La sindrome neofascista della Fortezza Europa
- In tutta Europa la politica dei governi coincide con manifestazioni neofasciste, e viene favorita la risoluzione della crisi nella forma di una supremazia razzista -
di Robert Kurz
È ovvio che la storia non si ripete. Ma il rimosso torna sempre con abiti nuovi, fino a quando non viene elevato a coscienza e non viene superato unitamente alle sue circostanze. L'Europa, la madre della modernità capitalista, ha dato alla luce anche il fascismo e, con la sua versione tedesca del nazionalsocialismo, ha inaugurato il crimine contro l'umanità. Negli archivi ufficiali, questi crimini sono stati scomunicati dalla tradizione europea dell'Illuminismo, del liberalismo e della democrazia. Ma i fascisti non erano nati sotto un'altra stella; il loro pensiero sanguinario aveva le radici in quella stessa modernità europea. Tutti quelli che sono gli elementi della dittatura nazista, si possono trovare dispersi in tutti i paesi, in tutte le epoche, in tutte le istituzioni e in tutte le idee della storia della modernizzazione: nei penitenziari, con il loro lavoro forzato, del pre-capitalismo, dal razzismo e dall'antisemitismo latente dei manifesti della filosofia illuminista, alle fantasie di sterminio sociale di Sade e di Malthus, il "teorico della demografia", fino al darwinismo sociale di matrice democratica del XIX secolo. I crimini nazisti sono stati singolari; ma tale singolarità consisteva proprio nel concentrare al massimo grado, e spingere fino all'estremo tutti quegli elementi di repressione, di costrizione, di esclusione e di irrazionalità che, in quanto tali, in una forma o nell'altra, avevano accompagnato fin dall'inizio la storia dell'espansione europea. Il vivido incubo vissuto dall'Europa fra il 1933 ed il 1945 sembrava non aver lasciato alternativa alcuna: mai più fascismo! Tuttavia, poiché le fondamenta sociali di quest'incubo era rimaste del tutto immutate, non vennero archiviate quelle che erano le radici stesse del terrore fascista. Nell'epoca effimera del "miracolo economico", dopo la seconda guerra mondiale, i demoni erano scomparsi nei sotterranei, ma con la crisi socioeconomica della terza rivoluzione industriale riemersero in superficie. A partire dagli anni '80, la nuova disoccupazione strutturale di massa si è accompagnata all'ascesa delle ideologie neofascista e alla crescita dei sentimenti razzisti. Il potenziale intimidatorio attraverso il quale si sono arricchite le società europee nel corso della crisi strutturale avvenuta alla fine del XX secolo, si è scaricato in ondate successive di un "radicalismo di destra" ampiamente diffuso, e che non ha ancora assunto contorni nitidi. Non è solo (e neppure così tanti) negli svantaggiati sociali che si manifesta il potenziale neofascista. La paura diffusa che pesa su tutta la società, si trasforma in un'aggressione selvaggia proprio in quei settori della popolazione che non sono ancora stati esclusi. Da un lato, è la paura di un futuro incerto a definire una simile coscienza. Dall'altro lato, il drammatico peggioramento e la ferocia della concorrenza danno origine ad una sorta di nuovo "caporalato" di mercato. Si vuol far parte a tutti i costi dei vincitori, che abilmente "ottengono tutto", o avere quanto meno quel tipo di successo.
Gioventù brutalizzata
È parte di un atteggiamento di superiorità arrogante ostentare una crudeltà razzista e socio-darwinista, o addirittura metterla in pratica. Non di rado si tratta di giovani facoltosi, con macchina e cellulare, che dopo la discoteca si riuniscono in bande neofasciste per dare la caccia agli stranieri, persone dalla pelle scura o disabili. Simili fenomeni di negligenza morale esistono in tutti i continenti; ma in Europa si legano ad una ricaduta nel terrore specificamente fascista. Da Mosca a Madrid, ma soprattutto in Germania, la svastica e le rune delle SS sono tornati ad essere simboli provocatori di una sottocultura giovane, brutalizzata. L'energia neofascista si insinua a fondo nei meandri della società, sebbene questo "proseguimento della concorrenza con altri mezzi" si nasconde ancora dietro la facciata del benessere borghese dei funzionari pubblici, degli avvocati, dei medici, dei lavoratori qualificati, degli ingegneri e così via. Ma le violenze e gli omicidi della bande di giovani neofascisti vengono accolti con clemenza visibilmente "comprensiva" (presumibilmente, per ragioni sociali), sulla quale la vecchia cultura di protesta della gioventù "radicale di sinistra" non avrebbe mai potuto contare. Questa combinazione mascherata, fra "centro" e "destra", si rivela con particolare virulenza nella generazioni sopra i 60 anni, e sotto i 30, mentre la generazione di mezza età, che è cresciuta durante il "miracolo economico" ed è stata impegnata nel movimento del '68, rimane impregnata in maniera un po' untuosa di ideali democratici, senza però essere capace di offrire un pur minino espediente contro la crisi che ha preso una brutta piega.
