martedì 9 febbraio 2021

Quei quattro cavalieri dell’A…….

La tendenza dominante è quella di affrontare le sfide storiche?
- di Michael Roberts*

Di recente, la neo-confermata segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, ed ex capo della Fed [N.d.T.: Il Federal Reserve System, conosciuto anche come Federal Reserve ed informalmente come la Fed, è la banca centrale degli Stati Uniti], Janet Yellen, ha esposto in una lettera indirizzata al suo stesso staff quali sono le sfide che il capitalismo statunitense dovrà affrontare. Ciò che ha detto è che « l'attuale crisi è assai diversa da quella del 2008. Ma la sua portata, e le sue dimensioni, se non più grandi, non sono da meno. La pandemia ha provocato la devastazione totale dell'economia. Intere industrie hanno sospeso il loro lavoro. Sedici milioni di americani si trovano ancora a dipendere dall'assicurazione sulla disoccupazione. Gli scaffali dei magazzini dei supermercati si stanno svuotando. » Questo è adesso; ma andando avanti, leggiamo che Yellen dice che ci sono state « quattro crisi storiche: il Covid-19 è una. Ma in aggiunta alla pandemia, il paese sta affrontando anche una crisi climatica, una crisi di razzismo sistemico, e una crisi economica che si prepara da cinquant'anni. »
Yellen non ha specificato quale sarebbe questa crisi cinquantennale. Ma si è dimostrata fiduciosa che l'economia dominante è in grado di trovare la soluzione a tutte queste crisi. « L'economia non è solo qualcosa che si può trovare sui libri di testo. Non è nemmeno, semplicemente, un insieme di teorie. E la ragione per cui sono passata dal mondo accademico al governo risiede nel fatto che io credo che la politica economica possa essere uno strumento potente in grado di migliorare la società. Noi possiamo - e dobbiamo - usarlo per combattere la disuguaglianza, il razzismo, e il cambiamento climatico. Sto cercando ancora di vedere la mia scienza - la scienza dell'economia - nel modo in cui l'ha vista mio padre: come un mezzo per aiutare le persone. »
Queste sono belle parole. Ma l'economia dominante è veramente progettata per « aiutare le persone », a migliorare le proprie vite e la loro esistenza? Davvero l'economia dominante sta offrendo un'analisi scientifica delle economie moderne in modo che possa portare a delle politiche in grado di risolvere le « quattro sfide storiche » che ha sottolineato Yellen?
Il fallimento dell'economia dominante nel prevedere, spiegare o fronteggiare il collasso finanziario globale e la conseguente Grande Recessione del 2008-9 è ben documentata: per questo, in proposito, si può leggere qui il mio articolo, che non sembra affatto confermare le affermazioni fatte dalla Yellen.
L'economia dominante non è in grado di mantenere ciò che promette, proprio perché fa due assunzioni di fondo che non si basano affatto sulla realtà; una si basa sulla cosiddetta «microeconomia» e l'altra si basa sulla cosiddetta «macroeconomia». Di conseguenza, l'economia dominante sbaglia quella che è la sua analisi scientifica delle moderne economie (capitaliste).
Essa si basa, innanzitutto, sulla teoria dell'utilità attesa e sul marginalismo; e inoltre sulla conseguente adozione della teoria dell'equilibrio economico generale. Da dove proviene la «ricchezza» nella società, e come la misuriamo? Gli economisti classici, Adam Smith, David Ricardo ecc. avevano riconosciuto che esisteva una sola misura affidabile e universale del valore: la quantità di lavoro (ore) che viene spesa per produrre beni e servizi. Ma, verso la metà del 19° secolo, questa teoria del valore venne sostituita dalla teoria dell'utilità; o per essere più precisi, dalla teoria dell'utilità marginale.

