giovedì 3 gennaio 2019

Ammazzare il tempo!

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La Tirannia del Tempo: la critica immanente di Moishe Postone
- di Avery Minnelli -

Sono dell'opinione che non esista una cosa che possa assomigliare ad una lettura "neutrale" o "obiettiva" di un testo o di un pensatore politico [*1]. Se una lettura si presenta in tal modo, è molto probabile che dietro ad essa si nasconde quello che è un appello all'autorità (per esempio: «Bene, su questo Lenin è ovviamente d'accordo con me, e Lenin aveva ragione, perciò, ipso facto, io ho ragione»). È stato con la consapevolezza che le interpretazioni sono necessariamente selettive ed intenzionali, che mi sono accostata con la mente aperta al libro di Moishe Postone, "Time, Labor, and Social Domination: A Reinterpretation of Marx’s Critical Theory" (1993) [Il libro, in lingua inglese, può essere liberamente scaricato/e letto cliccando qui] - che da qui in avanti chiamerò TLSD. È per me di primario interesse il fatto che mi possa essere utile il punto di vista dell'interpretazione di Postone in quanto tale, piuttosto che sapere quanto essa possa riflettere da vicino il punto di vista di Marx.
Moishe Postone (1942-2018), è stato spinto a scrivere TLSD dopo aver svolto un approfondito studio dei Grundrisse di Marx. Postone riteneva che la struttura libera di quel testo potesse fornire uno sguardo che avrebbe permesso di visionare il pensiero di Marx, che nei tre volumi del Capitale era stato più dissimulato. Gli argomenti di Postone si basano principalmente sia sui Grundrisse che su Il Capitale; fa ben pochi riferimenti alle opere politiche di Marx, e nel testo Engels è quasi del tutto assente [*2]. In TLSD, Postone imposta il suo progetto come una reinterpretazione di Marx, ponendola in contraddizione con quella che Postone stesso ha definito «Marxismo tradizionale», che egli riteneva non fosse in grado di spiegare quelli che erano stati gli sviluppi avvenuti nel capitalismo post-liberale nel XX secolo. Per Postone, il Marxismo tradizionale non può essere equiparato al «Comunismo ufficiale», sia che si stia parlando della Seconda Internazionale o dell'Unione Sovietica. Si tratta di una categoria ben più ampia; Postone sostiene cha anche la Scuola di Francoforte non sia stata del tutto in grado di sottrarsi a quelli che sono stati i limiti del Marxismo tradizionale, nonostante quella che essa chiamava «svolta pessimistica». Nella sua analisi, il Marxismo tradizionale corrisponde a qualsivoglia interpretazione della teoria di Marx che ometta di storicizzare in maniera adeguata, all'interno del capitalismo, quello che il ruolo peculiare di mediazione sociale svolto dal lavoro. In maniera più specifica, Postone respinge una «critica del capitalismo dal punto di vista del lavoro» a favore di una «critica del lavoro nel capitalismo» [*3]. A partire da questa fondamentale distinzione, Postone fonda la sua argomentazione, ricostruendo le categorie marxiane della merce, del lavoro, del capitale, e persino del tempo. Il punto di vista di Postone è quello di una critica immanente, poiché la sua critica del capitalismo non si basa su una scienza trans-storica positiva, ma deriva piuttosto da quelle che sono le contraddizioni della stessa società moderna. Egli sostiene che sia questo il metodo secondo il quale Marx ha costruito la propria critica dell'economia [*4]. È questa posizione epistemologica che distingue Postone da gran parte del movimento comunista ufficiale e dalla sua nozione di «scienza immortale». A mio avviso, questa sua posizione è specificamente in contrasto con quella di Louis Althusser, che, contro lo storicismo, si schierava a favore del Marxismo in quanto scienza valida universale, trans-storica. L'obiettivo principale di TLSD non è l'epistemologia, però essa svolge un ruolo chiave rispetto alla configurazione delle argomentazioni di Postone:
