venerdì 12 aprile 2019

Parole

C'era una volta un tempo in cui non esisteva una cosa come il «Lavoro»
- di "Return to Now" -

Il «lavoro» era un gioco per i cacciatori-raccoglitori, poiché esso era vario, flessibile, opzionale e non c'era da farne troppo. I minimi compiti che si richiedevano per la loro sopravvivenza richiedevano abilità, divertimento e venivano svolti in un contesto sociale. Nelle società «civilizzate», il nostro valore in quanto individui viene misurato a partire da quanto lavoriamo duramente. Fin dalla giovane età, impariamo che il nostro valore è determinato dalla nostra produttività. Culturalmente, siamo così diventati ossessionati dal concetto di «lavoro», e quella che è la nostra identità nel suo insieme si trova ad essere confezionata a partire da quello che noi facciamo come mestiere, come professione, per poter «vivere». La buona notizia è che le cose non si sono sempre svolte in questo modo, e la cosa ci fa sperare che non debba per forza essere sempre così. I cacciatori-raccoglitori - sia quelli che sono esistiti prima dell'agricoltura, sia quelli che all'agricoltura sono sopravvissuti - non avevano alcun concetto di lavoro. Il loro «lavoro» - le cose che facevano in quanto necessarie per poter sopravvivere - erano troppo lievi da svolgere per essere pensate come lavoro.

I cacciatori-raccoglitori non hanno il termine «lavoro»
Mentre gli antropologhi discutono se la settimana lavorativa dei cacciatori-raccoglitori fosse di 20 o di 24 ore, lo psicologo evoluzionista David Gray sostiene che era di zero ore. E questo perché i cacciatori-raccoglitori non facevano distinzione fra lavoro e tempo libero, afferma Gray nel suo articolo, su Psychology Today, "Perché il lavoro dei Cacciatori-Raccoglitori è il Gioco". Gran parte del dibattito ruota intorno a come definiamo il lavoro. Alcuni antropologhi contano come lavoro solo il tempo speso a raccogliere e cacciare cibo, che è fra le due e le quattr'ore al giorno. Altri fanno rientrare in tale tempo anche il cucinare, fabbricare attrezzi e costruire un rifugio. Anche includendo quelle che sono tutte le possibili attività che potrebbe essere considerate lavoro, le stime più alte non superano 4 ore a settimana. Secondo gli stessi standard, potremmo dire che i membri della civiltà moderna ne lavorano facilmente 80 - almeno 40 ore sul posto di lavoro, seguite da altre 40  ore di lavori non remunerati come pendolarismo, fare la spesa, cucinare, pulire, lavare fare piccole riparazioni, pagare le bollette, ecc.. Ma quante ore «lavorassero» i cacciatori-raccoglitori diventa del tutto irrilevante nel momento in cui capiamo perché pensavano al loro «lavoro» come se fosse un gioco.

Perché per i raccoglitori-cacciatori il lavoro è gioco
Raccogliere bacche è un lavoro oppure e gioco? Per i lavoratori immigrati, che lo fanno nel caldo per 12-14 ore al giorno, è un lavoro. Ma per una ragazzina che riempie di bacche un cestino, facendolo nel giardino della nonna - o nella savana africana - per un'ora, si tratta di un gioco. La stessa cosa possiamo dire della pesca. Per i pescatori commerciali, è un lavoro massacrante. Per altri, è uno svago. Perciò, quand'è che giocare diventa lavorare? David Gray elenca quattro ragioni principali, a partire dalle quali, per i raccoglitori-cacciatori, la risposta è «mai»:

1 - Il loro «lavoro» è ad alta intensità di competenze, piuttosto che ad alta intensità di manodopera.
I cacciatori-raccoglitori ignorano il concetto di fatica, di «duro lavoro». Per esprimere un tale concetto, possono imparare una parola riferendola all'attività dei loro vicini agricoltori, minatori, o operai costruttori di strade, ma non la applicano a quello che è il loro, di lavori. In quanto, semplicemente, il loro lavoro non è altro che un'estensione del gioco dei bambini. I bambini giocano alla caccia, giocano alla raccolta, alla costruzione di capanne, a creare e fabbricare utensili, a preparare un pasto, a difendersi dai predatori, giocano a partorire, a prendersi cura dei bambini più piccoli, a fare i medici, giocano a negoziare, e così via; e, man mano, gradualmente, il loro giocare diventa sempre più competente, le loro attività ludiche diventano sempre più produttive. Il gioco diventa lavoro, ma non smette di essere gioco.

