venerdì 11 gennaio 2019

Sussunzione

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La Storia della Sussunzione
- del Collettivo EndNotes -

Questo è un periodo di crisi catastrofica per il capitale, però, allo stesso tempo, è anche un periodo in cui i vecchi progetti programmatici della classe operaia non si vedono da nessuna parte. Questo fatto ineludibile ci obbliga a ricostruire quelle che sono le discontinuità fra il passato ed il presente. Comprendere cos'è che distingue il periodo attuale può aiutarci a «seppellire i cadaveri» delle rivoluzioni fallite del XX secolo, e dare così eterno riposo agli spiriti erranti che continuano a perseguitare ancora la teoria comunista.
La posta veramente in gioco, relativa alla periodizzazione, è la questione di sapere dove finisce il passato e dove comincia il presente. L'identificazione delle rotture storiche e delle discontinuità ci aiuta ad evitare l'implicita metafisica di una teoria della lotta di classe, in cui alla fine ogni specificità storica viene ridotta all'eterno ritorno dello stesso. Tuttavia, le periodizzazioni possono apparire facilmente, non come il riconoscimento di vere e proprie interruzioni reali, ma piuttosto come se fossero l'imposizione arbitraria di uno schema astratto sulla densa trama della storia. Per ogni linea di rottura che viene tracciata, si possono individuare dei resti, o dei residui, di un'altra epoca storica che sembrano rifiutare la periodizzazione. Ragion per cui, soddisfatti in quanto simili dichiarazioni di rottura non possono assolutamente reggere, potremmo sentirci autorizzati a ripiegare sulla confortevole idea seconda la quale in realtà non cambia mai niente. Ma dal momento che consiste in questo la differenza rispetto allo scettico, ecco che è lo storico stesso a dover assumere la certezza predefinita del buon senso.
In alternativa, forse, la rottura è qualcosa rispetto alla quale siamo tentati di rassegnarci; siamo tentati di riconoscere la miseria dell'arretramento, e crogiolarci nel malinconico riconoscimento della sparizione di tutto ciò che era buono, mentre nel frattempo teniamo accesa una fiammella di speranza nel suo eventuale ritorno. In ogni caso, è la stessa cosa: sia come presenza che come assenza, il passato avvolge nel suo sudario la specificità del presente.
Che una rottura con qualcosa che abbiamo chiamato «il vecchio movimento operaio» - o con quello che Théorie Communiste (d’ora in poi TC) chiama «programmatismo» - sia avvenuta circa 30-40 anni fa ci pone di fronte ad un fatto ovvio. Ma fermarsi all'immediata auto-evidenza della rottura storica non è sufficiente. La questione è come pensare la rottura senza scivolare in uno schematismo astratto e dogmatico, o senza cadere in un appello altrettanto dogmatico all'esperienza storica immediata. Questo problema dev'essere affrontato teoricamente, però forse dovremmo essere cauti nell'abbandonare il punto di vista parziale del presente, il punto di vista di questo lato della rottura; o correre troppo rapidamente verso il punto di vista universalizzante, o verso uno schema storico che pretende di astrarre rispetto ai punti di vista particolari.
Per noi, la periodizzazione di TC ha avuto un'importanza centrale al fine di affrontare quello che è il carattere della relazione di classe capitalista così come essa esiste, non in maniera metafisica, bensì storica. La suddivisione della storia della società capitalista nelle sue fasi di sussunzione, si è rivelata utile al fine di poter identificare i cambiamenti reali nel carattere della relazione di classe capitalista. E, anche se spesso può sembrare che si tratti proprio di quel genere di schema astratto che si dovrebbe cercare di evitare, la periodizzazione fatta da TC non è tanto quella dell'intelletto disinteressato, che infila ogni dato storico dentro un arbitrario contenitore tassonomico, quanto piuttosto una dichiarazione partigiana di rottura storica da parte dei comunisti che l'hanno vissuta, costringendoli così a misurarsi con questa rottura come se fosse un problema reale.
Perciò, se in quel che segue critichiamo alcune categorie chiave della periodizzazione fatta da TC, non lo facciamo al fine di negare che i cambiamenti, identificati da TC per mezzo di tali categorie, abbiano avuto effettivamente luogo. Per noi - così come per Théorie Communiste - la riproduzione della relazione di classe capitalista è qualcosa che è cambiata nel tempo, ed il carattere delle lotte è cambiato insieme ad essa. Non possiamo dubitare del fatto che il movimento proletario sia passato attraverso una fase programmatica - una fase che non esiste più - o che oggi le lotte di classe non siano più portatrici dell'orizzonte di un «mondo operaio». Identificare, al di là di tutto questo, esattamente in che modo questa riproduzione sia cambiata, è un compito che non può essere realizzato semplicemente attraverso lo sviluppo di categorie differenti, oppure cambiando uno schema astratto con un altro. Abbiamo bisogno di continuare a prestare attenzione al dettaglio del movimento reale della storia, senza smettere di avere bisogno di teorizzare adeguatamente questo movimento.
Negli anni '70 - nel bel mezzo della rottura storica con l'epoca programmatica della lotta di classe -, nel processo generale del ritorno a Marx, ed in quello particolare dell'interesse per le bozze de Il Capitale, nel discorso marxista apparve il concetto di «Sussunzione». In quel momento di rottura, divenne evidente la necessità di periodizzare la storia della relazione di classe capitalista. Dal momento in cui la distinzione fra la sussunzione «formale» del lavoro sotto il capitale e quella «reale» - che era stata fondamentale in quei testi di Marx che solo allora venivano resi noti - sembrava identificare qualcosa di importante che riguardava l'approfondimento storico delle relazioni di produzione capitaliste, essa forniva un ovvio punto di partenza per simili periodizzazioni. Perciò il concetto di sussunzione era stato utilizzato non solo nella periodizzazione di TC, ma anche in quella di Jacque Camatte e di Antonio Negri - periodizzazioni che spesso, in maniera significativa, si sovrappongono. Esamineremo qui il concetto di sussunzione ed il suo utilizzo in queste periodizzazioni; prima scavando intorno alle radici di questo concetto ed esaminando il ruolo sistemico che svolge nell'opera di Marx, poi mettendo allo scoperto alcuni problemi relativi al suo impiego in quanto categoria storica.

