martedì 11 dicembre 2018

Il centro e le rotatorie

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Sono state scritte molte cose sui gilet gialli e sulle loro relazioni sia con entrambi i versanti politici, la destra e la sinistra, che con le ondate storiche di agitazioni sindacali. In questo articolo, Joshua Clover sostiene che i gilet gialli sono di fatto un esempio da manuale di quella che potrà essere una rivolta contemporanea, e possono essere visti come il primo esempio di un'ondata di rivolte climatiche che sta per arrivare.

La rivolta delle rotatorie
- di Joshua Clover -

La Francia, dopo aver lasciato in eredità a tutto il resto del mondo, la sinistra e la destra in quanto concetti politici, sembra che ora abbia intenzione di esplorare le dinamiche di una situazione in cui il precedente spettro - ormai di vecchia data - non funziona più come avrebbe dovuto. Ad un tale livello di astrazione, qui la topografia diventa ora qualcosa che assomiglia ad un triangolo isoscele. La destra appartiene a quello che è un raggruppamento nazionale e, cosa ancora peggiore, si è radicalizzata a partire da un percorso nazionalista. Dopo aver sofferto la "Pasokification" [N.d.T.: «Va detto che pasokification è molto più intrigante del suo equivalente italiano “crisi della sx. europea”. Tuttavia la risposta è in ogni caso la seguente, in fondo abbastanza semplice. Classicamente la sx. di governo risente negativamente delle crisi economiche perchè non può compiere quella politica di redistribuzione della ricchezza, che, in periodi di crescita, ne garantisce il consenso. La crisi economica , d’altra parte, alimenta la ricerca di soluzioni radicali, oggi chiamate “populiste”. Queste possono essere sia di estrema dx che di estrema sx e spesso (per non farsi mancare niente) sia l’uno che l’altro.» (Aurelio Cevolotto)] che ha eroso il Partito Socialista, per default rimane una estrema sinistra. Entrambi sono condannati ad opporsi al centro tecnocratico, in modo che sembrano trovarsi in un'alleanza formale: sia i nazional-sciovinisti che quelli che possono ancora fare riferimento alle chiacchiere del comunismo e dell'anarchismo, si oppongono necessariamente ad un nemico comune. Una volta che sono usciti dalla porta principale, ad ogni modo, si trovano ad essere ripetutamente costretti a combattersi per strada uno contro l'altro, in combattimenti diretti che non coinvolgono l'intermediario, in questo caso Macron. Questo dramma triangolare, comincia a suggerire quale possa essere il motivo per cui la rivolta dei gilet gialli si sia rivelata così caotica, e perché, da una certa distanza, sia così difficile da analizzare. Molti dei partecipanti si definiscono apolitici, frequentando quel triangolo e vivendoci in mezzo, contrari a lasciarsi sedurre da qualsivoglia promessa partitica. Intanto, se parliamo dei prezzi del carburante e del crollo del potere di acquisto, perché mai ci sono degli scontri tra fascisti ed antifascisti? Ciascuna delle due posizioni deve combattere allo stesso tempo anche contro gli altri vertici del triangolo, in una guerra di posizione e in una battaglia di strada per conquistare una posizione. Ed anche questa, è solo una semplificazione schematica. La saggezza richiede che io ometta di dettagli sulle diverse forze sociali, lasciandoli a coloro che hanno maggior esperienza locale. In aggiunta a questi attori, che compongono un campo complicato, le forme e i fenomeni del movimento si sono rivelati sconcertanti. Il collettivo parigino "Plateforme d'Enquêtes Militantes" scrive, «Un campo di battaglia, è questa la parola che descrive il movimento che ha tenuto in pugno la Francia nelle ultime settimane, nella misura in cui viene attraversato da una composizione sociale e da temi politici - tassazione e potere d'acquisto - che rompono con quelle che sono le nostre classiche griglie interpretative.» Negli Stati Uniti, il "Chicago Reader" offre una confusione molto più diretta: «Cosa potrebbe imparare Chicago dalle proteste sindacali di massa di Parigi.» Vale la pena notare che la rivolta dei gilet gialli non è esclusivamente o fondamentalmente parigina. Inoltre, non è nemmeno una protesta sindacale.