2 - Non c'è poi così tanta differenza.
La loro attività non si svolge secondo l'orologio [non hanno orologi né tengono traccia del tempo]... C'è un ampio spazio per le attività del tempo libero, al di fuori della riproduzione, incluso il gioco, le cerimonie religiose giocose, costruire e suonare strumenti musicali, cantare, danzare, viaggiare per andare a visitare altri gruppi, amici e parenti, spettegolare, oppure semplicemente poltrire e rilassarsi. La vita tipica del cacciatore-raccoglitore assomiglia a quella che la mia o la tua vita quando siamo in vacanza, in campeggio con gli amici.

3 - Avviene in un contesto sociale con amici e familiari.
La maggior parte del loro lavoro viene svolto cooperativamente, e anche quello che viene fatto individualmente avviene in un contesto sociale, alla presenza di altre persone. E dal momento che i cacciatori-raccoglitori sono persone con un alto grado di mobilità, quando non gli piacciono le persone con cui attualmente vivono si trasferiscono in un altro gruppo, ecco perché i loro gruppi sono realmente dei gruppi di amicizia. In generale, qualsiasi cosa noi esseri umani facciamo con gli amici ha in sé qualcosa in più rispetto a quello che facciamo da soli o con dei collaboratori con i quali non siamo realmente amici.

4 - È flessibile ed opzionale
Ovviamente, in ultima analisi, il lavoro dei cacciatori-raccoglitori non è opzionale... Tuttavia, per ogni persona, ogni giorno, queste [attività] sono per lo più opzionali... Dovunque, i cacciatori-raccoglitori mantengono una straordinaria etica di quella che è la loro autonomia personale... Evitano deliberatamente di dirsi l'un l'altro come devono comportarsi... Ciascuno è il proprio capo. Quotidianamente, il membro di una banda può unirsi a un gruppo che procura cibo, può visitare gli amici che si trovano in un altro insediamento, o semplicemente stare nel suo villaggio e riposare... Una simile libertà apre la possibilità al parassitismo... ma a quanto pare, nel lungo periodo, questa elusione delle proprie responsabilità  si verifica raramente. Andare a caccia o in cerca di cibo insieme agli amici è emozionante, e sarebbe noioso restare giorno dopo giorno nel villaggio.

Dato che non devono «lavorare» per ottenere la loro ricompensa, sono felici di condividerla.
Anche i cacciatori ed i raccoglitori più zelanti non ricevono più cibo rispetto a chiunque altro, asserisce Gray: «A noi sembra perfino immorale che qualcuno che lavori meno debba ricevere così tanto» - scrive. «Ma questo è perché noi pensiamo al lavoro come fatica. Se produrre richiede fatica, quelli che faticano di più dovrebbero ottenere il massimo. Se qualcuno è pigro e non fatica, non dovrebbe ricevere il compenso. È questo il nostro concetto di giustizia, ed è ragionevole. Ma cosa succede se pensiamo il lavoro come un gioco, come qualcosa che vogliamo fare perché è divertente. A partire da un simile atteggiamento, perché quelli che ricavano dal giocare la ricompensa intrinseca - visto che a loro piace così tanto, e sono casi bravi da partecipare di più -  dovrebbero ricevere anche la ricompensa estrinseca più grande?»
Gray sostiene che finché le persone sono libere e vengono trattate bene, la grande maggioranza sarà felice di contribuire volontariamente al benessere di tutta la tribù.
«Quello che sto suggerendo, non è che noi si possa importare di sana pianta l'approccio dei cacciatori-raccoglitori nella nostra cultura,» conclude Gray. «Ma ci sono delle aree in cui questo modo di pensare potrebbe rendere più divertente la vita a tutti noi.»

- Pubblicato il 24/2/2017 su "Return to Now" -

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