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L'Assurdità della Sussunzione
In quello che è il suo utilizzo più generale, «sussunzione» è un termine filosofico o logico abbastanza tecnico che si riferisce a come una qualche massa particolare venga ricondotta ad un universale. Come tali, alcune relazioni di base logiche o ontologiche possono essere descritte come relazioni di sussunzione: le balene, o il concetto «balena», può essere considerato come sussunto sotto la categoria «mammifero». Nella filosofia idealista tedesca - come appare nell'opera di Kant, Schelling, e occasionalmente Hegel - il termine viene spesso usato in senso più dinamico per indicare un processo in cui universale e particolare vengono messi in relazione. È a partire da questo filo che il concetto di sussunzione si fa strada nell'opera di Marx.
Kant considera la relazione fra ciò che è «molteplice» e le «categorie della comprensione» come se fosse una relazione di sussunzione [*1]. Questa sussunzione implica un processo di astrazione attraverso cui viene ottenuta la verità del molteplice. Secondo i termini di questo processo, qui la relazione di sussunzione ha una qualche somiglianza formale con  ciò che Marx rintraccia sia in qualcosa che sta in alcuni valori d'uso particolari sia nel denaro in quanto equivalente universale: in entrambi i casi, c'è un qualche «particolare» che viene messo in relazione con qualche altro «universale» esterno, essendo sussunto sotto di esso. L'omologia, forse, si estende ancora dell'altro: preoccupato circa il problema di come un puro concetto di comprensione possa essere messo in relazione con l'apparenza alla quale viene sottomesso, Kant postula lo schema trascendentale come se si trattasse di una «terza cosa» che unisce i due lati [*2], proprio allo stesso modo in cui Marx postula che il lavoro sia la «terza cosa» che consente una comparazione fra due merci [*3].
Per Hegel, il processo di sussunzione e di astrazione che in Kant avviene per mezzo della comprensione è problematico proprio in quanto assume un universale astratto perché diventi la verità dei particolari che esso sussume, e perciò trasforma ed oscura la cosa vera che viene quindi supposta come conosciuta:
«La sussunzione sotto la specie altera ciò che è immediato. Lo priviamo di quello che è percepibile in maniera sensoriale, e tiriamo fuori ciò che è universale. L'alterazione in atto, la chiamiamo astrazione. Sembra assurdo, se ciò che cerchiamo è la conoscenza dell'oggetto esterno, alterare tali oggetti esterni per mezzo della nostra attività [astratta] su di essi. [...] L'alterazione consiste nel fatto che noi separiamo, rimuovendolo, ciò che è singolare o esterno, e ci riteniamo che la verità della cosa risieda in ciò che è universale, piuttosto che in ciò che è singolare o esterno» [*4].
In una relazione di sussunzione c'è qualcosa di assurdo. Quando il particolare viene sussunto sotto un universale, quell'universale si presenta come se fosse la verità di tale particolare; ma in realtà è come se questo particolare non fosse diventato nient'altro che un'esemplificazione dell'universale che ha finito per sussumerlo. Eppure, sembra che ci dev'essere qualcosa che in questo processo è rimasto fuori, un residuo, poiché l'universale astratto rimane ancora ciò che esso era all'inizio, mentre la particolarità - che il particolare aveva in opposizione all'universale - ora è stata come interamente astratta via. La sussunzione sembra quindi implicare come una sorta di dominio, o di violenza, nei confronti del particolare [*5].
Sembra che Hegel non voglia tanto vedere il movimento del concetto come se fosse il processo astratto della sussunzione del particolare sotto un universale, in cui alla fine l'universale viene colto come se fosse la verità di una cosa; quanto voglia piuttosto trovare quello che è un «universale concreto» già presente in simili particolari, che necessariamente mediano e vengono mediati dalla loro relazione con questi particolari. Nella lettura di Kant fatta da Hegel, è l'esternalità del molteplice rispetto alle pure categorie della comprensione a significare che il processo della conoscenza dev'essere un processo di sussunzione, dal momento che i particolare devono essere portati in qualche modo al di sotto delle categorie. Il fatto per cui Hegel non descriva egli stesso in termini di sussunzione quello che è il movimento del concetto, può essere preso come se si trattasse di un esempio del suo tentativo di andare oltre le divisioni epistemologiche che caratterizzano il punto di vista della «riflessione», mediante la quale egli identifica frequentemente la filosofia di Kant, e con la quale Lukács vorrebbe continuare ad identificare il pensiero borghese per sé [*6].
Tuttavia, nella Filosofia del Diritto, Hegel descrive la relazione che comporta una sussunzione del particolare sotto l'universale come altrettanto esterna di quella relativa alla sussunzione del molteplice nelle categorie, nella concezione di Kant - e in effetti questa relazione è proprio una di quelle relazioni di dominio abbastanza semplici. È la relazione fra l'«universalità» della decisione del sovrano e la «particolarità» della società civile. In questo caso, piuttosto che lottare per presentare la decisione del sovrano come un universale concreto già immanente all'interno dei particolari, Hegel la presenta come se fosse un universale astratto, esterno, a cui i particolari devono essere subordinati per mezzo del potere esecutivo, agendo attraverso la polizia e la magistratura: «L'esecuzione e l'applicazione delle decisioni del sovrano, e in generale la continua implementazione ed il mantenimento delle decisioni precedenti [...] vengono distinte dalle decisioni stesse. In generale, questo compito di sussunzione appartiene al potere esecutivo, il quale include anche i poteri della magistratura e della polizia; questi hanno un riferimento più immediato agli affari particolari della società civile, e impongono l'interesse universale all'interno di questi fini [particolari]»[*7].
Potremmo dedurre da questo suo utilizzo di una categoria che egli sembra associare con una relazione esterna, problematica, che Hegel sia critico nei confronti della relazione fra la sovranità e la società civile, ma egli non chiarisce assolutamente se sia davvero così. E infatti, per il giovane Marx, così come per molti altri, la Filosofia del Diritto rappresenta quello che nell'opera di Hegel è il momento più conservatore, dove al dominio politico viene conferito il sigillo del riconoscimento da parte della filosofia speculativa. Nel suo Contributo alla Critica della Filosofia del Diritto di Hegel, Marx critica l'uso che qui Hegel fa del concetto di sussunzione, attribuendo una categoria filosofica a dei processi sociali oggettivi: «L'unica affermazione filosofica che Hegel fa a proposito dell'esecutivo, è che esso sussume l'individuo ed il particolore sotto il generale, ecc». Hegel si accontenta di questo. Da un lato, la categoria di «sussunzione» del particolare, ecc. Tutto questo dev'essere attualizzato. Quindi, allora egli prende una qualsiasi delle forme empiriche dell'esistenza dello Stato, Prussiano o Moderno (così com'è), qualsiasi cosa in mezzo alle altre che attualizzi questa categoria, anche se tale categoria non esprime il suo carattere specifico. La matematica applicata è anche sussunzione, ecc. Hegel non chiede se «è questo il modo adeguato, razionale, di sussunzione?» Egli prende solamente l'unica categoria insieme al contenuto e si accontenta di aver trovato una corrispondenza che le corrisponda. Hegel conferisce un corpo politico alla propria logica; non gli assegna la logica del corpo politico [*8].
