venerdì 26 aprile 2019

Mappe della paura

La mappa in copertina
- Rappresentare la paura: la mappa della minaccia percepita dagli europei -
di  Pascal Orcier

La mappa in cui gli Stati vengono designati come la principale minaccia per gli abitanti dei paesi europei, ci permette di riflettere sul modo in cui l'opinione pubblica percepisce l'equilibrio mondiale e regionale. Nonostante i limiti metodologici inerenti la pratica del sondaggio di opinione, questa mappa ci fornisce informazioni sulla percezione della minaccia in Europa, e mostra una cesura netta fra un'Europa occidentale colpita dal terrorismo e un Europa orientale preoccupata dalla vicinanza della Russia.
La sicurezza e la difesa nazionale appartengono a quelli che sono i domini sovrani dello Stato. In tal senso, lo Stato è responsabile dell'identificazione delle minacce esterne, e di assicurare la protezione del suo territorio e dei suoi abitanti. Ed è sulla base di queste minacce che vengono definite una strategia ed una dottrina, insieme ai mezzi per affrontarle. La percezione della minaccia può essere basata su dei dati oggettivi, ma essa comporta anche una grande dose di soggettività. Ciò perché misurare la minaccia in quanto tale è difficile e delicato, dal momento che, per definizione, essa non è né visibile né quantificabile. Questa mappa in copertina si propone, a partire dai risultati di un sondaggio, di esaminare la rappresentazione della minaccia per gli europei, facendo l'ipotesi che questa rappresentazione dica più di noi stessi che dei nostri presunti nemici.
Identificare e dare un nome alla minaccia, è un esercizio strategico tanto indispensabile quanto delicato.
La questione dell'identificazione di un nemico può rilevare una realtà oggettiva: assenza di relazioni diplomatiche, ripetute crisi, embargo e sanzioni... ma tutto questo fa riferimento a quella che è solo una parte della soggettività, attraverso la rappresentazione della minaccia (reale o presunta). Secondo il Libro Bianco del Ministero della Difesa (del 2013), la Francia non ha degli Stati nemici dichiarati (p.52), ma nella sua prefazione (p.7) il presidente della Repubblica menziona quelle che sono delle minacce diffuse: terrorismo, minacce informatiche, proliferazione nucleare, pandemie... La Difesa osserva come anche in Europa ci siano delle strategie collettive nel quadro della NATO e dell'Unione Europea, che a partire dal 2001 compila una lista delle organizzazioni implicate in atti di terrorismo, «oggetto di misure restrittive». Ora, questo elenco è il risultato di negoziati fra gli Stati membri e differisce dalla lista - assai più consistente - stabilito dagli Stati Uniti (U.S. Department of State, Foreign terrorist organisations.). La definizione di «gruppo terroristico» e la qualifica di minaccia riguardano sempre delle considerazioni politiche: per esempio, gli Hezbollah libanesi, considerati come gruppo politico e non come gruppo terroristico, non sono mai apparsi nella lista europea, mentre il palestinese Hamas ne è stato tolto nel 2014. Tuttavia, vengono entrambi considerati terroristi da altri Stati, in particolare dagli Stati Uniti e da Israele.

