lunedì 28 gennaio 2019

Gilles e Geneviève

The Game
Un'intervista a Michéle Bernstein, scrittrice e membro fondatrice dell'Internazionale Situazionista
di Gavin Everall - 6 settembre 2013 -

Michéle Bernstein, nata nel 1932, è stata, insieme al suo primo marito Guy Debord, un membro fondatore dell'Internazionale Situazionista. Lasciò i Situazionisti nel 1967, dopo aver scritto due romanzi ed aver dato diversi contributi alla rivista Internazionale Situazionista, e dopo aver suscitato alcune dicerie. Da allora, per lo più, è rimasta silenziosa. L'opera di Debord - sepolta dalla Stato e dall'agiografia, e in mostra quest'anno  come «Guy Debord: Un art de la guerre» a Parigi, alla Bibliotèque nationale de France - ristagna, mentre gli anti-romanzi di Bernstein, "Tous les chevaux du roi" (1960/2008) e "La Nuit" (1961/2013), sono stati recentemente ristampati in Francia, ed ora sono stati entrambi tradorri in inglese. Il secondo, tradotto da Clodagh Kinsella, è stato pubblicato a Londra da "Book Works" all'inizio di quest'anni, insieme a "After the Night" - un detournement dell'originale ambientato a Londra - opera dell'artista collettivo "Everyone Agrees", che opera fra Londra e New York. In quest'intervista, Bernstein parla dei Situazionisti, dei suoi romanzi e della sua vita dopo il 1967.

Gavin Everall: "Tous les chevaux du roi" e "La Nuit" sono stati scritti ai primissimi anni dell'Internazionale Situazionista. Scriverli, è stata una tua idea, o c'è stata una decisione collettiva?

Michèle Bernstein: Ovviamente, è stata una mia idea. A quel tempo, ero del tutto Situazionista. Il primo libro l'ho scritto fra la fine del 1957 ed il 1958, mentre "La Nuit" 18 mesi dopo. Erano gli anni di quello che io chiamavo il mio Lumpen-Segretariato. Eravamo piuttosto al verde.

Everall: Quindi, i libri sono stati scritti per soldi?

Bernstein: E per divertimento. Per soldi e per divertimento. C'è scritto tutto quanto nella nuova prefazione a "The Night". Vuoi che te la legga?

Everall: No, forse solo una parte. Sono sinceramente interessato alla relazione che avevano i Situazionisti con la forma romanzo. Puoi dirmi qualcosa in proposito?

Bernstein: I Situazionisti consideravano totalmente obsoleta la forma classica del romanzo. Dal momento che avevamo bisogno di soldi, avevo deciso di scrivere un romanzo inventato - uno scherzo, com'erano i romanzi popolari di quell'epoca, come quelli di Françoise Sagan e di molti altri. E poi ho continuato a farlo anche con "La Nuit" - una sorta di parodia del "noveau roman", come quelli che venivano pubblicati da Alain Robbe-Grillet, con frasi dilatate, con sequenze di tempo strapazzate e con sentenze instancabili. A quel tempo, il "noveau roman" veniva considerato come l'apice della modernità. Chissà? Noi probabilmente eravamo ancora più moderni, ma non ci conosceva nessuno. Per quanto riguarda il "noveau roman", erano davvero un gruppo? Funzionava bene per i media - scrivevano tutti per gli stessi editori, venivano ritratti tutti insieme nelle stesse fotografie, ma erano tutti piuttosto diversi fra loro. Alcuni mi piacevano molto.

Everall: Come è stato preso "La Nuit" dagli altri membri dell'Internazionale Situazionista?

Bernstein: Non lo so. Non ne abbiamo parlato. Guy pensava che fosse divertente.

Everall: Ora che è stata pubblicata la nuova edizione, come è stata l'esperienza di rileggerlo?

