venerdì 12 febbraio 2021

«Détournement»: Istruzioni per l'uso!

Istruzioni per l'uso del "Detournement" [*1]
- di Guy-Ernst Debord & Gil J. Wolman -

Tutti gli animi abbastanza avveduti della nostra epoca convengono sul fatto evidente che per l’arte è divenuto impossibile affermarsi come attività superiore, o anche solo come attività di compensazione alla quale potersi onorevolmente dedicare. La causa di questo declino è manifestamente la comparsa di forze produttive che necessitano di altri rapporti di produzione e di una nuova pratica della vita. Nella fase di guerra civile in cui ci troviamo impegnati, e in rapporto stretto con l’orientamento che scopriamo per certe future attività superiori, possiamo considerare che tutti i mezzi d’espressione conosciuti andranno a confluire in un generale movimento di propaganda che deve abbracciare tutti gli aspetti, in perpetua interazione, della realtà sociale. Sulle forme e sulla natura stessa di una propaganda educativa si fronteggiano diverse opinioni, generalmente ispirate alle varie politiche riformistiche attualmente in voga. Ci basti dichiarare che, per noi, sul piano culturale come su quello strettamente politico, le premesse della rivoluzione non sono solo mature, ma hanno già cominciato a marcire. Non soltanto il regresso, ma anche il perseguimento di obiettivi culturali ‘attuali’, in quanto in realtà dipendenti dalle formazioni ideologiche di una società passata che ha prolungato la sua agonia fino ai giorni nostri, non possono avere che un’efficacia reazionaria. L’innovazione estremistica ha unicamente una giustificazione storica. Nel suo insieme, l’eredità letteraria e artistica dell’umanità deve essere utilizzata a fini di propaganda partigiana. Si tratta, beninteso, di superare qualsiasi idea di scandalo. Dato che la negazione della concezione borghese del genio e dell’arte ha già ampiamente fatto il suo tempo, i baffi della Gioconda [*2] non presentano più alcuno spunto di interesse maggiore della prima versione dello stesso quadro. È necessario oggi seguire quel processo fino alla negazione della negazione. Rivelando, in un’intervista [*3] recentemente rilasciata al settimanale “France-Observateur[*4], di aver operato dei tagli ai classici del teatro per renderne la rappresentazione più felicemente educativa, Bertolt Brecht [*5] si è dimostrato ben più vicino di Duchamp [*6] alla conseguenza rivoluzionaria che andiamo reclamando. Bisogna inoltre notare che, nel caso di Brecht, questi utili interventi sono mantenuti entro limiti ristretti da un infondato rispetto della cultura, così come essa viene definita dalla classe dominante: quello stesso rispetto, insegnato nelle scuole elementari della borghesia e nei giornali dei partiti operai, che spinge i comuni più rossi della periferia parigina a reclamare sempre Il Cid [*7], invece di Madre Coraggio [*8], nelle tournées del T.N.P. [*9]. A dire il vero, bisogna farla finita con tutte le nozioni di proprietà personale in questa materia. Il sorgere di altre necessità rende sorpassate le “geniali” realizzazioni precedenti. Esse divengono ostacoli, temibili abitudini. La questione non è sapere se siamo o meno inclini ad apprezzarle. Dobbiamo passare oltre.
Tutti gli elementi, ovunque essi siano presi, possono divenire oggetto di nuovi accostamenti. Le scoperte della poesia moderna sulla struttura analogica dell’immagine dimostrano che fra due elementi, anche dalle origini più lontane possibili, si stabilisce sempre un rapporto. Attenersi al quadro di un ordine personale delle parole deriva solo dalla convenzione. L’interferenza di due mondi sentimentali, la messa in presenza di due espressioni indipendenti superano i loro elementi primi, ottenendo un’organizzazione sintetica di efficacia superiore. Tutto  può servire. Va da sé che non solo è possibile correggere un’opera o integrare diversi frammenti di opere sorpassate in un’opera nuova, ma anche mutare il senso di quei frammenti, e camuffare in tutti i modi che si giudicheranno opportuni quel che gli imbecilli si ostinano a chiamare citazioni. Simili procedimenti parodici sono stati spesso utilizzati per ottenere effetti comici. Ma il comico mette in scena una contraddizione in una situazione determinata, posta come esistente. In queste circostanze, con lo stato delle cose letterarie che ci appare estraneo quanto il paleolitico, la contraddizione non ci fa ridere. Bisogna dunque concepire una fase parodistico-seria in cui l’accumulazione di elementi détournés, lungi dal voler suscitare l’indignazione o il riso facendo riferimento alla nozione di opera originale, ma marcando al contrario la nostra indifferenza per un originale svuotato di significato e dimenticato, sarebbe rivolta a rendere un certo sublime.

