Nel saggio che dà il titolo alla raccolta "Critica e verità" (1966), Roland Barthes scrive: « Quel che è curioso, è che i francesi non si stancano mai di essere orgogliosi di aver avuto il loro Racine (l'uomo da duemila parole) e non si lamentano mai del fatto di non aver mai avuto alcun loro Shakespeare ». Il contesto è quello della polemica con Raymond Picard, accademico specializzato in Racine, che nel 1965 aveva pubblicato un testo dal titolo "Nouvelle critique ou nouvelle imposture?", incentrato sulla critica di due precedenti lavori di Barthes: uno del 1963, su Racine; e l'altro, "Saggi critici", del 1964. In maniera simile a quel che racconta Alan Pauls ne Il fattore Borges - quando Borges faceva uso della parole critiche di Ramón Doll (oggi, uno sconosciuto), per meglio definire ed intensificare la propria poetica – così anche Barthes usa la miopia di Picard come piattaforma per lanciare la sua "Nouvelle critique". Come è tipico di Barthes, il suo sguardo va sempre in cerca di ciò che manca e di quello che non funziona: non è l'orgoglio di avere Racine, ma la tristezza per non avere Shakespeare! A volte, ciò che manca è più importante di ciò che appare immediatamente come motivo di orgoglio. Ed è in una simile prospettiva, che risuonano echi di altre voci assai attive in quegli anni delle prime pubblicazioni di Barthes, come Blanchot, Bataille, Lacan). Per una qualche ragione non molto chiara, la frase di Barthes fa pensare ad un'altra frase, di Borges, che oggi possiamo leggere nel capitolo "Europa" del suo "Saggio autobiografico", pubblicato originariamente sul quotidiano La Opinión nel settembre 1974 con il titolo "Las memorias de Borges". « Forse, senza saperlo, sono sempre stato un po' britannico. Infatti, ho sempre pensato a Waterloo come ad una vittoria ». Un elemento che può provare a spiegare questa associazione, è il racconto tardivo di Borges "La memoria di Shakespeare", pubblicato nel 1983 e commentato magistralmente da Ricardo Piglia in "Formas breves", il quale costituisce una soluzione fittizia alla tristezza (argentina? di tutti quanti?) di non aver avuto Shakespeare; e che prodigiosamente ci trasporta verso un altra frase di Borges: « la mia ignoranza del greco è altrettanto perfetta di quella di Shakespeare ».
fonte: Um túnel no fim da luz
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