La tecnologia che ingabbia l'essere umano
- Intervista di IHU On-Line a Marildo Menegat -
di João Vitor Santos, del 29 Maggio 2019
Chi è che non è rimasto a bocca aperta nel sentire le risposte dell'assistente virtuale Siri, di Apple, o di qualche altro qualsiasi assistente del genere? Ma piuttosto che dare l'impressione che stiamo già vivendo in un futuro in cui gli uomini e le macchine convivono, questi robot rivelano piuttosto molte cose riguardo quella che è l'evoluzione umana nel contesto della rivoluzione 4.0. E questa rivoluzione potrebbe mettere in evidenza qualcosa di non poi così tanto positivo. Per il professor Marildo Menegat, è necessario superare questa fascinazione e questa seduzione esercitata dalla tecnologia, per arrivare a capire cosa in realtà essa abbia fatto con la nostra umanità. «Gli assistenti virtuali parlano, ma tu non chiedi loro se la giornata è bella, oppure se sono stressati da tutto quel lavoro. La conversazione si limita alla risoluzione di una mediazione nella quale anche voi diventate la rappresentazione di una cosa, nel caso, il consumo di denaro», egli considera. Vale a dire, possiamo affermare che la relazione viene confinata in base allo stimolo-risposta, assoggettando l'essere umano nel farlo essere quello che interagisce con la macchina. «Le persone disimparano la ricchezza e l'intelligenza presente nell'uso quotidiano del linguaggio. Per parlare con delle macchine nessuno ad ognuno serve solo memorizzare un'unica richiesta», aggiunge. Nell'intervista che segue, concessa per e-mail alla rivista IHU On-Line, Menegat aggiunge anche che «L'attuale dominio della tecnica limita non solo li linguaggio, ma anche l'immaginazione e le capacità sociali, costringendole in un angusto cubicolo». È questo che il professore considera quando parla del fatto che la vita, ai tempi della rivoluzione tecnologica, va in malora. «Forse, la riflessione che andrebbe fatta urgentemente attiene alla demistificazione dell'aura della tecnica. Essa non è una sfera neutra, un mero strumento dello sviluppo delle relazioni sociali, nel quale le capacità umane devono essere svuotate delle loro potenzialità e sottomesse ad una logica impersonale di dominio.», egli provoca. Quindi, per lui, l'Intelligenza Artificiale, frutto della rivoluzione 4.0, non è altro che una prefigurazione delle forze del capitale che non solo riducono i posti di lavoro, ma anche sottomettono le persone ad una relazione di consumo in forma automatica. «La miseria sociale prodotta dalla crisi struttutale del capitale si combina e si allarga con la distruzione della natura. In entrambi i casi, le tecniche all'avanguardia sono alla base del disastro», afferma. Per reagire ed evitare l'estinzione della vita umana, suggerisce due movimenti: «Il primo sarebbe impedire che avvenga questa trasmutazione della specie in un essere ibrido il quale diventa un elemento ex umano della post-natura. Il secondo è quello di creare un modo sociale di produzione della vita non più mediato dalla produzione di merci e dal denaro, cioè, non più dominato dal tempo astratto dell'accumulazione del capitale.»
IHU On-line: In che modo l'Intelligenza artificiale riconfigura l'esistenza umana? E quali sono le difficoltà rispetto a comprendere questa esistenza umana attraversata dalla tecnologia?
Marildo Menegat: C'è qualcosa di sintomatico nel definire un concetto come quello di "esistenza umana" nel capitalismo. Un tale concetto non diventa ovvio ed auto-evidente solo a partire dal fatto che esistiamo. Esso presuppone in larga misura che si abbia la capacità di avere coscienza, di essere consapevoli, delle condizioni nelle quali esistiamo. Nel XVII secolo - quando ci si trovava ancora in quella che era l'epoca in cui venivano imposte le basi di questa forma sociale - quando si comprese definitivamente che se Dio poteva aver creato il mondo , ciò non voleva dire che in realtà lo governava, e implicava, per gli esseri umani, nel dover fare delle scelte che avrebbero determinato il loro destino, l'assunto logico del fatto che per poter fare tali scelte avremmo dovuto essere liberi sconvolse la filosofia occidentale. In quello stesso periodo, la nascente economia imprenditoriale, in quanto sfera a parte della vita sociale, ma che governa secondo quelli che sono imperativi draconiani, aveva prodotto fenomeni che un buon osservatore non avrebbe potuto certo relegare nell'insignificanza. Come poter pensare in termini morali le scelte di un individuo sottomesso alle leggi della necessità sociale, per esempio, senza prendere in considerazione il fatto che egli dipende del tutto dal denaro per sopravvivere (e poco importa da dove provenga)?
