«Qualcosa prosegue il suo corso» [*1], ovvero: Il fischio della fine che nessuno vuole sentire
- Lettera aperta alle persone interessate ad " EXIT! " in quello che è il passaggio dal 2018 al 2019 -
per la Direzione e la Redazione di " EXIT! ", Herbert Böttcher , Novembre del 2018
Sono già passati 10 anni da quando il crollo dei mercati finanziari ha causato sconvolgimenti in tutto il mondo. Il governo degli Stati Uniti ha lasciato che Lehman Brothers andasse in bancarotta. Sperava che la banca, relativamente piccola, sparisse dai mercati senza darlo troppo a vedere, ma avevano fatto male i conti. Con il fallimento d Lehman, l'instabile sistema finanziario minacciava di crollare, finendo completamente fuori controllo. L'impatto si riflesse sulla caduta dei prezzi, sul differimento degli investimenti, sulla riduzione del credito, sull'aumento della disoccupazione e sulla diminuzione dei consumi.
Improvvisamente, veniva di nuovo richiesto l'intervento della politica, che fino ad allora era sospettato dal pensiero neoliberista di essere responsabile di bloccare, attraverso la spesa sociale e l'eccessiva regolamentazione, le forze creatrici e curative del mercato. Ora il suo compito era quello di salvare le «banche di rilevanza sistemica» - secondo quelle che erano le parole dell'allora cancelliere federale - attraverso iniezioni di denaro pubblico, e rilanciare l'economia attraverso dei pacchetti di stimolo economico e con misure come quelle dei finanziamenti per la rottamazione delle automobili.
Per la Germania, sembrava che tutto stesse andando bene - per lo meno in apparenza. I dati economici - il livello più basso di disoccupazione, da decenni, e un bilancio federale equilibrato - sembravano ancora meglio. E, tuttavia, qualcosa bolliva nella pentola della Germania. La formazione del nuovo governo, dopo le elezioni, nell'autunno del 2017, si era rivelata estremamente difficile, e, in seguito, era rapidamente precipitata in una situazione vacillante che passava da una crisi di governo all'altra. Non è un caso che ci sono molte cose che si infiammano attorno ai rifugiati, definiti dal Ministro degli Interni tedesco come la «madre di tutti i problemi».
In un raro momento di umanità, il cancelliere aveva aperto le frontiere, permettendo così che venissero attraversate da una piccola parte delle persone in fuga dappertutto. In questo modo, nell'immagine dei rifugiati, anche in Germania - la terra del miracolo economico apparentemente permanente - è diventata visibile la dinamica di crisi sociale globale.
L'apertura delle frontiere era giusta, ma il discorso pomposo del cancelliere federale («Ci siamo riusciti») era illusorio. Con i rifugiati viene a galla una problematica «impossibile da poter risolvere» - almeno nel quadro delle relazioni capitaliste e delle loro strutture. Ed in questo modo è emerso quello che è coerente con la logica del capitalismo: L'ambiente umanitario di benvenuto è svanito altrettanto rapidamente dell'attivismo filantropico. La realtà è regredita, senza che ci fosse più alcun margine per le illusioni: le frontiere sono state chiuse, i fuggitivi sono stati espulsi verso i paesi vicini, consegnati a dittature e a Stati collassati, concentrati in accampamenti abusivi posti nelle vicinanze delle frontiere europee.
L'attenzione principale è concentrata sulla Libia, il paese da cui è arrivata in barca la maggior parte delle persone, attraversando il Mediterraneo verso l'Europa.
Cosa importa alla comunità europea dei valori del fatto che in Libia non c'è più alcuno Stato funzionante, dal momento che il paese è diviso in varie milizie armate, che cercano di mantenere sotto controllo le le diverse regioni?