Bernstein: E' stato strano. Pensavo che fosse molto più noioso di quanto realmente era, ma i miei editori, Gérard Berréby and Danielle Orhan, hanno detto che si sono divertiti a leggerlo, e così mi sono detta "perchè no?" E in realtà mi è piaciuto. Ci vedo molto più di me, che di "noveau roman" e di Robbe-Grillet, e ci vedo più di me e di Guy nei personaggi di Gilles e Geneviève, e mi piacciono abbastanza.

Everall: Mi interessava molto questo aspetto biografico...

Bernstein: Sì, ma vorrei essere chiara su questo: ci sono solo dei piccoli indizi. La versione londinese, "After the Night", mi ha fatto sghignazzare, ma in essa ci sono due menzogne, delle quali riesco a tollerarne solo due. Si scherza sul fatto che avrei 90 anni - piuttosto, di solito dico che ne ho 200. Della seconda bugia me ne sono già dimenticata.  La terza, è che dicono che sia realmente successo quel che accade nel romanzo. No, no, no: non ho mai interferito con gli affari di mio marito, come una moglie borghese e arpia! Ma ciò nonostante mi hanno detto che quel che è veramente successo si trova nel loro romanzo, non nel mio. In questo modo, va bene tutto e tutti sono d'accordo.

Everall: Il libro attinge parecchio non solo alla trama de "Les Liaisons dangereuses" di Pierre Choderlos de Laclos, che nel 1959 ebbe anche una sua prima trasposizione cinematografica, in un film diretto da Roger Vadim.

Bernstein: All'epoca c'eravamo infatuati anche del film del 1942, "Les Visiteurs du soir", diretto da Marcel Carné. Le sinossi di quei due film sono praticamente identiche: la coppia arriva, ha inizio un gioco, e poi uno di loro comincia ad essere veramente innamorato di qualcun altro, ma tutto quanto fa parte di un gioco trasgressivo - che non è quello che avviene con me; alla fine, ne "La Nuit" non c'è sofferenza, niente.

Everall: "After the Night", scritto da "Everyone Agrees", suggerisce che Gilles e Geneviève siano coinvolti in questo gioco di trasgressione, tanto che alla fine lo abbandonano, per poi riunirsi come coppia liberale tradizionale. Mi intriga l'idea che tu rifiuti l'idea della trasgressione.

Bernstein: Lo fanno? Non ci ho letto questo. Ad ogni modo, non era comunque una storia di trasgressione. Nel mio libro, Gilles evita di innamorarsi davvero di Carol. Se lo avesse fatto, quello sarebbe stato l'argomento di un romanzo tradizionale. Invece, è solo un gioco libertino, e non una vera e propria trasgressione. Alla fine, c'è solo un po' di amarezza, che scomparirà come se fosse stata una sbornia. E' la vita.

Everall: Allora, a quel tempo, avevi intenzione di scrivere una terza versione della medesima storia?

Bernstein: Sì, avrei voluto che apparisse sotto forma di una storia a fumetti, ma questo non è mai accaduto.

Everall: Debord è sempre stato considerato come se fosse la figura rappresentativa del gruppo; come il teorico, lo stratega, il dirigente esecutivo, e più recentemente come il segretario. A parte i due romanzi, un articolo per il Times Literary Supplement  [1964], la battitura e i contributi a Potlatch [1954-57], hai pubblicato ben pochi articoli a tuo nome, eppure per più di un decennio sei stata la persona più vicina a Debord. Hai avuto un ruolo differente: non così silenzioso, né tanto segreto - posso suggerire che la tua sia stata un presenza potente, ma sconosciuta? Quanto hai influenzato la direzione del gruppo?

