giovedì 26 marzo 2020

Non ancora: in fondo, c'è il mare...

Amburgo, 1932. Un uomo dall’aria stanca, abito scuro e ventiquattrore alla mano, si appresta a salire sulla passerella del cargo Catania, diretto a Ibiza. È Walter Benjamin, critico e scrittore ancora senza fama né opera, in fuga da una Germania sull’orlo della follia. Isolato e lontano da ogni forma di modernità, finirà per indagare il proprio tempo come nessun altro.
Losanna, 1980. A pochi giorni dall’attentato che ha ucciso ottantacinque persone nella stazione di Bologna, un uomo arruffato e infreddolito varca la soglia di un bar di periferia, terra franca di neonazisti e fanatici antisemiti. È Frédéric Pajak, scrittore e disegnatore inclassificabile, alla deriva per l’Europa inseguendo l’opera di una vita, «un libro fatto di parole e immagini, scene d’avventura, ricordi sparsi, aforismi, fantasmi, eroi dimenticati, alberi, la furia del mare».
Mescolando episodi autobiografici e affondi sulla straordinaria figura di Benjamin, Pajak ricostruisce con passione critica alcuni momenti fatali del Novecento europeo, tavola dopo tavola, frase dopo frase, muovendosi tra Parigi, Capri e una desolata Sicilia d’aprile. Entrare nelle pagine e perdersi fra i tratti a china degli oltre cento disegni di Manifesto incerto significa intraprendere un viaggio militante e commosso.

(dal risvolto di copertina di Frédéric Pajak, "Manifesto incerto. Con Walter Benjamin, sognatore sprofondato nel paesaggio". Edizioni L'Orma.)

Mussolini? Sembra un droghiere obeso
- di Elena Stancanelli -

«Chi non si annoia mai non sa raccontare» scrive Frédéric Pajak in quest’opera formidabile dal titolo Manifesto incerto. Con Walter Benjamin, sognatore sprofondato nel paesaggio. Definirla biografia è inesatto. Di più: definirla è un’impresa inutile e minuscola, bisognerebbe semplicemente godersela. Aiutati dall’edizione raffinatissima, stampata su carta spessa e ruvida come si deve, per non dire della riproduzione, miracolosa, dei disegni a china nerissimi, in cui appaiono persone, città e mari dentro tagli di luce e di buio.
C'è moltissimo mare in questa storia, come in tutti i romanzi d'avventura. Tale è la vita di Frédéric Pajak, nato in Francia nel 1955. Figlio di un pittore, viaggia per il mondo, si mette nei guai, diventa inserviente in un macello industriale, scrive libri, fa il cuccettista sui treni notturni, dipinge, finisce a chiedere l'elemosina nei boulevard parigini, si stabilisce in Svizzera, pubblica sette libri, ognuno dei quali dedicato alla vita di una persona diversa e ottiene finalmente successo.
Nel 2019, che hanno tutti per titolo "Manifesto incerto" vince il premio Goungourt per la biografia. Come molti biografi di questi anni (primo per notorietà Emmanuel Carrére), Frédéric Pajak infila la propria vita, avventurosa, dentro la vita, apparentemente più quieta di un altro. Senza troppo clamore, cerca somiglianze, binari di scambio, luoghi condivisi. E piano piano le due vite si sovrappongono, fino a che l'una rivela l'altra in filigrana.
Walter Benjamin ha dovuto scegliere tra la necessità di risiedere tra i suoi libri e nel suo tempo, e la lucidità che lo spingeva via, lontano dall'ascesa del nazismo, le persecuzioni, l'orrore della Storia che incalzava. Nel 1924 è in Italia, a Capri, dove il 16 settembre assiste a una parati di miliziani guidati da Mussolini. Non ne rimane molto colpito, «ha un aspetto diverso dal rubacuori che mostrano le cartoline illustrate», scrive Benjamin «torbido, pigro e di un orgoglio untuoso, come se fosse cosparso di olio rancido. Ha il corpo goffo e flaccido come il pugno di un droghiere obeso».
Pajak insegue Benjamin fin dentro le parole di lui, tra i suoi scritti. Si abbandona alle contraddittorie posizioni filosofiche  del filosofo, «marxista, nostalgico, anarchico e scettico nello stesso tempo». Sembra che provi a dargli un altro destino, che voglia tenerlo lontano dal dolore. Inquieto e irresoluto - per qualche ragione continua a non accettare l'offerta dell'amico di infanzia che vorrebbe si trasferisse con lui a Gerusalemme, per insegnare all'università - Benjamin finisce per innamorarsi di Ibiza, l'isola dell'oblio. Dove vive un amico, il filosofo Felix Noeggarth,a casa del quale si sistema per il primo periodo. Frequenta i bar. gioca a carte, legge Trotzky, si innamora. Proprio come Pajak nella Sicilia orientale, nel suo vagare tra Scicli e Noto, fino alle pendici dell'Etna.
Ma nel 1932, di ritorno dal suo secondo soggiorno sull'isola, Benjamin decide di togliersi la vita. Prende una stanza all'Hotel du Petit Parc a Nizza, scrive il suo testamento e invia lettere d'addio ai suoi cari. È reduce dalla rottura con Olga Parem, fuggita di fronte alla sua richiesta di sposarlo. È disperato, stanco, ma ha ancora da scrivere alcuni dei suoi capolavori e, forse proprio per questo, non si ucciderà. Non ancora. L'ultima parte del libro è, ovviamente, dedicata agli Spiriti. I disegni ancora più scuri e misteriosi, i paesaggi incomprensibili. In fondo, ovviamente, c'è il mare. E una donna. «Respiro il soffio dell'aperto. Poso la mano sulla nuca della donna: c'è una donna nascosta nella donna». Walter Benjamin si suicida il 26 settembre 1940, a Port Bou, con un'iniezione di morfina. Aveva 46 anni e non sapeva di aver ottenuto il permesso per imbarcarsi verso gli Stati Uniti, che gli sarebbe stato consegnato il giorno dopo.

- Elena Stancanelli - Pubblicato su Tuttolibri del 21/3/2020 -

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