È noto che Lautréamont [*10] si è spinto così lontano su questa strada da ritrovarsi ancora parzialmente incompreso dai suoi più accesi ammiratori. Malgrado la chiarezza del procedimento applicato nelle Poesie [*11], in particolare sulla scorta della morale di Pascal e Vauvenargues [*12], al linguaggio teorico – nel cui ambito Lautréamont vuol fare sfociare i ragionamenti, per concentrazioni successive, alla sola massima –, ci si è stupiti per le rivelazioni di un certo Viroux [*13], che dal momento in cui sono state fatte, tre o quattro anni fa,  hanno permesso anche ai più ottusi di riconoscere nei Canti di Maldoror l’esistenza di un vasto détournement, fra le altre cose di Buffon [*14] e delle opere di storia naturale. Il fatto che i prosatori del “Figaro[*15], come lo stesso Viroux, abbiano potuto vedere in questo un’occasione per sminuire Lautréamont, e che altri abbiano creduto di doverlo difendere tessendo l’elogio della sua insolenza [*16], testimonia solo la debolezza intellettuale dei vegliardi dei due schieramenti, impegnati in cortese tenzone. Una parola d’ordine come “il plagio è necessario, il progresso lo implica[*17] è ancora tanto equivocata, e per le stesse ragioni, quanto la famosa frase sulla poesia che “deve essere fatta da tutti[*18]. Mettendo da parte l’opera di Lautréamont – la cui apparizione estremamente prematura fa ancora in gran parte sfuggire a una critica esatta –, le tendenze al détournement che possono essere riconosciute da uno studio sull’espressione contemporanea sono perlopiù inconsapevoli od occasionali; e, più che nella declinante produzione estetica, è nell’industria pubblicitaria che bisognerebbe cercarne gli esempi più belli.

Si possono innanzitutto definire due categorie principali per tutti gli elementi détournés, e senza distinguere se la loro messa in presenza sia o meno accompagnata da correzioni introdotte negli originali. Sono i détournements minori e i détournements abusivi. Il détournement minore è il détournement di un elemento che non ha importanza autonoma e che dunque deriva tutto il suo senso dalla messa in presenza che gli si fa subire. Si pensi ai ritagli stampa, a una frase neutra, alla fotografia di un soggetto qualunque.
Al contrario, il détournement abusivo, detto anche détournement di proposizione premonitrice, ha per oggetto un elemento significativo in sé: elemento che dal nuovo accostamento trarrà un valore differente. Uno slogan di Saint-Just [*19], una sequenza di Ejzenstejn [*20], per esempio. Nella maggior parte dei casi, le opere détournées dì una certa portata saranno dunque costituite da una o più serie di détournements abusivi minori.

Molte leggi sull’utilizzo del détournement possono essere stabilite sin d’ora.