Bernstein: Non potente. Utile, spero. Parlavo un bel po' con Guy, in privato e in pubblico, condividendo idee. Ma non ho scritto molto, questo è vero. Per due ragioni: una, sono pigra, e non mi piace scrivere - trovo molto più facile parlare! Due, lo stile dell'Internazionale Situazionista divenne sempre più politico e filosofico, ed è uno stile che non padroneggio molto bene. Alla fine, penso che stessi diventando allergica alla continua inversione del genitivo - miseria della filosofia, filosofia della miseria, non so se mi spiego. Avevo come la sensazione che i nuovi Situazionisti ne stessero abusando per provare la loro credibilità, la credibilità del loro Hegelo-Marxismo, e tutto questo era diventata, per me, la noia della ripetizione, la ripetizione della noia. Non ricordo tutto quello che avevo scritto realmente sulla rivista, ma se sembra che sia stato scritto da una giovane ragazza, un po' snob ed un po' frivola, allora potrei essere stata io.
Naturalmente, eravamo tutti marxisti - lo sono ancora. Del tutto sotto il fascino del vecchio - il genio. Può darsi che oggi diventi sempre più importante. Durante i trent'anni della società benestante, quella gente non-marxista-liberare-capitalista-spettacolare-promozionale avrebbe detto: non è forse Ok questo mondo? Ma ora che stiamo arrivando, almeno in Occidente, ad avere una massiccia pauperizzazione delle persone, Marx non è forse molto presente? Ad ogni modo, non direi che Marx sia l'alfa e l'omega...

Everall: Contemporaneamente allo stesso cambiamento di stile che descrivi, e all'afflusso dei Situazionisti più giovani, Debord cominciò a diventare sempre meno interessato all'arte.

Bernstein: Il problema non era quello di essere o meno interessati all'arte. Il problema era la totale assenza di artisti nel gruppo, dopo che c'era stata la loro esclusione. Chiunque fosse nuovo era un sociologo, o un rivoluzionario puro, oppure uno studente... Gli incontri erano diventati sempre più pesanti, e vedevano anche meno ingegno e meno immaginazione... ma io rimasi solo fino al 1967.

Everall: Tu sei stata l'unico membro a non essere stato espulso. Mi interessa il motivo per cui te ne sei andata, e ovviamente a cosa è successo dopo.

Bernstein: No, non sono stata espulsa. Ho smesso. Non vi posso dire quale sia stato esattamente il motivo, ma posso fare tre passi verso questa direzione. Il primo passo: verso il 1965, io e Guy non viviamo più insieme. Eravamo stati sposati per undici anni, e lo sai cosa succede dopo undici anni - ti innamori di qualcun altro. Non una piccola storia, ma innamorato davvero. Così lui si era innamorato di Alice [Becker-Ho], ed io mi innamorai di qualcuno che non era molto importante, ma che a quel tempo mi era assai caro. Ma nonostante tutto questo, Guy ed io abbiamo continuato a vederci per tutto il tempo. Secondo passo: lo conoscevo da quando avevamo 22 anni, e non l'ho incontrato come se fosse il grande capo, come se fosse quello con cui nessuno era in disaccordo. Potevo dire di no, e fra di noi era così, e per lui questo andava bene. Ma pensavo anche che lui fosse molto importante, e anche quando non eravamo d'accordo in privato, quando ci trovavamo con i Situazionisti egli avrebbe avuto il mio voto.

Everall: L'assenza degli artisti è stata fondamentale per te?

Bernstein: No. Mi sono mancati dopo la loro partenza, o espulsione - in particolare Gil Wolman, Asger Jorn, Maurice Wyckaert, Gruppe SPUR e Jacqueline de Jong – ma non ho smesso per questo motivo. Il perché l'avevo detto prima, sebbene sia stato scritto che era dovuto al fatto che ero una Sionista. Essere o non essere una Sionista, non aveva niente a che fare con tutto questo; non era questo il punto.

Everall: Il tuo allontanamento coincide con la guerra dei sei giorni?