Qui l'ironia è che sia proprio l'utilizzo di questa categoria che Marx stesso continua a sviluppare. Dalla bozza del 1861-1863 del Capitale in poi, per Marx, sussunzione è la sussunzione delle particolarità del processo lavorativo sotto l'universalità astratta del processo di valorizzazione del capitale [*9]. La categoria astratta, a quanto pare, si è trovata davvero un corpo! La critica che Marx fa della filosofia idealista tedesca è dunque parallela alla sua critica del capitale. Ad ogni modo, ora l'errore non è da parte del filosofo speculativo, dal momento che ora esso risiede, piuttosto, nelle relazioni sociali capitaliste stesse. L'astratto universale - il valore - la cui esistenza viene postulata a partire dall'astrazione dello scambio, acquisisce esistenza reale faccia a faccia con i particolari lavori concreti, i quali si trovano ad essere sussunti sotto di esso. Per Marx, l'esistenza reale delle astrazioni, le quali acquisiscono la capacità di sussumere in esse ed al di sotto di esse il mondo concreto della produzione - e che postulano sé stesse in quanto verità di questo mondo -, non sono nient'altro che realtà perversa, incantata ed ontologicamente invertita. L'assurdità e la violenza che Hegel percepisce in una relazione di sussunzione applicata non solo al sistema di Hegel, ma anche alle attuali relazioni sociale della società capitalista [*10].

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La formalità e la realtà della Sussunzione
Per Marx, il processo di produzione del capitale può avvenire solo sulle basi della sussunzione del processo lavorativo sotto il processo di valorizzazione del capitale. Per poter accumulare plusvalore, e quindi per valorizzare sé stesso in quanto capitale, il capitale deve subordinare il processo lavorativo a quelli che sono i suoi propri fini e, così facendo, trasformarlo. Le radici idealiste tedesche del concetto di sussunzione appaiono qui evidenti nel modo in cui Marx concettualizza questo processo: il particolare viene subordinato all'universale astratto, e in tal modo trasformato oppure oscurato. La distinzione fra sussunzione formale e reale definisce la distinzione implicita fra due momenti qui presenti: il capitale deve subordinare il processo lavorativo al suo processo di valorizzazione - deve sussumerlo formalmente - se vuole rimodellare quel processo secondo quella che è la sua propria immagine, ovvero deve sussumerlo realmente.
Nel suo «Risultati del Processo di Produzione Immediata» (da qui in avanti: Risultati), Marx associa molto da vicino quelle che sono le categorie di sussunzione reale e formale con le categorie di plusvalore assoluto e relativo [*11]. Possiamo così identificare in maniera più specifica quello che distingue la sussunzione reale da quella formale, secondo i termini di quelle due categorie del plusvalore.
La sussunzione formale rimane meramente formale proprio nel senso che non implica la trasformazione del capitale di un dato processo lavorativo, ma solo il prenderne possesso. Il capitale può estrarre il plusvalore dal processo lavorativo, semplicemente così com'è - con la sua attuale produttività lavorativa - ma può farlo solo nella misura in cui può estendere la giornata lavorativa sociale al di là di quello che è il dispendio di lavoro necessario. È per tale motivo che la sussunzione formale da sé sola può ottenere solo plusvalore assoluto: l'assolutezza dell'assoluto risiede nel fatto che la sua estrazione comporta un'estensione assoluta della giornata di lavoro sociale - si tratta di una semplice quantità in eccesso di ciò che è socialmente necessario affinché i lavoratori possano riprodurre sé stessi [*12].
La sussunzione del processo lavorativo sotto il processo di valorizzazione del capitale, diviene reale nella misura in cui, in quanto capitale, non si limita semplicemente al processo lavorativo così com'è, ma va oltre il possesso formale di quel processo, per trasformarlo nell'immagine del capitale. Attraverso l'innovazione tecnologica, e attraverso altre alterazioni che avvengono nel processo lavorativo, il capitale è in grado di incrementare la produttività del lavoro. Dal momento che maggiore produttività significa che per produrre i beni consumati dalla classe lavoratrice è richiesto meno lavoro, il capitale allora riduce quella porzione di giornata lavorativa sociale dedicata al lavoro necessario, ed in maniera concomitante incrementa quella dedicata al plusvalore. La relatività del plusvalore relativo risiede nel fatto che la parte in eccedenza della giornata lavorativa sociale si può perciò trovare ad essere relativamente in eccesso rispetto ad una parte necessaria che decresce, significando che il capitale può valorizzare sé stesso sulla base di una data lunghezza della giornata lavorativa sociale - oppure anche, addirittura, sulla base di una lunghezza della giornata lavorativa che viene diminuita in assoluto [*13]. La produzione del plusvalore relativo, la sussunzione reale attraverso cui la produzione avviene, sono guidate dalla concorrenza fra capitali: i capitalisti individuali sono spinti a prendere l'iniziativa dal fatto che - mentre il valore delle merci viene determinato dal tempo di lavoro socialmente necessario per la loro produzione -, se introducono innovazione tecnologica che incrementa la produttività del lavoro, saranno allora in grado di vendere merci ad un prezzo superiore a quello che è il loro «valore individuale» [*14].
A prescindere dall'utilizzo fattone da Marx, in stretta associazione con categorie sistemiche come il plusvalore assoluto e quello relativo, e la loro astratta provenienza filosofica, ci sono almeno due sensi secondo cui possiamo considerare le categorie della sussunzione reale e formale, perché esse abbiano un significato «storico». Nel primo, come semplice presa di possesso del processo lavorativo da parte del capitale, la sussunzione formale del lavoro sotto il capitale può essere compresa come transizione al modo di produzione capitalistico: si tratta della «sussunzione sotto il capitale di modo di lavoro che si era già sviluppato prima dell'emergere della relazione di capitale» [*15]. Marx descrive la trasformazione in produzione capitalistica dello schiavo, del contadino, delle forme di produzione corporative e artigianali - come i produttori associati a queste forme sono stati trasformati in lavoratori salariati - a partire da un processo di sussunzione formale. È solamente sulla base di questa sussunzione formale che la sussunzione reale ha potuto procedere storicamente: la sussunzione formale del lavoro sotto il capitale è simultaneamente sia un presupposto logico/sistemico che un prerequisito storico per la sussunzione reale.