Circolazione e Sussistenza
Non c'è motivo di essere confusi; nella sua forma, il movimento dei Gilet Gialli si è sviluppato quasi secondo una linearità sperimentale da laboratorio. È una rivolta da manuale. Una protesta sindacale, per affermare ciò che è ovvio, presenta delle richieste, e i lavoratori nel loro ruolo di operai lottano per stabilire il prezzo e le condizioni del loro lavoro - un'azione che si svolge nel contesto della produzione, della fornitura di beni e di servizi, e della creazione del valore. La classica rivolta che sorge nell'Europa del medioevo e della prima modernità assume la forma di un'azione collettiva che:

1) lotta per fissare il prezzo dei beni del mercato;
2) riunisce i partecipanti senza che abbiano necessariamente alcuna affinità, se non il loro spossessamento;
3) si svolge nel contesto del consumo, caratterizzata dall'interruzione della circolazione delle merci.

Nel periodo che va dal 14° al 18° secolo, questo comunemente implicava la mobilitazione di una comunità, che si dirigeva da un fornaio, o più spesso da un mercante di grano, chiedendo che vendesse localmente i propri beni ad un prezzo conveniente. Era una lotta nel mercato sul costo dell'auto-riproduzione. Appare ovvio che il movimento dei Gilet Gialli stia seguendo abbastanza da vicino un tale protocollo. Non perché sia violento e disordinato, e stia insultando la proprietà dello Stato - il modo borghese di misurare la sommossa - ma perché essa ha inizio con - e sostiene sé stessa su - la richiesta che un bene di sussistenza debba essere venduto ad un prezzo più basso, perché la riproduzione del proletariato possa continuare. E questo è un segno che il tradizionale patto tra le classi è in crisi. La sommossa per il pane è ritornata.
Sennonché, non era andata da nessuna parte. In particolare, le rivolte riguardo i costi del trasporto obbligatorio sono un elemento fisso del presente, partendo dall'abolizione delle sovvenzioni per i carburanti che provocarono proteste nazionali e rivolte ad Haiti, alle ripetute proteste avvenute in Messico e altrove, fino ad arrivare alla forza insurrezionale che si è scatenata in Brasile, a causa dell'aumento delle tariffe degli autobus. Dal momento che il trasporto diviene una necessità legata alla sopravvivenza, il suo costo diventa parte del pacchetto di sussistenza, e un luogo in cui avviene la concorrenza. Il centro è implacabile! "Le proteste della rotatoria", così uno dei partecipanti ha chiamato le azioni avvenute su una strada appena fuori Tolosa. Altrove hanno attaccato caselli autostradali, fabbriche di automobili - tutte quelle che sono manifestazioni fisiche della circolazione.
Ad ogni modo, una rivolta è una "lotta di circolazione" con un senso più profondo di quello di una semplice attenzione per il trasporto. In questa fase dell'Ovest sovrasviluppato, ormai lontana dalla crescita industriale e manifatturiera, la crescita della lotta della circolazione sottolinea la debolezza dei tradizionali movimenti operai e la ristrutturazione della classe e del capitale su scala nazionale ed internazionale. Formalmente, la "circolazione" designa un gruppo di fenomeni che sono correlati: il mercato, o più in generale l'arena sociale in cui avviene sia il trasferimento di proprietà che, a sua volta, il consumo di beni e di servizi; il movimento reale delle merci attraverso il mercato e verso il consumo dopo che le merci vengono prodotte; e i generi di lavori che fanno circolare questa merci, realizzando così il loro valore.
La lotta della circolazione cattura il contesto sociale di coloro che vengono spinti fuori dalla produzione, quando la produzione stessa rallenta, ed il capitale in cerca di profitto spicca il salto verso quelle strategie sempre più centrate in quella che Marx chiama la «rumorosa sfera della circolazione». I personaggi che si trovano riuniti in questa narrazione giornalistica ce la stanno raccontando. Come deve, essa comincia non sul luogo di lavoro ma al mercato, in una città lontana da Parigi, con la sua rotatoria, e con il suo contingente di gilet gialli. Fra di loro, troviamo un elettricista disoccupato, un'infermiera che fa il turno di notte, un installatore di moquette che lavora per conto proprio, un autotrasportatore di cemento. Tutto questo ci fornisce un certo quadro: quello che rimane del settore della costruzione, lo stagnante settore dei servizi, il precario ed il superfluo. Non è che non lavorino - c'è qualcuno che lo fa, altri non lo fanno - ma rimane difficile immaginare quella lotta sindacale che potrebbe unire tipi simili in tutta la regione, o in tutta la nazione. Comunque, il costo delle cose sta rendendo tutti loro dei mendicanti. Sono i prezzi a fare questo.