L'idea secondo la quale ci sono delle "leggi occulte" della vita sociale che impongono determinati comportamenti, quali l'obbligo a vendersi, che all'inizio del capitalismo non aveva niente di naturale e, perciò, venne imposto col ferro e col sangue, metteva in ombra il concetto di libertà che si pretendeva fosse una caratteristica distintiva della modernità. Nel XXI secolo, potrebbe apparire strano un commento critico della vendibilità umana, dal momento che è proprio la mancanza di una simile opportunità di poter cedere la propria autonomia che rovina e piomba nell'inferno quotidianamente la vita di una porzione immensa di individui in ogni parte del mondo. Ma il fatto di vendersi serve a mantenere questa situazione di base nelle quale abbiamo bisogno di diventare una merce, una cosa, sotto forma di forza lavoro - poco importa se essa sia fisica o spirituale –, che li sottometta ad un dominio alieno alla loro volontà per poter, alla fine, ricevere un pugno di monete e soddisfare le loro necessità elementari. L'esistenza in simili condizioni di vendibilità, che deve occupare la più parte della vita di ciascuno, è un esercizio di sottomissione indiscutibile, che non può essere rifiutata, e che è la sola cosa che sostiene il senso di tutto il processo sociale.
Una definizione astratta del capitale, potrebbe essere data dal seguente enunciato: uno sforzo permanente di trasformare denaro in più denaro. Tutti i mezzi si devono piegare a questo fine. Non solo l'esistenza umana dev'essere vissuta come se fosse un mezzo per tale finalità, ma nemmeno la tecnica si sottrae a questo presupposto. In tal modo, esiste una relazione intrinseca tra la tecnica e la necessità di dover far sì che il processo di produzione delle merci, che sottomette quello che è il nostro tempo sociale, crei più valore. La tendenza è quella di naturalizzare tutto ciò. Il capitalismo è un immenso esperimento pavloviano, gli individui si vedono sempre costretti ad adattarsi alle nuove situazioni. Perciò, quando emergono nuove tecnologie, chi è «socialmente corretto» le accetta con entusiasmo. La figura dell'individuo progressista, che è stata rappresentata nel cinema hollywoodiano - e forse viene ancora rappresentata - è una delle incarnazioni di questo soggetto entusiasta della tecnica e, pertanto, preparato e desideroso delle nuove fasi dell'accumulazione di capitale. Questo adattamento comporta anche che le idee seguano la strada lungo la quale tutte le cose si muovono. Se per caso leggete uno di quei manuali sulla quarta rivoluzione industriale, rimarrete perplessi nel rendervi conto che è sempre lo stesso autore quello che vi sta dicendo che il lato negativo di questa trasformazione consiste in una grande perdita di posti di lavoro, in tutte le aree di produzione, e che subito dopo, nella riga successiva dice che il lato positivo risiede nel fatto queste nuove tecniche aumenteranno il vostro tempo libero destinato allo svago... Per esempio, per quel che riguarda l'Intelligenza Artificiale, qualsiasi esperto ragionevole sull'argomento sa che un salto non viene fatto nel buio, usando in questo caso un'immagine banale, ma dentro uno di questi buchi neri dell'universo. Una figura insospettabile, come Stephen Hawking, ha affermato che «l'impatto immediato dell'Intelligenza Artificiale dipendeva da chi la controllava, e che a lungo termine dipenderà dal fatto che possa essere controllata». Mi chiedo, dopo tutto quello che sappiamo di casi come Cambridge Analytica, ci fidiamo di chi oggi controlla lo sviluppo di un aspetto essenziale dell'IA, come quello del comportamento umano indotto per mezzo dell'interazione in rete? Si immagini allora a quando ci imbatteremo con quel pronostico inevitabile che è l'autonomia decisionale dell'IA!
IHU On-line: Ma in che cosa consiste esattamente l'Intelligenza Artificiale?
Marildo Menegat: In un sistema integrato di macchine-robot dotati di sensori avanzatissimi che sarebbero in grado di svolgere meglio degli esseri umani tutti quei compiti necessari alla continuità dell'accumulazione del capitale e, nell'immediato, potrebbero decidere con maggior rapidità e precisione degli esseri umani quali sarebbero i passi da fare a tal proposito. Così come avviene nella razionalizzazione immanente del capitale, che struttura la vita sociale, l'essere umano è un supporto, un mezzo, e dal momento che anche la macchina è un mezzo per i fini assoluti della trasformazione di denaro in ancora più denaro, domando: quale sarebbe la natura delle decisioni che prenderebbe l'automa della IA?
