Un uomo barbuto, legato mani e piedi a una zattera di fortuna, galleggia alla deriva nell'oceano Pacifico. Così, nel lontano 1967, si inaugura l'epopea di Corto Maltese, antieroe per eccellenza e icona del fumetto mondiale. Nelle sue tante avventure, Pratt ha lasciato trapelare solo piccoli indizi su quello che è accaduto al suo personaggio prima di quell'indimenticabile apparizione. Oggi, a più di cinquant'anni dal fulminante esordio, Canales e Pellejero squarciano il velo su quel passato misterioso e raccontano l'appassionante catena di eventi che portarono Corto a ritrovarsi in balia delle onde, condannato a morte certa dagli uomini del suo stesso equipaggio.
(dal risvolto di copertina di: "Il giorno di Tarowean. Corto Maltese" di Rubén Pellejero, Juan Díaz Canales. Lizard.)
Corto Maltese. Alle origini del mito
- di Francesco Fasiolo -
Barba incolta, seminudo, negli occhi la follia di chi è stato legato su una zattera alla deriva: così ci è apparso per la prima volta Corto Maltese. Era il 1967 e Una ballata del mare salato è ancora oggi la sua avventura più conosciuta, oltre a essere opera fondamentale per la storia del fumetto. Lo spazio di qualche pagina e Hugo Pratt avrebbe fatto assumere al marinaio l’immagine diventata icona in tutto il mondo: avventuriero sì, ma con un suo stile da “gentiluomo di fortuna” e l’aplomb di chi sa di essere un uomo libero da catene e pregiudizi. Ma cosa era successo prima? «Mi sono sempre chiesto chi avesse legato Corto su quella zattera nell’oceano Pacifico», confessa Rubén Pellejero, il disegnatore che insieme allo sceneggiatore Juan Díaz Canales ha raccolto dal 2015 l’impegnativa eredità del personaggio. Da questa curiosità nasce Il giorno di Tarowean (Rizzoli Lizard, in libreria dal 22 ottobre), terzo albo di Corto realizzato dai due autori spagnoli. Un’avventura esotica e ricca di sotto-trame che comincia esattamente un anno prima della Ballata: il primo novembre 1912, nel giorno di tutti i santi o delle sorprese, detto appunto Tarowean.
Il nuovo albo è ambientato soprattutto nelle isole del sud est asiatico. In particolare vi concentrate sul Regno di Sarawak, ex colonia britannica che oggi è una regione della Malesia. Che tipo di lavoro di documentazione avete svolto?
CANALES: «Come per le altre storie di Corto, le prime influenze sono state letterarie: Stevenson e Jack London su tutti. Ed è grazie a Emilio Salgari che ho appreso dell’esistenza del Regno di Sarawak: nei Pirati della Malesia è la terra governata dal Rajah bianco, nemico di Sandokan. Successivamente ho fatto delle ricerche storiche su quella zona del Borneo e ho scoperto che si adattava perfettamente allo spirito avventuriero di Corto Maltese».
PELLEJERO: «Juan mi passava immagini di personaggi e località e poi mi documentavo. Oggi con internet è tutto più facile, ma io evito di concentrarmi solo sull’uso di elementi fotografici: preferisco ricostruire quei luoghi nella mia mente. Il risultato è un mix di realtà e immaginazione, un mondo credibile ma non necessariamente tutto reale».
In una sequenza il capo dei Dayak, nativi dell’isola, dice a Corto: “La guttaperca (sostanza simile alla gomma) sembra avere dato alla testa dei bianchi, che ci obbligano a sfruttare i boschi fino ad esaurirla, lasciandoci senza risorse”. Il tema dello sfruttamento dell’ambiente è quanto mai attuale: il riferimento è voluto?
C: «Sì, ma non volevo che sembrasse forzato. All’epoca non esisteva una coscienza ecologica, ma possiamo immaginare che le popolazioni indigene avessero capito bene che il colonizzatore bianco sfruttava loro e i loro territori in nome del denaro. L’importante per l’uomo occidentale è il guadagno, non le foreste che bruciano: questo era un problema già allora, dunque non ho inventato nulla ma piuttosto ho rappresentato una realtà storica».