In che maniera le popolazioni immaginano la minaccia: il sondaggio ed i suoi pregiudizi.
Qual è il nemico, qual è la minaccia? Questa domanda, posta a dei cittadini di diversi paesi, sotto forma di sondaggio, permette di farsi un'idea di quale sia il parere del pubblico. Questo viene modellato nel prisma di un ambiente politico e mediatico ben preciso, ma anche da quelli che sono dei gradi differenziati di conoscenza, secondo dei criteri socio-economici. La formulazione della domanda posta influenza anche le risposte, ed invita piuttosto a citare una minaccia globale o uno Stato, così come la possibilità di dare una singola risposta, o più d'una in ordine decrescente. Un'inchiesta del  Pew Research Center, condotta su scala mondiale, nella primavera del 2017, su circa 42.000 persone in 38 paesi (Poushter et Manevich, 2017) poneva al primo posto il gruppo dello Stato Islamico [ISIS] (62% degli intervistati), davanti al cambiamento climatico (61%) ed agli attacchi informatici (51%).  Le minacce relative agli Stati occupavano la sesta, la settima e l'ottava posizione: Stati Uniti (35%), Russia e Cina (31%). Ci sono delle forte variazioni secondo i paesi (si veda la mappa). Un altro sondaggio svolto nel 2014 in una sessantina di Stati, fra cui molti paesi europei, aveva rivelato che gli Stati Uniti venivano considerati come la principale minaccia per la pace nel mondo. La formulazione della domanda tende a mostrare che, anche se gli Stati Uniti non vengono percepiti come una minaccia diretta da parte degli intervistati, essi vengono considerati come un fattore di destabilizzazione a livello globale, in parte probabilmente a causa del loro interventismo in numerosi conflitti. La mappa che pubblichiamo ci mostra i risultati di un sondaggio condotto dall' Institut Gallup nel 2015 sull'opinione pubblica degli Stati europei. Tale inchiesta rivela la diversità delle percezioni su scala continentale (Esipova et Ray, 2016). Tale sondaggio è stato effettuato in ciascuno paese, sulla base di un campione di 1.000 intervistati (2.000 in Russia) che avevano un'età maggiore di 15 anni. La domanda posta era a scelta unica: «Qual è il paese nel mondo che secondo voi rappresenta la più grande minaccia per il vostro paese?».

In Europa occidentale, le minacce diffuse sostituiscono le minacce statali.
Nei paesi dell'Europa occidentale, che da quasi vent'anni sono stati presi di mira da attacchi terroristici di ispirazione islamica (Madrid nel 2005, Parisgi nel 2015, Londra nel 2017...), si registra un'unità di vedute. Lo Stato Islamico, che ha soppiantato Al Qaeda, si basa sulla reinterpretazione della medesima ideologia religiosa, mentre appaiono tranquille le relazioni fra gli Stati che si trovano nella «vecchia Europa»  e che confinano fra di loro. In passato, esistita a partire dal XIX secolo, la minaccia terroristica era indipendente dalle lotte per il potere. In questo gruppo di paesi, troviamo quelli che hanno svolto il ruolo di Stati guida della costruzione dell'Unione Europea. Di fatto - dopo gli accordi del Venerdì santo in Irlanda del Nord (1998), il definitivo cessate il fuoco dell'organizzazione basca dell'ETA (2011) e dopo il processo di smilitarizzazione dell'FLNC in Corsica (2014) - è     quasi scomparsa la minaccia che attiene all'esistenza di vecchi movimenti armati e gruppi separatisti. In assenza di uno Stato confinante, percepito come direttamente ostile, e grazie a molti decenni di costruzione europea e di varie cooperazioni , ecco che ad incarnare la minaccia ora abbiamo un'organizzazione terroristica. È un fatto nuovo, rispetto ai precedenti sondaggi svolti negli anni 2013-2014 [si veda la mappa realizzata a partire dai dati del 2013: "Which country is the greatest threat to world peace?"], che mostravano come, in Germania, in Spagna ed in Svezia, a venire citati al primo posto fossero gli Stati Uniti. Ad essere tenuta in conto in primo luogo, è più il rischio di un conflitto planetario avviato dagli Stati Uniti che la paura di un vicino aggressivo. Da parte sua, la Francia ha designato la Siria, l'Inghilterra e l'Iran come le principali minacce alla pace mondiale.