Di recente, a Fukushima (2011), in Giappone, una centrale nucleare è stata colpita da un'ondata di tsunami ed è andata in "default". Subito, la radioattività ha cominciato ad espandersi. Qualcosa di simile era avvenuto nel 1986 nell'ex Unione Sovietica, con Chernobyl. Questi sono due terribili indizi di quanto le centrali nucleari siano un pericolo per la sopravvivenza dell'umanità. Eppure, esistono ancora nel mondo circa 440 di queste centrali - in costruzione o in funzionamento. Esse verranno controllate - ed in parte lo sono già - da dei sistemi di Intelligenza Artificiale. Quale sarà l'imperativo che questi robot seguiranno di fronte a dei disastri: sosterranno la continuazione degli affari - che, voglio ricordare a chi legge, fanno parte di quelli che sono gli assiomi di base del loro funzionamento, dal momento che esso vengono sviluppati esattamente proprio per ridurre i costi ed aumentare i profitti - e, per fare ciò, nasconderanno i rischi prodotti da queste fuoriuscite di radioattività, o difenderanno la preservazione della vita umana - la quale si trova al di fuori di questi assiomi, poiché rappresenta un aumento insopportabile dei costi per l'economia di un'impresa o di un paese? In un incidente nucleare, le prime ore sono quelle decisive per poter salvare migliaia di vite, così come lo sono per far crollare e portare al collasso in borsa le azioni dell'impresa proprietaria della fabbrica. L'Intelligenza Artificiale è la fabbrica collegata alla scrivania dell'impresa quotata in borsa.
Un individuo che si è adattato al suo tempo non può prescindere dall'utilizzo delle tecnologie elementari del sistema dell'Intelligenza Artificiale, come uno smartphone. Questa protesi della compianta intelligenza umana è costituita da un sensore e da un incontenibile immissione di informazioni sul proprietario della protesi, in un ambito - da principio - impersonale. Fin dal primo secondo in cui si viene connessi a uno di questi robot per uso personale, l'intimità di questa persona diventa parte del sistema, anche se non vuole. Le persone vengono continuamente monitorate, possono essere localizzate nel giro di secondi, il sistema conosce le preferenze di queste persone, le quali non hanno alcuna contrarietà rispetto a tutto questo. Sembra che l'intimità non abbia più alcun significato sociale o esistenziale.
Si può notare cha la macchina e quello che chiamiamo esistenza umana si sono fuse a favore della macchina, la quale rappresenta assai meglio quelle che sono le necessità del sistema di economia astratta imprenditoriale. Ogni tanto, qualche sociologo o psicologo - senza alcun pregiudizio nel caso si tratti di un filosofo - dice che le persone stanno diventando apatiche, che passano più tempo a guardare lo schermo del loro androide, piuttosto che gli occhi della persona amata - alcuni vanno anche più oltre e dichiarano che forse l'amore non esiste più -, alla fine, si può vedere come questa non sia altro che la teleologia di successo di un genere di società che ha sopportato gli esseri umano solo per un periodo di tempo, al prezzo di trasformarli in superflui.
IHU On-line: Oggi, l'Intelligenza Artificiale si trova presente nella vita quotidiana di molte persone a partire dal rapporto con le banche per arrivare fino alle reti di vendita, attraverso i cosiddetti assistenti virtuali umanoidi, o robot di assistenza personali. Cosa rileva nelle relazioni delle persone nel contatto con questa tecnologia? In che misura gli utenti prevedono, in queste relazioni, di pensare di adottare gli assistenti virtuali dell'Intelligenza Artificiale.
Marildo Menegat: I vari assistenti virtuali che spuntano ora in Brasile relativamente ai servizi bancari, come Roberto, o Bia e Lù, sono ancora dei personaggi che partecipano ad un picnic di questa tecnologia. Sono qualcosa che è ora alla moda - sono parte dell'identificazione con il progresso. La gente pensa che siano "carini". Per quel che riguarda la cassa elettronica di una banca, una simile interazione acquisisce le sue basi: un qualsiasi individuo realizza quella che nella modernità è una mediazione essenziale, ossia prelevare denaro, pagare i propri conti, ecc. In una tale mediazione sociale non c'è scambio di parole. Questo individuo può ripetere quella che è la stessa mediazione in un mercato, in un negozio - in Brasile, l'utilizzo delle casse elettroniche senza la presenza di funzionari si trova ancora in ritardo, ma in Europa occidentale, in Giappone e negli Stati Uniti è una cosa assai comune. In modo tale che è possibile trascorrere la giornata senza che debba essere pronunciata una sola parola. Il robot parla, ma nessuno gli chiede se il tempo è bello, o se si sente stressato a causa di tutto quel lavoro. La conversazione viene limitata alla risoluzione di una mediazione in cui la voce stessa diventa la rappresentazione di una cosa, in questo caso, il consumo di denaro. Pertanto, si tratta della riduzione del linguaggio a questo momento che impoverisce la vita sociale. Uno scambio tra cose. Nell'essere controparte in questo genere di contatto, in maniera sempre più frequente, come si può osservare, le persone disimparerà quella che è la ricchezza e l'intelligenza presente nell'uso quotidiano del linguaggio. Per poter parlare con le macchine, basterà che ciascuno memorizzi una sola richiesta. Però, l'essere umano si distingue da tutti gli altri animali proprio per la sua capacità di inventare degli universi attraverso il linguaggio, il cui uso allarga lo spazio della loro realizzazione e permette che ad ogni generazione si ampli ancora di più l'esperienza che definisce. L'attuale dominio della tecnica limita non solo li linguaggio, ma anche l'immaginazione e le capacità sociali, costringendole in un angusto cubicolo, in una sorta di addomesticamento che sotto molti aspetti assomiglia al metodo con cui vengono utilizzati i grandi frigoriferi al fine di allevare animali da macello. Nella prima parte della mediazione, la macchina ci implora di mettere da parte ciò che è lo specificamente umano e di concentrarci in quella che è la nostra rappresentazione del consumatore (il denaro); nella seconda, ci convinciamo che l'orizzonte ridotto del denaro sia lo zenit del pensiero umano.