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La Lotta dentro la Lotta
Eppure dobbiamo fare i conti anche con ciò che quell'articolo omette. Facendo cominciare la storia nella Francia profonda, localizzando le radici del movimento nelle presunte province bianche, in opposizione alle arroganti classi delle élite della metropoli, e dobbiamo avere il coraggio di considerare che il presunto movimento senza leader si è formato a partire da entrambe le cose, ed ha dato preminenza ai nazionalisti ostili agli immigrati che si concentrano nelle banlieue intorno alle città - una verità evidente questa, che costituisce una delle risposte ad una lista di domande che sono state poste. E tutto questo spiana la strada per il partito della Le Pen che può prendere l'iniziativa per le elezioni del 2022, ammesso e non concesso che l'attuale governo non collassi prima di allora; le dimissioni di Macron  sono la parola d'ordine, la versione francese de «il popolo vuole la caduta del regime». Sappiamo tutti benissimo a quale catastrofe porti la soluzione di una simile spettacolare decapitazione, che nel migliore dei casi è una dimostrazione di forza, con il rischio che possa portare ad una banale sostituzione, e nel caso peggiore può aprire la strada ad un aspirante dittatore.
La ricerca per scoprire il vero soggetto di un'insurrezione non riesce mai a cogliere quali siano le varietà nella massa di persone. Gli abitanti delle città e delle banlieue sono stati presenti fin dall'inizio. Inoltre, non è affatto vero che le periferie francesi perseguano un populismo uniforme diverso dall'interesse del consumatore; è semplicemente questo che riunisce attori che hanno preoccupazioni differenti. La gente arriva al momento, senza una direzione, oppure arriva seguendo una sua intuizione titubante, e per loro gli eventi funzionano come se fossero una sorta di scuola. L'occasione che li incita alla rivolta, alla sommossa, non è mai identica al suo significato. Fin dall'inizio c'è stata come una lotta all'interno della lotta, un conflitto circa la direzione che avrebbe dovuto prendere; è sempre in questo scontro che vive la possibilità rivoluzionaria. Mentre abbiamo familiarità con i movimenti di strada che si spostano a destra - il Brasile ne fornisce un disastroso esempio - al momento i Gilet Gialli sembrano invertire questo corso, anche per quanto riguarda la durata dei disordini, in particolare per il fatto che le convocazioni settimanali convergenti sul sabato hanno significato una certa urbanizzazione, ed hanno spinto ad avere una base proletaria più ampia, inclusa la partecipazione di attori come il "Comitato Adama". Il «Comitato Verità e Giustizia per Adama Traoré» si è formato dopo la morte di Traoré, avvenuta nel 2016 mentre si trovava sotto la custodia della polizia a nord di Parigi - un evento che ha scatenato rivolte della stessa natura - se non nella stessa scala - di quelle sfociate in tre settimane di rivolta nel 2005.
La "rivolta razziale" (denominazione impropria) o la "rivolta suburbana" che avviene a partire dalla violenza statale esercitata contro comunità subordinate - in Europa, comunità consistenti di immigrati - appare immediatamente come omologa alla rivolta dei Gilet Gialli. Sono come i due lati della lotta di circolazione: da una parte le sommosse di coloro che sono esclusi dal salario, dall'altra, le rivolte di quelli i cui salari non sono più in grado di acquistare ciò di cui hanno bisogno - fenomeni paralleli legati ad una produzione stagnante ed in declino, nella quale il salario e la disciplina salaria non stabilizzano più la situazione politico-economica. Come se fossero veri e propri omologhi, si incontrano gli uni con gli altri e continuano a farlo più e più volte. Sarebbe utile fare un bilancio del presente studiando le pause nella relazione fra queste due lotte di circolazione.

