Ricordo...
Era il 1970, il mese di dicembre, la prima volta in cui sentivo pronunciare l'espressione «rifiuto del lavoro». L'aula 8 di Lettere, in piazza Brunelleschi. L'assemblea gremita e infuocata. Ovviamente l'ordine del giorno, come lo si chiamava allora, non lo ricordo, e francamente non mi sovviene nemmeno di cosa si discutesse ed in che modo e attraverso quale riferimento fosse venuta fuori Kronstadt (e la repressione di quell'esperienza).
Anche li, tra le parti "contrapposte", il «vento di coltelli» fu sul punto di levarsi. Finì in maniera assai meno cruenta grazie all'intervento di Pancho Pardi, che dopo essersi offerto di fornire, accademicamente, una bibliografia su un argomento così tanto "dibattuto", aggiunse recisamente che il problema, a Kronstadt, era appunto quello del Rifiuto del Lavoro; che i Marinai e i Soldati di Kronstadt praticavano il rifiuto del lavoro, si rifiutavano per l'appunto di ... lavorare.
Quasi a voler dire - ma forse senza quasi - che allora e laggiù era davvero un bel problema, per Trotsky e i bolscevichi, inceppare la macchina della modernizzazione ritardata capitalistica. E di problemi, a seguire, ne avrebbero avuto molti altri, che avrebbero risolto sempre nel medesimo modo. Ricordo bene che a Pancho, il quale mi stava e mi sta tuttora oltremodo simpatico, non ribattei alcunché (anche perché a quel tempo sull'argomento non sapevo proprio come ribattere!) e me ne stetti zitto. Ogni tanto ci ripenso: «ma avrà davvero voluto dire quello che io allora ritenevo stesse dicendo?!?»
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