Raccattacadaveri è la storia del trionfo e della caduta di Larsen, di professione contabile, e ruffiano sentimentale nell’animo, che vediamo alle prese con l’assurda e rocambolesca impresa di metter su un bordello nella polverosa e corrotta cittadina di Santa María. La faccenda genera com’è ovvio lo scompiglio e la mobilitazione del prete, delle mogli e dei benpensanti locali, che si opporranno strenuamente, in una crociata comica quanto implacabile. Messaggi anonimi cominciano a diffondersi di casa in casa, denunciando ogni compaesano visto aggirarsi nei pressi della casetta sulla costa dove le tre donne coinvolte da Larsen hanno avviato l’attività. Così, dopo un brevissimo istante di gloria, il progetto è ovviamente destinato al fallimento, e costringerà Larsen all’esilio che precede il suo maestoso ritorno in un altro romanzo dell’autore: Il cantiere.
Intorno alla storia di Larsen si dipanano poi la quotidianità impetuosa di Marcos, sempre in cerca di attenzione e comprensione, il dramma del giovane Jorge Malabia, innamorato della cognata Julita, e la vita dell’eterno osservatore del mondo onettiano, il dottor Díaz Grey. Alternando voci e punti di vista, Onetti ci regala con questa storia un capolavoro di scrittura e struttura, fra i cui personaggi più memorabili c’è la stessa Santa María.
(dal risvolto di copertina di: Juan Carlos Onetti, "Raccattacadaveri". Sur, pp.298 €18)
La chiesa che promette la vera eternità è un bordello con donne che nessuno vuole
- Un uomo usa il sesso per cambiare la vita di un paese perbenista e corrotto nella provincia uruguaiana. Arruola prostitute brutte e anziane, ma il prete locale lancia una crociata contro il “raccattacadaveri” -
di Nicola Lagioia
In una celebre intervista per la Paris Review William Faulkner diceva di essersi accostato all'Ulisse di Joyce «come un prete battista analfabeta si avvicina al Vecchio Testamento: con la fede». Ci si potrebbe allora domandare come Juan Carlos Onetti, che di Faulkner raccolse il testimone per l'America del Sud in netto anticipo rispetto a Gabriel Garcìa Màrquez, rielaborò l'eredità del bardo del Mississippi. Quando Onetti esordisce con Il pozzo è il 1939, e Faulkner ha scritto già tutti i suoi libri più importanti. In particolare ha pubblicato tre anni prima, Assalone! Assalonne!, il suo romanzo più tortuoso, linguisticamente ricco e fantasmatico. Molti epigoni guarderanno a Luce d'agosto, Mentre morivo, L'urlo e il furore. Ma se anche per Onetti «il passato non è morto. Non è nemmeno passato», è in cattedrali come Assalonne! Assalonne! che lo scrittore di Montevideo deve aver sostato a lungo per poter scrivere, anni dopo, un grande libro come Raccattacadaveri, e ci deve aver sostato non come il battista faulkneriano davanti a Joyce, ma come una charrùa, uno sciamano, il sacerdote di una religione precedente a quella in cui Faulkner era immerso e a cui Joyce, prima di lui, si ribellò.
Raccattacadaveri esce nel 1964 e sembra chiudere definitivamente la partita che la letteratura europea aveva aperto all'inizio del secolo, quando aveva provato a scassinare il grande congegno che è alla base di ogni storia: il Tempo. Naturalmente tutto questo accade mentre ogni illusione di linearità cronologica viene colpita al cuore da ben due rivoluzioni scientifiche: relatività e meccanica quantistica. Per Stephen Dedalus così la Storia è un «incubo da cui sto cercando di svegliarmi». Dedalus è l'alter ego di Joyce, un giovane intellettuale colto che cerca di minare il grande palazzo della civiltà europea dall'interno (chi, tuttavia riuscirà in quel romanzo davvero a svincolarsi - a risvegliarsi addormentandosi - dall'inganno di Chronos sarà la Molly-Penelope del conclusivo flusso di coscienza).
