Le élite parlano di fine del mondo, noi di "fine del mese"
- Note sui Gilet Gialli -
di Alana
Nei sabato del 17 e del 24 novembre, ed in quello del 1° dicembre, in Francia ci sono state tre grandi manifestazioni, e tutt'e tre hanno definito, guidato ed incarnato un nuovo movimento: i gilet gialli. Finora, è stato il primo movimento che si è reso capace di far cedere, in qualche modo, davvero Macron. In un certo senso, era partito già sconfitto. La miccia era stato un aumento che faceva salire al di sopra dell'inflazione i prezzi dei carburanti; una piccola scintilla che secondo un simile tecnocrate, con il suo contorno cieco, non avrebbe potuto accendersi - per lo meno non in questa maniera. Il governo aveva cercato di approvare l'aumento con la scusa che era una "misura ecologica", ed è stato questo che ha fatto sì che la cosiddetta "Francia profonda" mostrasse il suo vero volto, come poche volte aveva fatto prima. Non volevano essere ancora una volta gli unici a pagare il prezzo di simili "inevitabili aggiustamenti": «le élite parlano di fine del mondo, noi della fine del mese», hanno detto. Se sia vero non lo so, ma si dice che la manifestazione - insurrezione? - del 1° dicembre ha causato quelli che sono stati i più gravi disordini che Parigi ha vissuto dal maggio '68.
Il gilet giallo non è stato scelto a caso e, a quanto pare, ha meno a vedere con il colore in sé di quanto abbia a che fare con quello che può simbolizzare. Essendo un accessorio obbligatorio in ogni veicolo, per protestare contro l'aumento del combustibile, non c'è niente di più pratico che aprire il baule dell'automobile e tirar fuori il gilet. Un'identificazione che si trovava già a portata di mano. È pratico perfino per i ciclisti, dal momento che i gilet che questi indossano per pedalare di notte sono gli stessi. Tutto quello che nei primi due giorni, in una certa qual forma, si è visto diffondersi per le strade, è stata tutta una serie di richieste e domande. Ma anche questa non è un'analisi precisa. Dopo un periodo di intensa mobilitazione, durato in Francia quasi tre anni, è stato quasi naturale che tutto ciò che era stato richiesto in quel periodo riapparisse nella strada . C'è stato un accumulo di precise richiesta. Quello che ne è venuto fuori nel terzo anno, e che ha dominato, è stato uno slogan: Macron demission!
Questa volta, quanto meno, parliamo di manifestazioni in tutto il paese, in Francia, e non solo a Parigi ed in alcune altre città in cui la lotta sia costante, come Nantes. In tutto il paese sono stare occupati caselli autostradali e varie strade. Un terminale petrolifero vicino a Rouen è stato bloccato. Lyon, Bordeaux, Marseille, Toulouse, Saint-Etienne, tutte queste città hanno visto giornate che non vedevano da molto tempo. Ciitadine medie nelle quali rigorosamente non succede mai niente, come Toyurs, sono state testimoni di manifestazioni selvagge di grande partecipazione e violenza. A Dijon, è stato incendiato il presidio della rappresentanza regionale. A Pouzin, cittadina di appena tremila abitanti, che si trova nel mezzo della regione delle Ardenne, si sono state nove ore di scontri con la polizia. A Puy-en-Velay, la prefettura è stata incendiata. Alla Martinica, i gilet gialli hanno inscenato una sorta di flas mod in uno shopping center. Quelli del villaggio di Commercy in un video richiedono la creazione immediata di comitati locali, sovrani e autonomi, che vadano al di là della democrazia diretta, vale a dire: Comuni.
