sabato 23 novembre 2024

«Chi può capire i mille fili che uniscono le anime degli uomini e la portata delle loro parole»?

La Spagna si è da poco lasciata alle spalle la rovinosa Guerra civile quando la diciottenne Andrea, senza più genitori, giunge a Barcellona per frequentare l’università. La casa in calle de Aribau dove viene accolta dai parenti non è più, però, il luogo fatato dell’infanzia: la ricchezza e la bellezza di un tempo sono ora sommerse da un cumulo di polvere, ragnatele e sporcizia; una tetra esteriorità che, di fatto, è solo lo specchio delle profonde ferite – lasciate dalla guerra e dall’indigenza – dei cuori di chi abita lì dentro. Un intero anno rimarrà Andrea in quella casa. Abbastanza per assistere ai drammi interiori dei suoi tre zii e della nonna, ciascuno a modo suo smarrito nel proprio mal di vivere, ma anche abbastanza per coltivare, fuori dalle quattro mura, un’amicizia vera e profonda con Ena, compagna di università in grado di sottrarla al cupo convincimento che nulla può essere davvero compreso e salvato, e che ogni esperienza umana, alla fin fine, si può riassumere in una sola parola: nada, niente. Uscito per la prima volta nel 1945 quando l’autrice aveva appena ventitré anni, per la prosa delicata e l’eccezionale forza introspettiva (Azorín, fra i tanti, sottolineò le «complessità psicologiche» del romanzo «che ci fanno pensare e sentire») è considerato uno dei più importanti romanzi spagnoli del Novecento.

(dal risvolto di copertina di: Carmen Laforet, "Nada". Traduzione di Barbara Bertoni, prefazione di Elvira Lindo Cliquot, pagg. 86, € 20)

Barcellona nell’ombra della guerra civile: Carmen Laforet
- di Marta Morazzoni -

Carmen Laforet ha 23 anni quando scrive il primo romanzo; è il 1944, il suo Paese, la Spagna, è uscito da poco dalla guerra  civile e ne porta ancora le cicatrici. Su una persona giovane e dalla sensibilità accesa questi sono segni che “urlano” e chiedono di essere interpretati. E infatti da tale passato nasce il romanzo Nada; si ambienta a Barcellona in una famiglia sconquassata da un malessere che sfocia in malafede reciproca e aggressività: mancano denaro, fiducia nel futuro, certezza di affetto. Qui arriva dalla provincia la giovane Andrea, ospitata dalla nonna e da un nucleo disturbato di zii, e affronta un anno di studi all’università tra disagi, paure, fame e freddo, un freddo che si annida soprattutto nell’anima. Un anno per maturare, conoscere altro intorno a sé, e lasciare dietro di sé il caos che in fondo l’ha formata. È il romanzo di un’autrice alla sua prima prova impegnativa e ha in sé, come un paradossale merito, l’impaccio di uno sguardo disorientato su un mondo adulto scoraggiante: i momenti difficili, le violenze e i passi indietro verso una disperata tenerezza ci arrivano attraverso la voce spaventata e persa di un io narrante che cerca di capire e, con una maturità che cresce lenta, a volte di compatire. I personaggi che contornano la protagonista sono delineati con la nettezza spigolosa di chi deve ancora prendere confidenza con le sfumature, da qui gli eccessi che definiscono alcune figure, per esempio Romàn, l’artista  sensibilissimo e violento, che pure ha degli sprazzi di lucida analisi del suo tempo e di sé. Si ha a tratti la sensazione di un  ambito teatrale in cui si rappresenta qualcosa al limite dell’improbabile, eppure è vera e forte la percezione fisica del disagio vissuto dalla protagonista. Della guerra appena finita in esplicito non si parla, ma lo strascico di miseria e disordine che ha lasciato dietro di sé traspare ed è l’ombra più pesante sulla storia. Ma c’è anche, raccontata con cura e con affetto, stregante e remota, Barcellona: all’interno confuso della casa in calle de Aribau fa da contraltare lo spazio tra collina e mare in cui la città si adagia, in cui spicca il paesaggio notturno della cattedrale con l’accenno al quartiere che la circonda, un fantasma  distrutto dalla guerra. Probabile che solo la giovane età della scrittrice l’abbia guidata a cogliere sprazzi di luce e a un finale liberatorio, a compenso della tonalità cupa del romanzo. Romanzo a suo tempo pluripremiato e apprezzato dal pubblico, il primo di una carriera che colloca l’autrice, morta nel 2004, insieme a Ana Maria Matute tra le figure di rilievo della letteratura spagnola  contemporanea.

- Marta Morazzoni - Pubblicato il 14/1/2024 su Robinson -

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