Contro il Nazionalismo Verde
Entrambi i tumulti, a prescindere dagli eventi che li innescano, non possono fare a meno di sollevare questioni legate all'immigrazione, ai confini, al nazionalismo economico, e così via. Questo è un corollario alla crescita delle lotte di circolazione: mentre la produzione in calo e la ricomposizione di classe testimoniata dai conflitti si ingarbugliano con la xenofobia, si può essere certi che verrà messo sul tavolo lo sciovinismo nazionale. Non può esistere una seria politica di sinistra che non sia antirazzista fin da subito.
Appare altrettanto evidente che i movimenti si orientano sempre più sulla catastrofe ecologica. Una novità legata al conflitto dei Gilet Gialli risiede nello sfruttamento da parte dello Stato di presunte preoccupazioni ecologiche, in modo da poter trasferire su tali soggetti i costi sociali della riproduzione. Questa sembra essere una considerazione triste ma accurata; è fin troppo facile immaginare come nelle nazioni sovrasviluppate l'ecologia possa diventare uno strumento statale per sostenere i progetti di austerità. In tal senso, è un errore assoluto comprendere come anti-ecologica la richiesta contro l'aumento del costo del carburante. Nella misura in cui lo Stato funziona da comitato di coordinamento del capitale - e in questo non sembra sia cambiato niente - continuerà ad essere impossibile prendere le parti della sopravvivenza della civiltà, consentendo che l'ecologia diventi un'arma dello Stato. Confiscare quest'arma allo Stato, per la sinistra deve essere uno dei compiti primari.
Qui vediamo quale sia la forza dei Gilet Gialli stessi. Una richiesta che viene fatta dallo Stato per contro della sicurezza, si traduce in un avviso secondo il quale è lo Stato che non è sicuro. Questo è un'allegoria ecologica su chi sarà incaricato di garantire sicurezza e sopravvivenza: lo Stato o le persone? Il drammatico rovesciamento viene evidenziata in maniera ancora più chiara dallo sviluppo ironico in cui il movimento - che comprende milioni di guidatori incazzati - ha trasformato l'autista francese in un incendiatore di automobili, come per segnalare la sua complicità con le rivolte suburbane- Che cosa potrebbe esserci più ecologico di questo?
Potrebbe forse essere utili pensare agli eventi dei Gilet Gialli come ad una prima rivolta climatica, così come l'immigrazione contemporanea viene compresa in quanto guidata dal collasso climatico. Queste due problematiche - la circolazione globale delle popolazioni e la crisi ecologica - non serviranno solo come un'occasione per consolidare il potere statale, ma sicuramente convergeranno , nei prossimo decennio, in qualcosa che assomiglierà ad un "nazionalismo verde", attraverso un discorso di conservazione delle risorse, e di presunte disposizioni umanitarie contro i rifugiati climatici. Non esiste universalismo se non quello che si oppone ad un tale sviluppo attraverso delle lotte, sia per l'apertura delle frontiere che per il potere comunale in materia ecologica.