Bernstein: Le argomentazioni circa questa guerra erano complessi ed erano tutti d'accordo, tranne me. E la mia posizione era semplicemente questa: ad essere all'origine del conflitto militare non era Israele, ma l'Egitto. E in quel momento non era questa l'opinione di tutti gli altri. E la legge era semplice: se qualcuno aveva un'opinione diversa da tutti gli altri Situazionisti, o abbozzava, o se ne andava. Si doveva essere tutti d'accordo. E dal momento che volevo cambiare il mio punto di vista, e non lo faccio tuttora, me ne sono andata. Ma, in seguito, Guy mi ha detto, che dovevo rimanere clandestina, come Jorn. Sì. Questo non significava molto, dal momento che rimanevo comunque ancora amica di Guy,  dandogli qualche consiglio in privato - alcuni buoni, altri disastrosi, ma sempre nello spirito di voler trattare un conflitto con umorismo, piuttosto che con violenza. Nel '68, questo significava prendere la bicicletta e andare a "cercare le sigarette" nei sobborghi vicini, dal momento che a "Parigi non c'erano più sigarette", e fare uno striscione e appenderlo fuori della Sorbona ... e aiutare un po' col denaro.  Quindi, fino al 1973 sono rimasta all'esterno, ma comunque vicina. Poi, ho deciso di fare uso della mia libertà, e sono andata ad una festa per incontrare vecchi amici - Wolman, François Dufrêne e altri. Improvvisamente, è arrivato qualcuno, alto, vestito di nero, e che non mi aspettavo affatto perché pensavo fosse in Inghilterra...

Everall: Ralph Rumney, che non vedevi da anni...

Bernstein: Non lo avevo più visto da quando era stato espulso, il che vuol dire che era dallo stesso anno in cui avevamo fondato l'Internazionale Situazionista. E non so come sia successo, ma un amico mi ha detto che non aveva mai visto due persone così felici di rivedersi. Eravamo noi. Lui era vedovo, dal momento che era stato sposato con Pegeen, la figlia di Peggy Guggenheim, e io allora ero divorziata. Stavo comprando il mio appartamento, e non volevo più essere responsabile, in quanto moglie di Guy, di alcun costo finanziario, o ammenda, per la rivista dell'Internazionale Situazionista - in realtà non ce n'erano, ma a partire dal '68 era possibile tutto; e Lebovici Livre [l'editore] stava dando un bel po' di soldi, ragion per cui io non servivo più a questo. Alla fine del 1973, Ralph ed io ci siamo sposati. Debord è andato su tutte le furie, e stavolta mi ha escluso definitivamente.

Everall: Nel suo libro, "The consul" [1999], Ralph parla di questo. Guy non ti avrebbe più parlato?

Bernstein: No. Da allora in poi sono entrata nel buio. Nel luogo oscuro. Insieme al Principe delle Tenebre. E nei 20 anni successivi, ho ricevuto due cartoline da Guy. Una diceva «grazie», perché gli avevo spedito molti archivi che avevo - libri, volantini, e così via. Non avevo manoscritti di suo pugno, ma solo tutto materiale stampato perché ero sempre stata io quella che aveva pagato le fatture.

Everall: E la seconda cartolina?

Bernstein: Prima di passare a Gallimard, aveva chiesto il mio parere su un editore. Pensavo fosse uno scherzo.

Everall: Hai fatto riferimento all'invio di denaro a Debord. In che modo facevi soldi? Di certo non erano le così tanto osannate scommesse sulle corse dei cavalli che stavano finanziando Debord o l'Internazionale Situazionista.

Bernstein: No. Quello dei cavalli era uno scherzo che aveva fatto Guy ad Henri Lefebvre, che non si era accorto che era uno scherzo, e lo aveva messo nei suoi libri. Ma è vero, allora facevo oroscopi, ed altre cose, per i giornali sulle corse dei cavalli. Dopo essere stata una donna d'affari, piuttosto brava, che era a capo di un piccolo gruppo creativo ad Havas - ora loro avevano cinque o sei piccoli gruppi come il mio. Era un lavoro piacevole: dovevo solo trovare delle idee e metterle nero su bianco.

Everall: Mi sorprende. Ti sei messa a fare quel lavoro, venendo via da un gruppo che aveva articolato una critica del capitale, e che aveva sviluppato un'idea dello spettacolo a partire dalle idee della mercificazione e della reificazione, e che considerava la pubblicità come una delle tante manifestazioni dello spettacolo?