Dopo la vacanza picnic, arriva la verità di cui consiste questo processo. Sembra che sia stato Turing ad aver detto che «se le macchine potessero pensare, esse penserebbero certamente in una forma più intelligente di quella in cui pensa l'essere umano». Egli si riferiva specificamente ad un fattore costitutivo dell'IA, ossia la capacità di gestire una massa di dati, facendo incroci e combinazioni, in un modo che sarebbe impossibile per qualsiasi intelligenza umana. La complessità distruttiva del capitalismo e la base decisionale del suo futuro si trovano in questi dati. Le decisioni che devono essere prese dall'Intelligenza Artificiale resasi autonoma, a fronte di ogni impasse che si verifica, come già detto, non hanno niente a che vedere con il benessere dell'umanità. L'Intelligenza Artificiale in quanto tecnica obbedisce ciecamente ai principi dell'economia, i quali ora vengono protetti da ogni debolezza umana. In questo senso, vengono approfondite quelle che sono le tendenze totalitarie della società. Forse, la riflessione che andrebbe fatta urgentemente attiene alla demistificazione dell'aura della tecnica. Essa non è una sfera neutra, un mero strumento dello sviluppo delle relazioni sociali, nel quale le capacità umane devono essere svuotate delle loro potenzialità e sottomesse ad una logica impersonale di dominio. E pertanto non è l'umanità che si realizza per messo di queste tecniche, bensì una determinata finalità di questa società distruttiva che è il capitalismo. Creare una macchina, a sua immagine e somiglianza, che abbia caratteristiche umane, è uno degli ideali di questa forma sociale. Robert Kurz ha proposto di sottomettere la tecnica ad una «tabula rasa». Ogni sistema o artefatto tecnico che non serva ai fini dell'emancipazione umana - che è l'opposto di ciò che determina le relazioni sociali della società produttrice di merci - dovrebbe essere tralasciato.
IHU On-line: Difensori ed adepti dell'Intelligenza Artificiale in quanto strumento, argomentano che essa non sarebbe niente senza la presenza umana. Cosa c'è di umano in un tale argomento? E qual è la domanda di fondo che ci sta dietro?
Marildo Menegat: Abbiamo perso, e ci manca sotto i piedi, il terreno che rendeva la definizione di umano, almeno per alcuni, auto-evidente. In un suo recente libro, Francis Wolff osserva come la distinzione fra dei, animali ed esseri umani, stabilita dai greci, è stata infranta. Le teorizzazioni del post-umano - oltre a trasformare quelle che sono le funzioni di uno smartphone in una protesi esterna del cervello, e biologicamente adattato a quell'essere ibrido che pretende di trasformare questa materia prima che un tempo era l'umanità - si basano proprio sulla possibilità delle tecniche attuali (nano-scienze, biotecnologie, informatica e scienze cognitive) di modificare profondamente il corpo, estendendone il suo tempo di vita fino a periodi centenari.
Perciò, quando si parla di presenza umana, va tenuto conto che ormai non esiste un punto di riferimento sicuro circa ciò di cui stiamo parlando. Si pensi al concetto di presenza umana di un Donald Trump, il quale pretende di separare gli Stati Uniti dall'America Latina per mezzo di un muro di migliaia di chilometri, e si lamenta della debolezza che ha l'Europa nel trattare ambiguamente le migliaia di profughi che fuggono dalle quotidiane distruzioni prodotte dal capitale nei loro paesi di origine. Nel caso di Bolsonaro la cosa è ancora più grave, poiché egli non sa cosa sia un concetto. La cosiddetta nuova destra rappresenta un approfondimento patologico del vecchio sforzo occidentale di definizione astratta dell'umano. La violenza contenuta in una tale definizione, che l'estrema destra realizza in maniera crudele, è l'imposizione del moderno patriarcato produttore di merci (Scholz) visto come modello rappresentativo della specie. Su questo, fra le altre cose, si basa l'astrazione del processo sociale ed i suoi orrori.