In secondo luogo, la sussunzione reale aveva una direzionalità storica, in quanto essa comporta un processo costante di rivoluzionamento del processo lavorativo attraverso trasformazioni materiali e tecnologiche che incrementano la produttività del lavoro. A partire da questi secolari incrementi nella produttività, seguono trasformazioni più ampie in quello che è il carattere della società nel suo insieme, e in particolare quelle che sono le relazioni di produzione fra lavoratori e capitalisti. La sussunzione reale, così come le modificazioni del processo lavorativo che avvengono lungo linee specificamente capitaliste, è esemplificata sia nello sviluppo storico delle forze produttive del lavoro sociale che nelle forze produttive del capitale. Ciò avviene attraverso la cooperazione, la divisione del lavoro e la fabbricazione, i macchinari e l'industria su larga scala; tutte cose che sono state discusse da Marx sotto il titolo di «Produzione del Plusvalore relativo», nel I volume del Capitale. È per queste ragioni che le categorie di sussunzione formale e reale possono sembrare appropriate per venire impiegate nella periodizzazione della storia capitalista. C'è indubbiamente una certa plausibilità nello schematizzare ampiamente la storia del capitalismo in termini di categorie che identificano un iniziale estensivo prendere possesso del processo lavorativo da parte del capitale, ed un susseguente sviluppo intensivo di tale processo che si realizza sotto uno sviluppo capitalista dinamico, poiché, ad un livello astratto, è assolutamente fondamentale, per il capitale, che questi due momenti debbano avvenire. Un simile impiego di queste categorie ha anche l'apparente virtù di rimanere vicino al nucleo della comprensione sistemica, attuata da Marx, delle relazioni di valore capitaliste, nel momento in cui coglie i momenti chiave della loro esistenza storica: sembrano suggerire la possibilità di unificare il sistema e la storia. Indubbiamente, è per qualcuna di queste ragioni - se non per tutte - che TC, Camatte, e Negri hanno tutti formulato delle periodizzazioni della storia capitalista orientate intorno al concetto di sussunzione.

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La Storia della Sussunzione
Nel corso di un'interpretazione dei Risultati, Jacques Camatte tratteggia un periodizzazione astratta della storia capitalista sulle basi della sussunzione formale e reale del lavoro sotto il capitale. Per Camatte, ciò che distingue il periodo della sussunzione reale da quello della sussunzione formale è il fatto che, con la sussunzione reale, i mezzi di produzione diventano il mezzo per estrarre plusvalore; in questo processo, l'«elemento essenziale» è il capitale fisso [*16]. Il periodo della sussunzione reale è caratterizzato dall'applicazione della scienza nel processo immediato di produzione, in modo tale che «i mezzi di produzione non diventano nient'altro che le sanguisughe  che succhiano in larga quantità tutto il lavoro vivente che possono» [*17]. In tal modo, per Camatte la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale è caratterizzata da un'inversione: la sussunzione reale è il periodo nel quale i lavoratori vengono sfruttati dagli stessi mezzi di produzione. Ma Camatte va ancora più lontano, parlando di una «sussunzione totale del lavoro sotto il capitale», in cui il capitale esercita un dominio assoluto sulla società, tendendo addirittura a diventare la società [*18]. Questo periodo è caratterizzato dal «divenire totalità del capitale», dove il capitale viene innalzato a «comunità materiale» che si sostituisce alla vera comunità umana [*19]. È come se il capitale fosse arrivato ad avviluppare l'essere sociale dell'umanità nella interezza; come se la sussunzione avesse avuto così tanto successo che ora il capitale può far passare sé stesso non solo come se fosse la «verità» del processo lavorativo, ma anche la verità della società umana nel suo insieme. Non è difficile vedere in questa teoria della sussunzione totale, e della «comunità materiale», la logica che avrebbe poi spinto Camatte verso una politica che, contro una totalità capitalista monolitica, comporta poco più che l'asserzione astratta di una qualche comunità umana, ed il bisogno di «lasciare questo mondo» [*20].
Camatte non è l'unico teorico a descrivere l'ultima epoca dello sviluppo capitalista nei termini di un certo tipo di completamento della sussunzione capitalista; in realtà, questo è un tema comune che attraversa le divergenti tradizioni marxiste. Sebbene non usi lo stesso termine di «sussunzione», nella riformulazione del concetto di modernità - così come viene fatto da Jameson -, «queste vere e proprie enclavi precapitaliste (La Natura e l'Inconscio) che hanno offerto leve archimediche ed extraterritoriali all'efficacia critica» sono state colonizzate, e l'individuo si trova immerso nell'ubiquità logica di una cultura capitalista [*21]. Come avviene per Camatte, è come se il successo stesso di quella che è una sorta di sussunzione capitalista significasse che non siamo più in grado di cogliere come un'imposizione esterna quello che sussume. Nella forma della tesi della «fabbrica sociale», Tronti presenta una concezione di epoca storica che è quella di una sorta di sussunzione completa, ma - con il consueto sanguigno ottimismo dell' operaismo - questa viene intesa come se fosse il risultato di un'essenziale creatività, e della resistenza, della classe operaia. Nel momento della sua totale vittoria, quando il capitale sociale è arrivato a dominare tutta la società, il capitale si vede costretto dalla resistenza della classe operaia ad estendere il suo dominio al di là delle mura della fabbrica, alla società intera. Riprendendo la tesi della fabbrica sociale di Tronti, Negri descrive una «totale sussunzione della società» nel periodo che inizia dopo il 1968 [*22]. Questo, sostiene Negri, segna la «fine della centralità della classe operaia della fabbrica vista come luogo dell'emergere della soggettività operaia» [*23]. In questo periodo, il processo di produzione capitalista ha raggiunto un tale livello di sviluppo che adesso comprende anche la più piccola frazione della produzione sociale, La produzione capitalista non è più limitata alla sfera della produzione industriale, ma piuttosto è diffusa, e avviene attraverso la società. Il modo contemporaneo di produzione «è questa sussunzione» [*24].