«Uno degli aspetti più potenti della critica dell'economia politica svolta da Marx, è il modo in cui essa si colloca come aspetto storicamente determinato di ciò che esamina, piuttosto che essere una scienza positiva, trans-storicamente valida, che costituirebbe un'eccezione storicamente unica (quindi, spuria) e che si porrebbe al di sopra dell'interazione delle forme sociali e delle forme di coscienza che essa stessa analizza. Questa critica non adotta un punto di vista che si trova al di fuori del suo oggetto ed è, perciò, autoriflessiva ed epistemologicamente consistente» [*5].
Nella sua ricostruzione della critica marxiana dell'economia politica, Postone evidenzia che il capitalismo non può essere ridotto alla proprietà privata ed al mercato, che egli considera in relazione alla distribuzione. Secondo Postone, una critica del capitalismo non può essere una critica dell'appropriazione borghese svolta dal punto di vista di un "neutrale" modo di produzione industriale. Al contrario, il modo di produzione stesso, nello specifico la produzione industriale su larga scala e la divisione del lavoro che essa implica, è esso stesso costitutivo del capitalismo. Per Postone, l'appropriazione dei mezzi di produzione da parte della classe operaia (o più probabilmente da parte dello Stato) è insufficiente per poter superare il capitalismo; il capitale funziona ad un livello strutturale di dominio astratto che è molto più fondamentale.
La concezione che ha Postone del capitalismo si allontana da quella del Marxismo tradizionale, in quanto concepisce il capitalismo come una struttura astratta di dominio. Egli individua quella che è la contraddizione fondamentale del capitalismo, non fra l'appropriazione borghese e la produzione industriale, ma piuttosto fra il valore e la ricchezza materiale. Per Postone, la forma assunta dalla ricchezza materiale sotto il capitalismo (la forma valore) è tale a causa del ruolo peculiare assunto dal lavoro, come mediazione sociale, nella società capitalista. Il capitalismo, perciò, implica la centralità della mediazione sociale attraverso il lavoro. Concretamente, ciò significa che il lavoro diretto (specificamente il lavoro astratto, cosa su cui torneremo) è la componente centrale del processo produttivo capitalista.
Va notato che Postone rifiuta qualsiasi concetto di lavoro che abbia «diritto a tutto quello che esso crea» o visto come «la fonte di ogni ricchezza». Egli non crede che il lavoro sia il nucleo trans-storico di tutte le società. Il lavoro, invece, è la fonte del valore; ma questo vale solamente sotto il capitalismo. Altresì, per Postone, non esiste alcun concetto trans-storico di valore, determinato dal lavoro, che valga per tutta la storia così come succede per il capitalismo. Questa fondamentale distinzione fra valore (misurato dal tempo di lavoro astratto e che attiene unicamente al capitalismo) e ricchezza materiale è, secondo Postone, ciò che distingue la teoria del valore, storicamente contingente, di Marx da quella a-storica di Ricardo. Quindi, per Marx non esiste alcun "valore" al di fuori del modo di produzione capitalistico.