In modo analogo, il Marcel di Alla ricerca del tempo perduto è un europeo che ha letto tutti i libri e ha partecipato a tutti i party (sarà facendo collassare su sé stessa una cultura secolare che potrà finalmente trovarsi, tra le rovine simboliche della sua vita ma anche tra quelle fisiche di una Parigi bombardata, a contemplare il Satori del Tempo ritrovato, cioè le cose come appaiono quando è rotta l'urna temporale in cui sono rinchiuse), così come dal cuore della civiltà del Vecchio Continente vengono a noi Mrs. Dalloway e i componenti della famiglia Ramsey di Gita al faro di Virginia Woolf. Il modernismo (quello che abbiamo detto per la letteratura vale per la pittura e per la musica) nasce insomma come la ribellione di una civiltà ad alcuni dei suoi stessi principi fondanti, e non di rado per attuarla (basti pensare ai debiti del cubismo con l'arte africana) deve affidarsi a un movimento regressivo. Ecco allora che quando questa corrente attraversa l'Atlantico, e approda al continente americano, trova un'ideale terra di elezione. Gli Stati Uniti meno urbanizzati (in particolare il Sud) sono una terra molto più selvaggia di qualunque provincia europea. Qui in America la frattura cronologica, il dialogo con i fantasmi, non ha bisogno di uno scassinamento intellettuale troppo energico per essere praticata. In Mississippi, per esempio, la cassaforte del Tempo è già in parte manomessa, o non ancora saldata in modo inamovibile. Così per Faulkner quella breccia è già mezza aperta quando l'Ulisse di Joyce gli offre gli strumenti non tanto per sovvertire un ordine ma per assecondare una delle forze che ancora muove il mondo in cui egli vive. Nel caso di Faulkner i fantasmi escono a fiotti dalla carcassa della Guerra di Secessione, e lo scrittore non deve fare altro - armato di un incredibile talento, certo - che farli interrogare da personaggi in bilico da questa parte: Assalonne! Assalonne! è il dialogo incessante di un mortale coi fantasmi. Ma poi la corrente, questa cifra e questa arte narrativa, si sposta a sud. A Juan Carlos Onetti, e a molti scrittori ispanofoni, l'eredità europea, transitata al sud dal nord America, arriva come scrivevo a chiudere un cerchio. O meglio, a richiuderlo.
Raccattacadaveri racconta la storia di Larsen, che entra nella città di Santa Maria con il proposito di aprirvi un bordello, servendosi di donne che in qualunque altro contesto verrebbero rifiutate, dimenticate - donne vecchie, troppo magre o troppo grasse, poco avvenenti, essere crollanti, eppure al tempo stesso delle pizie ideali -, sacerdotesse del mestiere più antico del mondo in un tempio che di depravato a ben guardare ha pochissimo, e rischia invece al contrario, quel postribolo vagheggiato da Larsen (in un'ottica chiaramente rovesciata), di profumare di sacro. Non a caso, uno degli antagonisti del nostro Raccattacadaveri è Bergener, che a Santa Maria fa il curato. Qual è dunque la vera chiesa del luogo? Il bordello o la chiesa vera e propria? Gli eroi di Onetti sono fondamentalmente degli sconfitti, degli emarginati, degli esiliati, dei falliti che si passano la voce di continuo tra loro e che, attraverso una prosa ricca di particolari, sinuosa ma al tempo stesso asciugata - un giardino pietrificato, mi verrebbe da dire se dovessi ricorrere a un'immagine -, parlano dentro e fuori dal tempo. Di nuovo Chronos, il vero avversario di questo eroico pugno di scrittori. Se Stephen Dedalus è un giovane uomo che prova a uscire dalla cassa da morto della Storia, se in Assalonne!, Assalonne! un giovane studente, Quentin Compson, che interroga i fantasmi per tramite della vecchia Rosa Coldfield, Il Raccattacadaveri di Onetti, così come del resto Nelly, Maria Bonita, Irene, Tito, e perfino Bergner (probabilmente a sua insaputa) sembrano tutti già fantasmi: vocianti e liberati dalle ancore del tempo mortale, non hanno più bisogno di un tramite per esprimersi, si offrono direttamente a noi parlando da un altrove che è poi la dimensione a cui tutti in segreto aspiriamo. Larsen questo, in fondo, lo sa. Bergner probabilmente l'ha solo dimenticato.