Tenerli alla larga, deportarli, richiuderli, per i democratici che devono fronteggiare la crisi, è l'«ultima cosa» che sta succedendo. Dopo tutto, nel capitalismo, le persone che hanno dei bisogni, ma che non hanno soldi, non sono «sistemicamente rilevanti» - a meno che non vengano percepite come una minaccia.
Perfino la politica di deportazione, di isolamento e di separazione continuata che viene portata avanti per mezzo della polizia e delle forze armate - dopo un breve interludio umanitario - non riesce più a placare gli irritati cittadini indignati. La loro rabbia trova espressione in movimenti che identificano e combattono presunti colpevoli, ricevono ampio sostegno da parte del centro della società e si appoggiano a dei partiti affermati, disposti a servire retoricamente e politicamente il sentimento dei «cittadini preoccupati». La disputa intorno a quale sia il modo migliore di farlo, e, soprattutto, su chi ne deve sopportare i costi, porta all'Unione Europea, la quale è così tanto orgogliosa del suo tempo di pace,; porta ad un violento conflitto di tutti contro tutti, fino ad arrivare ai limiti della capacità politica. E tutti quanti hanno lo stesso obiettivo: la chiusura delle frontiere esterne e individuare i fuggiaschi.
Ancora una volta, l'atmosfera è stata scaldata dall'acceso dibattito, e dalle concomitanti agitazioni, intorno al caso di un tedesco ucciso a Chemnitz da dei richiedenti asilo. A giocare col fuoco, in una sinistra alleanza, si sono uniti psicopatici di destra, "cittadini preoccupati", membri del Dipartimento di Protezione della Costituzione, ivi incluso il suo Presidente, il Ministro degli Interni dello Stato federato e, chiudendo un occhio, anche un Ministro degli Interni federale, così tanto per intensificare l'escalation della crisi di governo. La crisi non viene percepita, ma viene sentita diffusamente dal capitalismo, nei suoi complessi livelli di mediazione, ed ignorata, allo stesso tempo in cui viene rifiutata in maniera aggressiva, nella misura in cui viene ridotta, dal momento che si concentra sui rifugiati, visti come una presunta «madre di tutti i problemi», la quale può anche essere «gestita» e venduta bene attraverso la politica simbolica. No importa neppure che il numero dei rifugiati, sul cui «rimpatrio» si è discusso fino alla possibile caduta del governo, non sia poi così alto. Questo non ha impedito che il dibattito sulla loro registrazione, deportazione e «centri di accoglienza» abbia messo in agitazione tutta una società, senza che nessuno si fermasse un attimo a pensare che le cose «seguono il loro corso».
In tutto questo, quello che ancora una volta appare chiaro è il modo in cui si possono segnare politicamente dei punti, dentro al cosiddetto «centro della società», manovrando quelle che sono opinioni razziste e antizigane. Perfino i volontari che hanno salvato i rifugiati naufragati nel Mediterraneo hanno finito per restare coinvolti nelle agitazioni e nel respingimento. Le maschere borghesi cominciano a cadere quando, in una logica di barbarie, si pretende di far passare come normale l'esigenza - propagandata per mezzo della diretta televisiva - secondo la quale le persone «devono annegare» nel Mediterraneo. Ragion per cui dovrebbe essere punito chi fornisce assistenza in maniera continuata. La punizione minaccia coloro che salvano dall'annegamento i rifugiati. Fino a che punto sia diventato possibile discutere civicamente dell'annichilimento per «annegamento», è diventato chiaro in una discussione svoltasi sul settimanale "Die Zeit" col titolo: «Volontari privati salvano rifugiati e persone in pericolo in mare. È legittimo questo? Pro e contro» .
