domenica 23 dicembre 2018

Fecero l’Impresa!

crociata

Nel 1190 Riccardo I d’Inghilterra spediva verso la terza crociata diecimila uomini e una flotta di cento navi che, stando alle cronache, ospitava circa cinquemila cavalli. Può sembrare un dettaglio secondario, ma per ogni animale bisognava prevedere una scorta di dodici ferri, ognuno dei quali pesava circa 350 grammi; i sessantamila ferri da cavallo necessari pesavano quindi più di 20 tonnellate. Durante la traversata ogni cavallo doveva poi essere curato, nutrito e dissetato, e ogni giorno produceva circa 50 chili di letame, che andavano smaltiti con regolarità.
Ma l’epopea delle crociate è talmente densa e complessa che nei libri di storia non si arriva mai a questo livello di dettaglio: dalla chiamata alle armi del papa di turno si finisce subito sul campo di battaglia o al tavolo delle trattative, alle spartizioni e agli strascichi, agli avanzamenti e ai cambi di potere in Terra santa. In Come organizzare una crociata Christopher Tyerman, massimo esperto nel campo, dimostra che invece la verità storica (se non il diavolo o il buon Dio) sta proprio nei dettagli.
Le crociate erano infatti una gigantesca macchina organizzativa e politica: non solo l’accurata scelta del casus belli e la ricerca di alleanze, finanziamenti e comandanti, ma anche l’arruolamento di soldati, la raccolta di armi, vettovaglie e cavalli e il loro trasporto dall’altra parte del Mediterraneo erano parte di una complessa organizzazione che nulla lasciava al caso, qualcosa di molto diverso dall’immagine “brancaleonesca” e stereotipata che ne abbiamo oggi. Non solo: erano un’impresa che portava l’hortus conclusus dell’Europa medievale alla scoperta di mondi lontanissimi per usi e costumi, che muoveva migliaia di persone e inventava nuovi modi per diramare notizie, fare propaganda, raccogliere tasse e disegnare mappe, e che di fatto univa e metteva a confronto i popoli proprio mentre sembrava dividerli a fil di lama.
Mentre ci addentriamo nelle pagine meticolose e divertenti del libro, ricche di aneddoti e curiosità, il fenomeno storico delle crociate si libera delle tinte irrazionali e barbare con cui il razionalismo illuminista ce lo ha sempre ritratto: le “guerre di Dio” erano fondate su una particolarissima forma di razionalismo pragmatico, che per certi versi, e in modi tortuosi, avrebbe poi gettato le basi della nostra modernità.

(dal risvolto di copertina di: Christopher Tyerman, Come organizzare una crociata, Utet)