Uno degli architravi culturali d'Europa fu la religione cristiana (c'è, nella rivolta di Stephen Dedalus contro il cattolicesimo, non solo una spinta politica ma anche una radice metafisica), la quale distrusse il movimento circolare del tempo pagano (l'antica civiltà contadina) imponendo, al suo posto, il tempo se si può dire lineare (la linearità di un fiume che punta all'oceano) dell'escatologia. Ma in Sudamerica quella morsa era più debole, ogni religione più sincretica, e dunque era più facile, per gli scrittori davvero dotati, poter evadere del tutto (attraverso gli strumenti del modernismo) dalle anguste segrete della civiltà europea, in un modo che agli europei e ai nordamericani oltre una certa soglia era interdetto. L'Europa in questo caso racconta una crisi, il Nordamerica uno stallo paradossale (l'impotenza di Priapo?), il Sudamerica una follia umile e liberatoria. Tra l'Onetti del Pozzo e l'Onetti di Raccattacadaveri succedono tuttavia diverse altre cose, in Sudamerica. Altri scrittori strabilianti mettono a punto, sempre meglio, quell'ordigno a orologeria, fino a quando uno di loro (grazie anche alla lezione di Onetti) accende la miccia e al tempo stesso cristallizza l'esplosione: è il Juan Rulfo di Pedro Pàramo. In quest'ultimo romanzo, uscito per la prima volta nel 1955, si racconta la storia di Juan Preciado che, entrato per mantenere una promessa nel paese di Comala, sulle tracce del proprio passato, si ritrova in una comunità di fantasmi. Onetti, che aveva aperto il solco, continua a lavorare su questa traccia in un continuo passaggio di testimone e scelta al bivio di quali strade imboccare. Per esempio, quando Onetti scrive Raccattacadaveri si muove grande decisione nella direzione opposta rispetta a quella verso cui un altro formidabile scrittore di lingua spagnola, molto più giovane di lui, si spingerà pochi anni dopo: il Mario Vargas Llosa di Conversazione nella «Catedral» constata - seppure su piani diversi, e per paesi diversi: «in quale momento si era fottuto il Perù?» - una follia e un fallimento non lontano da quello di cui da tempo aveva preso atto l'autore uruguayano, solo che mentre per Onetti ciò che resta da fare è abbandonarsi alla misera polvere del nulla e cioè dell'eternità, Vargas Llosa crede che nella civiltà occidentale (pianta mai attecchita come si deve in Sudamerica), se solo si riuscisse a portarla meglio a compimento, risieda una possibile salvezza. Chi è allora più pazzo tra questi due grandi scrittori, così vicini e così agli antipodi?
La Santa Maria di Onetti - luogo aereo e polveroso quanto la Santa Teresa di Roberto Bolaño sarà infernale e sotterranea - è la Lhasa di esperienze letterarie come questa, a suo modo una città sacra, e il bordello a cui Larsen dedica la sua missione è il centro di questo centro, la polvere dorata nella polvere di orologi e meridiane dove tutte le voci si confondono, più efficace di una fumeria d'oppio, meglio di una chiesa. Quel santuario travestito da bordello è insomma il misero spazio dove il tempo svanisce, è la casa in cui - a patto di saper abbandonare il resto (la sconfitta è il passaporto per la libertà, il fallimento è l'ostia di questa religione) - si può essere felici.
- Nicola Lagioia - Pubblicato su TuttoLibri del 5/11/2022 -
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