Il Ministro degli Interni della Renania Settentrionale-Vestfalia, Reul, ha chiarito come secondo lui lo Stato di diritto si basi sul pantano di un sistema fondato su un «sentimento popolare in buona salute». La sentenza del Tribunale amministrativo di Münster, che rimandava in Germania l'islamista Sami A., ingiustamente deportato in Tunisia per mezzo di artifici delle autorità e del Ministero della Giustizia, è stato sottoposta pubblicamente da Reul al sentimento di giustizia popolare: «I giudici devono sempre avere in mente che le loro decisioni siano conformi al sentimento di giustizia della popolazione» [*2]. Anche il Ministro della Giustizia, Stamp. responsabile della deportazione illegale, ha apparentemente agito secondo quello che il sentimento tedesco dominante nell'autunno del 2018. «Si conferma il fermo sostegno popolare all'azione di Stamp, che si spinge fino ai limiti dello stato di diritto nel trattare con coloro che sono più vulnerabili», osserva il quotidiano "Kölner Stadt-Anzeiger" [*3]. Nel frattempo, i movimenti di sinistra si rallegrano per il ritorno della «questione sociale». Nei tempi aurei della postmodernità, di fronte agli orientamenti culturalisti, le questioni sociali e politico-economiche sono passate in secondo piano. La questione della disuguaglianza sociale è stata penalizzata a causa del concentrarsi sulla disuguaglianza tematizzata nel contesto del razzismo e del sessismo, che è stata ampiamente discussa, senza fare riferimento al contesto politico-economico, e senza riflettere sulla totalità sociale. Date le tendenze alla precarizzazione e all'impoverimento, che difficilmente possono essere ignorate, l'ovvia caduta - o paura della caduta - della classe media, così come l'immagine dell'arcobaleno postmoderno lanciata a destra da Trump e dalla nascita di AfD, PEGIDA ecc., annuncia per la sinistra il ritorno della «questione sociale». E ad essa vengono associati innumerevoli tentativi di tornare a tematizzare le disparità e le esclusioni sociali nel - seppur modificato - quadro delle relazioni di classe, così come le speranze di riuscire a rianimare la malconcia vecchia buona e ben nota lotta di classe.
Il seminario di " EXIT! " di quest'anno ha chiarito quanto siano obsoleti simili tentativi, e in quali contesti essi permangono. Sebbene le analisi fenomenologico-sociologiche delle disparità sociali sembrino abbastanza giuste, il ricorso al concetto di classe continua ad essere anacronistico. Elude proprio quello che sarebbe necessario riconoscere: la fine del soggetto patriarcale del lavoro. Senza riconoscere questo, ci si trova nella situazione in cui si vive ora: si continua a pedalare sulla scala mobile in discesa, per mantenerlo nella sua posizione. E questo «deve» essere fatto anche difendendosi aggressivamente dai concorrenti. Tutto ciò, a sua volta, si può accompagnare alla discriminazione sociale e razziale che - di fronte al peggioramento dovuto alla svolta della modernità sociale verso la modernità repressiva, nella sua forma dell'amministrazione autoritaria della crisi - fa sì che l'atmosfera piccolo-borghese e di destra venga servita in modo tale che gli irritati e le irritate cittadine e cittadini si pongono, letteralmente a destra. In un simile contesto, possono unirsi lotta di classe e critica delle élite, combinate nello spettro di destra di una falsa immediatezza, senza rendersi conto di cosa stia socialmente accadendo in quelle che sono le manifestazioni della crisi.
C'è un'immagine proveniente da una storia biblica, che potrebbe aiutare ad illustrare un problema sociale attuale. Si tratta della guarigione del cieco Bartimeo (Mc 10, 46-52). Prima di poter tornare a vedere, Bartimeo «buttò via il mantello», come racconta la sua storia (v.50). Ci sono buone ragioni per vedere nel mantello buttato via un'indicazione della necessità di abbandonare il sogno della restaurazione del grande regno di David, che causano cecità. Nella confusione dell'attuale situazione di crisi, per alcuni ci sono molte cose che appaiono loro concepibili e fattibili, tranne una: quella di una rottura ponderata con i sogni di un capitalismo eternamente risorgente da ogni e da tutte le crisi. È questo il mantello dal quale non vogliamo in nessun modo liberarci.