Sebbene spesso utilizzi storicamente le categorie della sussunzione, Negri ci mette in guardia contro «la rappresentazione di una storia naturale della sussunzione progressiva del lavoro sotto il capitale che illustri la forma del valore nel [...] processo di perfezionamento dei suoi meccanismi» [*25]. Tentando, apparentemente, una «svolta copernicana» autonomista in quella che è la periodizzazione della sussunzione, Negri descrive in tal modo delle specifiche composizioni di classe, e dei modelli di contestazione corrispondenti a ciascun periodo della storia capitalista. Alla prima fase della grande industria corrisponde la fase «appropriativa» del movimento proletario (1848-1914) e quella «professionale» o «degli artigiani»; alla seconda fase corrisponde la «fase alternativa del movimento rivoluzionario» (1917-1968) e una composizione di classe basata sull'egemonia dell'«operaio massa»; e infine, alla fase attuale dello sviluppo capitalista corrisponde l'«operaio sociale» ed il modello «costituente» dell'«auto-valorizzazione» proletaria. In maniera simile a quello che fa TC, i periodi della storia della sussunzione identificano non solo la storia del capitale in sé, ma anche quella degli specifici cicli di lotta. Comunque, anziché il risultato di una «svolta copernicana» verso la positività della classe operaia, per TC ciò avviene perché le categorie della sussunzione periodizzano lo sviluppo in quella che è la relazione fra capitale e proletariato.
Théorie Communiste segue Marx nel tratteggiare una relazione fra le categorie di sussunzione formale e di sussunzione reale, e quelle di plusvalore assoluto e di plusvalore relativo. La chiave per la periodizzazione storica di TC risiede nella sua interpretazione di questa interrelazione sistemica fra le categorie. Per TC, plusvalore assoluto e plusvalore relativo sono determinazioni concettuali del capitale, mentre sussunzione formale e sussunzione reale sono configurazioni storiche del capitale. Perciò, mentre la sussunzione formale del lavoro sotto il capitale procede sulla base del plusvalore assoluto, il plusvalore relativo è sia il principio fondante che la dinamica della sussunzione reale; è «il principio che prima struttura e poi sovverte la prima fase [della sussunzione reale[*26]. Quindi, il plusvalore relativo è allo stesso tempo sia il principio che unifica le due fasi nelle quali TC divide la sussunzione reale, e sia ciò attraverso cui è possibile spiegare la trasformazione della sussunzione reale (e la sua conseguente suddivisione in fasi): «la sussunzione reale ha una storia perché ha un principio dinamico che la forma, la fa evolvere, che pone come ostacoli alcune forme del processo di valorizzazione, o di circolazione, e le trasforma» [*27].
TC pone una distinzione concettuale fra sussunzione formale e sussunzione reale, e lo fa nei termini della loro estensione: la sussunzione formale riguarda solamente il processo lavorativo immediato, mentre quella reale si estende oltre la sfera della produzione, fino alla società nel suo insieme, proprio come avviene per Camatte e per Negri. Quindi, per TC, la sussunzione formale corrisponde alla configurazione del capitale basata sull'estrazione del plusvalore assoluto, il quale è - per definizione - limitato al processo lavorativo immediato: il capitale si impadronisce di un processo lavorativo esistente, e lo intensifica oppure ne prolunga la giornata lavorativa. Ad ogni modo, la relazione fra sussunzione reale e plusvalore relativo è più complessa. L'aumentata produttività del lavoro derivante dalle trasformazioni nel processo lavorativo può incrementare solamente il plusvalore relativo, dal momento che questa produttività incrementata abbassa il valore delle merci che entrano nel consumo della classe lavoratrice. In tal modo, la sussunzione reale mette in gioco la riproduzione del proletariato, nella misura in cui il salario diventa una quantità variabile influenzata dalla produttività del lavoro in quelle industrie che producono merci salariali. La sussunzione reale perciò stabilisce quella che è l'interconnessione storica e sistemica fra la riproduzione del proletariato e la riproduzione del capitale:
«L'estrazione del plusvalore relativo riguarda tutte le combinazioni sociali, dal processo lavorativo alle forme politiche di rappresentanza dei lavoratori, passando per l'integrazione della riproduzione della forza lavoro nel ciclo del capitale, il ruolo svolto dal sistema creditizio, la costituzione di un mercato mondiale specificamente capitalista..., la subordinazione della scienza... La sussunzione reale è una trasformazione della società, e non solo del processo lavorativo» [*28].
Attraverso la sussunzione reale, la riproduzione del proletariato e la riproduzione del capitale diventano sempre più interconnesse; essa integra i due circuiti (quello della riproduzione della forza lavoro e quello della riproduzione del capitale) come auto-riproduzione (e auto-presupposizione) della relazione di classe stessa. Per questo motivo, TC definisce la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale come «il capitale che diventa società capitalista, cioè, presupponendo sé stesso nella sua evoluzione e nella creazione dei suoi organi» [*29].
Il criterio per il predominio della sussunzione reale - definito esso stesso in termini di trasformazione del processo lavorativo - deve     quindi essere ricercato al di fuori del processo lavorativo, nelle modalità (sia politiche che socio-economiche) della riproduzione della forza lavoro che accompagnano - e da cui sono in qualche modo determinate - le trasformazioni materiali che vengono ottenute nel processo lavorativo. Esempi di tali modalità, includono i sistemi di welfare sociale, l'«invenzione della categoria del disoccupato», l'importanza del sindacalismo. Tutte queste cose contribuiscono ad «assicurare (e confermare) che la forza lavoro non ha più alcuna possibile "via d'uscita" se non quella del suo scambio con il capitale, nel quadro di questo processo lavorativo specificamente capitalista». Sono queste modalità di riproduzione della forza lavoro che vengono fondamentalmente alterate dalla ristrutturazione della relazione capitalista di classe che inizia negli anni '70. Ed è su questa base che TC sostiene che «le vaste fasi di trasformazione a livello delle modalità della riproduzione generale del proletariato» dovrebbero servire come «criterio per la periodizzazione della sussunzione reale» [*30].