Anche così, se si osserva quella che è la tragedia di questo tempo, in cui, grazie ad una qualche intuizione segreta, per molti, l'umanesimo classico suonerebbe migliore di tutto quello che si prevede stia per arrivare. Sembra che questa formulazione dell'umanesimo abbia ancora conservato una vaga idea nostalgica della natura, anche se, nella cavalcata del progresso, ciò ha richiesto che tutto questo si integrasse in un altro modo di riproduzione sociale della vita che ha finito per distruggerla quasi completamente. La tensione attuale prepara un ulteriore passo avanti, quello della post-natura (Villar Gomez), che una volta compiuto, sarà senza ritorno.
Le multinazionali della Silicon Valley, come Google, Apple, Facebook, Tesla ecc., finanziano generosamente delle ricerche in tale settore. Le intenzioni... sono sempre - quanto meno nell'enunciato - le migliori possibili. Il capitalismo ha bisogno di adattare le idee a quello che è il suo corso. Questo adeguamento funziona come il foglietto illustrativo, il "bugiardino", di una medicina. Tutto quello che fa bene viene esaltato (non senza mentire), e gli effetti collaterali vengono spazzati sotto il tappeto. Si tratta di un principio etico di irresponsabilità, che viene accettato molto facilmente da degli individui infantilizzati.
IHU On-line: In questi tempi di Intelligenza Artificiale, in che forma si tramuta il capitalismo?
Marildo Menegat: L'Intelligenza Artificiale è una tecnica del capitalismo. Essa non utilizza niente che non faccia già parte dei mali di questa società. Per capire quest'affermazione è necessario stabilire quale sia la relazione tra produzione di valore, profitto e sviluppo della tecnica. La competizione fra i capitali privati di solito viene vinta da quelli che sono in grado di ridurre i propri costi di produzione in modo da vendere merci più a buon mercato. Questa è l'ossessione di ogni imprenditore, oltre ad essere un esigenza subliminare dei paradigmi tecnologici. Quando un nuovo sistema tecnologico diventa sufficientemente accessibile, in modo tale da poter sostituire con i guadagni ciò che verrà investito in esso: sia componenti della produzione che nuovi macchinari, sia energia che materie prime, verranno tutti sostituiti con relativa facilità. In questo quadro, uno degli elementi che vengono sistematicamente economizzati è l'utilizzo della forza lavoro. Fin dal XVIII secolo, le macchine hanno sostituito uomini e donne nella linea di produzione. In questo modo il capitale riduce la quantità di lavoro presente in ciascuna merce. Questo diminuisce anche la quantità di valore prodotto, cosa che sia a medio che a lungo termine influenzerà la redditività del capitale totale. Per poter evitare un simile dramma, l'imperativo è quello di aumentare la quantità di lavoro, aumentando la produzione totale di merci, allargando le frontiere del mercato dei consumatori e creando nuove opzioni di investimento in branche dell'economia ancora inesistenti. Una fabbrica altamente automatizzata, crea rapidamente un deserto economico e porta al collasso del sistema. Qui si può vedere la contraddizione, a partire dalla quale il capitalismo tende a sviluppare al massimo la tecnica che porta a risparmiare lavoro e riduce i costi mentre, allo stesso tempo, distrugge le condizioni della possibilità di continuare a produrre valore, e quindi accumulare capitale. Senza lavoro umano nel processo di produzione, in una quantità capace di valorizzare il capitale investito, non c'è alcuna possibilità che si produca plusvalore. Si finisce così per creare un sistema di accumulazione a somma zero, vale a dire, si vanifica la possibilità di realizzare quello che è il fondamento logico che dà senso e impulso al tutto.
Il problema del «costo marginale zero» dei nuovi prodotti e dei nuovi servizi, basato sulla Quarta Rivoluzione Industriale, perseguita e tormenta imprenditori ed economisti. Negli ultimi anni in cui queste tecniche hanno cominciato ad essere usate con relativa frequenza, la produttività delle economie dei paesi centrali è crollata! Per mezzo delle tecnologie di apprendimento automatico e grazie ai nuovi sensori, sta diventando possibile creare dei sistemi di macchine intelligenti interconnessi che non hanno nemmeno più bisogno dei loro supervisori. È stato sempre Turing, se non sbaglio, ad aver suggerito che, per evitare che questi sistemi di macchine diventate autonome terrorizzino la vita sociale - cosa che potrebbe avvenire di frequente nel prossimo futuro - in ultima analisi, alla fine, diverrebbe necessario distruggere quella che è la loro alimentazione energetica. Va notato in che senso stia girando la ruota; se Turing oggi fosse vivo, verrebbe certamente scambiato per propaganda terroristica a favore del sabotaggio! L'automazione delle attività essenziali nel contesto di un'unità produttiva nei prossimi cinque, sei anni potrebbe essere totale. A partire dagli anni '70, tuttavia, quando le tecniche della Terza Rivoluzione Tecno-scientifica hanno raggiunto la maturità del loro utilizzo su larga scala, il capitalismo ha dato inizio ad un lungo periodo di crisi e di collasso. Il cambiamento e l'alterazione che produrrà la quarta rivoluzione è stato quello di accelerare tale processo, amplificando notevolmente quella che è una variabile del suo carattere distruttivo: quella delle situazioni senza ritorno.