Bernstein: No. Perché avrei dovuto? Il problema con il capitalismo non risiede tanto nella pubblicità quanto nella produzione e nella distribuzione. La pubblicità rende solo più ovvie le cose. A quel tempo, i creativi erano, soprattutto, un bel po' di persone di sinistra senza alcuna specializzazione. Ed io ero molto cattiva con la gerarchia che pagava per i miei peccati pubblicitari...

Everall: Così sei rimasta una guastafeste, forse anche nel détournare il flusso del capitale?

Bernstein: Un po'. Potrei raccontarti di come ho rovinato la mia carriera ad Havas, ma quest'intervista non è su queste cose. Ho lavorato con società sempre più piccole, e poi ho cominciato a lavorare part-time, come freelance. Ad ogni modo, avevo perso interesse. Dopo un po' di tempo, uno sa che per il problema n°22, si può applicare solo quella che è la soluzione n°22. Che noia!

Everall: Dove vivevi?

Bernstein: A Salisbury, in Inghilterra. Perché ridi? O sì, Salisbury è molto triste...

Everall: Sì, triste, molto conservatrice...

Bernstein: ... e poi mi sono trasferita, dopo aver lasciato Ralph. Ho trovato una casa che amavo, The Old Parsonage, e ci sono rimasta.

Everall: Quando ci siamo incontrato la prima volta, mi hai parlato del fatto che facevi un lavoro ridicolo, come critico letterario di Libération. Puoi raccontarmi cos'è successo?

Bernstein: Sì, ho sempre pensato che essere un critico letterario fosse un po' ridicolo - probabilmente lo pensano molti scrittori. Ma ero stata contattata attraverso un amico, il quale aveva organizzato per me una festa per il mio 50° compleanno, dove c'era anche un altro giornalista che mi piaceva. Lui mi chiese: «Michéle, pensi veramente che sia spregevole essere un giornalista?» Io risposi «Sì», e improvvisamente realizzai che erano entrambi dei giornalisti di Libération. Perciò ho aggiunto, «Ovviamente, no se lo fai per Libération». E così ho segnato il mio destino - persuasa da quell'amico a scrivere una recensione, la quale è stata accettata, e così sono entrata nello staff. Allora Libération era in uno stato particolare. Era stata maoista, ma ora aveva assunto una posizione generica di sinistra, era come sottosopra, e la cosa mi andava bene, dal momento che non avevo intenzione di sfidare da sola la linea maoista di un giornale. Né avrei voluto sfidare il grande pachiderma della letteratura francese. Pe le più volte parlavo dei nuovi arrivati. E non si dice mai qualcosa di antipatico ad un principiante totale. Sarebbe ingiusto. Per cui, o mi piaceva, o stavo zitta.

Everall: Ma ci sono anche state occasioni in cui attaccavi i grossi elefanti. Ricordi chi?

Bernstein: Alcuni. Françoise Giroud, Michèle Manceaux, Régine Deforges, tutti facenti parti dell'establishment di quel tempo. Ne ricordo uno, che era un'importante fiamma di un importante uomo politico, e i cui libri mettevano in piazza solo la biancheria sporca. Scusa, ma ho dimenticato il suo nome. Ma non c'era solo lui. C'era tutta una tradizione di Libération di libertà assoluta e di irriverenza. Ho lavorato lì per 14 anni, fino al 1996, quando avevo 64 anni, il posto di lavoro più lungo che abbia mai avuto, e mi piaceva.

Everall: Lavoravi dal Regno Unito. Ma hai partecipato inoltre anche al mondo della letteratura francese, interviste, lanci, a quel genere di cose?

Bernstein: No! Non sono mai stata ad un cocktail party, né ho mai intascato un regalo da un editore.

Everall: Nella maggior parte delle storie scritte che parlano dei Situazionisti, tu te ne vai e poi sparisci, lasciando vaghe dicerie e frammenti della tua vita con Ralph Rumney. Questa tua esistenza clandestina, è stata deliberata? Libération sapeva chi eri?