In tal modo, fu questa che divenne la spiegazione dominante di che cosa fosse il valore. Come ha sottolineato Engels: « Attualmente, la teoria di moda è quella di Stanley Jevons, secondo il quale il valore, da una parte, è determinato dall'utilità e dall'altra dal limite posto dall'offerta (cioè dal costo di produzione); cosa che è solo un modo confuso e tortuoso di dire che il valore è determinato dalla domanda e dall'offerta. Economia volgare ovunque! » Ma ben presto, perfino nei circoli dominanti, la teoria dell'utilità marginale divenne insostenibile, dal momento che il valore soggettivo (ossia, ogni individuo valuta qualcosa in maniera diversa, a seconda della sua inclinazione o dalle circostanze) non può essere misurato e aggregato per essere analizzato, di modo che la base psicologica dell'utilità marginale venne rapidamente abbandonata.
Engels definisce «volgare» l'economia dominante poiché essa non era più un'analisi scientifica oggettiva delle economie, ma era diventata piuttosto una giustificazione ideologica per il capitalismo. Come ha spiegato Fred Moseley, « la teoria della produttività marginale fornisce un decisivo sostegno ideologico al capitalismo, in quanto giustifica il profitto dei capitalisti, sostenendo che il profitto viene prodotto dai beni strumentali posseduti dai capitalisti. Nel capitalismo è tutto giusto. Non c'è nessun sfruttamento dei lavoratori. Generalmente, ciascuno riceve un compenso che corrisponde al suo contributo dato alla produzione. » Al contrario, « La principale teoria alternativa del profitto, è quella di Marx, e le conclusioni cui essa arriva (sfruttamento dei lavoratori, conflitti fondamentali tra lavoratori e capitalisti, depressioni ricorrenti, ecc.) sono troppo sovversive per poter essere accettate dal pensiero dominante. Ma si tratta di ragioni ideologiche, e non scientifiche. Se la scelta tra la teoria di Marx e la teoria della produttività marginale venisse attuata in maniera rigorosa sulla base di criteri scientifici standard di quella che è la coerenza logica e l'empirico potere esplicativo di ciascuna delle due teorie, la teoria di Marx vincerebbe a man bassa. »

Il risultato logico finale di questa economia volgare è la teoria dell'equilibrio economico generale, in cui si sostiene che le economie moderne tendono all'equilibrio e all'armonia. Il fondatore della teoria dell'equilibrio economico generale, Leon Walras descriveva il mercato rappresentandolo come se fosse un gigantesco specchio d'acqua. A volte, in  questo gigantesco enorme stagno,  veniva gettato un sasso, causando increspature. Ma alla fine, prima i poi, le increspature e le piccole onde si spegnevano e lo stagno tornava ad essere di nuovo tranquillo. A causa di qualcuno di questi shock, l'offerta poteva benissimo eccedere la domanda, ma alla fine finiva per adeguarsi e riusciva a portare in equilibrio domanda e offerta.
Walras era ben consapevole del fatto che questa teoria era solo una difesa ideologica del capitalismo; come ci viene raccontato dalla lettera che gli venne scritta da suo padre, nel 1859, quando Marx stava preparando il suo Capitale: « approvo incondizionatamente il tuo piano di lavoro, volto a rimanere il meno offensivo possibile nei confronti dei proprietari. Si rende necessario fare Economia Politica allo stesso modo in cui uno dovrebbe fare Acustica o Meccanica. » Più recentemente, nel 2017, il premio Nobel Esther Duffo ha tenuto un discorso presso l'American Economics Association, nel quale ha sostenuto che gli economisti dovrebbe piantarla con le grandi idee, e piuttosto dovrebbero invece risolvere i problemi allo stesso modo in cui lo fanno gli idraulici; « posizionare i tubi e riparare le perdite ».