Fascismo pop-culturale
In un certo senso, si tratta di un'unione fra il nonno fascista, che non ha mai abbandonato la sua oscura ideologia, ed il nipotino neofascista che, in una sorta di versione pop-culturale, ricade nella medesima ideologia. La nuova coscienza fascista di massa possiede anche un lato sessuale: essa viene sostenuta da un numero relativamente esiguo di donne - la maggioranza sono uomini, siano essi vecchi stronzi o giovani dal cervello corrotto. Non passerà troppo tempo prima che questa costellazione sociale si sedimenterà anche in termini politici. Il ruolo svolto dalla politica rispetto alla dinamica economica nel corso della terza rivoluzione industriale, è obiettivamente diminuito, è vero, ma per la più parte, almeno per ora, la forma del partito politico e il rispettivo "atteggiamento elettorale" rimangono come unica possibilità di esprimere le proprie opinioni e di dare un nome alla propria elaborazione ideologica della crisi. Così, fin dall'inizio degli anni '80, la terza rivoluzione industriale, in tutta Europa è stata accompagnata dall'ascesa dei partiti "populisti di destra" o neofascisti, che nel frattempo hanno acquisito un notevole peso parlamentare. Piano piano, ma costantemente, i tradizionali partiti moderatamente conservatori del dopoguerra rompono con le loro ali di destra e perdono il loro potere di riuscire ad integrare i demoni fascisti nella coscienza di massa. Ma un simile processo non viene imposto dalla democrazia, a partire dall'esterno, ma si alimenta piuttosto delle contraddizioni interne dello stesso mondo democratico. È avvenuto in Italia, che il blocco della democrazia ufficiale ha ceduto il passo , per la prima volta, al germe neofascista che esso stesso aveva generato. Dopo decenni di dominio conservatore da parte della "Democrazia Cristiana", la corruzione fradicia e la collusione della classe politica con la mafia avevano assunto proporzioni tali che il conservatorismo italiano si era dissolto a velocità vertiginosa. Il bottino della sua eredità venne accaparrato dall'artificiale partito di destra di Berlusconi, il magnate dei media, dai populisti di destra di Bossi, il leader separatista del Nord Italia, e dai neofascisti avidi di potere. Ma il processo di erosione dei partiti conservatori si è aggravato anche in Inghilterra, Germania e Francia. In un primo momento, sembrava che la "resa della guardia" avrebbe portato ad una svolta politica a "sinistra". Al posto dei regimi conservatori, corrotti dai propri scandali, erano sorti governi prevalentemente di centro-sinistra; tale tendenza era stata seguita anche dall'Italia.
La mutazione delle sinistre
A dire degli ignari osservatori, si tornava inaspettatamente alla "era socialdemocratica". La verità era ben diversa, però. Questo perché, l'erosione del conservatorismo si era accompagnata ad una mutazione delle sinistre stataliste. Alla stessa maniera in cui la dottrina economica neoliberista passava ad essere sostenuta da tutti i partiti, in una sorta di meticciato con le loro rispettive ideologie originarie (che erano molto impallidite), così anche una ventata delle ideologie e degli umori neofascisti spazzava l'ambiente dei partiti; ed in questo la "nuova socialdemocrazia" di Blair o di Schroeder ha costituito così poco un'eccezione altrettanto che i comunisti francesi ed i diversi partiti verdi del movimento ecologico.
Questo carattere neofascista di tutta la classe politica può essere designato come "nazionalismo interno" e, per quanto riguarda l'Unione Europea, come politica della "Fortezza Europa". Nelle condizioni della globalizzazione, un espansionismo politico aggressivo aveva perso qualsiasi senso.
La stessa spinta dell'ideologia neofascista non consisteva più in un nazionalismo conquistatore rivolto all'esterno, ma ad un nazionalismo escludente rivolto all'interno, che nel mercato globale senza barriere si allea con la concorrenza. È quindi in tal modo che i diversi milioni di lavoratori immigrati provenienti dalla Turchia, dal Nord Africa, ecc., ed i rifugiati delle regioni al collasso dell'Est europeo vennero presi di mira dal rituale di odio dei neofascisti. I partiti democratici, guidati dai sondaggi sull'opinione pubblica, condannano con parole vuote i "pogrom" più atroci, ma tenendo un occhio sul potenziale elettorale di questo razzismo "implosivo". Esimendosi dalla responsabilità sociale, lo Stato allo stesso tempo fa concessioni all'atmosfera "xenofoba". Tra i governi socialdemocratici retti dal cosiddetto "nuovo centro", questa tendenza si è acuita ancor di più. I pestaggi di polizia nei centri degli "illegali" e le minacce di rimpatrio sono sempre più all'ordine del giorno. L'attuale ministro degli interni del governo socialdemocratico tedesco studia un drastico ampliamento del diritto di asilo, anche se la stessa Germania, a causa della sua storia, su questo punto ha tutte le ragioni, più di qualsiasi altro paese, per essere più aperta su questo punto.