Corto è nato editorialmente nel 1967 e le sue avventure sono ambientate nei primi tre decenni del secolo scorso. È dunque a tutti gli effetti un’espressione del Novecento. Cosa può dire ai lettori di oggi?
C: «È stato molto intelligente da parte di Pratt collocare il suo personaggio in un periodo così denso di trasformazioni. L’era dell’imperialismo e del colonialismo si avviava verso la fine, e dopo la Seconda guerra mondiale sono cominciati quei processi che hanno portato alla globalizzazione. Attraverso Corto esploriamo gli anni in cui tutto stava cambiando e un certo mondo stava morendo: questo può aiutarci a comprendere meglio oggi la fine delle ideologie e il capitalismo contemporaneo».
P: «E poi i valori di Corto restano attuali: l’empatia verso il prossimo, la ricerca della libertà non solo per se stessi, ma anche per gli altri. Quel secolo rappresenta questo tipo di libertà: c’erano molte frontiere naturalmente, ma il semplice fatto di viaggiare poteva essere un’avventura e una scoperta».
C: «Stava finendo l’era delle grandi esplorazioni ma nel mondo in cui si muoveva Corto era ancora possibile arrivare in luoghi nuovi e sconosciuti. E questo, da un punto di vista narrativo, è una miniera d’oro».
Dopo “Sotto il sole di mezzanotte” ed “Equatoria” come si evolve nel nuovo albo il rapporto tra lo stile di Pellejero e quello di Pratt?
P: «Stavolta mi sono lasciato trasportare dal tratto molto di più rispetto ai due albi precedenti. E per quanto riguarda il colore, voglio allontanarmi da una lavorazione tipo acquarello per arrivare invece a un colore piano, netto, che dà più forza alle immagini e le rende più narrative. Anche se forse si direbbe il contrario, non ho studiato troppo lo stile di Pratt: cerco sempre di fondere in modo naturale alcuni elementi prattiani con il mio modo di disegnare. Ho fatto degli sforzi mentre disegnavo il personaggio per via della sua estrema complessità a livello fisico. Fare un omaggio a Corto Maltese è facilissimo. Disegnarlo nelle vignette, farlo muovere, sorridere, esprimere emozioni, è molto più difficile».
Ambientando l’albo prima della “Ballata” continuate a svelarci aspetti del Corto giovane. Sta accadendo anche per un altro gigante del fumetto italiano, Tex: una serie Bonelli è appositamente dedicata ai suoi anni giovanili.
C: «Questo risponde a un interesse sincero del lettore che vuole sapere come sono diventati eroi i personaggi più amati. Ma è sempre successo, da Don Chisciotte a Romeo e Giulietta, che qualcuno riprenda i personaggi più famosi per creare nuove avventure. Anzi, è proprio questo che definisce un classico».
P: «E Corto Maltese lo è, Pratt era un autore immenso. Quando un’opera resta nel tempo e arriva a definire una scuola e un modo di raccontare, allora diventa un classico. Ai giorni nostri è difficile ottenere questo risultato, perché il ventaglio di offerte è sempre più vasto».
Della vicenda di Corto Maltese non conosciamo la fine. Pratt (morto nel 1995) ci ha lasciato qualche indizio: in una sua opera, “Gli scorpioni del deserto”, ci ha detto che è “sparito” durante la guerra civile spagnola. Affronterete questo tema prima o poi?
C: «Forse, ma non abbiamo fretta. Pratt altre volte ha detto che il suo marinaio è sopravvissuto alla guerra ed è diventato cieco: ha voluto lasciare nel mistero l’ultima parte della vita di Corto e la sua morte».
P: «Ci sono ancora tante storie da raccontare prima di arrivare a toccare questo argomento. E poi il fatto che Pratt abbia scritto che Corto è “sparito” durante la guerra civile ci dà margine per immaginare le avventure che potrebbe aver vissuto dopo quei durissimi anni».
C: «Certo, sarebbe un Corto molto diverso da quello di cui ci stiamo occupando ora, dal momento che avrebbe circa cinquant’anni. Sarebbe una grande scommessa scriverne, ma per ora… meglio restare nell’ambiguità».
- Intervista di Francesco Fasiolo - Pubblicata su Robinson del 19/10/2019 -
Nessun commento:
Posta un commento