Marx era un pensatore eurocentrico e razzista?
- di Jones Manoel -
«Questo è un libro assolutamente pioneristico, in cui Anderson fa il pelo ed il contropelo a quella che è la conoscenza convenzionale che riduce Marx ad un pensatore eurocentrico ed economicistico. Analizzando una varietà di testi di Marx, incluso il suo lavoro giornalistico per il New York Daily Tribune, così come altri materiali inediti sulle società non europee, emerge un teorico globale, la cui critica sociale era sensibile alle diverse forme di oppressione e alle lotte sociali.» (Michael Löwy)
In questi ultimi decenni, è diventata moneta comune la critica secondo la quale Marx sarebbe stato un pensatore eurocentrico, insensibile al colonialismo, se non addirittura razzista. La reazione dei marxisti, in generale, è stata quella di accettare una simile narrativa, e limitarsi a citare autori provenienti dalla periferia del sistema: José Carlos Mariátegui, Brinda Karat, Ernesto “Che” Guevara ed altri.
La strada alternativa era quella di difendere la tesi di György Lukács in "Storia e coscienza di classe”: anche se Marx avesse sbagliato completamente le sue analisi, potremmo comunque continuare ad essere marxisti, poiché, alla fine, dopo tutto, l'ortodossia nel marxismo riguarda il metodo - vale a dire, anche se Marx fosse stato eurocentrico in assoluto, noi potremmo, a partire dal materialismo storico, non esserlo.
In "Marx ai margini: nazionalismo, etnia e società non occidentali", Kevin B. Anderson dimostra di essere assai più audace. A partire dall'analisi di tutta una serie di testi di Marx, per la maggior parte inediti in diverse lingue, e a partire dai testi originali elaborati recentemente - come il materiale del Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA2) – Anderson mostra come, nella sua traiettoria intellettuale, il filosofo tedesco si sia preoccupato di questioni razziali e di genere diventando un pensatore non eurocentrico, attento allo sviluppo delle società non capitaliste, sostenitore di una via multilineare, e non deterministica; insomma, abbiamo a che fare con un Marx che non considera affatto il processo storico europeo come se fosse la metrica universale della storia del mondo.
Nel suo libro, Anderson si oppone rigorosamente ed in maniera ben documentata alle analisi classiche, come quella della critica svolta da Edward Said in "Orientalismo", la quale classifica Marx come un orientalista; così facendo mette in evidenza la preoccupazione marxiana riguardo i processi di liberazione nazionale delle nazioni oppresse e alla lotta contro la schiavitù della popolazione nera; pertanto, dimostra come sia insostenibile la tesi di un Marx compiacente con il colonialismo (se si considera la totalità della sua opera), o indifferente alla lotta abolizionista.
Da "Marx ai margini" emerge un pensatore preoccupato non solo dell'emancipazione degli operai e delle operaie di fabbrica, ma di quella di tutti gli sfruttati. Stiamo parlando di un intellettuale che ha dedicato molto tempo della sua vita a studiare Russia, Cina, India, Persia, Algeria, ecc. In breve, quello che dopo è stato l'Appello del Congresso di Baku (1920), per l'unione dei popoli dell'Occidente e dell'Oriente contro il capitalismo, era già nel pensiero marxiano.
Con Kevin B. Anderson, possiamo uscire dalla difensiva ed affermare senza timore alcuno che Marx sia, più che mai, un autore per tutti quelli e per tutte quelle che lottano per l'emancipazione umana, Un pensatore radicalmente universale, in quanto ha compreso le particolarità del mondo in cui viveva.
- Jones Manoel - Pubblicato su BlogDaBoitempo il 15/10/2019
fonte: BlogDaBoitempo
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