Nella prima parte del testo viene definita quella che è l'argomentazione di Postone, che individua i presupposti del Marxismo tradizionale, e ne delinea quali sono i suoi limiti, ivi inclusi quelli della Teoria Critica. Nella seconda parte, Postone struttura, intorno alla distinzione fondamentale fra valore e ricchezza materiale, la sua reinterpretazione delle categorie marxiane. Inizia da un'inchiesta sul lavoro astratto e sul tempo astratto, e conclude con una critica di Habermas. La parte III include la teoria del Capitale di Postone e la dinamica storica della produzione capitalista.
Il lavoro astratto, per Postone, è una categoria peculiare del modo di produzione capitalista. Non è una nozione trans-storica del «lavoro in generale»:
«Il capitalismo, secondo Marx, è caratterizzato dal fatto che le sue fondamentali relazioni sociali sono costituite dal lavoro. Il lavoro nel capitalismo oggettivizza sé stesso non solo nei prodotti materiali - cosa che avviene in tutte le formazioni sociali - ma anche nelle relazioni sociali oggettivate. In virtù del suo duplice carattere, esso si costituisce come una totalità, come una sfera sociale oggettiva, quasi-naturale, che non può essere ridotta alla somma delle relazioni sociali dirette e che, come vedremo, si oppone all'insieme degli individui e dei gruppi come se fosse un astratto Altro. In altri termini, il duplice carattere del lavoro determinato-dalla-merce è tale che la sfera del lavoro nel capitalismo media le relazioni che, in altre formazioni, esistono come sfera di interazione sociale aperta. In tal modo, pertanto, costituisce una sfera sociale quasi-oggettiva» [*6].
L'analisi di Postone sul lavoro astratto, e la sua richiesta di abolirlo piuttosto che realizzarlo, non si basa su una concezione utopistica secondo la quale una società post-capitalista non richiederà alcuna attività umana concreta. Piuttosto, l'argomento di Postone è quello di una critica del lavoro nel capitalismo, il quale viene visto come una forma di mediazione sociale. Abolire il lavoro astratto, perciò, significa abolire la distinzione fra "lavoro" e "non lavoro". Questa distinzione che è una distinzione fra sfera privata e sfere pubbliche della vita si trova ad essere incardinata su un'altra categoria sociale peculiare al capitalismo: il tempo astratto.
L'analisi del tempo svolta da Postone, è forse il suo contributo più originale, ed al tempo stesso più interessante, alla critica marxiana. Postone distingue fra due tipi di tempo - tempo astratto e tempo concreto. Il tempo concreto viene misurato in base ad eventi come il sorgere del sole ed il tramonto, le stagioni di semina e di raccolto, ecc. Questo tipo di tempo può essere sia ciclico che progressivo. Ma in entrambi i casi, il tempo è una variabile dipendente che viene misurata in termini di eventi. Per esempio, la nozione originale di un giorno e di una notte di 12 ore non è stata concepita nei termini di ore formate uniformemente da 60 minuti. Al contrario, ciascun periodo di luce o di tenebre era stato diviso in 12 parti uguali, che crescevano e si restringevano con le stagioni.
In contrasto con il tempo concreto, il tempo astratto è una variabile indipendente; gli eventi vengono misurati in termini di tempo piuttosto che viceversa. Il tempo astratto è «tempo uniforme, continuo, omogeneo, "vuoto"» [*7]. Il tempo astratto, secondo quella che è l'analisi storica di Postone, è arrivato in Europa solo nel tardo Medioevo. Egli sostiene che «le origini storiche del concetto di tempo astratto dovrebbero essere viste nei termini della costituzione della realtà sociale di quel tempo, insieme alla diffusione della forma delle relazioni sociali determinate dalla merce» [*8]. In altre parole, non c'era alcun bisogno della nozione di tempo astratto finché non è sorto un modo di produzione basato sulla forma valore in quanto incarnazione dell'uniforme tempo di lavoro socialmente necessario. Postone rifiuta l'idea che la creazione del tempo astratto possa essere attribuita esclusivamente all'invenzione dell'orologio. Lo fa notando che quando venne introdotto l'orologio in Cina, la cosa non ebbe molto significato per quel che riguardava l'organizzazione della vita sociale.
Sotto il capitalismo, il tempo astratto viene integrato da quello che Postone chiama il tempo storico. Il tempo storico è una forma specifica del tempo concreto che descrive i  crescenti livelli della produttività nel capitalismo. Quindi, la dialettica esistente fra tempo astratto e tempo storico cattura quella dinamica del capitalismo che Postone chiama «trasformazione e ricostruzione». Si tratta della dinamica in cui i livelli di produttività incrementati temporaneamente aumentato il valore prodotto (trasformazione), diventando poi così la nuova base del tempo di lavoro necessario, mantenendo così costante (ricostituzione) il valore generato per unità di tempo. Per Postone, questo trend nel quale il valore, misurato astrattamente in tempo-lavoro, rimane costante, ma la ricchezza materiale generata in quel tempo incrementato indica la dinamica fondamentale della Storia sotto il capitalismo. Un modo per poter visualizzare questa interazione fra tempo astratto e tempo storico è quello per cui è il tempo storico il punto di osservazione attraverso il quale vediamo che il tempo di lavoro diventa sempre «più compatto» in termini di produttività:
«Il tempo storico, in questa interpretazione, non è un continuum astratto dentro il quale gli eventi avvengono ed il cui flusso è apparentemente indipendente dall'attività umana; al contrario, è il movimento del tempo visto in opposizione al movimento nel tempo. La dinamica della totalità sociale espressa dal tempo storico è un processo costituito che a sua volta costituisce il processo dello sviluppo sociale e della trasformazione, che è direzionale ed il cui flusso in ultima analisi è radicato nella dualità delle relazioni sociali mediate dal lavoro, è una funzione della pratica sociale» [*9].