IHU On-line: Il mondo del lavoro è stato già impattato dalla tecnologia. Quali sono le sfide, nel caso specifico del Brasile, un paese in crisi, per poter creare occupazione, investire in tecnologia, ma senza sacrificare ancora più posti di lavoro?
Marildo Menegat: La quarta rivoluzione industriale non produrrà una rottura delle strutture sociali, ma il suo collasso totale. E ciò avverrà precisamente a partire dal fatto che spingerà ad un approfondimento delle tendenze già in atto nel periodo precedente. La perdita significativa di posti di lavoro ha avuto inizio negli anni '80. Il concetto di disoccupazione strutturale, emerso in questa fase del capitalismo, è una novità teorica con delle conseguenze ad ampio raggio che serve proprio per descrivere qualcosa di contro-intuitivo. Per la prima volta, si riconosce che il capitale non è più in grado di impiegare tutta la forza lavoro disponibile, e che tale situazione non ha niente di congiunturale. Nei Grundrisse, Marx scriveva, già nel XIX secolo, che questa era una possibilità già in atto, ma il marxismo tradizionale ha sempre evitato di prenderlo sul serio. In tutto e per tutto aderente alla moderna ideologia del progresso, appariva - per questa modalità dominante del marxismo - quasi come un controsenso ammettere che ad un certo punto dello sviluppo di questa società, la percezione di una storia votata a trovare nel futuro quello che sarebbe stato l'unico vero paradiso, come avrebbe detto Lasch, si era trasformato nel suo inverso.
Quello che sappiamo finora è che la combinazione di Intelligenza Artificiale, robotica, Internet delle cose, nanotecnologia, biotecnologia crea la possibilità di «una fusione delle tecniche del mondo fisico, digitale e biologico». Diversi artefatti prodotti da questa fusione abitano già il nostro quotidiano e molti altri sono già pronti a partire nella seconda metà degli anni 2020. L'impatto di questi cambiamenti sull'occupazione è, secondo le parole di un esperto del ramo (Schwab), un Armageddon. Alcune istituzioni come l'Oxford Martin School stimano che prima degli anni 2030 spariranno fino al 47% dei posti di lavoro. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e la Società Internazionale di Consulenza McKinsey parlano della perdita di (da 400 a 800 milioni) posti di lavoro nel mondo in quello stesso periodo.
Come ho già detto precedentemente, il capitalismo non sopravvive senza l'utilizzo, in grandi proporzioni, di lavoro vivente produttivo. Questa situazione ha raggiunto quello che è il limite assoluto della logica interna della creazione di valore (Kurz), come vediamo che sta avvenendo sistematicamente negli ultimi 40 anni. Si noti che la crisi strutturale nella quale affonda il capitalismo a partire dagli anni 1970, ha trovato in queste creazioni tecniche sia un elemento di amplificazione dell'orrore distruttivo che un punto di accelerazione e approfondimento della crisi. Se teniamo conto del fatto che questo processo produttivo - che insiste a prolungarsi per mezzo della promessa di futuri guadagni, simulata per mezzo del capitale fittizio - richiede una distruzione della natura, nella quale la distanza fra città e campagna non elimina più la visibilità dei crateri che questa distruzione ha scavato, allora bisogna riconoscere che questa fine dei tempi in cui è entrato il mondo non sarà per niente felice.
Pensare a creare posti di lavoro in questo limite in cui è arrivato il capitalismo, è come recitare un padrenostro all'inferno. Ne so poco di simili cose, ma immagino che gli angeli custodi abbiano salpato verso altri lidi. Siamo soli e dobbiamo trovare altre vie d'uscita, senza le false promesse che sono state create dall'economia imprenditoriale e dalla sua tecnologia. Potrebbe essere più produttivo pensare a come, quella che una volta chiamavamo sicurezza sociale, potrebbe essere un reddito universale il cui valore minimo non dovrebbe essere inferiore a 15 dollari al giorno [N.d.T.: in Brasile]; inoltre, dovremmo pensare se, invece di «garantire» i diritti dei lavoratori, non sarebbe più interessante creare una nuova generazione di diritti che comincio a partire da una drastica riduzione della giornata lavorativa senza riduzione di salario. Potremmo anche aggiungere una serie di misure più articolate a partire dalla proposta di «tabula rasa» di Kurz, e disattivare immediatamente tutte le linee di produzione di armi, energia nucleare, tecniche legate all'Intelligenza Artificiale, nanotecnologia ecc., così come quelle di produzione di automobili ed areoplani.
