mercoledì 27 novembre 2024

Attenti a quei Due !!

«Fra gli chassidim si racconta una storia sul mondo a venire, che dice: là tutto sarà proprio come è qui. Come ora è la nostra stanza, così sarà nel mondo a venire; dove ora dorme il nostro bambino, là dormirà anche nell’altro mondo. E quello che indossiamo in questo mondo, lo porteremo addosso anche là. Tutto sarà com’è ora, solo un po’ diverso.»

Un punto decisivo di riavvicinamento tra Agamben e Ben Lerner, viene esposto da Agamben stesso nella seconda sezione della seconda parte de "La comunità che viene" (la sezione dal titolo "L'irreparabile"): Agamben afferma che molte confusioni in filosofia nascono dalla confusione tra "la medesima cosa" (Idem) e "la cosa stessa" (Ipsum). Per Agamben, il pensiero si occupa della "cosa stessa" e non della "identità", dell'approccio senza residui offertoci dall'Idem. La "cosa stessa", scrive Agamben, non è una "cosa altra" che avrebbe trasceso la cosa, ma non è neppure semplicemente la "medesima cosa". In questa situazione, la cosa costringe a uno spostamento verso sé stessa, verso il suo essere così com'è. Tenendo presente questo dato argomento (all'inizio de "L'irreparabile" Agamben afferma che quella sezione può essere letta come un commento al § 9 di Essere e tempo e alla prop. 6.44 del Tractatus di Wittgenstein), diventa possibile riprendere l'epigrafe di "10:04" (sul libro di Ben Lerner, "Il mondo a venire", Sellerio)) da una nuova prospettiva: «tutto uguale, solo un po' diverso», e questo al di là della parabola di Benjamin/Scholem/Bloch, e costituirebbe anche un commento sul rapporto tra l'Idem e l'Ipsum, tra "la medesima cosa" e la "cosa stessa". Nel romanzo, si tratta di moltiplicare dei futuri possibili che tuttavia non sono identici, ma costituiscono degli spostamenti della cosa verso sé stessa, dal momento che non si tratta di un'indagine (romanzesca, di fiction) sulla "identità" (Idem), bensì sulle infinite potenzialità della "cosa" (della letteratura stessa o anche della medesima letteratura). Ogni volta che il romanzo tenta di essere fiction o letteratura, fallisce e ricomincia nuovamente, portandosi dietro, con sé, nella ripetizione, il tentativo frustrato del passato. L'aggiornamento del tentativo, pertanto, in "10:04" ("Il mondo a venire"), risiede nel modo narrativo di mostrare come tutto possa essere uguale, ma solo un po' diverso: qui non si tratta di definire un'essenza, ma piuttosto di giocare con le possibilità; non è questione di possesso, ma di limiti; non si tratta di presupposti, di ipotesi, ma di esposizioni.

Un altro aspetto della condivisione di Benjamin da parte di Ben Lerner e Giorgio Agamben (da un lato, il romanzo "10:04" ("Il mondo a venire", Sellerio), e dall'altro il libro "La comunità che viene") riguarda invece proprio il rapporto che Benjamin instaura tra quelle che sono due figure letterarie del primo Novecento: Franz Kafka e Robert Walser. Così, ne "La comunità che viene", Agamben fa ricorso ai due scrittori per parlare del "limbo", della sospensione, dell'instabilità dovuta a ogni e qualsiasi posizione di certezza: Walser crea personaggi che si sono smarriti, figure che si trovano oltre la perdizione e oltre la salvezza; e così nella VIII sezione del libro, "Demoniaco", Agamben avvicina i due: quello che Kafka e Walser rappresentano ai nostri occhi è un mondo dal quale il male, nella sua suprema manifestazione tradizionale - il demoniaco - è ormai scomparso. Scrive Lerner all'inizio della quarta sezione di "10:04" ("Il mondo a venire"), quando il narratore arriva in un residence in Texas: «Mi sentivo come un fantasma mentre giravo per Marfa nel buio al volante di un’auto ibrida verde. Era la mia prima sera lì: Michael, il custode delle villette per gli ospiti della fondazione, che era anche un pittore, era venuto a prendermi nel pomeriggio all’aeroporto di El Paso e avevamo viaggiato in cordiale silenzio per tre ore attraversando l’altopiano deserto» (e questa autorappresentazione del narratore in quanto fantasma lo avvicina, non solo al limbo di Kafka e di Walser come sostiene Agamben, ma anche a tutta la discussione che ne fa Cristina Rivera Garza, su Rulfo, sul deserto e su Comala vista come limbo. E infine è anche possibile commentare dicendo che la parabola che Benjamin ascolta da Scholem e che poi racconta a Bloch (e che viene salvata da Agamben, per poi così essere potuta usare come epigrafe, da Ben Lerner in "10:04"- Il mondo a venire) sarà ripresa e riutilizzata anche e ancora una volta da Benjamin stesso nel suo saggio su Kafka, dove la parabola non appare esattamente, ma dove tuttavia il tema messianico appare nel saggio, così come appare l'idea di una ripetizione del mondo che comporta una leggera differenza, un leggero cambiamento.

fonte: Um túnel no fim da luz

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