La NATO, minaccia o protezione? L'eredità della Guerra Fredda
Per molto tempo, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, l'esistenza della NATO, la principale alleanza militare esistente sul continente, è stata giustificata a partire dalla minaccia sovietica, sia oggettiva che percepita. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1991, l'organizzazione atlantica ha dovuto ridefinire la propria ragion d'essere, le sue missioni ed obiettivi, per poter rispondere alla nuove sfide della sicurezza collettiva, alle nuove minacce in Europa, e a quelle relative al suo vicinato. Se l'adesione alla NATO offre una garanzia di pace a tutti i nuovi membri, e rende teoricamente impossibile un conflitto armato con un altro dei suoi membri, la sua estensione viene regolarmente biasimata per il deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Gli Stati Uniti intendono rispondere a quella che è la domanda di sicurezza da parte degli Stati dell'Europa centrale ed orientale, mentre la Russia percepisce il dispiegamento di truppe e di attrezzature statunitensi come una minaccia nei confronti del proprio territorio. Questa ben nota differenza di percezione la ritroviamo nei risultati di un altro sondaggio svolto da Gallup (Smith, 2016), che rivela quella che è la frattura tra, da una parte, i membri della NATO e, dall'altra, quelli che non lo sono o che sono membri di un'alleanza rivale, la Collective Security Treaty Organization (CSTO). Possiamo notare anche la varietà di situazioni che vengono constatate, come l'unanimità nel Kosovo (il 90% degli intervistati associa la NATO  con una protezione, contro il 3% che la vede come una minaccia), opinioni più ripartite in Lettonia (il 49% contro il 16%), in Montenegro, la minaccia sorpassa addirittura la protezione (28% contro 21%). Queste risposte contrastanti sono anche il riflesso delle società nazionali , che sono in gran parte determinate dal fattore etnico, dalla presenza di comunità (di lingua russa in Lettonia, dei serbi nel Montenegro) che si sentono culturalmente più vicine alla Russia.

La minaccia russa, riaggiornata alla luce dei recenti conflitti
Al contrario, la maggioranza dei paesi dell'Europa centrale ed orientale, così come la Svezia e la Finlandia, vedono come la maggiore minaccia uno Stato, la Russia. Questo può essere spiegato a partire dall'immediata vicinanza con questi paesi, e con la paura dettata dal bellicismo e dall'autoritarismo di Vladimir Putin. Quelle che sono le considerazioni regionali prevalgono su quelle globali, tanto più che le prime si basano su dei fatti osservabili: ci sono state ripetute violazioni dello spazio aereo baltico e nordico da parte degli aerei russi. In particolare, gli interventi militari diretti della Russia in Georgia (2008) ed in Ucraina (2014), che, nell'ultimo caso, hanno portato all'annessione della Crimea, facendo temere che potessero verificarsi altre imprese simili nei dintorni. Il fatto che venga messa in discussione l'integrità territoriale e le frontiere degli Stati sovrani, viene denunciato, e giustifica così un aumento delle spese destinata alla difesa - da parte sua, la Russia da dieci anni aveva aumentato fortemente il suo budget militare. Questa parte dell'Europa, ha ancora memoria delle atrocità commesse dall'Unione Sovietica e dal suo regime totalitario. In Russia, l'assenza di un lavoro sulla memoria, insieme ad alcune glorificazione dell'URSS, contribuisce alla sfiducia e al rancore. Soprattutto nei paesi baltici, a causa della recente indipendenza dall'Unione Sovietica e degli abusi che sono stati commessi nel periodo fra il 1989 ed il 1991 dalle forza speciali russe (gli OMON). Negli Stati baltici, la gente mischia la barbarie nazista con quella più lunga, e che ha costato più vite umane, di Stalin. Le ingerenze, reali o presunte, della Russia negli affari interni (sostegno a leader di partiti politici, casi di corruzione e di spionaggio, uccisioni mirate e tentativi di pirateria informatica in Estonia, sostegno ai «compatrioti» russofoni in Transnistria e Lettonis) assicurano l'esistenza di un «pericolo russo». Tutto questo trova una giustificazione nelle dimensioni delle sue risorse economiche e finanziarie di cui dispone quello Stato [12a potenza mondiale rispetto a quello che è il suo PIL, e 7a se guardiamo quello che è  il suo PIL rispetto al potere di acquisto per ogni Stato del mondo (PPA)] in quelle della sua potenza militare. La forte dipendenza energetica dal gas e dal petrolio russo costituisce un fattore aggravante. Infine, gli Stati confinanti con la Russia devono affrontare delle ricorrenti difficoltà di dialogo e di cooperazione con quei paesi all'interno delle strutture regionali esistenti (Consiglio baltico, Consiglio del Mar Nero...), soprattutto dopo l'invasione della Crimea e del Bompass. Al momento dell'inchiesta, il contesto politico ha influito fortemente sulle risposte.