È il più remoto fra gli elementi détournés a contribuire in maniera più viva all’impressione d’insieme, e non gli elementi che determinano direttamente la natura di quest’impressione. Così, in una metagrafia [*21] relativa alla guerra di Spagna, la frase dal senso più nettamente rivoluzionario è questa pubblicità incompleta di una marca di rossetto: “le labbra più belle hanno un tocco di rosso[*22]. In un’altra metagrafia (Morte di J. H.) [*23] un suicidio è reso con maggior eloquenza da centoventicinque piccoli annunci sulla vendita di bottiglierie che dagli articoli di giornale che ne riferiscono. Le deformazioni introdotte negli elementi détournés devono tendere a semplificarsi all’estremo, dato che la forza principale di un détournement è finzione diretta del riconoscimento, cosciente o nebuloso, da parte della memoria. È risaputo. Aggiungiamo solo che se questa utilizzazione della memoria implica una scelta del pubblico preliminare all’uso del détournement, questo non è che il caso particolare di una legge generale che regola tanto il détournement quanto ogni altra modalità d’azione sul mondo. L’idea di espressione nell’assoluto è morta, e al momento non sopravvive che una scimmiottatura di quella pratica, legata alla sopravvivenza dei nostri nemici. Il détournement è tanto meno efficace quanto più si avvicina a una replica razionale. È il caso di un notevole numero di massime ritoccate da Lautréamont. Più è evidente il carattere razionale della replica, più essa si confonde con lo spirito banale della risposta pronta e arguta, per il quale si tratta di ritorcere contro l’avversario le sue stesse parole. Naturalmente ciò non si limita al linguaggio parlato. È in quest’ordine di idee che ci trovammo a discutere il progetto di alcuni nostri compagni tendente a détourner un manifesto antisovietico dell’organizzazione fascista Pace e Libertà [*24] – che proclamava, in un trionfo di bandiere occidentali assortite, “l’unione fa la forza” –, aggiungendovi su un volantino in formato ridotto la frase “e le coalizioni fanno la guerra”. Il détournement per semplice ribaltamento è sempre il più immediato e il meno efficace. Questo non significa che non possa avere un aspetto progressivo. Si pensi a questa denominazione per una statua e un uomo: “La Tigre detta Clemenceau[*25]. Nello stesso modo, alla costruzione di un ambiente che si fonda su una metafisica data, la messa nera oppone una costruzione d’ambiente nello stesso quadro, ma rovesciando i valori conservati di quella metafisica. Delle quattro leggi appena enunciate, la prima è essenziale e si applica universalmente. Le altre tre valgono praticamente solo per gli elementi abusivi détournés.

Le prime conseguenze evidenti di una generalizzazione del détournement, oltre ai poteri intrinseci di propaganda che esso detiene, saranno la riapparizione di un cumulo di pessimi libri; la partecipazione massiccia di scrittori ignorati; la differenziazione sempre più spinta di frasi o di opere plastiche che si troveranno a essere di moda; e soprattutto una facilità della produzione che per quantità, varietà e qualità supererà di gran lunga la scrittura automatica di tediosa memoria. Il détournement non solo conduce alla scoperta di nuovi aspetti del talento, ma, scontrandosi frontalmente con tutte le convenzioni mondane e giuridiche, non può mancare d’apparire come potente strumento culturale al servizio di una lotta di classe ben cosciente. Il basso costo dei suoi prodotti è l’artiglieria pesante con cui battere in breccia tutte le muraglie cinesi dell’intelligenza. Ecco un vero mezzo di insegnamento artistico proletario, il primo abbozzo di un comunismo letterario.
Le proposte e le realizzazioni sul terreno del détournement si moltiplicano a volontà. Limitiamoci per il momento a indicare alcune possibilità concrete muovendo dai diversi settori attuali della comunicazione, ed essendo ben chiaro che queste divisioni non hanno alcun valore se non in funzione delle tecniche di oggi, e, con il progresso di queste tecniche, tendono tutte a scomparire a vantaggio delle sintesi superiori.
Oltre alle diverse utilizzazioni immediate di frasi détournées nella cartellonistica, nei dischi o nelle trasmissioni radiofoniche, le due principali applicazioni della prosa détournée sono la scrittura metagrafica e, in misura minore, il quadro romanzesco abilmente pervertito.
Il détournement di un’opera romanzesca completa è un’impresa dal futuro alquanto misero, ma che potrebbe rivelarsi efficace nella fase di transizione. A un simile détournement giova accompagnarsi a illustrazioni in rapporto non esplicito con il testo. Malgrado difficoltà che non intendiamo nasconderci, riteniamo sia possibile giungere a un istruttivo détournement psicogeografico di Consuelo [*26] di Georges Sand [*27], che, così truccato, potrebbe essere rilanciato sul mercato letterario, dissimulato sotto un titolo anodino come Grande periferia, o esso stesso détourné come La pattuglia sperduta [*28] (sarebbe bene reinvestire in modo analogo parecchi titoli di film da cui non è più possibile trarre altro, non essendosi impossessati delle vecchie copie prima della loro distruzione, o di quelle che continuano ad abbrutire la gioventù nelle cineteche).
La scrittura metagrafica, per quanto arretrato possa peraltro essere il quadro plastico in cui essa si situa materialmente, offre uno sbocco più fecondo alla prosa détournée, come agli altri oggetti e immagini che convengono. Se ne può dare un giudizio attraverso il progetto, nato nel 1951 e abbandonato per mancanza di fondi sufficienti, che si proponeva la costruzione di un biliardo elettrico configurato in modo che i giochi delle sue luci e il percorso più o meno prevedibile delle sue biglie servissero a un’interpretazione metagrafico-spaziale dal titolo: Sensazioni termiche e desideri delle persone che passano davanti ai cancelli del museo di Cluny in novembre, un’ora circa dopo il tramonto. Da allora, certo, sappiamo che un lavoro situazionista-analitico non può progredire scientificamente su simili binari. I mezzi tuttavia restano validi per dei fini meno ambiziosi.