La repressione, tuttavia, è stata forte dovunque. Ma lo è stata alla periferia, e non in un posto qualsiasi, bensì in un dipartimento d'oltre mare dove, tanto per cambiare, la repressione ha mostrato tutto il suo volto, dal momento che è stato solo nella Ile de la Réunion che l'esercito francese è stato chiamato ad intervenire. A Parigi, il 24 novembre, un manifestante ha perso una mano, ed il 1° dicembre un altro ha perso una mano a Tour, entrambi a causa dello scoppio di granate. A Parigi, il 1° dicembre, la confusione è stata tale che non c'erano sufficienti contingenti di polizia. I CRS hanno dovuto chiedere aiuto ad altre unità di polizia, e si sono lamentati pubblicamente del fatto che alcune unità erano state chiamate a sorvegliare degli edifici, anziché spostarsi nella città - che è la loro specialità. Secondo testimoni, in 20 anni non si era visto niente di tali dimensioni. Un amico manifestante, del resto, non aveva mai dovuto affrontare la cavalleria, e per un istante aveva pensato di aver compiuto un viaggio nel tempo. Arrivando a lanciarsi nell'ipotesi che nel caso fosse avvenuto qualcosa in alcune banlieue parigine, non ci sarebbero stati poliziotti a sufficienza. Ma per ora, da quelle parti non è ancora successo niente.
Si racconta che sono molti i manifestanti che stanno visitando per la loro prima volta la capitale. Buona parte di coloro che stanno colorando di giallo le strade di Parigi, non vivono nella capitale, e nemmeno nei dintorni. Si stanno trasferendo nella capitale soprattutto per partecipare alle rivolte, ed il principale punto di incontro è stato l'Arco di Trionfo. Piazza che, per alcuni istanti il 1° dicembre, dopo aver espulso di lì i CRS, è stata occupata da loro, e la cosa è stata festeggiata come se fosse una vittoria. Tutto ciò ha spaventato molti turisti che si trovavano sugli Champs Elysée e che non sono abituati alle auto date alle fiamme, ai cassonetti dell'immondizia rovesciati e poi bruciati. Molto era dovuto al fatto che nella città ci sono lavori in corso dappertutto, e le barricate si sono moltiplicate secondo una rapidità ed una quantità assai rara. Il materiale si trovava già tutto là, a disposizione, offerto dal municipio su un vassoio. Le barricate sono sorte ovunque. E qui val la pena sottolineare un altro punto fondamentale: anche se non erano venuti a fare i turisti, era quasi come se lo fossero e passeggiassero; dal momento che non erano abituati a quelli che sono i percorsi più comuni delle manifestazioni, i gilet gialli spuntavano dove raramente a Parigi ci sono delle manifestazioni. Oltre ad occupare il viale più famoso del mondo, l'Opéra, Rivolli, Saint-Lazare, Place de la Concorde, Saint Augustin, la Borsa sono solo alcuni dei luoghi visitati dai gilet gialli. Le lussuose Gallerie Lafayette e Printemps sono state evacuate a causa del rischio di incidenti. Ma è vero che ancora non é stata fatta una passeggiata alla Torre Eiffel. Decine di uscite della Metro sono state simultaneamente chiuse (di solito sono solo una o due). E dall'altra parte della città - quello che è sempre stato il palco più abituale delle manifestazioni - non è successo niente. Visto che non conoscono bene la città, vogliono andare dove erano già stati a visitarla, o quanto meno nei posti di cui hanno sentito parlare. Questo fa sì che le manifestazioni vengano percepite e vissute anche da quelli che si trovano là solo di passaggio. Continua ad essere strano che, essendo la città più visitata del mondo, questo sia una novità. Ma dal momento che le manifestazioni avvenivano laddove i turisti non vanno mai, essi non si rendevano conto che stava succedendo qualcosa. Mentre posavano con sullo sfondo l'Arco di Trionfo, alla Nation era in corso uno scontro. Stavolta non è stato così. Prima, era stato un po', per esempio, come avvenne due anni fa con la Nuit Débout. Poiché visto che la Piazza della Repubblica era occupata solo di notte, e i turisti passavano solo di giorno, nessuno allora vedeva niente.