Per la Russia e per i suoi alleati, la minaccia sono gli Stati Uniti
Dal punto di vista della Russia e dei suoi alleati più vicini (Bielorussia, ma anche Serbia e Bulgaria), gli Stati Uniti vengono percepiti come la principale minaccia per la pace. Si intuisce qui la persistenza delle rappresentazioni ostili ereditate dalla Guerra Fredda, alle quali si aggiungono le relazioni tese che da una quindicina d'anni a questa parte, sullo sfondo di una promozione «aggressiva» della democrazia e dei dirittti dell'uomo, parlano di ingerenze americane nelle «rivoluzioni colorate» che ci sono state nelle vicinanze della Russia e a sostegno dei gruppi di opposizione al Cremlino. L'anti-americanismo viene alimentato dai media russi, fra cui "Russia Today" (2017), che dispongono di antenne nell'Unione Europea, e che riprendono volentieri i risultati dei sondaggi di opinione dell'istituto americano Pew Research Center  che confermano l'idea secondo cui gli Stati Uniti rappresentano la più grande minaccia per la pace mondiale. Qui si può anche osservare la memoria dei bombardamenti e dell'embargo della NATO in Serbia, associata a diverse teorie del complotto che hanno riscosso un certo successo (le inondazioni che hanno colpito il paese nella primavera del 2014 sarebbero il risultato di uno sconvolgimento climatico di cui gli Stati Uniti sarebbero responsabili...). Tutto ciò è più sorprendente se lo si considera riferendolo anche alla Bulgaria, che è anche membro della NATO, i cui abitanti sono solitamente più inclini, per delle ragioni storiche, a designare come principale minaccia la Turchia. D'altra parte, nel 2014 designava la Siria come principale minaccia, cosa che mostra anche quale sia l'enorme volatilità delle risposte, e di conseguenza sottolinea una debolezza  della metodologia su cui la mappa si basa.