È chiaramente nell’ambito cinematografico che il détournement può raggiungere la sua maggiore efficacia, e senza dubbio, per chi dovesse preoccuparsi dalla cosa, la sua più grande bellezza.
I poteri del cinema sono talmente estesi, e l’assenza di coordinamento di quei poteri così flagrante, che quasi tutti i film che si distinguono dalla miserabile medietà sono in grado di alimentare polemiche infinite fra spettatori o critici professionisti. Aggiungiamo solo che solo il conformismo di questa gente impedisce loro di trovare un fascino altrettanto coinvolgente e difetti altrettanto palesi anche nei film di infima categoria. Per dissipare un po’ questa risibile confusione di valori, diciamo che Nascita di una nazione di Griffith [*29] è un film fra i più importanti della storia del cinema per il massiccio apporto di innovazioni che presenta. D’altro canto, è un film razzista: dunque non merita assolutamente di essere proiettato nella sua forma attuale. Ma il suo divieto puro e semplice potrebbe risultare spiacevole nel campo del cinema, secondario ma suscettibile di un miglior uso. Sarebbe dunque meglio farne un détournement integrale, senza nemmeno doverne toccare il montaggio, con l’aiuto di una colonna sonora in grado di trasformarlo in una possente denuncia degli orrori della guerra imperialista e dell’attività del Ku-Klux Klan [*30], che, come è noto, negli Stati Uniti proseguono ancora oggi. Un simile détournement, ben calibrato, non è tutto sommato altro che l’equivalente morale dei restauri dei dipinti antichi nei musei. Ma la maggior parte dei film meritano soltanto di essere smembrati per comporre delle altre opere. Evidentemente, questa riconversione di sequenze preesistenti non funzionerà senza il concorso di altri elementi: musicali, pittorici, o anche storici. Visto che fino a oggi tutte le falsificazioni della storia, al cinema, si allineano più o meno al genere di buffoneria delle ricostruzioni di Guitry [*31], possiamo far dire a Robespierre [*32], prima della sua esecuzione: “Malgrado tante sofferenze, la mia esperienza e la grandezza del mio compito mi fanno ritenere che tutto va bene[*33]. Se la tragedia greca, opportunamente ammodernata, ci serve in quest’occasione a esaltare Robespierre, si immagini invece una sequenza di tipo neo-realista, davanti al bancone di un bar per camionisti, per esempio, con uno di loro che dice serio a un collega: “La morale stava nei libri dei filosofi, noi l’abbiamo messa nel governo delle nazioni[*34]. Si vede come questo accostamento aggiunga nuova luce al pensiero di Maximilien, a quello di una dittatura del proletariato.
La luce del détournement si propaga in linea retta. Nella misura in cui la nuova architettura sembra dover cominciare da uno stadio sperimentale barocco, il complesso architettonico – che noi concepiamo come costruzione di un ambiente dinamico in relazione a degli stili di comportamento – utilizzerà verosimilmente il détournement di forme architettoniche note, e in ogni caso trarrà vantaggio, plasticamente ed emotivamente, da ogni tipo di oggetto détourné: gru o ponteggi metallici sapientemente disposti in modo da dare proficuamente il cambio a una tradizione scultorea defunta. Questo sbigottisce solo i peggiori fanatici del giardino alla francese. Ci viene in mente che, in tarda età, D’Annunzio, quel putridume fascistoide, nel suo parco teneva la prua di una torpediniera [*35]. Ignorando i suoi motivi patriottici, quel monumento non può che apparire piacevole.