Nel libro, la sezione sul tempo astratto è il passaggio più storicamente radicato; il resto rimane per lo più nel regno della filosofia astratta e dell'esegesi testuale. Per coincidenza, il difetto più grande di TLSD è anche la sua stessa più grande fonte di ispirazione. Postone opera ad un tale alto livello di astrazione teorica che le implicazioni e le applicazioni dei suoi argomenti a volte rimangono difficili da immaginare. Quando ho finito di aver letto tutte le 400 pagine del volume, mi sono trovata a volerne ancora. Postone ha suggerito le implicazioni della sua teoria, riferendole a così tanti argomenti, come l'ecologia, il «socialismo attualmente esistente», e i moderni movimenti sociali. Tuttavia, non ha approfondito in dettaglia molti di quelli che sono gli argomenti più concreti (nel libro, una delle sue fase preferite è stata «non posso affrontare/elaborare...»). Michael Heinrich ha criticato Postone per non avere adeguatamente affrontato la sfera della circolazione, oppure lo Stato, sostenendo che a causa del suo storicismo Postone in realtà ha adottato quelle che sono le nozioni trans-storiche di "libertà" e di "democrazia". La critica di Heinrich è ragionevole e vale la pena di essere letta, ma va detto che in un certo senso critica Postone per quello che egli ha scelto come suo progetto.
Questo difetto significa solo che, per quella che è la nostra ricerca, ci viene assegnato il compito di usare la prospettiva di Postone, non in quanto quadro teorico a priori, ma come prospettiva alternativa che possa ispirare la creatività e possa fornirci degli spunti interessanti. Forse la cosa più profonda, è che l'argomentazione di Postone ci fornisce una potente alternativa alle interpretazioni «produttivistiche» del Marxismo, le quali si limitano  meramente alla critica della proprietà privata e del mercato, e così facendo affermano, senza criticarle, la produzione industriale, la «crescita», ed il proletariato.
La critica dell'affermazione della produzione industriale e del lavoro, fatta da Postone, ha implicazioni importanti. Postone sostiene, contro Lukács, che in realtà il proletariato non è il soggetto rivoluzionario; piuttosto, attualmente, l'oggetto-soggetto della Storia è il capitale stesso [*10]. Non ho un'opinione su questo dibattito, ma le implicazioni delle argomentazioni di Postone su un simile argomento sono chiare: il capitale di cui parla è una struttura astratta di dominio che non può essere superata così, semplicemente attraverso l'affermazione della classe operaia:
« La base materiale della società di classe, secondo quella che è l'esposizione fatta da Marx nei Grundrisse, è una forma di produzione nella quale il surplus prodotto in eccesso non viene più creato principalmente dal lavoro umano diretto. Secondo tale approccio, la questione cruciale del socialismo non riguarda tanto il fatto se esista o meno una classe capitalista, ma quanto se piuttosto esista ancora un proletariato» [*11].
L'analisi di Postone, quindi, che arriva più profondamente a quello che è l'evidente dominio di classe nel «dominio del proprio lavoro sulle persone» [*12]. Egli sostiene che «il conflitto di classe è una forza motrice dello sviluppo storico nel capitalismo solo perché essa è strutturata da, ed è incorporata ne, le forme della merce e del capitale» [*13]. Postone espande ulteriormente la sua argomentazione, e arriva a dire che:
«L'esposizione data da Marx non sostiene l'idea secondo cui la lotta fra i capitalisti ed i lavoratori sarebbe una lotta fra la classe dominante della società capitalista e la classe che incarna il socialismo - e che pertanto quindi una tale lotta punterebbe al di là del capitalismo... L'analisi che fa Marx, della traiettoria del processo di produzione capitalista, non indica la possibile futura affermazione del proletariato, e del lavoro che esso svolge. Al contrario, indica la possibile abolizione del lavoro» [*14].