Ma davvero i mercati e le economie tendono all'equilibrio; disturbato solo occasionalmente da qualche shock? Per dubitarne, basterebbe dare un'occhiata alle oscillazioni dei mercati azionari del mondo di questa settimana. In realtà, attualmente le moderne economie assomigliano più a degli oceani dove rotolano gigantesche ondate (boom e collassi), con delle maree causate dall'attrazione della gravità (profitto) della luna e tempeste (crolli) provocate dal clima. Non c'è alcuna tranquillità o equilibrio, bensì un continuo turbolento movimento. L'economia marxista punta ad esaminare le dinamiche «leggi del movimento» nel corso del tempo del moderno capitalismo; in contrasto con l'economia dominante, dove il tempo si ferma e dove qualsiasi «disturbo» è causato solamente da «shock» esterni rispetto ai «liberi» mercati.
Naturalmente, ci sono alcuni economisti mainstream che ammettono che l'utilità marginale e la teoria dell'equilibrio economico generale non abbiano alcun senso. A tal proposito, l'ultimo critico è un fisico inglese, Ole Peters, il quale dichiara che Tutto Quello che Abbiamo Imparato sulla Moderna Teoria Economica è Sbagliato. Ad essere sbagliato è che i modelli economi dominanti assumono che esista qualcosa come l'«Ergodicità». Vale a dire che la media di tutti i possibili risultati di una data situazione ci informerebbe su come ogni persona potrebbe esperire tale situazione.
Peters attacca la dominante teoria dell'utilità, la quale sostiene che quando noi prendiamo una decisione conduciamo un'analisi dei costi e dei benefici e cerchiamo di scegliere l'opzione che massimizza la nostra ricchezza. Il problema - dice Peters, è che non si riesce a prevedere come realmente gli esseri umani si comportano perché il calcolo matematico è difettoso. L'utilità attesa viene calcolata come una media di tutti i possibili risultati ottenuti per un dato evento. Quello che ci sfugge è il modo in cui un singolo caso anomalo possa, in realtà, alterare le percezioni. In altre parole, ciò che in media ci si potrebbe aspettare, assomiglia assai poco con ciò che la maggior parte delle persone esperisce realmente. La sua soluzione è quella di avvalersi della matematica che viene comunemente usata nella termodinamica in modo da riuscire a modellare i dati secondo una «media corretta».
Peter ci sta dicendo che spesso la realtà opera secondo delle «leggi di potenza», che sono assai lontane da mercati, ricchezza, occupazione ecc. e che tenderebbero alla media, o all'equilibrio, in stile Walras: ma invece, la disuguaglianza può arrivare agli estremi, la disoccupazione può aumentare, anziché diminuire ecc. Nelle statistiche, i casi anomali possono diventare decisivi in quello che è il loro impatto.
Ma limitarci a riconoscere l'incertezza e il caso, e alimentare tutto ciò facendo uso di qualche modello matematico, non ci porta molto lontano. Dobbiamo basare i «modelli» economici sulla realtà della produzione capitalistica, cioè lo sfruttamento del lavoro per il profitto, e le conseguenti e ricorrenti crisi nella produzione e negli investimenti, vale a dire, sulle leggi del movimento del capitalismo. Henryk Grossman, un'economista marxista dell'inizio del 20° secolo, ha esposto con perspicacia il fallimento delle teorie dominanti basate su un'analisi statica. Il capitalismo non procede gradualmente (con degli shock occasionali) nel contesto di un movimento generalmente armonioso che procede verso la sovrabbondanza e verso una società del tempo libero dove viene posta fine alla fatica; al contrario, è sempre più mosso e guidato da crisi, disuguaglianza e distruzione del pianeta.