Estendendo il détournement fino alle realizzazioni dell’urbanismo, certo nessuno resterebbe indifferente se in una città si ricostruisse minuziosamente l’intero quartiere di un’altra. L’esistenza, che non sarà mai troppo sconcertante, ne verrebbe realmente abbellita. I titoli stessi, come abbiamo già visto, sono un elemento radicale del détournement. Questo fatto scaturisce da due constatazioni generali: da una parte, tutti i titoli sono intercambiabili, dall’altra, hanno un’importanza determinante in più discipline. Tutti i romanzi polizieschi della série noire [*36] si assomigliano profondamente, e il solo sforzo innovativo che si esercita sul titolo è sufficiente a mantenere loro un pubblico considerevole. Nella musica, il titolo esercita sempre una grande influenza, e nulla giustifica davvero la sua scelta. Non sarebbe quindi male apportare un’ultima correzione al titolo della Sinfonia eroica [*37] facendone, per esempio, una Sinfonia Lenin [*38].
Il titolo contribuisce fortemente a détourner l’opera, ma una reazione dell’opera sul titolo è inevitabile. Tanto da poter fare un uso esteso di titoli precisi presi in prestito da pubblicazioni scientifiche (“Biologia litoranea dei mari temperati”) o militari (“Combattimenti notturni di piccole unità di fanteria”) [*39]; e addirittura di molte frasi derivate dai giornaletti illustrati per bambini (“Dei meravigliosi paesaggi si offrono alla vista dei navigatori”).
Per finire, occorre citare brevemente qualche aspetto di quel che chiameremo l’ultra-détournement, sarebbe a dire le tendenze del détournement a venire applicato nella vita sociale quotidiana. I gesti e le parole possono essere caricati d’altri sensi, e, per ragioni pratiche, lo sono sempre stati nel corso della storia. Le società segrete dell’antica Cina disponevano di un apparato raffinatissimo di segni di riconoscimento, che investiva la maggior parte dei comportamenti mondani (modo di disporre le tazze; di bere; citazioni di poesie interrotte in punti convenuti). Il bisogno di una lingua segreta, di parole d’ordine, è inscindibile da un’inclinazione al gioco. L’idea-limite è che qualunque segno, qualunque vocabolo, è suscettibile di essere convertito in qualcosa d’altro, addirittura nel suo contrario. Gli insorti monarchici della Vandea [*40], poiché ornati dell’immonda effigie del cuore di Gesù, si definivano l’Armata Rossa. Nell’ambito peraltro limitato del vocabolario della guerra politica, quest’espressione è stata completamente détournée nel giro di un secolo.
Oltre al linguaggio, con lo stesso metodo è possibile détourner l’abbigliamento, con tutta l’importanza affettiva che esso racchiude. Anche in questo caso incappiamo nella nozione di travestimento in stretta connessione con il gioco. Alla fine, quando arriveremo a costruire delle situazioni, obiettivo finale di tutta la nostra attività, ognuno sarà padrone di détourner intere situazioni cambiandone deliberatamente questa o quell’altra condizione determinante.

I procedimenti che abbiamo sommariamente trattato qui non sono presentati come un’invenzione che ci è propria, ma al contrario come una pratica abbastanza comunemente diffusa che ci proponiamo di sistematizzare. La teoria del détournement per se stessa non ci interessa affatto. Ma troviamo che sia connessa a quasi tutti gli aspetti costruttivi del periodo di transizione pre-situazionista. Il suo arricchimento attraverso la pratica appare dunque necessario. Rinviamo a più tardi lo sviluppo di queste tesi.

- Guy-Ernst Debord & Gil J. Wolman -

NOTE:

[*1]  - L’articolo qui riproposto uscì col titolo "Mode d’emploi du détournement" sulla rivista belga “Les Lèvres nues”, n° 8, mai 1956. La traduzione italiana è quella compresa nel volume Guy Debord (contro) il cinema, a cura di E. Ghezzi e R. Turigliatto, Milano – Venezia, Editrice il Castoro / La Biennale di Venezia, 2001, pp. 44-49.
[*2]  - Allude alla riproduzione della Gioconda leonardesca munita di baffi e pizzetto, realizzata nel 1919 da Duchamp col titolo L.H.O.O.K.
[*3]  - Si veda C. Bourdet – E. Sello, Une heure avec Bertolt Brecht, in“France Observateur”, 30 juin 1955, pp. 27-29.
[*4]  - “France Observateur” è un settimanale politico-culturale preceduto da “L’observateur” e fondato nel 1954. Nel 1964 sarebbe diventato il “Nouvel Observateur”.
[*5]  - In Germania negli anni Venti, Bertolt Brecht (1898-1956) è stato assistente alla regia di Max Reinhardt e Erwin Piscator. Rientrato dall’esilio americano nel 1948, ha fondato e diretto la compagnia Berliner Ensemble a Berlino Est, insieme a Helene Weigel.