Bernstein: No. Serge July, l'editore del giornale - un ex maoista, che era più giovane di me - non sapeva che per due anni ero stata l'ex moglie di Guy Debord. Ciò nonostante, ho potuto scrivere quello che mi piaceva. C'è stata un'occasione in cui uno dei miei articoli è stato cambiato, ma penso lo abbia fatto lo specialista musicale: avevo scritto «‘elémentaire, mon cher», e lui aveva aggiunto «Watson». E quando l'ho visto stampato, ero furiosa. Loro risposero che era così e così, e che lui pensava che il pubblico francese non avrebbe capito «elementary, my dear». Ho scritto la più bella lettera di insulti che avevo mai scritto in vita mia, e July  disse che, da allora in poi, nessuno avrebbe più toccato niente di quello che avrei scritto: «Michèle prende qualunque libro voglia, e non viene toccato, finché non viene pubblicato».

Everall: Quindi c'è un momento in cui diventi nota sia a Libération sia ad un più vasto pubblico francese?

Bernstein: Beh, con Libération c'è stato quel momento, con il pubblico francese, no. Non lo hanno mai saputo, ed io non ho mai parlato del mio passato situazionista. Ma la cosa trasudava. Per esempio, un anno dopo, quando ho letto le lettere di Guy, mi sono accorta che alcune persone di cui ho scritto cose positive erano diventate suoi amici. Trovavo automaticamente questi scrittori.

Everall: Quand'è che Libération ha scoperto il tuo passato?

Bernstein : Nel 1984, Lebovici viene assassinato. E July dice che qualcuno che ne sa qualcosa di questo deve scrivere su Debord e Lebovici. Il mio amico, dalla bocca larga, dice: «Questo qualcuno potrebbe essere Michélle». E July fa: «perché?». Dopo mi disse che il suo mento toccava il pavimento. Suppongo che stesse esagerando.

Everall: Prima hai detto che non ti piace scrivere, eppure i tuoi due romanzi sono stati scritti velocemente. E poi, in quanto critico, scrivevi facilmente, per le scadenze.

Bernstein: Sì, ma è molto più facile scrivere quando non hai alcun interesse personale per quello che stai scrivendo.

Everall: Hai un rapporto stretto con il tuo editore francese, Éditions Allia, che ha pubblicato una serie di nuove edizioni, e nuove collezioni di materiale situazionista. Parli molto con Berréby?

Bernstein: Parliamo un bel po'. Di certo non lo condiziono.

Everall: Hai vissuto e lavorato con Guy per tutta la stesura de "La società dello spettacolo" (1967). Puoi dirmi com'è stato pubblicato?

Bernstein: Sì certo, Raoul Vaneigem [amico situazionista] aveva mandato il suo libro a diversi editori ed esso era stato accetto da Gallimard, ma Guy era troppo grande, troppo orgoglioso, per mandare un manoscritto e farsi giudicare da qualcun altro. Ad ogni modo, il mio editore Edmund Bucket era sempre molto gentile con me, ed era un vecchio gentiluomo. Così gli portai il manoscritto, e lui lo legge e lo fa leggere alla moglie, e mi dice: «Michèle, questo è un libro davvero interessante, ma tu sai che siamo degli indipendenti, senza capitali. Non possiamo stampare un libro che sia una simile perdita». Questo è successo dopo i miei "Tous les chevaux du roi" e "La Nuit", così mi chiese dove fosse il miop nuovo romanzo, ed io risposti che ci sarebbe stato presto, molto presto. Ne era contento, così gli dissi che se avesse stampato il libro di mio marito Guy, gli promettevo che tutti i soldi che avrebbe perso, avrebbe potuto riprenderli dalle vendite del mio prossimo romanzo. E lui fu d'accordo.

Everall: Hai rammentato Vaneigem, il cui libro, "Trattato del saper vivere", era stato pubblicato poco prima di quello di Debord. Eravate molto amici?

