Libri, l'ultima frontiera è il romanzo-mondo
- di Raffaella De Santis -
La tendenza americana al libro mastodontico ha nel nuovo millennio un nuovo adepto. Segnatevi il nome perché potrebbe diventare il vostro migliore amico o il vostro peggior nemico: Matthew McIntosh è un quarantenne che ha da poco pubblicato per la casa editrice newyorkese Grove Press un libro di 1664 pagine, "theMistery.doc".
Nonostante la mole non proprio agevole, il romanzone ha conquistato i librai indipendenti americani ed è stato sponsorizzato da City Lights, la libreria più cool di San Francsico. Il tempio di Ferlinghetti, simbolo inossidabile della Beat Generation, già ha dedicato un reading accompagnato da filmati e video.
Parole e immagini, perché lo straripante volume di McIntosh contiene un po' di tutto: foto di film e personali, registrazioni di chat, pagine di Wikipedia, salmi biblici. Il tutto attingendo a vari generi letterari, a partire dal thriller. Il pastiche è costato all'autore 13 anni di lavoro.
La trama è un pretesto. Uno scrittore che ha perso la memoria scopre che stava scrivendo un libro gigantesco ma sul desk del computer il file è vuoto, c'è solo un titolo: theMistery.doc. Questo in breve. Il resto è negli infiniti e inattesi rivoli in cui perde il plot, incorniciato in una confezione grafica bellissima, curata dalla moglie designer dello scrittore.
Il pubblisher di Groove Press, Morgan Entrekin, racconta di essere rimasto folgorato fin dalla prima lettura, tanto da portare il romanzo all'ultima fiera di Francoforte, pur sapendo che sarebbe stato difficile trovargli un compratore. «Avevo pubblicato il primo libro di Matthew, Well, nel 2003 ma poi ne avevo perso le tracce», ci aveva detto durante la Buchmesse. «Poi un giorno mi ha telefonato il suo agente e mi ha proposto questo tomo. All'inizio mi sono impaurito, ma poi l'ho letto e... wov. Era incredibile, una nuova forma di narrazione frammentata, figlia dei tempi modificati dai device e dalla Rete».
A New York, nella sede della casa editrice Grove Press, Peter Blackstock, il giovane editor che ha avuto in cura questo pazzo libro svela il backstage della folle impresa: «Il solo lavoro di editing che abbiamo fatto, che Matthew ci ha permesso, è tagliare».
Blackstock prende tre grossi volumi e li mette sul tavolo: «Ecco com'era all'inizio», dice sorridendo. «Ci ha lavorato ogni giorno, per anni. È venuto a New York solo una volta per firmare il contratto. Per il resto ci siamo sentiti telefonicamente. È molto timido, vive vicino a Washington e non ama la vita mondana». Poche anche le interviste. Risponde però ad un paio di domande via mail: «La versione precedente superava le 20 mila pagine», dice, «anche se non le ho mai contate veramente. Era un altro libro, dal quale ho poi distillato quello che oggi leggete».
Per realizzare la sua impresa, McIntosh ha vissuto per anni come un monaco concentrato sull'oggetto della sua fede. «In genere mi alzavo verso le 10 e lavoravo tutto il giorno con piccole pause per mangiare e fare un po' di ginnastica. Dopo cena mi rimettevo al lavoro fino alle due o tre del mattino. Pensavo in continuazione al libro, spesso lo sognavo la notte». Nel testo, dove compare col suo vero nome, a chi gli chiede cosa stia scrivendo risponde: «Un libro sull'America». Mentre il suo alter ego, lo smemorato Daniel, definisce il romanzo «una post-post-neo-modern-mistery-story».
In Italia il romanzo monstre verrà pubblicato dal Saggiatore il prossimo anno, tradotto da Luca Fusari: «Collaboreremo con l'autore, per assicurarci che la nostra edizione rispetti appieno la sua visione», spiega l'editor Andrea Morstabilini.
Negli Stati Uniti la tendenza a scrivere libri sterminati, ribattezzata con ironia door-stopping tendency, ha prodotto capolavori come Underworld di Don DeLillo e Infinite Jest di David Foster Wallace e frutti stravaganti come il Book of Numbers di Joshua Cohen (592 pagine), The istructions di Adam Levin (più di mille pagine) o il romanzo seriale The Familiar di Mark Danielewski, progetto prometeico in 27 volumi in corso d'opera. Senza dimentica l'ultimo di Paul Auster, il vertiginoso 4321 (940 pagine, in Italia edito da Einaudi).
Come tutti loro, anche McIntosh aspira all'opera-mondo. Il Washington Post ha paragonato il libro ad una smisurata installazione artistica. I Guardian lo ha definito «un gigantesco album di idee». Un album tipograficamente stravagante, con pagine piene di asterischi (rappresentano la neve che cade), bizzarri segni grafici, cancellature e spazi bianchi. Ma, strano a dirsi, l'effetto non è cerebrale, anzi emozione. In fondo parla di famiglia, amore, nascita e morte. Sembra di entrare nella cantina di una casa abbandonata da poco, dov'è difficile separare le cose da buttare da quelle che meritano di essere conservate. Ma proprio quella confusione parla di noi. Lo fa attraverso le foto più intime del padre morente o quelle che testimoniano il miracolo di un parto, inseguendo le sequenze del film Titanic o quelle del crollo delle Twin Towers. Può catturare o respingere, ma non lasciarci indifferenti. Lo odierete o lo amerete.
- Raffaella De Santis- Pubblicato su Repubblica del 10/2/2018 -
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