Ecco come il Coronavirus distruggerà l'economia
- Imprese "zombie" piene di debiti e con sempre meno capacità di pagarli -
di Ruchir Sharma
Sebbene la Federal Reserve americana abbia ridotto i tassi di interesse ed il 15 marzo abbia annunciato l'acquisto di miliardi di dollari di buoni del tesoro, questo non ha impedito che il giorno successivo ci fosse in tutto il mondo un crollo dei mercati. Il Coronavirus minaccia di scatenare il contagio finanziario in quella che è un'economia globale che presenta vulnerabilità assai diverse da quelle esistenti alla vigilia della crisi finanziaria globale di 12 anni fa. Per molti versi, oggi il mondo è altrettanto indebitato, se non più, di quanto lo fosse quando nel 2008 c'è stata l'ultima grande crisi. Ma ciò che costituisce il debito, più grande e maggiormente a rischio, è cambiato; dalle famiglie e dalle banche, negli Stati Uniti, che dopo la crisi sono state sottoposte a dei vincoli da parte delle autorità di regolamentazione, fino a quelle che sono le imprese in tutto il mondo. Nella misura in cui le imprese devono fronteggiare la prospettiva di un improvviso arresto dei loro flussi di cassa, le più esposte sono quelle che costituiscono una generazione relativamente nuova di imprese, e che già fanno fatica a ripagare i loro debiti dovuti ai prestiti che hanno acceso. Questa classe di imprese include quelle cosiddette "zombie": imprese che guadagnano molto poco per poter riuscire a pagare gli interessi sui loro debiti e che sopravvivono solo grazie ad emissioni di nuovi debiti.
Aeroporti deserti, treni vuoti e ristoranti con pochi clienti stanno già pregiudicando gravemente l'attività economica. Quanto più a lungo durerà la pandemia, tanto più sarà maggiore il rischio che la crisi si trasformi all'improvviso in una crisi finanziaria, nella quale le aziende zombie possono dare inizio ad una catena di inadempienze, come quelle legate ai mutui subprime del 2008. Le banche centrali di tutto il mondo si trovano ad affrontare la prospettiva a partire dalla quale la crisi di liquidità potrebbe generare una crisi finanziaria, come nel 2008. Ed è per questo che la Fed ha recentemente adottato delle aggressive misure di flessibilizzazione, le quali non rientravano nel manuale di crisi del 2008. Ragion per cui vale la pena chiedersi: perché il sistema finanziario si sente di nuovo così tanto vulnerabile?
Intorno al 1980 circa, il debito globale ha cominciato a crescere rapidamente, nella misura in cui cominciavano a cadere i tassi di interesse e la deregolamentazione finanziaria facilitava l'indebitamento. Alla vigilia della crisi del 2008, il debito era triplicato fino a raggiungere un picco storico. Dopo di che, il debito, in quell'anno, cominciava a calare, ma i bassi tassi d'interesse avevano preso ad alimentare una nuova serie di prestiti. Le politiche monetarie del denaro facile, adottate dalla Fed e combinate con quelle delle banche centrali di tutto il mondo, sono state progettate per mantenere in crescita le economie, e per stimolare il recupero della crisi. Invece, gran parte di questo denaro è andato nell'economia finanziaria, compre le azioni, le obbligazioni ed il credito a basso costo per le aziende non redditizie. I creditori si sono rilassati sempre più, ed hanno concesso prestiti a basso costo ad imprese che avevano delle finanze discutibili. Oggi, l'onere del debito globale si trova di nuovo ad uno dei livelli più alti di tutti i tempi.
Il livello di indebitamento nel settore delle imprese statunitensi equivale al 75% del PIL del paese, superando così quello che era il record precedente stabilito nel 2008. Tra le grandi aziende statunitensi, il peso del debito si trova ad essere precariamente alto nei settori automobilisti, ospedalieri e dei trasporti; tutte industrie, che stanno già avvertendo l'impatto diretto del coronavirus. Nascosti nel mercato del debito aziendale, per un valore corrispondente a 16 mila miliardi di dollari, si trovano quelli che sono molti potenziali problemi, tra cui le imprese zombie, che rappresentano il 16% di tutte le società quotate in borsa negli Stati Uniti, e più del 10% in Europa, secondo quella che è la Bank for International Settlements, vale a dire, la banca delle banche centrali.