Politica di adeguamento
Perfino lo "ius sanguinis", che fin dal 1913 definisce la cittadinanza secondo dei criteri di "ascendenza", è stato modificato solo superficialmente durante il mandato di Schroeder, ma non è stato revocato quello che è un atto definito come di "compromesso democratico" con la destra razzista.
In tutta Europa, la politica dei governi di centro-sinistra, nei punti decisivi, coincide con le sorde manifestazioni della sindrome neofascista. Premeditatamente, viene favorita la risoluzione della crisi strutturale della società nella forma di una supremazia razzista e socio-darwinista, di modo che non possa nascere alcun movimento emancipatore extra-parlamentare. Ufficialmente, questa politica di adeguatamente all'atmosfera neofascista viene giustificata dal fatto che è solo per evitare il peggio e per "placare" l'aggressività razzista; ma è proprio così che i demoni si scatenano, sentendosi sanguinari, pronti ad andare fuori controllo. Una crisi sociale in tal senso, è avvenuta in Austria, dove i conservatori avevano formato una coalizione insieme al partito apertamente razzista ed antisemita del populista di destra Joerg Haider. È stato infranto, quindi, un tabù delle democrazie europee del dopoguerra. La sindrome Haider è più pericolosa rispetto alle altre tendenze neofasciste - e lo è per diverse ragioni. Paradossalmente, il potenziale intimidatorio è maggiore in Austria per il fatto stesso che la crisi è stata finora arginata, e la disoccupazione ga continuato ad essere relativamente bassa. La grande coalizione decennale dei socialisti e dei conservatori, non solo aveva dato luogo ad una "avarocrazia" corrotta, ma aveva anche circondato il capitalismo austriaco con una cupola nazionalista che la proteggeva contro la globalizzazione: le grandi banche e l'industria siderurgica e petrolifera sono in maggioranza proprietà dello Stato, e sono sovvenzionate - e anche negli altri settori la partecipazione statale è la maggiore rispetto a tutti gli altri paesi dell'Unione Europea. Per compensare la cosa, l'Austria ha il più grande deficit di tutta l'unione monetaria. Queste sono, strutturalmente, relazioni analoghe a quelle dei paesi socialisti dell'Est, prima del collasso degli anni '80. Quindi tutti sanno, o presumono, che sia imminente la "svolta" da parte dell'Austria, e che le vittime delle privatizzazioni e delle fusioni sono appese a un filo. Il partito di Haider funge da catalizzatore della crisi in quanto, al contrario della maggioranza degli altri partiti della destra radicale in Europa, non è economicamente retrogrado. Quanto meno, il Fronte Nazionale francese e i vari neonazisti tedeschi difendono, sotto l'influenza della crisi, i vecchi programmi economici statali, arricchiti con slogan nazionalisti; ironicamente, in fondo si tratta di opposizione di sinistra, senza teoria né programma, di un debole riciclaggio delle idee keynesiane. Il Partito della Libertà di Joerg Haider, da parte sua, è una mutazione del liberalismo austriaco e sostiene il programma economico neoliberista. Alcuni aspetti di questo orientamento si trovano anche in Berlusconi; ma la specificità del partito di Haider consiste nell'unione di un severo radicalismo di mercato con un aperto razzismo, con sfumature antisemite.
Liberare gli istinti
A differenza delle dittature fasciste del periodo fra le due guerre, non si tratta più di plasmare la società per mezzo di un busto economico-statale a favore di una politica estera aggressiva ed imperialista, ma, al contrario, di imprimere alla sua rovina interna un corso ugualmente aggressivo. Haider parla chiaramente di coscienza delle masse: le loro vecchie garanzie sociali devono essere sacrificate alla globalizzazione, ma come contropartita si possono liberare i propri istinti più bassi contro "l'Altro", nel vicinato.
Qui, neoliberismo e neofascismo si fondono in una perfetta identità.
Il boicottaggio degli Stati dell'Unione Europea nei confronti della partecipazione al governo del partito di Haide, non ha sostanzialmente dei toni differenti, in quanto gli stessi aspetti del programma di Haider li troviamo in Blair, Schroeder, Jospin e compagnia bella. L'improvviso clamore deriva innanzi tutto dal fatto che Haider mette in evidenza il suo proprio "programma segreto" ed ha reso diretta la collusione, fino ad allora indiretta, fra globalizzazione e persecuzione etnico-nazionalista, fra economicismo neoliberista e razzismo di destra.
Ma, mentre la classe politica dell'Unione Europea teme nel "fenomeno Haider" l'innesco di un processo incontrollabile, la maggioranza della stampa economica liberale chiude un occhio e fa battute a proposito del boicottaggio indeciso e meramente protocollare contro il governo austriaco, scommettendo sul fatto che la squadra di Haider attuerà le "necessarie riforme socioeconomiche". In fin dei conti, le democrazie dovranno capitolare ai demoni che essere stesse hanno nutrito. L'Europa si veste di oscurità perché la cecità economica di mercato non riesce ad imparare niente dalla storia.
- Robert Kurz - Pubblicato il 14 maggio 2000 -
fonte: EXIT!
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