Ghiaccio-nove come un saggio di filosofia politica, un manuale utile alle prossime rivoluzioni… Fabio Deotto, il prefatore di quest’ottimo libro e presumibilmente il suggeritore della sua traduzione italiana, presta molta attenzione a Ghiaccio-nove più ancora che a Mattatoio n.5, che è il più celebre tra i molti romanzi che Vonnegut ha scritto – con ragione il più noto, perché il punto di partenza era il terribile bombardamento di Dresda a cui assistette e in cui patì il soldato americano Vonnegut prigioniero dei tedeschi – in una interrogazione semplice e complessa, primaria e fondamentale sul bene e sul male, e sul portato micidiale della scienza, ché le bombe sganciate dagli aerei alleati che rasero al suolo Dresda anticiparono di poco l’orrore di Hiroshima e Nagasaki. La preferenza che è possibile portare a Ghiaccio-nove non deriva solo dal suo assunto (a suo modo pre-ecologista), del prodotto chimico che trasforma tutte le acque del pianeta in ghiaccio, provocando né più ne meno che la fine dell’uomo e della natura, la fine della vita. Ma in Ghiaccio-nove c’è un altro tema fondamentale nella storia dei due giovani molto radicali e decisamente rivoluzionari, che optano per una divisione dei loro compiti, delle loro scelte: il primo diventerà un leader rivoluzionario, farà la rivoluzione, mentre il secondo, da profeta più religioso che politico, dovrà criticarne attivamente idee e azioni, creando in tal modo una dialettica che potrà dare alla rivoluzione sia una più alta idealità che una più lunga durata. Non è questo che sembra interessare per prima cosa né Deotto né Ginger Strand, l’autrice di questo vivace ed eccitante saggio biografico che punta l’attenzione sul rapporto tra Kurt e il fratello maggiore Bernard, sinora poco studiato. I due fratelli hanno lavorato entrambi alla General Electric, ma Kurt vi aveva un compito, diciamo così, da ufficio stampa, mentre Bernard era un vero e proprio scienziato, coinvolto in un’idea tanto grandiosa quanto micidiale: quella, che non sembrò affatto assurda, di agire chimicamente sulle nuvole controllando in tal modo le precipitazioni, scatenando piogge che avrebbero potuto combattere la siccità ma che avrebbero potuto anche provocare delle vere e proprie alluvioni.
Ovviamente la visione che Kurt ha delle cose è diversa da quella degli scienziati, ma si forma in un rapporto, affettivamente forte, con il fratello. E tutto questo non può che rinviare al grande dibattito di quegli anni che trovò la sua più chiara espressione in un celeberrimo saggio di C. P. Snow, del 1959, appunto su Le due culture, sulla distanza tra quella umanistica e quella scientifica. Il rapporto tra i due fratelli Vonnegut diventa così, per la Strand, esemplare del confronto tra le “due culture”, ed è questo a fare il pregio maggiore del suo libro. Senza dimenticare che i romanzi di Kurt, decisamente umanistici, non solo freddamente o astutamente fantascientifici come quelli di tanti suoi colleghi, insistono molto concretamente su una visione del futuro, del rapporto tra uomini e natura e tra uomini e cosmo, decisamente attiva e positiva. Si può immaginare un mondo migliore del nostro? Si può, e Kurt ne era convinto. I suoi libri sono anche formidabili storie di ammaestramento, di morale e di politica. Seguendo passo passo il confronto tra i due fratelli, Ginger Strand non ci regala soltanto notizie preziose su uno dei maggiori scrittori del Novecento, ma ci aiuta a capirne meglio le storture e a guardare con una certa angoscia a quello che la scienza come la politica non hanno saputo o voluto fare. Dell’importanza di Vonnegut nella storia della cultura del Novecento anche i rappresentanti della cultura più ufficiale e più accademica – meglio tardi che mai! – si sono dovuti via via convincere. E questo non diversamente da come in passato quella cultura aveva dovuto convincersi della assoluta grandezza di Mark Twain, forse l’unico scrittore americano a cui Vonnegut può essere comparato, fino al punto che tanti hanno potuto definire Vonnegut il Mark Twain del Novecento… E davvero non è poco. Ginger Strand segue il legame fraterno e dialettico tra Kurt e Bernard Vonnegut, e aiuta a convincerci ancora di più della grandezza dello scrittore. La differenza di Kurt Vonnegut da tanti scrittori e di Bernie Vonnegut da tanti scienziati sta, credo, nell’affermazione di una dialettica tra scienza ed etica, e per Kurt tra etica e letteratura. Mettendo a confronto Kurt e Bernie e le loro scelte e le loro idee a partire non dai loro diversi interessi ma dalle loro scelte “professionali”, dai loro diversi talenti e dalle loro diverse competenze, e sia dentro una realtà famigliare che dentro una realtà storica e sociale, Strand fornisce preziosa materia per le riflessioni dei lettori sul fronte delle “due culture”: la differenza tra le quali può apparirci oggi perfino più profonda che in passato.

Goffredo Fofi - Pubblicato su Domenica del 12/5/2024 -

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