giallo clima

Politica: andata e ritorno
Abbiamo appena commemorato il decimo anniversario dell'omicidio di Alexis Rigoupolos, assassinato dalla polizia greca, e le rivolte conseguenti. Se si dovesse cercare una via d'uscita all'attuale ciclo di lotte per la circolazione, lo si potrebbe trovare in questo momento - e nel suo contesto, che è quello della crisi economica globale e della disoccupazione di massa che l'accompagna, condizioni che in Grecia sono particolarmente acute, e che per di più hanno già una tradizione esistente di una dinamica di competizione sociale. Non si può fare a meno di ammirare la militanza in tali lotte e, se si è abbastanza fortunati da interporre una qualche distanza analitica, sentirsi frustrati da quello che è il carattere ripetitivo dei combattimenti contro la polizia, e dei ripetuti attacchi alla Camera del Parlamento. L'insufficienza della rivolta che comincia a partire dalla violenza dello Stato e che spesso rimane intrappolata in questa. Troppo spesso viene gestita per mezzo di modifiche cosmetiche dell'apparato statale: un funzionario si dimette, viene formata una commissione d'inchiesta, e così via.
La rivolta dei prezzi ha il suo punto di forza nel confronto diretto con l'economia. Ma questa è anche la sua debolezza, come appare chiaro dal movimento dei Gilet Gialli, e da come esso offra spazio di manovra per ogni genere di azione politica discutibile, senza un esplicito antirazzismo e con un implicito abolizionismo della rivolta suburbana. Troppo facilmente si apre ad una nostalgia reazionaria per la compattezza di classe dei gloriosi trenta, con i suoi paraocchi per quanto riguardava chi veniva incluso negli accordi; ora si parla di quel momento e delle sue esclusioni, e non è il 1972, quando la folla scoppia a cantare “La Marseillaise”.
Ma se c'è una cosa che la crescita delle lotte sulla circolazione ci racconta, è che quel momento non sta ritornando, né per la sinistra né per i nazionalisti. Per ora vale la pena aspettare per vedere quanto rapidamente la semplice domanda economica che parte dalla sorgente del movimento esonderà dagli argini e porterà alla crisi politica. In realtà, nella sua astrazione contemporanea, "l'economia" deve essere rappresentata dallo Stato. Si possono saccheggiare gli Champs-Élysées - una grande azione per fissare i prezzi a zero - ma tutti capiscono che la residenza di Macron è il palazzo d'inverno della moneta. Tuttavia, le persone non vuole parlare con lui, e anche questa cosa costituisce una forza fondamentale del movimento. In tutti i discorsi sul significato dei simboli e degli slogan sui cartelli dei manifestanti, i Gilet Gialli hanno vinto per quel che riguarda le loro richieste iniziali, non grazie ad uno slancio comunicativo, ma attraverso l'intensità dell'azione diretta, dai blocchi delle rotatorie all'assedio dell'Arco di Trionfo - quella rotatoria al cuore delle cose. Tutto ciò rappresenta il carattere peculiare del presente, oramai ben sottolineato, in cui «Le lotte che avrebbero potuto essere moderate da minime concessioni alle richieste del movimento (secondo quella che è la strategia statale nei periodi di boom) ora ci rende conto che esse richiedono una forza insurrezionale.» Ciò evidenzia la fragilità della CGT, il sindacato francese un tempo potente, che pur rimanendo grande per la sua portata, ma privo di volontà ed incapace di convocare le urgenze richieste dalle lotte attuali; la loro adesione ai Gilet Gialli arriva tardi e ne segnala la caduta mortale.
Potrebbe davvero essere finita. Hanno ottenuto il loro obiettivo iniziale. Hanno cominciato, inoltre, a riscoprire l'unità della politica e dell'economia, la soggiacente verità dell'esistenza sociale che viene nascosta dal feticcio borghese. Le energie persistenti, saranno ora soggette alla canalizzazione da parte dei partiti elettorali; ci sono buone ragioni per temere sia una diminuzione che un successo. Le indicazioni e la lezione per ogni sinistra che ne meriti il nome, sono ad ogni modo abbastanza evidenti per stabilire l'agenda per l'immediato futuro.

- Joshua Clover - Pubblicato il 9 dicembre 2018  su Verso -

fonte: Verso

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