Nei Balcani, la minaccia è il vicino
La regione dei Balcani si distingue per designare come nemici regionali quelli che sono i vicini. Questa situazione deriva dal carattere recente dei conflitti passati (anni 1990-2000) e dalla persistenza di problemi non risolti. In questa regione che è stata colpita da una guerra che non si è del tutto placata, l'esistenza di movimenti nazionalisti e di questioni minoritarie alimenta la rappresentazione di vicini ostili. I serbi continuano ad essere percepiti dai loro vicini ex jugoslavi come potenzialmente ostili e destabilizzanti, che si rifiutano di consegnare alla giustizia i criminali di guerra, e continuano a ritardare l'adesione alle organizzazioni collettive europee. In Bosnia, per esempio, i blocchi imposti dallo Stato centrale vengono regolarmente attribuiti ad un'entità serba che cercherebbe di sabotarlo e riunirlo alla Serbia. I risultati del sondaggio illustrano quelle che sono le discordanze fra le diverse comunità: come minaccia, Stati Uniti e Serbia sono alla pari. In Montenegro, è il nazionalismo pan-albanese quello che sembra ispirare i principali timori, mentre nel paese la minoranza albanese (3% della popolazione) è numericamente e politicamente meno rappresentata dei serbi. Le rappresentazioni della minaccia sono anche l'eco di questi conflitti che tardano a trovare delle soluzioni, come la disputa greco-macedone riguardo il nome statale che deve assumere quest'ultimo, cosa che giustifica il mantenimento del nome ufficiale «Antica Repubblica Jugoslava di Macedonia» [La "disputa del nome" della Macedonia è stata risolta nel 2019, in quanto per il suo vicino della ex Jugoslavia la Grecia ha accettato il nome di "Macedonia del nord"] ed il conflitto congelato a Cipro (il nord dell'isola designa come minaccia la Grecia, il sud dell'isola la Turchia, la quale mantiene nell'isola una forte presenza militare). La Grecia, da parte sua, si distingue a partire dal fatto che designa quella che è una minaccia inattesa: la Germania. In effetti, è stato questo il paese che è all'origine del grande piano di rigore economico e finanziario imposto al paese in seguito alla crisi finanziaria che lo aveva colpito nel 2008. Per la popolazione greca, le conseguenze sono state terribili, che si è ritenuta vittima di un accanimento e di una volontà di metterla sotto tutela, mentre ci sono state alcune autorità tedesche che raccomandavano che la Grecia vendesse alcune delle sue isole. Si può quindi comprendere il peso della minaccia alla sovranità greca, non solo attraverso l'aspetto finanziario che emergeva dal sondaggio del 2017: la prima risposta dei Greci al sondaggio del  Pew Research Center era stata: «Le condizioni dell'economia globale». Resta da definire il caso della regione del Caucaso. La Georgia ha designato chiaramente la Russia, contro la quale ha perso la guerra del 2008, che ha confermato l'amputazione del suo territorio, ed il suo collegamento con l'insieme dell'Europa dell'est. L'Azerbaijan e l'Armenia si designano a vicenda come nemici, cosa che è logica dato il ripetersi di scontri armati sulla linea del fronte nel Nagorno-Karabakh, regione della quale i due Stati si disputano il controllo. La frontiera fra i due paesi resta chiusa, i budget militari hanno continuato a gonfiarsi e la retorica nazionalista rimane assai presente.

Conclusione: i limiti dell'inchiesta
Ogni sondaggio ha i suoi limiti, e i risultati ottenuti sono il prodotto di metodologie differenti, che richiedono di essere interpretate e comparate con cautela. In ogni caso, occorre premunirsi rispetto ad ogni sovra-interpretazione. I vari studi rivelano che le rappresentazioni hanno la vita dura, ci mettono del tempo ad evolversi, a volte vengono strumentalizzate dal potere in atto al fine di saldare la nazione intorno al suo leader, o per giustificare una qualche decisione politica. Le divergenze dei punti di vista che vengono regolarmente osservate in seno all'Europa, in queste differenti spiegazioni trovano in parte una loro spiegazione, e sono a volte fonte di malintesi e di incomprensioni. In tal senso, l'Europa appare ancora tagliato in due da una cortina invisibile, che può essere rivelata solo per mezzo di retoriche, di gesti, a volte di azioni. In tal modo, esistono degli effetti relativi al contesto che in parte determinano le risposte e che possono spiegare la loro volatilità. Tra qualche anno sarà interessante seguire l'evoluzione nelle opinioni relative a queste rappresentazioni di ostilità. Se in occidente prevale la paura di un conflitto globale sotto l'effetto di un terrorismo islamico, l'Est teme assai più un conflitto regionale che coinvolga la Russia, a causa delle sue ripetute ingerenze nei confronti del suo vicinato. Tra la pacificazione o la cristallizzazione delle rappresentazioni, la percezione delle minacce contiene sempre una forte parte di soggettività, che proviene altrettanto dal fantasma della propaganda e dal trattamento dell'imformazione da parte dei media.

Pascal ORCIER -

fonte: GéoConfluences -  Ressources de géographie pour les enseignants

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