[*6]  - Marcel Duchamp (1887-1968) ha realizzato a partire dal 1914 una serie di ready-made, oggetti di origine industriale promossi al ruolo di oggetti artistici allo scopo di desacralizzare i valori tradizionali attribuiti all’arte.
[*7]  - Le Cid di Pierre Corneille (1636) è una tragicommedia che fa parte del grande repertorio teatrale francese.
[*8]  -  Mutter Courage und ihre Kinder di Brecht (1941) è un dramma in due quadri ispirato a un’opera di Grimmelshausen, ambientato durante la Guerra dei Trent’anni ma con una riflessione politica militante sulla Germania contemporanea.
[*9]  -  Fondato in Francia nel 1920 da Firmin Gémier e attivo anche nel dopoguerra, il Théàtre National Populaire è stato un teatro sovvenzionato che proponeva un repertorio accessibile al pubblico più largo.
[*10] - Isidore Ducasse detto il Conte di Lautréamont (1846-1870) è autore dei Chants de Maldoror (1868-1869) e di Poésies (1870), testi in prosa che si presentano come manifesti di una rivolta assoluta, all’insegna della crudeltà sadica, di un immaginario al limite della scrittura automatica e di un’ironica pratica del pastiche e del collage. Scoperta dai simbolisti, l’opera è diventata una clamorosa anticipazione delle esperienze surrealiste.
[*11] - In particolare la seconda sezione delle Poésies è un collage che reimpiega quasi esclusivamente, rovesciandole in modo provocatorio, delle frasi tratte da Pascal (Pensées) e dai moralisti classici (Vauvenargues, Maximes et Réflexions e La Rochefoucauld, Maximes).
[*12] - Blaise Pascal (1623-1662), matematico e filosofo francese, ha affidato le sue riflessioni morali e religiose a una serie di note destinate a una Apologie de la religion chrétienne, scritte a partire dal 1657 e pubblicate postume col titolo Pensées nel 1670. Luc de Clapiers marchese di Vauvenargues (1715-1747) pubblicò nel 1746 una Introduction à la connaisance de l’esprit humain accompagnata da una raccolta di Maximes et Réflexions, dove si rivalutano le grandi passioni del cuore.
[*13] -  Si veda Maurice Viroux, Lautréamont et le Dr. Chenu, in “Mercure de France”, n. 1070, 1° dicembre 1952, pp. 632-642. Si tratta dei plagi derivati dalla Encyclopédie d'histoire naturelle ou Traité complet de cette science d'après les travaux des naturalistes les plus éminents, pubblicata fra il 1850 e il 1861 da Jean-Charles Chenu (1808-1879), che a sua volta riprende quasi letteralmente certe descrizioni della Histoire naturelle di Buffon.
[*14] - Georges Louis Leclerc conte di Buffon (1707-1788), responsabile dei giardini reali, scrisse un’enciclopedica Histoire naturelle seguita dal supplemento Les Époques de la nature, iniziando nel 1744 e valendosi di numerosi collaboratori: l’opera descrive l’insieme del mondo animale e minerale, con ampio spazio concesso alla geologia.
[*15] -  “Le Figaro”, fondato nel 1826 e diventato quotidiano nel 1866, è l’espressione dell’opinione moderata e rappresenta in Francia la stampa politico-letteraria borghese.
[*16] - Allude probabilmente all’articolo di due surrealisti che saranno nel 1960 i primi commentatori delle Poésies, Georges Goldfayn – Gérard Legrand, Le seul véritable vivant, in “Medium”, novembre 1953, p. 3.
[*17] - La frase qui citata di Lautréamont ha ispirato direttamente la teoria del rovesciamento presentata in questo articolo: “Le plagiat est nécessaire. Le progrès l’implique. Il serre de près la phrase d’un auteur, se sert de ses expressions, efface une idée fausse, la remplace par l’idée juste”. Cfr. I. Ducasse conte di Lautréamont, Poésies, in Id., Opere complete, A cura di I. Margoni, Torino, Einaudi, 1976, p. 480 (II).
[*18] - Cfr. ivi, p. 490: “La poésie doit être faite par tous. Non par un”.