La datazione fatta da TC corrisponde da vicino a quella proposta da Negri. Per TC, la fase della sussunzione formale del lavoro sotto il capitale, che dura fino all'inizio del secolo o circa alla prima guerra mondiale, è caratterizzata dall'auto-relazione positiva del proletariato in quanto polo della relazione di classe. In questo periodo, il proletariato afferma sé stesso come classe del lavoro produttivo, contro il capitale, il quale è un «limite esterno dal quale il proletariato deve liberarsi» [*31]. L'auto-affermazione proletaria non può mai generare l'auto-negazione proletaria e la negazione del capitale; in questo modo - in questa fase - la rivoluzione comunista era impossibile, o meglio la rivoluzione comunista, in quanto affermazione/liberazione del lavoro, reca in sé la controrivoluzione. Il periodo di transizione al comunismo ha dimostrato di non essere altro che il ripristino dell'accumulazione capitalista, e come tale è stato determinato da quella che era la configurazione della relazione di classe e del movimento (contro)rivoluzionario che tale configurazione di classe aveva prodotto.
Nella successiva «prima fase della sussunzione reale del lavoro sotto il capitale» (dalla prima guerra mondiale alla fine degli anni '60), la relazione fra capitale e proletariato diventa sempre più interna, al punto che «l'affermazione autonoma della classe entra in contraddizione con la sua emancipazione all'interno del capitalismo, dal momento che questa è sempre più l'auto-movimento della riproduzione del capitale stesso» [*32]. Nella transizione dalla sussunzione formale a quella reale, la relazione di classe subisce una trasformazione qualitativa, in quanto la riproduzione del proletariato ora si trova ad essere sempre più integrata nel circuito di riproduzione del capitale, attraverso alcune mediazioni. Queste includono le forme istituzionali del movimento operaio, i sindacati, la contrattazione collettiva e i premi di produttività, il Keynesismo e lo stato sociale, la divisione geopolitica del mercato globale in aree  nazionali separate di accumulazione, e - ad un livello più alto - zone di accumulazione (ad Est e ad Ovest).
La sussunzione formale e la prima fase della sussunzione reale del lavoro sotto il capitale, sono caratterizzate dall'auto-affermazione programmatica del proletariato; tuttavia, la prima fase della sussunzione reale si rivela sempre più come la «decomposizione» di questa auto-affermazione programmatica proletaria, anche se il proletariato è sempre più emancipato all'interno della relazione di classe. Con la ristrutturazione capitalista avvenuta dopo il 1968-1973  - che dev'essere compresa come ristrutturante della relazione fra capitale e proletariato - tutte queste mediazioni vengono dissolte, almeno tendenzialmente. Il nuovo periodo - la «seconda fase della sussunzione reale del lavoro sotto il capitale» - viene quindi caratterizzato da una relazione più immediatamente interna fra il capitale ed il proletariato, e tale contraddizione fra di loro viene quindi immediatamente ad essere a livello di quella che è la loro riproduzione in quanto classi. L'auto-affermazione programmatica proletaria ora è morta e sepolta, sebbene l'antagonismo di classe sia più acuto che mai. L'unica prospettiva rivoluzionaria concessa dall'attuale ciclo di lotte è quella dell'auto-negazione del proletariato, insieme alla concomitante abolizione del capitale, attraverso la comunizzazione delle relazioni fra gli individui.

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Critica della Storia della Sussunzione
La periodizzazione proposta da Camatte, Negri e TC si applica al di là dell'immediato processo di produzione. Camatte e Negri sostengono che per la società la sussunzione reale è vera, mentre per TC, si può dire che la sussunzione formale e quella reale caratterizzano le relazione fondamentale fra il capitale ed il lavoro in un senso che non è riducibile all'immediato processo di produzione. A partire da questo, può sembrare che in Marx ci sia qualche motivo per perseguire un simile uso di queste categorie, dal momento che Marx fa riferimento alle trasformazioni nell'attuale relazione sociale esistente fra capitalista e lavoratore - al di là della produzione - che emergono insieme ad una - o come risultato di una - sussunzione reale:
«Con la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale, avviene una completa rivoluzione nello stesso modo di produzione, nella produttività del lavoro, e nella relazione - interna alla produzione - fra il capitalista e il lavoratore, così come "anche in quella che è la relazione sociale fra di loro"» [*33].                       
È evidente che, con il costante rivoluzionamento della produzione che avviene nella sussunzione reale, anche il mondo che si trova al di là dell'immediato processo di produzione viene anch'esso drammaticamente trasformato. Quello che va sottolineato come cosa importante è il fatto che, comunque, queste trasformazioni avvengono in concomitanza col - o come risultato del - processo lavorativo sussunto sotto il processo di valorizzazione: esse non costituiscono necessariamente un aspetto della sussunzione reale; e neppure la definiscono, e infatti attualmente possono essere considerate come dei meri effetti della sussunzione reale. Sebbene dalla sussunzione reale del processo lavorativo sotto il capitale, possono derivare dei cambiamenti enormemente significativi per la società nel suo insieme - e per la relazione fra capitalista e lavoratore - da questo non ne consegue che tali cambiamenti possano essere teorizzati nei termini dei concetti della sussunzione.
Come abbiamo visto, la sussunzione ha un carattere ontologico distinto. La violenza che viene commessa da parte di una categoria sussumente, sta nel fatto che è essa stessa in grado di passare come la verità della cosa stessa che essa sussume, è in grado di trasformare quel particolare nella mera esemplificazione di un universale. Quando il processo lavorativo viene sussunto  sotto il processo di valorizzazione, esso diventa il processo di produzione immediato del capitale. Come sostiene Camatte:
«"Sussunzione" significa assai più della semplice sottomissione. "Sussumere" significa davvero "includere in qualcosa", "subordinare", "implicare", così sembra che Marx volesse indicare che il capitale tira fuori dal lavoro la sua propria sostanza, in modo che il capitale incorpori il lavoro dentro sé stesso, e lo trasformi in capitale» [*34].
Il processo lavorativo , sia nella sussunzione reale che in quella formale, è l'immediato processo di produzione del capitale. Di tutto quello che va al di là del processo di produzione, non può essere detto niente di paragonabile, in quanto è solo la produzione ad essere rivendicata dal capitale come propria. Mentre resta vero che il processo di valorizzazione del capitale, nella sua interezza, è dato dall'unità dei processi di produzione e di circolazione. e anche se il capitale apporta al mondo delle trasformazioni che vanno al di là del suo processo immediato di produzione, queste trasformazioni, per definizione, non possono essere colte negli stessi termini di quelle che avvengono in quel processo che avviene sotto la sussunzione reale. In realtà, niente di quello che si trova all'esterno del processo immediato di produzione diventa capitale né, propriamente, viene sussunto sotto il capitale.
