L'alienazione sembra scomparsa dalla scena. La tecnica come apparato e il neoliberalismo come ideologia politica offrono una affascinante illusione di individualità, libertà e creatività. Se tutti sono "imprenditori di se stessi" e ognuno è illuso di poter essere creativo e innovativo grazie alla tecnica, nessuno sembra alienato e nessuno si percepisce tale. In realtà l'alienazione non è scomparsa, semmai è più pervasiva di ieri (dalla gig economy alla fabbrica 4.0 ai social media e social network), ma è ben mascherata dallo stesso sistema tecnocapitalista che la produce. L'autore evidenzia la forma più pericolosa di alienazione, tra le molte che compongono la grande alienazione, ossia la crescente delega conferita alla tecnica, dove sono gli algoritmi a decidere. La grande alienazione è una ulteriore tappa della riflessione che Lelio Demichelis svolge da tempo su tecnica e capitalismo. L'autore rilegge la teoria critica francofortese, il pensiero di Michel Foucault e le figure di Narciso, Pigmalione e Prometeo, in nome della riscoperta di un individuo capace di uscire dalla gabbia d'acciaio virtuale/caverna platonica del tecno-capitalismo, per costruire un noi che non sia solo un dover essere connessi in rete o un dover condividere sui social.
(dal risvolto di copertina di: "La grande alienazione. Narciso, Pigmalione, Prometeo e il tecnocapitalismo", di Lelio Demichelis. Jaca Books)
Narciso, Pigmalione e Prometeo tra le maglie del tecnocapitalismo
- di Benedetto Vecchi -
Tre figure simbolo dell’animale sociale umano. Narciso, Pigmalione, Prometeo sono i nomi di uno spericolato, ma attentamente sorvegliato, slalom che viene rappresentato nel nuovo libro di Lelio Demichelis, La grande alienazione (Jaca Book, pp. 281, euro 25).
Sono decenni che l’autore si misura con la grande trasformazione della «rivoluzione del silicio», muovendo da una robusta tradizione sociologica (Max Weber) e da una variegata costellazione filosofica (Martin Heidegger, la scuola di Francoforte, la tecnoscienza di Jacques Ellul). Per Demichelis, la tecnica è il «mezzo» per piegare la natura ai bisogni umani, ma nel corso del tempo ha acquisito un potere che sovradetermina le relazioni sociali. È diventata la leva per cambiare rapporti – anche di potere – nelle formazioni sociali.
Nel lungo, travagliato tramonto dell’Occidente, si è consumato anche questo ribaltamento di ruolo per le scienza e la tecnologia: da dispositivo teorico per comprendere la realtà a manifestazione di un potere performativo di quella stessa realtà. Un cambiamento non da poco. Se fosse solo così.
Allora, Narciso, Pigmalione e Prometeo. Edonismo di massa, dissoluzione corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre eccedente rispetto lo stare in società. Ma anche contraddittoria attitudine pedagogica scandita da una evidente propensione manipolativa (non c’è nessun maestro ignorante all’orizzonte, ma solo accorti e sofisticati manipolatori). Pigmalione, infatti, mette in forma, secondo codici socialmente dominanti, soggettività che alla fine devono essere «allineate e coperte» allo status quo. Infine, Prometeo, cioè la spinta compulsiva a piegare la natura alle necessità terrene, sfidando gli dei, i depositari delle verità ultime e prime sulla vita, la società, gli umani.
Lelio Demichelis è consapevole che deve vedersela con altre tradizioni teoriche e politiche. Il marxismo, ovviamente, e la sua critica all’economia politica, ma anche con quanto la network culture ha depositato in questi densi quarant’anni, dove il nesso tra assoggettamento volontario e potere costituito parla spesso il lessico di una libertà radicale dell’espressione, come testimonia la quotidiana esperienza comunicativa con i social network: le informazioni, il chiacchiericcio, i post, i like, le immagini condivise sono materie prime da elaborare e impacchettare per essere vendute e fare profitti (i Big data), facendo leva su un deposito specialistico dell’intelligenza artificiale.
L’autore prende posizione. Sa che la forma dominante della produzione della ricchezza – la fabbrica taylorista, che funziona weberianamente anche come gabbia di acciaio – ha lasciato il posto a un pulviscolo di nodi produttivi (la fabbrica sciame) costringendo management, sistemi istituzionali e lavoro vivo a una radicale ridefinizione delle proprie soggettività politiche. Demichelis, a ragione, è propenso a sostenere che lo hanno fatto meglio imprese e governi più che il lavoro vivo, dati i rapporti di potere esistenti e vigenti.
Che tutto si racchiuda dentro una Grande alienazione non c’è dunque da stupirsi. All’orizzonte, però, si profilano un bel po’ di problemi. Cosa intende Demichelis per alienazione? Sicuramente la separazione tra umani e mezzi di produzione evidenziata da Karl Marx che riduceva gli umani a cose. Ma in questo libro alienazione è molto altro. Ha infatti a che fare con la psicoanalisi, con l’incubo ossessivo del riconoscimento di sé, con il diffuso e nichilista disagio psichico.
La critica del tecnocapitalismo, sostiene Demichelis, passa attraverso l’articolazione e l’arricchimento di questo concetto, che mette a nudo il fatto che la colonizzazione della vita privata e pubblica è ormai un fenomeno irreversibile, facendo cadere miseramente nella polvere l’alto corno della coppia assoggettamento e libertà. Libertà non è all’orizzonte, se non come aspirazione finale, come esito di fenomeni di lunga durata che prevedono un gradualismo e un riformismo della soluzioni proposte per calmierare gli effetti violenti del tecnocapitalismo. In altri termini, la forma dominante di produzione della ricchezza non prevede più la presenza di un soggetto della liberazione, bensì una moltitudine – una specie di marmellata – di singolarità che come monadi passano dall’edonismo di massa alla ricerca di un pigmalione fino a diventare soldatini nella mobilitazione prometeica per innovare la produzione della ricchezza. La sensazione è quella di voler svuotare l’oceano con secchiello.
Questa la provocazione dell’autore che nel corso della sua lunga traiettoria teorica ha accumulato studi e ricerche tese a dare consistenza alla costruzione di una teoria critica del presente, come testimoniano i recenti Sociologia della tecnica e del capitalismo (Franco Angeli), la Religione tecno-capitalista (Mimesis), Bio-tecnica (Liguori). Di questo puzzle in costruzione la grande alienazione costituisce punto di passaggio, di snodo. Insomma, il viaggio dell’autore continua.
- Benedetto Vecchi - Pubblicato sul Manifesto del 4/12/2018 -
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