[*19] -  Louis Antoine Léon Saint-Just (1767-1794), fu uomo politico e teorico della Rivoluzione, schierato con gli estremisti che chiedevano senza appello la morte del re. Membro del Comitato di Salute Pubblica con Robespierre e Georges Couthon, poi presidente della Convenzione nazionale, nel 1794 fu arrestato e giustiziato con gli altri due membri del triumvirato. La concisione e la violenza delle sue opere oratorie ne fanno un modello di tribuno rivoluzionario.
[*20] -  Sergueï Mikhailovitch Eisenstein (1898-1948) è stato uno dei più grandi realizzatori del cinema sovietico, sia per i suoi contributi teorici che per i suoi film ispirati a una rivoluzionaria tecnica di montaggio (Bronenosec Potëmkin nel 1925, Oktjabr nel 1927, Aleksandr Nevskij nel 1938, Ivan Groznyj nel 1944-1946).
[*21] - La metagrafia è una forma d’arte già praticata dai lettristi sull’esempio dei dadaisti. Consiste nell’assemblaggio, sotto forma di collage, di fotografie, frasi e parole ritagliate da fonti diverse, soprattutto dalla stampa.
[*22] -  Si riferisce a Le temps passe, en effet, et nous passons avec lui, aprile 1954.
[*23] -  Si riferisce a Mort de J. H. ou Fragiles tissus (en souvenir de Kaki), marzo 1954. Jacqueline Harispe detta Kaki, già indossatrice di Dior, si era lasciata cadere dalla finestra del suo albergo il 28 novembre 1953. Aveva vent’anni.
[*24] - Paix et Liberté è un’organizzazione creata nel 1950 da René Pleven e JeanPaul David, appoggiata ufficiosamente dal governo francese e governata da un comitato segreto, attiva nel clima della Guerra Fredda per combattere il comunismo e la sua propaganda. Dal 1950 al 1956 il gruppo svolse la sua attività utilizzando manifesti, opuscoli, un bollettino di informazione e una trasmissione radio bisettimanale.
[*25] - Georges Clemenceau (1841-1929), uomo politico francese, deputato radicale dal 1871, contribuì alla caduta di vari ministeri guadagnandosi il soprannome di ‘Tigre’. Difensore di Dreyfus nel 1898, fu nominato presidente del consiglio e ministro dell’interno nel 1906. Capo del governo nel 1917, negoziò dopo la guerra il Trattato di Versailles (1919)
[*26] -  Consuelo, pubblicato fra il 1842 e il 1843, è un romanzo che narra la vita di una cantante lirica italiana nel Settecento: la tesi di un avvicinamento fra le classi sociali (qui l’amore fra la cantante figlia di una zingara e Albert conte di Rudolstadt, osteggiato da tutti e concluso con un matrimonio in extremis) si ispira a teorie umanitarie che ispirarono altri romanzi della Sand.
[*27] - Aurore Dupin baronessa Dudevant, detta George Sand (1804-1876) nei suoi romanzi come nella vita privata contrappone l’amore e la rigenerazione morale alle convenzioni mondane, in nome di un umanitarismo vicino a Rousseau. Famosa è la serie dei suoi ‘romanzi campestri’ pubblicati negli anni Quaranta e Cinquanta.
[*28] - Si riferisce a The Lost Patrol, un film prodotto dalla RKO nel 1934 con la direzione di John Ford: storia di una pattuglia inglese perduta nel deserto e lentamente decimata da Arabi invisibili, lasciando alla fine un solo superstite (Victor McLaglen). Nel 1954 è uscito in Italia un film con lo stesso titolo, prodotto da Franco Cristaldi e diretto da Piero Nelli: storia di pochi soldati piemontesi sperduti nelle campagne di Novara dopo la vittoria austriaca del 1849.
[*29] -  The Birth of a Nation (1915), capolavoro di David Wark Griffith (1875-1948), primo lungometraggio girato negli Stati Uniti e grande spettacolo epico, narra la storia di due famiglie, una del Nord e l’altra del Sud, durante la Guerra di Secessione. Il contenuto ideologico razzista del film, contro i Neri americani, suscitò violente polemiche dopo l’uscita nelle sale.
[*30] - Società segreta americana fondata nel Tennessee dopo la Guerra di Secessione, mirava ad escludere i cittadini di colore dal diritto di voto con metodi violenti e intimidatori. Vietata nel 1877, fu rifondata nel 1915 con caratteri puritani, xenofobi e ultranazionalisti, opponendosi anche agli ebrei e ai cattolici. Largamente diffusa negli anni Venti e Trenta, fu ancora messa fuori legge nel 1928.