Anche se dovessimo accettare l'idea di un'estensione della sussunzione reale che vada al di là dell'immediato processo di produzione, l'utilizzo della sussunzione vista come una categoria pe la periodizzazione è quantomeno dubbia.  Dal momento che la sussunzione formale è un prerequisito logico, oltre che storico, della sussunzione reale, essa caratterizza non solo un'epoca storica, ma tutta la storia capitalista. Inoltre, secondo Marx, sebbene la sussunzione formale debba precedere quella reale, quella che è la sussunzione reale in un settore può anche diventare la base per un'ulteriore sussunzione formale in altre aree. Se le categorie della sussunzione sono applicabili alla storia, questo dev'essere però fatto solo in una maniera «non lineare»:  esse non possono essere applicate, così semplicisticamente o in maniera unidirezionale allo sviluppo storico della relazione di classe. Anche se potremmo plausibilmente dire che a livello totale, ad ogni dato stadio dello sviluppo di questa relazione, rispetto a qualsiasi altro momento dato, il processo lavorativo è «più o meno» realmente sussunto sotto il processo di valorizzazione , questa può essere solo un'affermazione debole e ambigua, e solo difficilmente può costituire una base sistemica per qualsivoglia narrazione di quelli che sono i reali sviluppi storici. 
Il lavoro svolto da alcuni teorici nell'area della teoria della forma valore, o della dialettica sistemica - come Patrick Murray e Chris Arthur - mette ancora più in dubbio una simile periodizzazione. Per Arthur, anche se la sussunzione formale può benissimo precedere temporaneamente quella reale, nel caso di un dato capitale, la sussunzione reale è inerente fin dall'inizio al concetto di capitale [*35]. Se quindi la sussunzione reale è qualcosa che è sempre implicita, e che nel corso della storia capitalista viene solo attualizzata, questo finirebbe per compromettere ogni tentativo di delimitare uno specifico periodo di sussunzione reale. Murray sostiene che i termini «sussunzione formale» e «sussunzione reale» si riferiscono  innanzitutto - se non del tutto - ai concetti di sussunzione, e solo secondariamente a degli stadi storici. Secondo Murray, Marx considera la possibilità di una fase storica distinta dalla mera sussunzione formale, ma di questo non trova alcuna prova [*36].
Se la sussunzione non può essere di per sé rigorosamente applicata ai periodi storici, né a qualcosa che va al di là del processo immediato di produzione, allora dobbiamo concludere che in fin dei conti non esiste realmente una strada praticabile per la periodizzazione della storia capitalista. Ci servono altre categorie, attraverso le quali possiamo cogliere lo sviluppo della totalità della relazione di classe capitalista, e in un modo che non sia limitato al solo processo di produzione.  Tuttavia, la posta in gioco riguarda assai più che avere la corretta collezione di categorie. Il fatto che ci siano così tante periodizzazioni, indipendentemente dal loro quadro categoriale, che convergono tutte all'incirca sulle stesse date [*37] - riconoscendo, in particolar modo, che alcune rotture fondamentali siano avvenute fra la fine degli anni '60 e la metà dei '70 - è una forte indicazione che nella periodizzazione ci sia qualcosa di più che qualche afasica proliferazione di termini, periodi ed arbitrarie costellazioni di date. Queste periodizzazioni - ed in particolare quella di Théorie Communiste - sono convincenti perché ci dicono qualcosa di plausibile circa il carattere della relazione di classe così come oggi esiste. Ma i contesti categoriali sono ovviamente non neutrali, ed una problematica categoria centrale avrà delle implicazioni per tutto il resto di una teoria.
La fase della sussunzione formale di TC, ha molte cose in comune con il concetto, della Scuola della Regolazione, di un periodo di accumulazione estensiva, e infatti entrambi individuano una transizione da queste rispettive fasi, che avviene intorno alla prima guerra mondiale.  Per TC è solo a questo punto che comincia la  sussunzione reale, poiché è a questo punto che la crescente produttività del lavoro comincia a rendere più a buon mercato i beni di consumo, e quindi ad implicare reciprocamente sia la riproduzione della classe lavoratrice che la riproduzione del capitale. In maniera simile a quanto avviene per i regolazionisti, precedentemente al corretto sviluppo del consumo di massa, l'accumulazione dev'essere soprattutto estensiva. In entrambi i casi, c'è un periodo in cui avviene che è soprattutto  l'estrazione di plusvalore assoluto ad essere percepita come esistente a priori rispetto al pieno sviluppo del «modo di produzione specificamente capitalistico», dove  l'attenzione si sposta sul plusvalore relativo. Ma, come hanno argomentato con forza Brenner e Glick [*38], ci sono dei problemi significativi per quanto riguarda questo concetto di un periodo di accumulazione estensiva. La produzione capitalista tende fin dall'inizio a mercificare e a ridurre i prezzi dei beni di consumo. e l'agricoltura non è qualcosa che viene capitalizzata più tardi, tranne forse in casi particolari come quello della Francia, il cui paesaggio rurale per tutto il XIX secolo rimane dominato dai contadini piccoli proprietari-produttori. Si è tentati dal supporre che l'apparente «adattarsi» del caso francese al concetto di fase storica della sussunzione formale sia la base reale per questo aspetto della periodizzazione fatta da TC. Ma se è così, quanto meno la validità di questo aspetto della periodizzazione riguardo la storia della relazione di classe capitalista, di per sé sembra essere seriamente in dubbio.
Eppure la nostra critica della storia della sussunzione svolta da TC non deve spingerci a rifiutare massicciamente tutto quello che c'è nella teoria di TC. Ovviamente, ci sarà bisogno di riflettere sulle implicazioni derivanti, per questa teoria, dall'eliminazione di una concezione storica della sussunzione. Ma il cuore di questa teoria risiede nel concetto di programmatismo, e nell'analisi del periodo successivo che arriva fino al presente. Il concetto di programmatismo identifica quelle che sono le dimensioni importanti della lotta di classe, così come lo è stata per gran parte del XX secolo, e quindi ci aiuta a capire il modo in cui è cambiato il mondo. Forse a causa di questo riconoscimento della rottura, TC non ha potuto evitare di affrontare in maniera chiara il carattere delle lotte nel modo in cui avvengono oggi, o di continuare a porre quella che è la questione fondamentale della teoria comunista:
«Come può il proletariato - agendo rigorosamente come classe all'interno di questo modo di produzione, nella sua contraddizione con il capitale nel contesto del modo di produzione capitalista - abolire le classi, e quindi sé stesso ? Vale a dire: come può produrre comunismo?» [*39].

