lunedì 6 febbraio 2023

Senza più cavallo, ho perso il treno e mi trascino dietro questa inutile sella…

Perso il treno della rivoluzione della microelettronica, e morto il valore d'uso che era il suo cavallo, il soggetto si trascina continuando a portare sulle spalle l'inutile sella, come un feticcio!!

Il cavaliere e la sua sella: riecco la questione della «forma germinale»
- di Frank Grohmann -

Venticinque anni fa, il crollo della «modernizzazione di recupero» e la crisi globale del lavoro astratto in quella che era la già avviata terza rivoluzione industriale della microelettronica vennero visti, dalla critica della dissociazione del valore, come dei segnali, a partire dai quali venivamo avvisati del fatto che le categorie reali oggettivate del sistema di produzione delle merci avrebbero raggiunto un limite storico assoluto, e la loro dinamica si sarebbe esaurita.
La domanda posta in quel contesto  - nel momento storico della fine degli anni Novanta – che chiedeva se, potenzialmente, dal punto di vista della critica della dissociazione del valore [*1], la rivoluzione digitale avrebbe potuto essere la «forma germinale» di un'emancipazione sociale, ha avuto una risposta più tempestiva di quanto all'apparenza potesse allora sembrare. L'«economia naturale microelettronica», che nel 1997 era stata ipotizzata da Robert Kurz come la «forma germinale» comunicativa di un'emancipazione sociale che avrebbe reso possibile una riflessione cosciente e una socializzazione diretta in grado di superare la socializzazione del valore [*2], è stata seguita, appena un anno dopo, dalla formulazione di una presa di distanza dal «concetto ausiliario di economia naturale»; concetto è ora solamente «ironico». Ma allo stesso tempo, Robert Kurz ed Ernst Lohoff continuano a insistere nel dire che: «Ciò che bisogna fare con le forze produttive microelettroniche, al di là del valore, non è frutto di una dinamica propria della tecnologia [...], ma dei liberi obiettivi di una società consapevole di sé stessa» [*3]. Ma non più tardi del 2010, a partire dalla constatazione del coincidere di «un armamento tecnologico senza precedenti nell'immediatezza dei potenziali di interazione globale» con «un'atomizzazione, altrettanto senza precedenti, degli individui diseredati dal capitalismo», ecco che ora questa metafora della «forma germinale» – che fino a tredici anni prima veniva ancora difesa - viene ora invece criticata, dal momento che «ricade tra le fantasie alternative di de-socializzazione» [*4].

Questa revisione autocritica di quella che era stata un'ipotizzata prospettiva di emancipazione sociale, avviene essenzialmente a partire dall'«addio al valore d'uso» [*5], ossia da una critica che già sei anni prima segnalava che: il valore d'uso, che è rimasto a lungo «in uno stato di innocenza storica», si rivela invece come una «funzione del valore di scambio», sempre già «orientato» da quest'ultimo; ragion per cui la categoria che esso designa nel sistema produttore di merci, viene anch'essa sempre più riconosciuta come una categoria altrettanto negativa. Sotto il diktat del moderno sistema di produzione di merci, la «riduzione al concetto di utilità»  porta, da un lato, al fatto che a diventare sempre più discutibile non è solo il riferimento a questa utilità, ma è proprio  «l'utilità stessa che diventa sempre più sospetta»; mentre, dall'altro lato e allo stesso tempo, i prodotti di un'eventuale «forma germinale di economia naturale microelettronica» non possono ora avere altro destino se non quello di essere prodotti come merci, vale a dire, di essere fin dall'inizio dei «prodotti di scarto della valorizzazione del capitale» [*6].

Di fatto, i due momenti così evocati si trovano a essere collegati dall'interno: retrospettivamente, la metafora della «forma germinale», la quale  serpeggia per tutto testo del 1997, si trova già sporcata da un residuo di feticismo del valore d'uso - che essa invece intenderebbe appunto combattere, mentre che al tempo stesso testimonia una critica, non ancora intrapresa, «del concetto stesso di soggetto» [*7] - al quale necessariamente conduce l'approccio ben presto abbandonato; e per quel che riguarda il futuro, ciò significa, almeno per noi oggi, che non si può più tornare indietro, cancellando questo nesso logico, anche se la sua assunzione concettuale è tutt'altro che una sfida secondaria

Pertanto non si tratta di «perdere il treno» [*8]. Dal momento che alla fine, quanto più diventava chiaro il perché la sinistra - con la sua «categoria preferita» e con la «parola magica» della scommessa sul valore d'uso [*9] - aveva puntato sul cavallo sbagliato, tanto più chiaramente bisognava riconoscere, da parte del movimento critico della dissociazione del valore, che anche il treno della rivoluzione microelettronica - la quale avrebbe dovuto portare a destinazione cavallo e cavaliere - non avrebbe potuto fare altro che andare anch'esso nella direzione sbagliata. Pertanto, quello che non è ancora arrivato, non può essere altro che un treno «emancipatore», e non una «socializzazione diretta»!