E quindi, per ora, si dovrebbe aspettare che la crisi si aggravi secondo quelli che sono i percorsi emergenti dei movimenti di destra, e che ai movimenti del fantasma della sinistra, o i liberali di sinistra, non servisse altro che le solite ricette familiari - purtroppo mai provate - nelle quali continuano ad essere sognati i sogni di restituzione del capitalismo sociale e democratico. Oltre alla lotta di classe rianimata, per ATTAC ed i suoi promotori, dieci anni dopo il collasso del 2008, imperturbabili di fronte a qualsiasi discussione sull'«antisemitismo strutturale», si tratta nuovamente di riportare alla ribalta le vecchie idee circa la chiusura del casinò, vendendole «come alternativa emancipatrice al grande casinò». Vengono sbandierate offerte sostenibili - «dalle riforme della realpolitik attuabili in maniera relativamente facile, fino alle visioni di un futuro di più ampia portata che parla di un sistema finanziario che funziona per gli interessi del grande pubblico» [*4]. Dal momento che ogni idea sembra che possa essere vera solo se trova espressione anche nella pratica, l'ex attivista di ATTAC promosso ad eurodeputato, Sven Gigold, ha fondato un «Movimento di Cittadini per il Cambiamento Finanziario, associazione registrata». In esso, egli vede «una grande opportunità per spostare i rapporti di forza in Germania fra i potenti interessi del mercato finanziario, da un lato, e gli obiettivi del bene comune, dall'altro» [*5].
L'appello alla democrazia proveniente dal campo degli illuminati - sia di origine borghese che di sinistra, soprattutto quelli provenienti dall'estrema destra - è di ogni tipo. Viene promosso perfino il «denaro democratico», oppure quello che Christian Felber definisce come una «grande alternativa che non è affatto alternativa» viene propagandato e accettato di buon grado , come un'uscita illusoria dal vicolo cieco del capitalismo [*6]. Di fronte all'attuale situazione di conflitto, Roswitha Scholz ha ripreso un testo di Robert Kurz pubblicato nel 1993, "La democrazia divora i propri figli. Note sull'estremismo di destra", commentandolo a partire dagli sviluppi che ci sono stati, e chiarendo come: «La democrazia divora ancora i propri figli - e oggi lo fa molto più di prima!».
La democrazia non è una cura efficace per i processi di imbarbarimento che si stanno diffondendo nel capitalismo di crisi globale. Al contrario, come forma di organizzazione sociale e politica della società produttrice di merci, fa parte della socializzazione capitalista. È essa a produrre le spettrali forze autoritarie, razziste e antisemite che poi la faranno sparire. Fare questa connessione non implica in alcun modo l'affermazione di una continuità ininterrotta. Piuttosto, si può supporre che lo sviluppo della crisi dopo il crollo del 2008, e la susseguente contrazione delle possibilità di azione politica abbiano avuto l'effetto di tornare ad alimentare i movimenti di destra: «Fra il 2009 ed il 2011 c'é stato un aumento [...] della percezione della mancanza dell'influenza esercitata, in quanto elemento di base della rabbia, sia dalla disponibilità a partecipare alle manifestazioni, così come della disponibilità individuale alla violenza. Questo è successo prima che apparisse PEGIDA o l'AfD. Gli attori della mobilitazione sono riusciti a trasformare i sentimenti individuali di impotenza in sentimento di potere collettivo», afferma Wilhelm Heitmeyer [*7]. In questo modo viene consentito agli attori di «costituirsi come attori nelle relazioni alle quali sono stati consegnati» [*8].