Bernstein: Eravamo amici. Lo siamo ancora. Ma questo è successo dopo, e non è come per gli amici della mia giovinezza,  Wolman and Dufrêne – e Debord - con cui passavo le notti per strada, lungo la Senna, o a Moineau - nella nostra tana, un piccolo bistrot - bevendo, parlando, cantando vecchie canzoni. Vaneigem, ho letto tutti i suoi libri. Ne conservo alcuni splendidi ricordi, anche se temo che ora non la pensiamo proprio allo stesso modo. Penso ancora al suo mondo. Per lui: se il mondo si sbarazza del capitalismo - della società spettacolare della merce - sarà un mondo felice. Per me: se - SE - ce ne sbarazzassimo, il mondo sarebbe semplicemente solo un po' meno cattivo. Ma sicuramente sto semplificando troppo.

Everall: Tornando a Debord. Cosa ne pensavi al tempo del manoscritto della Società dello Spettacolo?

Bernstein: Pensavo che fosse splendido. Magnifico. E anche molto importante.

Everall: pensi ancora che sia così?

Bernstein: Era talmente avanti per il suo tempo, e per il mondo del quale scriveva. È stato importante per un tempo molto lungo, in un certo modo, per sempre. Ma non esiste niente di così definitivo da non esserci nient'altro che possa venire dopo. Non so cosa potrebbe fare adesso Guy, soprattutto se avesse 30 anni. Il mondo è cambiato. Non avrebbe scritto una confutazione, ma piuttosto un seguito. Lo dice nelle sua corrispondenza, nel '94 credo, che «le sue opinioni sarebbero state preziose fra 10 anni così come lo sono ora». Era modesto. Sì.

Everall: C'è qualcuno che sta occupando quel ruolo, adesso?

Bernstein: Non conosco nessuno che analizzi il mondo com'è oggi, così come fece Debord nel '67.

Everall: Non vedi nessuno che possa emergere in questo momento?

Bernstein: Quando eravamo Lettristi, eravamo sconosciuti. E all'inizio, come Situazionisti, eravamo sconosciuti. Sapevamo di essere importanti, pensavamo di essere i migliori. Se ci sono persone brave quanto lo eravamo noi, penso che anche adesso dovrebbero essere sconosciute e, speriamo, esplodere dopo. Ma tutto quello che posso dire in questo momento è che sono piuttosto contenta di avere 81 anni.

Everall: Per averlo fatto?

Bernstein: No, voglio dire che sono estremamente contenta di non dover vedere cosa sarà il mondo.

Everall: È un punto di vista molto pessimista.

Bernstein: Non è un problema per me essere pessimista.

Everall: Pensi che i Situazionisti fossero pessimisti? Poiché questo suggerisce, contro ogni evidenza che tu abbia perso il tuo senso dell'umorismo.

Bernstein: No. Non c'è niente che possa essere più divertente di essere pessimisti. Chi sono le grandi figure comiche inglesi? Direi Jonathan Swift. E Laurence Sterne, ovviamente. Pensi che fossero divertenti?

Everall: Sì, certo, ma non del tutto pessimisti.

Bernstein: No, erano pessimisti. Sapevano che le cose non erano perfette.

Everall: Sì, ma anche che avrebbero trovato lettori che erano d'accordo. Swift non era solamente un pessimista; egli sapeva che avrebbe trovato dei lettori con cui condividere le proprie idee, e avrebbero riso.

Bernstein: Pensi che trovare lettori basti a rendere buono il mondo?

Everall: Prima, hai detto che volevi scrivere solo dei libri degli autori sconosciuti. Ne hai mai intervistato qualcuno?

Bernstein: Quando sono stata assunta da Libération, mi sono detta: non farò mai un'intervista. Non voglio andare a chiedere alla gente cosa mangiano a colazione. Farei un'eccezione solo per Christiane Rochefort, perché mi piacciono i suoi libri. Ahimè, non è mai successo. Ma a parte questo, niente interviste, mai.

Everall: E cosa ne pensavi, o cosa ne pensavano i Situazionisti della forma dell'intervista? È obsoleta come il romanzo?

Bernstein: Obsoleto? No.

- Gavin Everall - Pubblicato il 6 settembre del 2013  - su Frieze -

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