Diversamente, l'economia dominante si inventa delle possibili cause esogene, o «shock», per spiegare le crisi, e questo lo fa in quanto non vuole ammettere che le crisi possono essere endogene. La Grande Recessione del 2008-9, diventa così « una possibilità su un milione » oppure uno « shock inaspettato », o ancora un « cigno nero », l'ignoto ancora più sconosciuto, che forse dovrebbe perfino richiedere un nuovo modello matematico in modo da poter così riuscire a rendere conto di simili shock! Allo stesso modo, la pandemia Covid-19 diventa apparentemente uno « shock » esogeno imprevisto, e non una conseguenza ben prevista della spinta data dal capitalismo per ottenere profitti in aree remote del mondo dove risiedono questi pericolosi patogeni. Ma il discorso dominante non richiede, né tantomeno vuole, una teoria delle cause endogene delle crisi.
A livello della macroeconomia, anche la moderna teoria keynesiana è risultata essere carente. Il moderno keynesismo (o « keynesismo bastardo », come lo ha chiamato Joan Robinson) basa la sua analisi delle crisi nel capitalismo su degli «shock» dell'equilibrio, e fa uso di modelli di Equilibrio Generale Stocastico Dinamico (DSGE), modelli per analizzare l'impatto di questi «shock».
Tra gli altri, il giornalista economico keynesiano Martin Sandbu ha fatto una piccola campagna contro l'approccio DSGE. Ci sono « pochi dubbi che la macroeconomia dominante  abbia un profondo bisogno di una riforma. » Dice Sandbu: « il problema è come, e se, l'approccio standard del modello DSGE possa essere sufficientemente migliorato, o se invece dovrebbe essere abbandonato del tutto. » Come subito dopo aggiunge, « La macroeconomia DSGE non consente che si verifichi realmente il panico finanziario su larga scala come quello che abbiamo visto nel 2008, né alcune delle principali spiegazioni per giustificare la lenta ripresa e un livello di attività economica che rimanga molto al di sotto del trend pre-crisi.» Sandbu vorrebbe tirare dritto facendo uso di «una forma più espansiva e liberale di DSGE. »
Recentemente, ha lodato anche l'idea dei cosiddetti equilibri multipli, come caratteristica standard del modello macro dominante, cioè, in quanto « permettono che vi siano differenti stati auto-rafforzati  in cui l'economia può ritrovarsi, e non un solo unico equilibrio intorno al quale fluttua. Ma nel contesto di questo equilibrio multiplo, non c'è una singola tendenza centrale. Casomai, ci sono diverse tendenze, e mentre si possono attribuire delle distribuzioni di probabilità sul risultato preciso di ciascun equilibrio, prevedere in quale equilibrio si verrà a trovare l'economia in sé è faccenda del tutto diversa. » Sandbu propone questo approccio agli equilibri multipli come metodo per ottenere i migliori risultati possibili dall'economia: « Appare chiaro che la questione politica di gran lunga più importante è quella della selezione dell'equilibrio: come fare uscire l'economia da quello che è un cattivo stato auto-rafforzante, o come fare a prevenire quelle perturbazioni che la portano ad uscire da un buono stato. »
Ma tutto questo suona assai poco diverso dai modelli di equilibrio generale. Se non ancora peggio; visto che se nell'economia moderna ci sono davvero  degli «equilibri multipli» allora, come dice Sandbu, essi « sono qualcosa circa i quali gli economisti non sono ben attrezzati per poter dare consigli. » Se è così, allora non ci possiamo aspettare che l'economia dominante affronti le quattro sfide storiche che Janet Yellen ritiene che il capitalismo debba affrontare. Ah, sì, quali erano?
1) Affrontare le future pandemie; 2) Risolvere la crisi climatica; 3) Porre fine alla disuguaglianza e al razzismo; 4) L'indefinita cinquantennale crisi del capitalismo (presumibilmente si tratta di quella turbolenza regolare e ricorrente che affligge la produzione capitalistica per il profitto).

Quanto a noi, possiamo solo sperare che i vari discorsi, rivolti da Janet Yellen alle istituzioni finanziarie di Wall Strett - le quali, in questi ultimi anni, le hanno fatto guadagnare più di 7 milioni di dollari - abbiano fornito a quei baluardi del capitale le ricette giuste per queste sfide storiche. Ma fossi in voi, non ci conterei troppo!

- Michael Roberts -  Pubblicato il 2/2/2021 su Michael Roberts blog. Blogging from a Marxist economist -

 * N.d.T. : Enfasi e sottolineature a cura del traduttore.

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