Non c'è perciò da stupirsi se da allora e fino a oggi - visto che in tal modo il soggetto si è trovato, finalmente e definitivamente, senza cavallo e senza treno - tutti gli sguardi sono stati rivolti a questo cavaliere con la sella sulla spalla: «La soggettività può sempre e solo designare un soggetto che esiste nel quadro delle forme del feticcio, il quale gestisce e amministra le possibilità di scelta preformate dalla logica del valore» [*10]. In questo modo,  nel 1998, si è aperto in seno alla critica della dissociazione del valore il «terzo» - che continua ancora oggi, venticinque anni dopo - «ciclo ancora incompiuto della critica del soggetto» [*11]. Benché il concetto di «dominio senza soggetto», forgiato cinque anni prima a partire da Marx, sia stato il punto di partenza di questa critica, esso non poteva prescindere dall'esame della nozione di ciò che è il soggetto in psicoanalisi, e che aveva potuto essere avviato solo in quel contesto [*12]. Anche se aderiamo all'idea secondo cui questo subjectum debba essere distrutto [*13], dal momento che esso viene modellato esclusivamente dalle forme del feticcio, il superamento di questa «forma soggetto» [*14] non può essere affrontato senza che ci sia un confronto  con il «soggetto dell'inconscio» freudiano (Lacan) [*15]: e questo non solo perché non può esistere un soggetto di «dominio senza soggetto» senza che esista un portatore incosciente; ma ancor più, e soprattutto, perché il soggetto non è disposto a rinunciare semplicemente a ciò che deve portare, anche se si tratta di un'inutile sella.

- Frank Grohmann, 4 febbraio 2023 - Pubblicato su GRUNDRISSE. Psychanalyse et capitalisme 

NOTE:

[1] Si veda « Quelle forme germinale de la transformation sociale ?»
[2] R. Kurz, « Anitökonomie und Antipolitik. Zur Reformulierung der sozialen Emanzipation nach dem Ende des ?Marxismus? », Krisis, 19, 1997.
[4] R. Kurz, « Seelenverkäufer. Wie die Kritik der Warengesellschaft selber zur Ware wird », 2010.               [3] « Was ist Wertkritik? », Interview der Zeitschrift Marburg-Virus mit Ernst Lohoff und Robert Kurz, 31.12.1998.
[5] R. Kurz, « Abschied vom Gebrauchswert », 2004.
[6] Ivi.
[7] « Was ist Wertkritik? », op.cit.
[8] Si veda « Quelle forme germinale de la transformation sociale ?», op.cit. : « Est-ce donc que l’émancipation sociale a selon Kurz raté dans les années 90 le train en marche de la révolution numérique […] ? »
[9] R. Kurz, « Abschied vom Gebrauchswert », op.cit.
[10] « Was ist Wertkritik? », op.cit.
[11] Après la première, qui s’appliquait au « sujet du ?travail? » et la seconde, concernant la « subjectivité politique ». Ibid.
[12] R. Kurz (1993), « Domination sans sujet. Pour le dépassement d’une critique sociale tronquée », Raison sanglante. Essais pour une critique émancipatrice de la modernité et des Lumières bourgeoises, Crise & Critique, Albi, 2021.
[13] »Ceterum censeo subjectum delendum esse« conclut l’article : R. Kurz (2004), « Tabula rasa. Jusqu’où peut et doit aller la critique des Lumières ? », Raison sanglante, op.cit.
[14] Ibid. Voir aussi : R. Kurz (2004), « Ontologie négative. Les obscurantistes des Lumières et la métaphysique de l´Histoire à l’époque moderne », Raison sanglante, op.cit.
[15] Il paragone freudiano del cavaliere e del cavallo, con il quale si cerca di illustrare la dipendenza dell'«importanza funzionale dell'io» dalle sue forze prese in prestito dall'id, viene reinterpretato nel senso del soggetto dell'inconscio dalla lettura lacaniana dell'aforisma «Dove c'era l'id, deve venire l'id» che segue a questo paragone. Si veda S. Freud, "Le Moi et le Ça", Essais de psychanalyse, Éditions Payot, Paris, 1981 [1923] e S. Freud, Nouvelles conférences d'introduction à la psychanalyse, Gallimard, Paris, 1984 [1932/33]; J. Lacan, "La Chose freudienne ou sens du retour à Freud en psychanalyse" (1955), "Subversion du sujet et dialectique du désir dans l'inconscient freudien" (1960), "Position de l'inconscient" (1960/64), in Écrits, Seuil, Paris, 1966.

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