Se in un primo momento erano tutti scettici, quelli delle varie sinistre, in relazione a quello che veniva convocato e che stava prendendo rapidamente forma, quella percezione di fatto è cambiata. Sono stati superati dal movimento, ma non hanno perso tempo e si sono già uniti ai gilet gialli. Se il 17 novembre nelle strade c'erano alcuni gruppi di estrema destra , e le sinistre non erano molto presenti, il 24 una tale equazione si era equilibrata, ed il 1° si poteva dire che la presenza della sinistra nella strada era abbastanza forte. In questi giorni la destra si è concentrata intorno all'Arco, e non è andata molto al di là di questo. La sua presenza ed il suo impatto, nella strada, è andato calando per tutto il tempo. Sullo sfondo, uno degli aspetti principali è stata la totale disconnessione con qualsiasi partito e qualsiasi sindacato. Tuttavia, in diversi posti, anche se è vero che i gilet gialli davano il tono, dividevano gli spazi con diversi altri manifestanti. Alcuni partiti, come l'NPA [Nuovo Partito Anticapitalista] sono riusciti ad avere una buona presenza a Toulouse, per esempio. Ma i responsabili di una combinazione esplosiva di nero (rosso) e giallo, sono stati gli anarchici. L'alleanza principale, creata nella strada al momento, è stata quella di due gilet gialli con il movimento nero di periferia chiamato Comité Adama. Se è vero che la maggioranza dei gialli sono bianchi, il tono nero dato da Assa Traoré, leader del movimento, e dai suoi compagni, indica la possibilità di un'espansione ancora più grande. Questo incontro forse potrebbe essere il segnale fondamentale, ed è accaduto nella strada.
I media svolgono il loro ruolo e cercano ad ogni costo di dissociare i presunti "vandali", separandoli dai "civilizzati", dai manifestanti pacifisti. Ma finora questo non ha funzionato, e l'opinione pubblica non c'è cascata. Si arresta un sacco di gente nella speranza di trovare quelli che sono i casseur. La polizia che sperava di poter prendere alcuni black block, ha trovato invece falegnami, idraulici, autisti, padri e madri di famiglia. "Gente comune" che nella strada si è radicalizzata. Persone ordinarie, dalle quali non ci si aspetta questo genere di cose, sono quelli che stanno spaccando tutto. Se manca forse un certo contenuto, non manca di certo radicalità e coraggio. Per esempio, se in un primo momento molti gilet gialli chiedevano aiuto, o persino salutavano la polizia, di fronte alla mancanza di un cenno positivo da questi ultimi - se non la loro solita nota aggressività - ben presto si sono resi conto che non ci sarebbe stato niente di quel genere di cose. I media si sono stupiti che nel secondo e nel terzo giorno si vedeva sempre più gente meglio equipaggiata e con maschere antigas. Come se le persone non guadagnassero esperienza e non imparassero dalle cose acquisite nella strada. Attaccare la polizia, rompere i bancomat, bruciare automobili, tutte queste azioni vengono sempre più viste come se fossero mezzi legittimi per distruggere Macron. L'establishment tenta ad ogni costo di stabilire un dialogo, ma nessun rappresentante è stato autorizzato a farlo. Finora, sembra che non esista la possibilità di una mediazione tradizionale, né di eleggere un qualche portavoce del movimento. Fra l'altro, l'establishment si posiziona contro una cosa del genere.
Nel corso di questa settimana, gli studenti hanno aderito al movimento e sono state occupate (ed evacuate) diverse scuole, oltre ad esserci stata un'importante mobilitazione di autisti di ambulanze. Sabato 8 dicembre, il nuovo ingrediente che deve aggiungersi alla zuppa sarà un marcia per il clima. Dappertutto nel paese, ci sono state diverse assemblee e discussioni per organizzare la partecipazione al prossimo atto, e ci sono varie organizzazioni che si preparano ad essere presenti. Dall'altra parte, il presidente ha detto che questo non è più solo un movimento politico, bensì un attacco alla Repubblica. Sophie Wahnisch ha paragonato la mobilitazione in atto a quella dei Sans Coulottes, e perfino Anselm Jappe ha mostrato entusiasmo. Quello che sta soffiando, è come un soffio di comunità, ed in questa fine autunno non è affatto una cosa comune.
- Alana - Pubblicato il 7/12/18 su Urucum - Novas formas de vida -
fonte: Urucum. Novas formas de vida
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