mercoledì 11 marzo 2020

Per l'analfabeta a cui scrivo

Succede che il lettore, spesso trascinato da un nuovo interesse , torni a quelli che per lui sono dei vecchi testi, già conosciuti, nella speranza di riuscire a cogliere qualcosa di diverso (avendo la fortuna che questa cosa diversa sia legata al nuovo interesse). Rileggendo la raccolta di scritti di Giorgio Agamben, dal titolo "Il fuoco e il racconto" (del 2014), ho ritrovato una veloce e suggestiva menzione riferita a César Vallejo (poeta che Agamben, precedentemente nel suo "Profanazioni", aveva già menzionato). La citazione si trova nel breve saggio dal titolo "Sulla difficoltà di leggere" [che può essere letto qui] e Agamben non usa nemmeno il nome di Vallejo, bensì la perifrasi «Un grande poeta peruviano del XX secolo», il quale ha scritto in una sua poesia il seguente verso:

« Por el analfabeto a quien escribo. »

Agamben considera l'idea di uno scrivere che sia destinato a chi non sa - e quindi non può - leggere, facendo così di un simile gesto una sorta di riscatto per l'oralità (simile alla scelta dantesca del volgare, «scrivere ciò che non è mai stato letto e leggere ciò che non è mai stato scritto, cioè quel "parlar materno" analfabeta, che esisteva soltanto nella dimensione orale», scrive Agamben). Il verso di Vallejo proviene da un libro postumo (scritto negli ultimi mesi del 1937 e pubblicato nel 1939: Vallejo muore nel mese di aprile del 1938), "España, aparta de mí este cáliz". Cosa assai curiosa, e degna di nota, è il fatto che il verso di Vallejo - quello stesso verso che viene citato da Agamben - sia stato utilizzato da Elsa Morante, come epigrafe per il suo romanzo "La Storia", pubblicato nel 1974. E sebbene sia noto (in in uno dei saggi raccolti in un suo altro libro, ["Il congedo della tragedia", in "Categorie Italiane"] egli racconta come sia stato grazie a Wilcock che abbia conosciuto la Morante) il rapporto esistente tra Agamben e la Morante, egli non fa mai notare una simile coincidenza.

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