Non sono ancora sicura di cosa pensare riguardo a quanto dice Postone a questo proposito. Sento che, in ogni caso, egli non stia negando affatto la necessità dell'organizzazione proletaria, dell'autonomia, e, eventualmente, un'egemonia di classe da parte del proletariato. Non considero il punto di vista di Postone come prescrittivo o programmatico, vale a dire, «ah, se Stalin avesse solo abolito il proletariato, piuttosto che affermarlo!» Lo considero più come una riconcettualizzazione di un processo storico e come un avvertimento a proposito di quelli che sono i limiti dell'amministrazione statalista collettiva dell'accumulazione del capitale.
Ad ogni modo, per quanto non sia prescrittivo, questo quadro ci può aiutare a comprendere il «socialismo attualmente esistente» del XX secolo. Questo tema è uno di quelli su cui sto ancora formando un mio punto di vista (o, piuttosto, riformando), ma il quadro di Postone si allinea approssimativamente a quelle che sono le mio opinioni provvisorie sull'argomento, L'Unione Sovietica, per esempio, a mio avviso non aveva alcuna borghesia, o classe dirigente, distinguibile. Tuttavia, nel 1930 avvenne una rapida industrializzazione, ci fu l'allontanamento di milioni di contadini dalla loro terra, e la formazione di un proletariato industriale. Questo processo venne guidato dalla collettivizzazione forzata, dalla creazione di un sistema di passaporti interni, da leggi contro l'assenteismo, ed un regime generalizzato di disciplina del lavoro. Questo, per me, è un'accumulazione primaria caratterizzata da crescita estensiva (piuttosto che intensiva). Per quanto l'USSR sia stata un interessante (e anche, in molti modi, estremamente efficace!) esperimento per lavorare in direzione di una società post-capitalista, ciò che vedo è il modo in cui la sua traiettoria storica sia essenzialmente solo  una transizione dal semi-feudalesimo al capitalismo pienamente sviluppato. Non si tratta di descrivere l'Unione Sovietica in senso moralista, ma anche se non ha avuto una borghesia, penso che sia eccessivamente semplicistico categorizzare una società simile come comunista, di qualsivoglia tipo o a qualsiasi stadio.
La reinterpretazione della lotta di classe fatta da Postone può anche fornirci una via d'uscita rispetto al dibattito sulla inter-sezionalità e sulla «politica dell'identità». Postone sostiene che «l'argomentazione di Marx non implica che altri strati o altri gruppi sociali - per esempio, quelli organizzati su questioni religiose, etniche, nazionali o di genere (ed che solo qualche volta possono essere compresi in termini di classe) - non svolgano, storicamente e politicamente, importanti ruoli» [*15]. In un certo qual senso, il rifiuto di Postone dell'«affermazione del lavoro» è una critica  di un'identità politica che parte dalla classe. Il concetto per cui il capitale stesso, piuttosto che il proletariato, sia il soggetto-oggetto della Storia, perciò può essere fruttuoso al fine di concettualizzare il ruolo delle identità - come quella della negritudine [*16], contrariamente a quello che sostengono i riduzionisti della classe - nel generare importanti lotto contro il dominio capitalista.
La critica svolta da Postone nei confronti dell'interpretazione produttivistica, in particolare del Marxismo, ha delle implicazioni di larga portata per quanto riguarda molti dibattiti attuali, o questioni come l'ecologia, la decrescita, la pianificazione, e i diritti degli indigeni. Per me, l'idea che la proprietà privata ed il mercato siano semplicemente un «ostacolo» alla crescita industriale è incompatibile con il progetto socialista orientato ecologicamente. Postone critica sia le critiche produttivistiche che le critiche romantiche dell'industria e della tecnologia. Né lui né io stiamo discutendo a favore del «primitivismo», ma piuttosto stiamo parlando contro un acritico (e spesso modernista) abbraccio con la produttività e la «crescita» fine a sé stessa [*17]. A proposito di quest'argomento, la differenza fra una critica dell'appropriazione privata, vista dal punto di vista del lavoro industriale, e una critica di quello che è il lavoro stesso in quanto costitutivo del modo capitalista di produzione, è cruciale per capire quali sono i pericoli di uno sviluppo senza ostacoli.