- Collettivo Endnotes - Pubblicato nell'aprile del 2010 sul n° 2 di Endnotes -

NOTE:

[*1] - «Per l'uso di un concetto che svolge anche una funzione relativa al potere del giudizio, in base al quale un oggetto viene sussunto sotto di esso...» (Immanuel Kant, "Critica della Ragion Pura".)
[*2] - « Ora, è chiaro che dev'esserci una terza cosa, la quale da un lato dev'essere omogenea alla categoria e dall'altro lato all'apparenza, e deve rendere possibile l'applicazione della prima alla seconda. Questa rappresentazione mediatrice dev'essere pura (senza niente di empirico), e tuttavia intellettuale da una parte, e sensibile dall'altra. Tale rappresentazione è lo schema trascendentale» (Ivi).
[*3] - Karl Marx, Il Capitale, I Volume.
[*4] - Hegel, "Letture sulla Logica" (Indiana University Press, 2008).
[*5] - Nelle traduzioni in inglese di Marx, il termine tedesco "subsumtion" viene spesso reso come "domination" anziché "subsumption". Benché questa traduzione sia problematica, nel senso che offusca il significato logico/ontologico di questo concetto, esso è però appropriato, nella misura in cui identifica qualcosa della violenza qui implicita.
[*6] - Per una discussione nei termini della forma valore su questi aspetti della relazione Kant-Hegel-Marx, si veda Isaak Rubin, "Saggi sulla Teoria del Valore di Marx".
[*7] - Hegel, "Filosofia del Diritto" (Cambridge, 1991).
[*8] - Karl Marx, "Contributo alla Critica della Filosofia del Diritto di Hegel" (MECW 3).
[*9] - Sebbene, nei Grundrisse, la categoria di sussunzione venga usata in maniera ampia e non sistematica, è nelle bozze del "Capitale" del '61-63, ed in quelle del '63-64, che Marx sviluppa un concetto di sussunzione come quello del processo lavorativo sotto il processo di valorizzazione del capitale. La Sussunzione può essere vista come qualcosa che dà implicitamente forma ai due terzi del I Volume del "Capitale" per quel che riguarda le categorie di plusvalore assoluto e relativo, anche se si riferisce ad essi in maniera esplicita solo in una sezione. (Karl Marx, "Il Capitale. I Volume).
[*10] - Si veda "The Moving Contradiction", nello stesso numero di questa rivista.
[*11] - «Se la produzione di plusvalore assoluto fosse l'espressione materiale della sussunzione formale del lavoro sotto il capitale, allora la produzione del plusvalore relativo potrebbe essere vista come la sua vera sussunzione». Karl Marx, "Risultati del Processo di Produzione Immediata" (MECW 34).
[*12] - A--------B-C
             A--------B--------C
           Figura 1: Estrazione del plusvalore assoluto, sulla base della sussunzione formale.
  La parte necessaria della giornata lavorativa (A-B), è qui una grandezza data, in modo che l'unica possibilità di incrementare la grandezza della porzione di plusvalore (B-C) è data dall'estendere la giornata lavorativa "in maniera assoluta" (A-C).
[*13] - A-------------B--C
              A---------B’--B--C

             Figura 2: Estrazione del plusvalore relativo, sulla base della sussunzione reale.
La lunghezza della giornata lavorativa (A-C) è una grandezza data, in modo che l'unica possibilità di incrementare la grandezza della porzione di plusvalore (B-C) è data dal diminuire la parte necessaria di giornata lavorativa (A-B). Il plusvalore ottenuto in questo modo è plusvalore "relativo".
[*14] - Karl Marx, "Risultati del Processo di Produzione Immediata" (MECW 34).
[*15] - Ivi.
[*16] - Jacques Camatte, Capital and Community (Unpopular Books 1988).
[*17] - Karl Marx, "Risultati del Processo di Produzione Immediata" (MECW 34).
[*18] - Jacques Camatte, Capital and Community (Unpopular Books 1988).
[*19] - Ivi.
[*20] - Jacques Camatte, ‘This World We Must Leave’ in This World We Must Leave: and Other Essays (Autonomedia 1995).
[*21] - Fredric Jameson, "Postmodernismo. Ovvero la logica culturale del tardo capitalismo" (Fazi).
[*22] - Antonio Negri, ‘Twenty Theses on Marx, Interpretation of the Class Situation Today’, in S. Makdisi, C. Casarino and R. Karl., eds., Marxism beyond Marxism (Routledge. 1996).
[*23] - Ivi.
[*24] - Ivi.
[*25] - Ivi.
[*26] - Théorie Communiste, ‘Réponse à Aufheben’ in Théorie Communiste 19 (2004).
[*27] - Ivi.
[*28] - Ivi.
[*29] - Théorie Communiste, ‘Théorie Communiste’ in Théorie Communiste 14 (1997).
[*30] - Théorie Communiste, ‘Réponse à Aufheben’ in Théorie Communiste 19 (2004).
[*31] - Théorie Communiste, ‘Théorie Communiste’ in Théorie Communiste 14 (1997).
[*32] - Ivi.
[*33] - Marx, Economic Manuscript of 1861-63 (MECW 34). Un passaggio simile lo troviamo anche nei "Risultati del Processo di Produzione Immediata" (MECW 34), dove si dichiara che questa rivoluzione è «completa (e viene continuamente ripetuta)».
[*34] - Jacques Camatte, Capital and Community (Unpopular Books 1988).
[*35] - Chris Arthur, The New Dialectic and Marx's Capital (Brill 2002).
[*36] - Patrick Murray ‘The Social and Material Transformation of Production by Capital: Formal and Real Subsumption in Capital, Volume I,’ in R. Bellofiore and N. Taylor, eds., The Constitution of Capital (Palgrave Macmillan 2004).
[*37] - A quelli già qui menzionati, si potrebbe aggiungere alla "Scuola di Regolazione", la Scuola della struttura sociale dell'accumulazione, e la Scuola Uno.
[*38] - Robert Brenner and Mark Glick, ‘The Regulation Approach: Theory and History,’ New Left Review I/188 (July-August 1991).
[*39] - Théorie Communiste, ‘Théorie Communiste’ in Théorie Communiste 14 (1997), p. 48.

fonte: ENDNOTES

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