Paralizzare in maniera irriducibile qualsiasi tipo di produzione a partire dal pacchetto tecnologico del business agroalimentare, promuovendo una riforma agraria rovesciata, ossia, dando la possibilità a chi vive nella città e desidera cambiare scegliendo la coltivazione dei campi, secondo nuove modalità di produzione, non più fondate sulla merce e sul denaro, di poterlo fare. Abbiamo bisogno anche di svuotare le prigioni, sono esse la vera crudeltà dei nostri tempi. Le grandi masse incarcerate sono state le prime vittime inconsapevoli di questo collasso sociale e della disoccupazione strutturale. Le funzioni dello Stato dovrebbero essere assunte definitivamente da forme federate di auto-organizzazione della società. Questo potrebbe sembrare una follia che porterebbe l'economia al collasso, ma, se guardiamo bene, questo collasso è inevitabile ed è già in atto. Se lo accettiamo passivamente, esso finirà per produrre una sorta di sofferenza umana insopportabile e irreversibile. Quello che qui va suggerito sono alcune misure che aiutino a pensare al di fuori di questo modo sociale di produzione e che siano in grado di preservare minimamente la vita nella società prima dell'«Armageddon» della quarta rivoluzione.
IHU On-line: Crede che sia possibile invertire la logica capitalistica dell'espropriazione del pianeta che viene attuato attraverso l'utilizzo e le logiche della tecnologia di punta? Perché?
Marildo Menegat: Forse uno degli esperimenti più interessanti è quello dell'agro-forestazione. Se lo consideriamo non come il marchio di un "guru", o come la proposta di un gruppo di bravi ragazzi che vogliono produrre merci salubri per la classe media, ma come una costruzione a partire da conoscenze provenienti da molte fonti, come gli indigeni, l'agricoltura contadina, o come i saperi delle scienze della terra che non si sono adattate alla performance produttivistica del capitale, allora vedremo come l'inversione cui fa riferimento non si situa nell'ambito delle tecnologie di punta. Le tecniche che sono all'avanguardia nel capitalismo, hanno avuto il loro cantiere di gestione nelle guerre, e solamente dopo hanno raggiunto un utilizzo civile. Si potrebbero fare molti esempi, ma limitiamoci a due: l'aereo non avrebbe mai avuto il successo commerciale che ha incontrato - e in così breve tempo - se non fosse stato per l'entità delle commesse e per l'uso strategico di quest'arma nella prima e nella seconda guerra mondiale; quando è stato usato nella guerra dei Balcani, negli anni '90, il GPS era una tecnologia che stava ancora muovendo i suoi primi passi.
Queste tecniche sono state create per produrre e reagire ad un'atmosfera distruttiva. Come gran parte della tecnica, sono un artefatto di combattimento. Non so se avete osservato quale è stato il risultato di anni di intensa produzione agro-tossica e mineraria nel Cerrado brasiliano, nella foresta brasiliana o in Amazzonia. Un paesaggio, sotto molti aspetti, di terra bruciata. Mariana e Brumadinho sono due rovine prodotte da questo processo di modernizzazione. Il Brasile possiede già più di un milione di ettari di territorio desertificato. La precoce distruzione di questo bioma è stata realizzata grazie a tecniche all'avanguardia. Il business agroalimentare non ha niente di arcaico, come vorrebbe suggerire la sinistra "progressista". Le tecniche della rivoluzione verde sono emerse dopo la seconda guerra mondiale, e sono state in gran parte uno dei prodotti dell'industria chimica, la quale aveva prodotto, nel caso tedesco, insieme ai gas che erano stati usati nei campi di sterminio, tutta una generazione di armi chimiche. Oggi, essa si trova connessa con quelle che sono le innovazioni della quarta rivoluzione e con le necessità del capitale fittizio in questo spazio-tempo di crisi in cui viviamo.
I cicli della natura sono troppo lenti per le necessità dei cicli della valorizzazione del capitale. Perciò, la post-natura è una forma di vita creata in laboratorio, geneticamente modificata e che realizza cicli accelerati di riproduzione - più di due raccolti l'anno, sono di frutta fuori stagione, ecc. Per quei fantasmi danneggiati a cui sono stati ridotti gli individui urbani, che vivono in quella crepa della rottura che il capitalismo crea nel suo obbligatorio metabolismo con la natura, tutto ciò può sembrare una grande successo, ma si tratta di un disastro. In questo caso, la natura è ridotta ad un processo accelerato di astrazione e distruzione, realizzato ai fini esclusivi della valorizzazione del capitale.
Con queste nuove tecniche, non è stata ridotta la fame nel mondo, ma piuttosto il contrario e non ci sono mai state così tante persone che soffrono la fame, contemporaneamente in così tante parti diverse del pianeta. Come sempre, a realizzarsi con la tecnologia, sono le necessità del capitale, mentre l'umanità soffre di un destino simile a quello sofferto dalla natura, essendo ridotta ad un grottesco dominio in cui si autodistrugge ad una velocità tale da togliere il sonno. In tal senso, la miseria sociale prodotta dalla crisi strutturale del capitale si combina e si allarga con la distruzione della natura. In entrambi i casi, le tecniche all'avanguardia sono - non in quanto tecniche in sé, dal momento che non si tratta di una critica tecno-fobica - alla base del disastro, poiché sono il mezzo assolutamente adeguato all'affermazione tautologica del capitale, di trasformare denaro in ancora più denaro.
