Un altro punto decisivo per quel che riguarda il collegamento tra Benjamin e Kraus, è l'opera di Bertolt Brecht, ammirata apertamente da entrambi.
Erdmut Wizisla, nel suo libro sull'amicizia Benjamin/Brecht, "Walter Benjamin and Bertolt Brecht: The Story of a Friendship", cita il giudizio positivo di Kraus, il quale vedeva in Brecht «l'unico autore tedesco che oggi avrebbe dovuto essere considerato», poiché Brecht si sforza di dare una valida forma artistica a quella che è la «coscienza dell'epoca» del mondo del dopoguerra, e questo lo fa con l'intento di «superare nel linguaggio la banalità della vita che viene riprodotta» (Wisizla non fornisce dettagli sulla data e sulla provenienza del giudizio di Kraus su Brecht; sta solo citando un libro di Krolop, "Sprachsatire Als Zeitsatire Bei Karl Kraus", però fa subito notare che Kraus, a differenza di Benjamin, non approvava né le posizioni politiche né la teoria teatrale di Brecht. E tuttavia, Kraus non si lascia coinvolgere; parla dalla cima del suo "Die Fackel" e dall'alto del palcoscenico dal quale dispensa la sua illuminazione ed offre le sue performance).
Dall'altro lato, invece, Brecht e Benjamin hanno un rapporto intenso e discutono non solo la «validità» delle idee di Kraus, ma anche su quali possono essere le migliori procedure per l'utilizzo di quelle idee nelle loro opere: tra tutte quante, il «metodo della citazione senza commento» è il meno imitabile, scrive Brecht a proposito di Kraus. Ed è questo ciò che viene sottolineato da Wizisla quando continua: «Benjamin considerava la citazione come un "procedimento polemico di base di Kraus": una citazione "chiama una parola con il suo nome, la strappa via in maniera distruttiva dal suo contesto e, così facendo, la restituisce alla sua origine". In una variante della sua esposizione dei "Problemi della sociologia del linguaggio" (1935), scritta nell'autunno del 1934, afferma: "In questi momenti è Karl Kraus che sta portando avanti, in Fackel, con maestria polemica, la critica politica del linguaggio, alla quale la scienza accademica era in debito per ovvie ragioni". Nella sua difesa di Brecht contro l'accusa di plagio, anche Bejamin adottò la posizione di Kraus».
Wizisla parla del libro di Benjamin sui "Passages" - proprio di quello che costituisce l’apice del progetto sulla citazione (cominciato alla fine del decennio del 1920) - sottolineando, tuttavia, che già la tesi di Benjamin, ne "Il dramma barocco tedesco", era consistita «quasi completamente di citazioni» (le parole sono quelle di Benjamin e provengono da una lettera a Scholem del dicembre del 1924). Nei loro rispettivi lavori, sia Brecht che Benjamin hanno elaborato in maniera consapevole l'influenza di Kraus (la polemica, la figura dell'intellettuale, la purezza del linguaggio, l'uso critico della citazione), un elemento che faceva addirittura parte delle discussioni tecniche intorno al progetto di una rivista che non arrivò mai ad esistere: "Krise un Kritik".
Karl Kraus, pertanto, con il suo peculiare uso (critico, ironico) della citazione, va ad incidere direttamente sulle opere che di lì a poco, sia Brecht che Benjamin realizzeranno a partire dalla citazione (nel caso di Brecht, a partire dagli esempi ovvi delle poesie e dei brani in cui citano elementi ripresi dalla stampa contemporanea, e perfino l'esempio meglio riuscito dei suoi "Diari di lavoro", nei quali la citazione la si trova tanto nel testo quanto nelle immagini). Per Kraus, la citazione è fondamentale sia per il suo stile da polemista sui numeri della rivista Die Fackel (torcendo e facendo implodere le parole altrui) che per la costruzione del suo enorme capolavoro, costruito citando discorsi di centinaia di personaggi. "Gli ultimi giorni dell'umanità".
fonte: Um túnel no fim da luz
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