Aggrapparsi - quasi ad ogni costo - a quelle relazioni, la cui progressiva crisi ha distrutto le basi della vita ed ha imbarbarito la coesistenza degli esseri umani, sembra essere un comune denominatore che unisce i movimenti di sinistra e di destra. Tornando all'immagine biblica, il mantello dev'essere protetto - anche quando ormai non serve ed è del tutto lacero. Si pretende che la sicurezza data dal mantello non si sia mai allentata, o addirittura esaurita, attraverso una teoria che si estende dai fenomeni alla totalità sociale. Continuando in questo modo, le relazioni incomprese continuano il loro corso, verso un «Traguardo Finale» che non finisce mai. «Qualcosa prosegue il suo corso», osserva Clov, nella piece teatrale di Samuel Beckett "Finale di Partita" [*9]. Si sospetta e si sente, ma non si comprende dove tutto questo possa andare a parare. Beckett dà inizio allo spettacolo con Clov, «sguardo fisso, voce neutra», che dice: «Finita, è finita, sta per finire. Sta forse per finire» [*10].
Se «la cosa» sta per finire, verrà definita in essa. Il traguardo, l'arrivo alla sua fine logica e storica è la socializzazione capitalista della dissociazione valore, che al culmine della postmodernità potrebbe ancora continuare a mettersi in scena come se fosse una partita senza fine. Si sente suonare il fischio finale, ma esso viene ignorato, con determinazione. E così gli incomprensibili processi di crisi continuano nella loro marcia, producendo sempre nuove dinamiche di distruzione e di imbarbarimento. La posizione di " EXIT! " è nel senso che si deve capire che cos'è che «prosegue il suo corso». Il riconoscimento dei fenomeni di crisi sociale, visti come una «totalità concreta», è un passo essenziale al fine di poterla fare finita con l'erogazione di processi incomprensibili che ci rendono impotenti. Rendere udibile il fischio finale, aprendo così un orizzonte, in una critica coerente e di rottura con le forme che costituiscono la società capitalista, per rendere pensabili e praticabili delle forme di coesistenza delle persone, al di là della sottomissione alle relazioni feticistiche. Ringraziamo tutte le persone che ci danno il loro sostegno in questo percorso, e ancora una volta chiediamo come «ogni anno», l'appoggio necessario - senza dimenticare l'apporto finanziario.
- per la Direzione e la Redazione di " EXIT! ", Herbert Böttcher , Novembre del 2018
NOTE:
[*1] - Samuel Beckett: Finale di Partita.
[*2] - Kölner Stadt-Anzeiger de 18/19.8.2018.
[*3] - Kölner Stadt-Anzeiger de 18.8.2018. Nonostante una nota verbale dell'Ambasciata di Tunisia, nella quale viene garantito che il richiedente asilo espulso non dovrà temere torture o altre violazioni dei diritti umani nel suo paese, il divieto di espulsione è stato successivamente revocato. Ma ciò non cambia la valutazione politica del comportamento e delle dichiarazioni dei ministri.
[*4] - Quanto viene detto nella presentazione del libro di Isabelle Bourboulon, "Kommt der Finanz-Crash 2.0? Zehn Jahre nach der Lehman Pleite: Für ein Finanzsystem im Interesse der Vielen".
[*5] - Dal testo di un appello al movimento "Bürgerbewegung Finanzwende e.V.
[*6] - Si veda: Dominic Kloos: "Alternativen zum Kapitalismus. Im Check: Gemeinwohlökonomie", in Ökumenisches Netz Rhein-Mosel-Saar (Hg.): Die Frage nach dem Ganzen – Zum gesellschaftskritischen Weg des Ökumenischen Netzes anlässlich seines 25-jährigen Bestehens .
[*7] - Intervista a Wilhelm Heitmeyer »Der Erfolg der AfD wundert mich nicht [O sucesso da AfD não me surpreende]«, berliner-zeitung.de de 22.10.2016.
[*8] - Samuel Beckett: Finale di Partita.
[*9] - Ivi.
fonte: EXIT!
Nessun commento:
Posta un commento