La critica del produttivismo può anche servire a discernere circa la questione dei diritti indigeni e le diverse critiche svolte dai nativi americani al Marxismo tradizionale [*18]. A mio avviso, è indiscutibile che la sinistra marxista statunitense abbia evitato più o meno completamente le battaglie indigene. Certamente, si sono state delle eccezioni, anche notevoli, e fondamentalmente tutta la sinistra a sostenuto, a parole, la lotta a Standing Rock, ma la critica del dominio anti-indigeno è evidentemente assente dal nucleo del pensiero marxista di quasi tutte le tendenze e tipi. Postone caratterizza la produzione industriale e la sua necessaria divisione del lavoro come inerentemente capitalista. Si noti, che egli non intende dire che la tecnologia in sé stessa sia cattiva o incapace di essere adeguata ad una società post-capitalista. Piuttosto, sostiene che è il processo lavorativo industriale stesso ad essere costitutivo del capitalismo, e che l'abolizione dei rapporti di proprietà sia insufficiente per il superamento del regime dell'accumulazione del capitale. In questo senso, se le comunità indigene vengono sradicate, sfruttate e utilizzate come se fossero delle discariche, dal loro punto di vista questo non ha alcuna importanza se viene eseguito da un'azienda privata o da uno «Stato dei lavoratori» [*19].
La reinterpretazione di Marx, fatta da Postone, perciò, ci può offrire un nuovo quadro concettuale per ripensare in maniera creativa i problemi fondamentali cui devono far fronte le lotte contro il capitalismo. Contro il produttivismo modernista, l'identitarismo operaista, e le ristrette concezioni legate al dominio del lavoro (non solo provenienti dal capitale, ma dal lavoro stesso), lo schema di Postone ci indica una strada verso il post-capitalismo che sia storicamente radicata e che superi le categorie del capitalismo (produzione industriale, lavoro astratto e mediazione sociale) che il Marxismo tradizionale dà spesso per scontate:
«Quindi, l'analisi di Marx suggerisce che l'abolizione del valore consentirebbe un modo diverso di produzione tecnologicamente avanzata, un modo che non sia intrinsecamente strutturato nella maniera antagonistica che contraddistingue la sfera della produzione nel capitalismo; questa analisi suggerisce altresì la possibilità di un rimodellamento e di una ristrutturazione più generale della conoscenza scientifica e tecnica che è stata sviluppata nel contesto delle forme sociali alienate del capitalismo. Più in generale, la critica del capitalismo svolta da Marx permette sia di assumere una posizione che non affermi come emancipatrice la conoscenza scientifica e tecnica in quella che è la sua forma esistente, e consente allo stesso tempo di non dover fare implicitamente appello alla negazione astratta di tale conoscenza. Piuttosto, analizzando socialmente il potenziale emancipatorio di tutto ciò che si è costituito storicamente in forma alienata, la critica marxiana cerca di cogliere criticamente tutto ciò che esiste in una maniera che punti storicamente oltre di esso» [*20].
La critica immanente di Postone, come quella di Marx, parte dal punto di vista della società moderna così com'è, e dalle nascenti possibilità per una nuova società che esiste all'interno di quella vecchia. Con la crescente importanza assunta dalle filiere e dalla logistica, così come della crescente probabilità di un collasso ecologico, lo schema di Postone ci consente di tracciare l'orizzonte comunista, non a partire dalle idee dentro la nostra testa o da un progetto astratto, ma dalla società capitalista attualmente esistente e dalle possibilità del suo superamento.