IHU On-line: Quali sono le problematiche per comprendere l'attuale campo dell'economia politica, attraversato dalle logiche delle nuove tecnologie?
Marildo Menegat: Il problema più grande attiene alla comprensione del fatto che il capitale ha sviluppato una base tecnologica di produzione che non crea sufficiente plusvalore per poter valorizzare la totalità del capitale accumulato. L'eliminazione del lavoro produttivo vivente è stata tale che un impiego (nell'industria), su queste nuove basi tecniche, costa in media più di centomila dollari, e la tecnologia applicata diventa obsoleta molto prima del suo termine utile. Pertanto, si tratta di un investimento che non può essere ripagato, a meno che non venga articolato un processo di valorizzazione, attraverso il capitale fittizio, sul mercato azionario.
Le grandi multinazionali traggono profitto solamente dalla vendita di azioni, e non più attraverso la produzione delle loro fabbriche. Nelle azioni, ad essere venduta è la promessa di un futuro guadagno, per mezzo della quale viene pagato oggi, attraverso un denaro senza sostanza, un profitto che non si realizzerà mai. Quando di solito arriva questo giorno futuro, si apre il tempo delle crisi che si sono accumulate, senza alcuna possibilità di essere superate, come nel 2001 e nel 2008, solo per citare le più recenti. Questa situazione segnala un ineludibile punto di senilità del capitalismo. La sua storia, da decenni, è quella di una crisi senza un orizzonte di aspettativa di superamento.
In più occasioni, Marx ha affermato che il capitale è un processo sociale auto-contraddittorio. È una forma sociale che, nello stesso processo, tende ad un movimento permanente di autolimitazione e di soppressione di queste barriere che gli impediscono di perseguire ampiamente il suo obiettivo. Questa tendenza si manifesta attraverso la caduta del saggio del profitto, e avviene ogni volta che viene generalizzato un determinato paradigma tecnologico, fino al punto che queste basi tecnologiche arrivano ad essere talmente elevate da ridurre a qualcosa di irrilevante la quantità di lavoro che si piò trovare in ciascuna merce. Questo diventa un limite interno assoluto, insormontabile per la continuità dell'esistenza di questa società. Con tale sviluppo, il capitale ha eliminato il tempo di lavoro in quanto base della misurazione della ricchezza sociale. Nel momento in cui, con la rivoluzione della microelettronica che ha avuto inizio negli anni '80, è stato raggiunto questo limite logico, ecco che ora ci troviamo nel tempo storico in cui quello che è il limite astratto si presenta in maniera fenomenica attraverso delle catastrofi sempre più inevitabili.
IHU On-line: Come fare, in quello che è il nostro tempo. ad evitare che la vita umana, o nello specifico l'umanesimo finisca nello scarico, senza che ci sia una riedizione della barbarie attraverso quelle logiche che in passato hanno portato all'insorgere del fondamentalismo?
Marildo Menegat: La vita umana, almeno per come la conosciamo fino ad oggi, corre un serio rischio di estinzione. Essa non può essere ridotta all'umanesimo, che è stato solo una determinata interpretazione delle potenzialità delle sue capacità. L'umanesimo borghese ha sempre dipeso da una specifica forma di socializzazione basata sul moderno patriarcato produttore di merci che, per esistere, ha bisogno che le qualità particolari delle cose siano astratte.
L'essere umano teorizzato dall'umanesimo occidentale è la proiezione delle caratteristiche di un tipo di uomo: l'uomo bianco. Sono queste qualità ad essere proiettate come caratteristiche astratte su tutta la specie. L'umanità è (o è stata) assai più complessa di quanto lo sia questa definizione. Allo stesso modo in cui avviene per le banane, l'essere umano ha il suo prezzo definito dalla medesima formula astratta che ne definisce il suo concetto. Nel capitalismo, tutti gli uomini sono individui senza qualità, come ha già osservato Robert Musil. Evitare che l'esistenza umana finisca giù nello scarico implica due movimenti di ampie proporzioni. Il primo sarebbe impedire che avvenga questa trasmutazione della specie in un essere ibrido il quale diventa un elemento ex umano della post-natura. Il secondo è quello di creare un modo sociale di produzione della vita non più mediato dalla produzione di merci e dal denaro, cioè, non più dominato dal tempo astratto dell'accumulazione del capitale. Il collasso in atto del capitalismo ed il suo crescente totalitarismo dovrebbero spingerci a superare questa forma sociale che Marx considerava come una preistoria dell'umanità.
Intervista apparsa il 29 maggio 2018 su Institutos Humanita Unisinos
Fonte: Institutos Humanita Unisinos
Nessun commento:
Posta un commento