[*31] -  Sacha Guitry (1885-1957), attore e autore famoso di pièces teatrali, esordì nel cinema negli anni Trenta alternando brillanti commedie a libere ricostruzioni della storia francese: fra queste ultime Le perles de la Couronne (1937), Remontons les Champs Elysées (1938), Si Versailles m’était conté (1953), Napoléon (1954), Si Paris nous était conté (1955). A questi ultimi tre titoli si fa qui riferimento.
[*32] - Maximilien Marie Isidore de Robespierre (1758-1794), avvocato e uomo politico francese, dirigente nel 1771-1792 del Club dei Giacobini, votò per la morte del re proponendo un programma di democrazia integrale. Membro della Convenzione nazionale, fu il principale responsabile dell’esecuzione di Danton e Demoulins, organizzando e legalizzando poi il periodo del Terrore (1792-1794) in nome di una dittatura popolare. Fu arrestato e ghigliottinato insieme ai suoi partigiani.
[*33] -  Cita A. Camus, Le Mythe de Sisyphe, Paris, Gallimard, 1942, p. 166: “Malgré tant d’épreuves, mon âge avancé et la grandeur de mon âme me font juger que tout est bien”. A sua volta Camus citava liberamente i versi 7-8 di Sophocle, Œdipe à Colone, in Sophocle, texte établi et traduit par P. Masqueray, Paris, Les Belles Lettres, 1942, T. II, p. 153: “Mes souffrances, les longues années que j’ai vécues et aussi la force de mon âme m’apprennent la résignation”. Di qui il rinvio di Debord alla “tragedia greca”.
[*34] -  Cfr. Réponse de la Convention nationale aux manifestes des rois ligués contre la République (Rédigée par Robespierre), in Choix de rapports, opinions et discours prononcés à la Tribune Nationale depuis 1789 jusqu’à ce jour ; recueillis dans un ordre chronologique et historique, Paris, Alexis Eymery, 1820, t. XIII année 1793 (quatrième volume de la Convention), pp. 245-246 : “La morale était dans les livres des philosophes : nous l’avons mise dans le gouvernement des nations”.
[*35] -  Gabriele D’Annunzio (1863-1938), dal 1921 viveva in una villa-museo a Gardone sul Lago di Garda, da lui ribattezzata il Vittoriale. Nel 1923, per i suoi sessant’anni, Mussolini gli fece dono della gigantesca prora della nave da guerra Puglia, sistemata appunto nei giardini della villa.
[*36] -  Collezione di romanzi polizieschi creata nel 1945 da Marcel Duhamel presso le edizioni Gallimard: annovera numerosi contributi francesi ma anche un gran numero di traduzioni di autori americani.
[*37] -  È la sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore opera 55 di Ludwig van Beethoven. Composta fra il 1802 e il 1804, in una copia d’autore aveva nome Sinfonia grande intitolata Bonaparte, ma il nome di Napoleone fu cancellato dopo la sua incoronazione a imperatore. La denominazione “eroica” appare solo nel 1806, con la prima edizione.
[*38] -  Vladimir Ilitch Oulianov detto Lenin (1870-1924), uomo politico e teorico russo, capo della maggioranza bolscevica del Partito operaio (1903), fondò un Partito bolscevico indipendente nel 1912 per mettere in pratica i principi del marxismo e trasformare poi il primo conflitto mondiale in una guerra civile che attuasse la rivoluzione in Russia. Organizzatore dell’insurrezione dell’ottobre 1917, fu eletto presidente del Consiglio dei commissari del popolo e lavorò poi per la costruzione del socialismo sul piano economico. Non a Lenin ma all’assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale è dedicata la settima sinfonia di Dmitri Shostakovich (1906-1975), detta appunto Leningrado (1941).
[*39] - Cfr. Jean Cavillon, Combat de nuit de petites unités d’infanterie, Limoges, Charles-Lavauzelle, 1955.
[*40] - Dipartimento nell’Ovest della Francia, regione Pays-de-la-Loire. La zona fu teatro di un’insurrezione contro-rivoluzionaria fra il 1793 e il 1796. Gli insorti, di estrazione contadina e organizzati da aristocratici ed ecclesiastici, formarono un esercito che vinse in alcune occasioni l’armata repubblicana. Sconfitti alla fine del 1793, i monarchici furono poi decimati in una serie di severe repressioni.

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