La strategia delle Crociate
- Di Alessandro Schiesaro -

Questo di Christopher Tyerman, uno dei massimi studiosi delle Crociate attivi sulla scena internazionale, è un libro dichiaratamente parziale. Non di parte, ma parziale alla lettera, perché prende ad oggetto di una trattazione dettagliatissima e sempre avvincente, un aspetto soltanto di quella complicata galassia di temi e problemi - la logistica - intesa in senso lato. Non si tratta qui, almeno non direttamente, di geopolitica, di scontri culturali, di atti di fede - tutte componenti essenziali, com'è ovvio, di ogni trattazione sistematica delle crociate, come quella che l'autore stesso ha fornito per esempio nella "Invenzione delle Crociate". Ci si confronta piuttosto con problemi di personale, vettovaglie, forniture e costi; di coordinamento di armate provenienti da molti Paesi diversi, spezzettate in una miriade di eserciti o gruppi sotto la guida di re, conti e cavalieri; delle strategie di comunicazione impiegate per diffondere le notizie e reclutare i volontari in ogni parte d'Europa; o ancora delle motivazioni, ideali e pratiche insieme, che spingevano diversi gruppi sociali a impegnarsi nell'avventura.
Da sempre terreno di scontro per opposte visioni del mondo, il dibattito critico sulle Crociate, un fenomeno che continua ad esercitare un forte impatto sull'immaginario contemporaneo, ora come metafora, ora come monito, riflette interessi, giudizi e pregiudizi di ogni epoca. Missione "civilizzatrice" o invece esportazione di barbarie, avventura romantica o invasione predatoria, le Crociate non sono e non sono mai state, prevedibilmente, un tema neutro. A partire dal secolo dei Lumi la critica si fa aspra anche in Occidente, e travalica i confini del fenomeno. Quando Voltaire e Gibbon attaccano il fanatismo dei crociati, criticano in realtà tutta l'epoca di cui sono frutto: un periodo di oscurantismo religioso, il trionfo della propaganda sulla ragione, un mal risposto senso dell'onore cavalleresco.
Il contributo più importante di questo saggio di Tyerman è invece quello di distinguere accuratamente tra i due piani, di dimostrare cioè come lo crociate, quali ne siano le motivazioni religiose e politiche, per non dire le valutazioni dei posteri, dimostrano al massimo grado l'adesione a valori secolari, e razionali, di pensiero e di attuazione concreta di progetti complessi. Ma l'opposto della ragione è la rivelazione, non il fanatismo, e le Crociate si fondano ovviamente sul credo religioso. Ma non per questo mettono al bando le virtù del ragionamento razionale per abbracciare in modo irriflesso emozioni estreme. Anzi è proprio in un quadro di fioritura intellettuale che le Crociate divengono intellettualmente e materialmente possibili, perché possono contare su quella che Tyerman definisce una "infrastruttura della ragione" in grado di sostenerne l'enorme impegno. Progredisce la pratica di documentare per iscritto e raccogliere in archivi documenti, contratti e conti; ingegneria e architettura, applicate alla sfera religiosa e all'arte militare, accrescono la propria importanza.
Goffredo il Bello, conte di Anjou, legge "L'arte militare" scritta da Vegezio otto secoli prima pe sbloccare l'impasse di un assedio, ma non è un caso isolato: i regnanti che partecipano alle prime crociate, già nel XII secolo, fondano la propria autorevolezza, tra l'altro, anche su un buon livello di cultura, certamente almeno di alfabetizzazione. Credere nella promessa di redenzione che era magnificata con enfasi dai predicatori non impediva di affrontare le spedizioni verso la Terrasanta potendo contare su tutti gli strumenti della modernità. È infatti proprio all'intersezione tra "ragione" e "rivelazione" che si dipana la storia, e la logistica, delle prime crociate. Le motivazioni religiose e ideali che spingono molti cavalieri crucesignati convivono con interessi economici e strategici, sia che si tratti di aprire alle repubbliche marinare i mercati dell'Oriente o ai commercianti di Lubecca il controllo di preziosi commerci in pellicce, ambra e legname reso possibile dall'espansione verso gli Stati baltici.
Il fascino di questo libro è appunto quello di ribaltare l'immagine, cara ai romantici per di più di un motivo, di cavalieri solitari e ispirati che si avventurano verso Oriente sull'onda dell'emozione. Tyerman dimostra, archivi alla mano, la complessità di ogni fase di questo prototipo di "guerra mondiale". A partire da un'azione coordinata e capillare di propaganda affidata a vescovi e predicatori, proseguendo per l'attività di raccolta degli ingenti mezzi finanziari, spesso stimolo all'elaborazione di sofisticate architetture finanziarie, fino ai problemi legati al movimento di eserciti accompagnati da uno stuolo di civili, quasi villaggi in movimento, non c'è aspetto delle crociate che non riveli un mondo medievale impegnato nell'innovazione. Siamo molto lontani, insomma, dall'atmosfera dei romanzi di Walter Scott.

- Alessandro Schiesaro - Pubblicato sul Sole del 19/5/2018 -

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