Ma le imprese zombie non sono l'unica fonte potenziale di problemi. Per evitare le normative imposte alle imprese pubbliche, a partire del 2008, molte di queste imprese sono diventate privvate attraverso degli accordi che di norma finiscono per sovraccaricare l'impresa con enormi debiti. L'impresa americana media di proprietà di un'impresa di "private equity", di norma ha dei debiti pari a sei volte quello che è il suo profitto annuo.
Oggi, nei settori colpiti dal Coronavirus, inclusi trasporti e turismo, automobili e, forse peggio di tutti, petrolio, i segnali di stress da debito si stanno moltiplicando. Colpiti, da un lato, dalla paura che il Coronavirus faccia collassare la domanda, e dall'altro per timore di un'offerta insufficiente, il prezzo del petrolio è sceso a US€ 35 al barile; troppo basso per fare in modo che diverse imprese di petrolio riescano con quel prezzo a pagare i loro debiti e gli interessi. Mentre gli investitori chiedano sempre rendimenti più elevati per poter comprare titoli emessi da imprese finanziariamente instabili, gli interessi chiesti sul debito americano ad alto rischio, da metà febbraio è quasi raddoppiato. Nella prima metà di marzo, gli interessi su questo tipo di debito delle compagnie petrolifere erano vicini a quelli che si vedono nei periodi di recessione. Sebbene il mondo non abbia ancora vista una recessione indotta da un virus, quella di oggi è una rara pandemia. L'effetto diretto sull'attività economica verrà amplificato non solo dal suo impatto sui debitori, ma anche dall'impatto delle società fallite sui mercati finanziari inflazionati. Quando i mercati crollano, ci sono milioni di investitori che si sentono meno ricchi e che riducono le spese. L'economia rallenta.
Quanto più grandi sono i mercati, in relazione all'economia, tanto maggiore è questo «effetto della ricchezza negativa». E, ancora una volta, grazie alle promesse apparentemente infinite di denaro facile, i mercati non sono mai stati così grandi come lo sono adesso. A partire dal 1980, i mercati finanziari globali (principalmente, azioni e titoli) hanno quadruplicato quelle che sono le dimensioni dell'economia globale, portando a dei record superiori a tutti quelli stabiliti prima del 2008. A Wall Street, gli speculatori sperano ancora che il peggio possa passare in fretta e puntano a quelli che sono stati gli incoraggianti sviluppi della Cina. I primi casi erano stati registrati il 31 dicembre, ed il tasso di crescita dei nuovi casi ha raggiunto il picco il 13 febbraio, appena sette settimane dopo. E dopo le prime perdite, il mercato azionario cinese si è ripreso e l'economia sembra fare lo stesso. Tuttavia, i dati divulgati il 16 marzo a proposito delle vendite al dettaglio e sugli investimenti fissi suggeriscono che l'economia cinese in questo trimestre dovrebbe contrarsi. Anche se la Cina non è più l'unico punto focale nella misura in cui il virus si diffonde nel mondo, si teme che la crisi possa tornare nel paese, pregiudicando la domanda per le esportazioni. Nell'ultimo decennio, il debito d'impresa della Cina è aumentato di quattro volte e ha superato i 20 mila miliardi di dollari, uno dei più grandi del mondo. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stima che un decimo di questo debito viene investito in aziende zombie, le quali dipendono dai prestiti diretti del governo che le mantengono in vita. In altre parti del mondo, aumentano gli inviti ai leader perché creino politiche che offrano un simile sostegno statale anche al fragile settore aziendale. Indipendentemente da quello che fanno i politici, ora il risultato dipende dal Coronavirus e da quanto tempo ci vorrà prima che la sua diffusione inizierà a rallentare. Quanto più il Coronavirus continuerà a diffondersi al ritmo attuale, tanto maggiore sarà la probabilità che le imprese zombie comincino ad estinguersi, deprimendo così ulteriormente i mercati ed aumentando il rischi di un contagio finanziario ancora più ampio.
- Ruchir Sharma - Pubblicato su The New York Times del 21 marzo 2020 -
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