- Avery Minnelli - Pubblicato l'8 dicembre 2018 su TheLeftWind -

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NOTE:

[*1] - Nel suo libro, “The Actuality of the Revolution", Salar Mohandesi argomenta in maniera interessante che «Lenin [in Stato e Rivoluzione] non scrive affatto una storia intellettuale fedele, disinteressara, o obiettiva. Dà piuttosto quella che è una lettura parziale, che può essere colta in frasi sparse, nella quale vengono date interpretazioni molto libere di certi passaggi, e dove, per dirla tutta esplicitamente, Marx ed Engels vengono distorti quasi quanto Bernstein e Kautsky, che sono le figure che in Stato e Rivoluzione vengono attaccate proprio per la loro distorsione dei puri insegnamenti di Marx ed Engels». Ciò nonostante, sostiene Mohandesi, le opere di Lenin erano di grande importanza ed intuizione.

[*2] - La relazione fra Marx ed Engels è un argomento complicato sul quale non ho molte opinioni. Tuttavia, si può dedurre dall'assenza di Engels che Postone non considerava il suo contributo particolarmente importante in questa reinterpretazione di Marx.

[*3] -  Postone, Moishe. Time, Labor, and Social Domination p. 5.

[*4] - Postone distingue una economia politica "critica" da una critica dell'economia politica, dove quest'ultima è storicamente contingente al capitalismo e - sostiene Postone - alle intenzioni di Marx.

[*5] - Postone, Moishe. Time, Labor, and Social Domination pp. 143-44.

[*6] - ivi, p.157.

[*7] - ivi, p.202.

[*8] - ivi.

[*9] - ivi, p.294.

[*10] - In maniera similare, il collettivo The Endnotes, in «LA Teses»  ( https://endnotes.org.uk/other_texts/en/endnotes-la-theses ) asserisce che «la coscienza di classe, oggi, può essere solo coscienza del capitale». Il testo del collettivo Endnotes può essere letto qui nella mia traduzione in italiano.

[*11] - Postone, TLSD p. 39.

[*12] - ivi, p.68.

[*13] - ivi, p.319.

[*14] - ivi, p.324.

[*15] - ivi, p. 321.

[*16] - Si veda “Brown v. Ferguson” from Endnotes #4. https://endnotes.org.uk/issues/4/en/endnotes-brown-v-ferguson

[*17] - Secondo me, il "primitivismo", sebbene sia certamente una visione del mondo reazionaria (se non spesso misantropica), viene sovente usata come uno spauracchio da agitare contro il dubbio sul cieco produttivismo.

[*18] - Si vede, "Marxis and Native Americans", edizioni Ward Churchill.

[*19]  - Ciò non vuol dire che uno stato socialista sarebbe altrettanto oppressivo, e nello stesso modo, del capitalismo privato, ma che piuttosto abbracciare acriticamente la crescita potrebbe portare plausibilmente alla riproduzione di dinamiche coloniali.

[*20] - Postone, TLSD pag. 364.

Fonte: THELEFTWIND

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