domenica 6 gennaio 2019

Il gilet giallo di Amleto

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Nota sui Gilet Gialli, la Tragedia, il "Trauerspiel" e Amleto
- di Rémi Coutenso -

Gérard Noiriel, nei suoi commenti sull'attualità sociale, prende atto di come il nome «gilet giallo» stia ancora una volta a testimoniare quella che è la creatività propria delle lotte sociali.
Il simbolico "détournement" di uno strumento burocratico - il gilet giallo - che viene ora usato per descrivere la situazione sociale degli attori del movimento sociale, è effettivamente assolutamente significativo: il "Gilet Giallo", uno strumento che di solito serve a significare una situazione di emergenza e di pericolo riferita agli incidenti che avvengono nel corso della circolazione automobilistica, viene ora trasposta nella sfera della circolazione delle merci, nella quale il potere di acquisto dei "Gilet Gialli" risulta essere ridotto, nel momento in cui le pressioni fiscali diventano degli incidenti quasi mortali, e lo Stato diventa un'ambulanza folle e distruttiva.
Questa creatività propria dei gilet gialli potrebbe essere colta facendo uso delle categorie di Nietzsche, se queste avessero un valore socialmente emancipatorio: «le rivolte degli schiavi» sono caratterizzate dal fatto che esse innalzano i «deboli» al livello metafisico dei «forti», nella misura in cui tali rivolte testimonierebbero la loro capacità di creare di per sé un sistema di valori che finirebbe per annientare il sistema dominante dei valori aristocratici. Tuttavia, è giocoforza constatare che sono piuttosto le classi sfruttatrici, e ampliamente visibili, ad usare regolarmente questa retorica creativa, spesso al fine di denunciare un «dibattito pubblico» che sarebbe dominato dai valori della sinistra.
La creatività dei "Gilet Gialli", per quanto sia un modo attraverso il quale possono imporre nel dibattito pubblico quelli che sono i loro propri termini e le loro valutazioni, rimane tuttavia all'interno del quadro linguistico e materiale dell'anticapitalismo tronco.
Un esempio: Questa creatività si manifesta nel modo di definire quelli che sono i loro incontri con il potere politico, perfino con la storia: Atto I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII. Il vocabolario della temporalità teatrale viene "détournato", per potersi orientare in quello che è il tempo mediatico e politico. Inoltre, il fatto che il potere politico attuale, a causa della eccessiva presidenzializzazione inerente alla Quinta Repubblica, venga associato al potere monarchico, ci ha introdotto nella sfera di quello che è il teatro fondamentale: la Tragedia.
Questa tragedia, inscenata dai gilet gialli, conosce l'attività della storia solo sotto l'aspetto delle manovre infami dei cospiratori; l'azione centrale è perciò invisibile e si svolge dietro le quinte; i consiglieri segreti, identificati dai rivoltosi, hanno accesso all'ufficio del principe, dove vengono preparate le mosse di alta politica. Di conseguenza, le rotatorie, in quanto scenario dell'azione secondaria dei rivoltosi, fanno regolarmente riferimento a questo mondo invisibile, dove quella che viene esercitata è una sovranità illegittima, un'altra Legge; è questo a mostrare il manifesto attraverso cui è stato resa visibile la corte del principe: «Macron = Drahi = Attali = banche = media = Sion». È stato quindi logico che il referendum d'iniziativa cittadina diventasse il tema centrale del dramma in atto, il cui movente è la riappropriazione dello spirito della costituzione francese, vale a dire il diritto di esercitare la dittatura del popolo e per il popolo. Secondo quella che è una caratteristica della tragedia, ci sono due leggi inconciliabili che attraversano il dramma e solo una dovrà prevalere.
Tuttavia, è possibile e desiderabile un'altra rappresentazione della rivolta nei confronti del potere politico contemporaneo, un'altra tragedia, un'altra denuncia creatrice.
La sua caratteristica principale sarebbe quella di porre in evidenza il fatto che il potere invisibile che eserciterebbe la sua dittatura non ha niente di umano: il sovrano - qui, il presidente della repubblica, sarebbe agli ordini del valore di mercato, e del suo sistema impersonale ed automatizzato; avrebbe perciò occupato il posto del martire, come se fosse una vittima speculare che è attraversata da un'impotenza insuperabile, e da un divenire-folle. Nel momento in cui, con un gran frastuono, avrebbe scatenato invano il suo potere ideologico, rimarrebbe solo una cosa che parlerebbe a favore di questo Cesare rovinato dall'ebbrezza del potere: il fatto che sarebbe vittima di uno squilibrio fra la grandezza "infinita" di cui l'ideologia lo ha investito, e la miseria della sua condizione di agente della manutenzione del capitalismo.
Per cui, ecco che non si situerebbe più nella tragedia, bensì piuttosto nel "Trauerspiel" (il gioco del lutto, o della tristezza) [N.d.T.: “Dramma barocco”, nel senso di Walter Benjamin], poiché la funzione principale del sovrano non sarebbe quella di decidere, ma quella di evitare la decisione: il potere politico verrebbe ricondotto alla sua impotenza fondante. Detto in una frase: Amleto è il seduttore di ogni rivolta che è coerente con sé stessa.

- Rémi Coutenso - Pubblicato su Facebook il 5/1/2019 -

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