La crescente disponibilità di fortune personali in capo a élite emergenti dell’economia globale (rentiers da sempre usi a disporre di patrimoni, ma anche parvenus recentissimi) rende oggi spasmodico il bisogno di distinzione sociale. Esclusività, autenticità, estetica ricercata contrassegnano la desiderabilità dei beni di consumo, dalle opere d’arte agli oggetti di lusso, dagli immobili ai siti turistici, ai prodotti enogastronomici. Tanto più si agognano certe merci quanto più esse si arricchiscono di un’aura speciale, costruita mediante raffinate narrative cui partecipano folte schiere di storici, giornalisti, critici d’arte, che con i loro saperi contribuiscono in modo cruciale ad ammantare di fascino antico oggetti e luoghi, nella glorificazione del passato come strategia di marketing.
(dal risvolto di copertina di: LUC BOLTANSKI, ARNAUD ESQUERRE, "Arricchimento. Una critica della merce". Il Mulino)
I nuovi padroni? I mercanti del lusso
- Intervista di Anais Ginori a Luc Boltanski -
L'economia dell'arricchimento ha permesso di mettere al centro dell'attività economica, a lungo dominata dalla manifattura, nuove forme di creazione di ricchezza". Dopo aver analizzato Il nuovo spirito del capitalismo in un saggio pubblicato quasi vent'anni fa, il sociologo francese Luc Boltanski torna a parlare delle trasformazioni del sistema economico in Arricchimento, in uscita per il Mulino. Firmato insieme a Arnaud Esquerre, è una vasta analisi delle nuove fonti di profitto attraverso il commercio di opere d'arte, oggetti di lusso, immobili, valorizzazione di località turistiche e prodotti enogastronomici. Il mondo della cultura, osservano gli autori, contribuisce a creare, attraverso la narrazione, un valore aggiunto delle merci difficilmente misurabile e quindi con margini di profitto ancora più forti. «Il termine arricchimento» - spiega Boltanski - «ha un doppio significato. È necessario arricchire gli oggetti con una narrazione, e arricchendo gli oggetti è così possibile venderli ad un prezzo elevato, massimizzando il profitto. È un meccanismo che si rivolge ad una clientela di ricchi e che arricchisce ancora di più i ricchi».
Domanda: Il Nuovo Spirito del Capitalismo, per riprendere il titolo del precedente saggio, ora risiede nell'economia dell'arricchimento?
Luc Boltanski: Entrambi i libri studiano il tentativo di contrastare la diminuzione dei profitti cominciata a partire dalla fine degli anni Sessanta. "Il nuovo spirito del capitalismo" analizzava il cambiamento della forza lavoro e delle tecniche di management. Eravamo ancora in quello che Marx definiva il plusvalore lavoro. In "Arricchimento" descriviamo invece un cambiamento ancora più radicale, in cui la creazione di nuove forme di ricchezza, il plusvalore, non viene più dalla produzione dei beni ma dal commercio stesso.
Domanda: Si tratta di qualcosa di nuovo al livello storico?
Luc Boltanski: Le economie del turismo, dell'enogastronomia o del lusso, di cui parliamo nel libro, esistono da tempo. Fernand Braudel spiegava già che il capitalismo nasce con il commercio dei prodotti acquistati nelle colonie per essere trasportati e venduti in Europa con un plusvalore dovuto al fascino della lontananza e dell'esotismo dei prodotti. In passato però questo meccanismo di valorizzazione delle merci era marginale nel capitalismo industriale. Oggi invece osserviamo la generalizzazione di nuove fonti di ricchezza che non riposano più sulla produzione e che necessitano solo in parte della forza lavoro. Il capitalismo si è spostato per cercare di mercificare settori che fino a poco tempo fa non lo erano.
Domanda: Quando è cominciato questo spostamento?
Luc Boltanski: Nell'ultimo quarto del Ventesimo secolo nelle società occidentali la produzione di massa non viene più considerata come l'unico né probabilmente come il principale mezzo per massimizzare i profitti e per accumulare ricchezze. La diffusione dell'economia dell'arricchimento a partire dagli anni Ottanta corrisponde all'aumento delle disuguaglianze, come analizzato da vari saggi fra cui quello di Thomas Piketty. Siamo all'interno dello stesso movimento anche se, nel nostro caso, concentriamo l'attenzione sulle merci. Questa forma di creazione di ricchezza utilizza cose che esistono già, trattate a lungo come rifiuti, ignorate, dimenticate nelle soffitte, abbandonate nelle cantine o seppellite sotto terra. La Francia e l'Italia, con il loro immenso patrimonio storico e culturale, sono paesi dove l'economia dell'arricchimento si sviluppa in modo più spettacolare.
Domanda: Quali sono i nuovi meccanismi di valorizzazione delle merci?
Luc Boltanski: Riteniamo che vi sia una nuova strutturazione della merce. Gli oggetti valorizzati nell'economia dell'arricchimento non rispondono più a dei bisogni e molti di essi non sono neanche destinati all'uso, ma trovano la loro pertinenza in un'altra forma incentrata sulla collezione. Cambia anche il criterio tra prezzo e tempo. I prodotti industriali standard, come un'automobile ad esempio, hanno un prezzo che diminuisce invecchiando. Nel caso di molte delle merci dell'economia dell'arricchimento il prezzo ha invece una probabilità significativa di aumentare nel tempo.
Domanda: Cambiano dunque anche le modalità di consumo?
Luc Boltanski: Le teorie sulle società dei consumi devono essere riviste. Oggi siamo in una società mercantile in cui tutti possono non solo acquistare ma anche vendere attraverso Internet o altri mezzi. Il consumatore non è più passivo ma integra nuove competenze mercantili.
Domanda: Lei cita il Lingotto di Torino come esempio della trasformazione avvenuta nell'economia. Ci può spiegare meglio?
Luc Boltanski: Era il cuore dell'industria automobilistica italiana. Oggi nell'ex fabbrica ci sono centri commerciali e un museo costruito da Renzo Piano con opere d'arte. Ci è sembrato un buon esempio di questa trasformazione del capitalismo.
Domanda: Il declino industriale è parte di questo movimento dell'economia che lei descrive?
Luc Boltanski: Non siamo entrati in una società post-industriale. Non abbiamo mai usato così tanti oggetti industriali, solo che spesso non vengono più prodotti in Francia o in Italia. Se proviamo a trasporre il personaggio del flaneur di Walter Benjamin nella Parigi del Ventunesimo secolo, vediamo che è immerso in una realtà completamente diversa, in cui il lusso non si vanta più di essere industriale, ma al contrario si sforza di far dimenticare il suo radicamento in una trama produttiva. Ma l'accumulazione capitalista continua e si intensifica.
- Intervista di Anais Ginori - Pubblicata su Repubblica del 5/10/2019 -
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