Faust: una nuova storia della Creazione
- di Alexis Bétemps -
Da quando le nazioni europee hanno rinunciato alle proprie rispettive valuta, è il rigore tedesco a dominare un continente che sta ancora cercando di conquistare una tanto sperata armonia economica. Indubbiamente, si sapeva che su questa materia la Germania era particolarmente scrupolosa: la crisi greca aveva svelato l'inflessibile austerità con cui amministrava sia le proprie finanze che quelle degli altri Stati, secondo quelle che sono ormai le regole del gioco. Sono molti a meravigliarsi di quella che viene considerata la virtù innata di un popolo che usa la medesima parola per designare sia un debito che una colpa. Altri, che preferiscono le cifre all'etimologia, attribuiscono questa tendenza al lontano trauma legato all'iper-inflazione, tornando con la memoria a quando, sotto la Repubblica di Weimar, una birra costava quattro miliardi di marchi.
Ma dal momento che la storia la troviamo iscritta tanto nei dizionari quanto nelle curve delle fluttuazioni finanziarie, va detto che per gli europei la figura di Goethe riveste un carattere particolare. Sia poeta che finanziere, la sua opera però tratta solo in maniera episodica di simili questioni apparentemente così poco letterarie. Tuttavia, nel 2012, è stato proprio all'autore del Faust che il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, aveva dedicato inaspettatamente un discorso: «Goethe, avrebbe colto il nucleo del problema della politica monetaria?» Già il fatto che l'alto funzionario lo abbia posto da subito come un problema, è particolarmente rilevatore di quello che era il suo intento. E la sua dimostrazione consisteva infatti nel fare del Faust un manifesto contro l'espansione monetaria.
Ora, se Goethe mostra nel suo dramma quelli che sono i pericoli relativi al potere della moneta, lo fa per indurre l'uomo a mostrarsi degno di vincere quel potere! Nel momento in cui la politica monetaria del continente è ormai di fatto tedesca, ecco che il celebre giudizio dato in proposito da Spengler rivela tutto il suo pieno significato: «Faust, il tedesco, è il paradigma della civiltà europea». Tuttavia, l'economia globalizzata e dematerializzata della nostra epoca non ha nulla in comune con quella che conobbe Goethe quando nel 1782 venne nominato ministro delle finanze del ducato di Sassonia-Weimar. A Francoforte, sua città natale, dove facevano affari i commercianti e gli argentieri, oggi sorgono gli imponenti edifici della Banca centrale europea e della Bundesbank. Se nell'opera di Goethe alcune verità vengono espresse con così tanta esattezza, deve essere necessariamente vero che non si stratta semplicemente della testimonianza dello spirito di un'epoca: Faust ha davvero contribuito a forgiare il rapporto di un popolo con la sua moneta.
La creazione monetaria, ovvero l'economia fattasi metafisica
Abbandonando l'atmosfera gotica e galante nella quale era rimasto confinato l'intrigo amoroso fra il dottor Faust e la bella Margherita, nella seconda parte del suo dramma – che viene pubblicata venticinque anni dopo la prima - Goethe esplora gli antichi regni e il cielo dell'antica Grecia. La sua dimensione eminentemente simbolica testimonia quella che è l'ambizione universale di questo secondo Faust. Non per questo, però, non fa opera di pura astrazione, ed è nel palazzo dell'imperatore del Sacro Impero che ritroviamo il Dottor Faust e Mefistofele. «Manca il denaro, perfetto! Orbene, crealo!», così ordina al demone, il sovrano desolato che vede profilarsi la rovina. Anch'egli, proprio come Goethe, aveva sostituito il tradizionale patto col diavolo, ed aveva introdotto una notevole differenza, poiché il potere politico, che si confronta con l'assenza di denaro, esige che questo venga creato artificialmente. L'imperatore non viene né ingannato né sedotto. Anche se finge di averlo dimenticato il giorno dopo, è a partire dalla sua anima e dalla sua coscienza che durante un ballo in maschera egli autorizza la produzione di cartamoneta. Alla fine della festa, i suoi abiti prendono fuoco, lasciandolo nudo mentre prefigurano il fallimento delle ambizioni delle quali non sarà più all'altezza.
«Tutto ciò che è sottoterra, appartiene all'imperatore», proclama Mefistofele, che esorta il sovrano a spendere senza stare dietro ai conti. Gli promette infatti che arriverà a poter estrarre l'oro dal suolo roccioso di Hartz. Si potrebbe quindi credere che il pericolo dell'impresa in cui si è avventurato il potere politico risieda nell'incertezza di questo credito sottoscritto sul futuro. Ma ora, la sottigliezza della situazione posta da Goethe oltrepassa la semplice questione del debito. In effetti, la promessa di Mefistofele verrà mantenuta: la scommessa è di certo rischiosa, ma è realizzabile.
Quindi, la vera colpa dell'imperatore non è quella di aver consumato delle ricchezze di cui ancora non disponeva, ma di avere dissociato il denaro dal valore. Il primo traeva il suo potere dal secondo: ora lo trova al di fuori di sé. Perciò, il suo valore è solo quello che gli uomini gli vogliono attribuire. Infatti, dalla fiducia che gli accordano dipende interamente l'efficacia del sistema che stabilisce questa nuova moneta di carta. Nel far questo, non viene usurpato il suo nome di fiduciario, poiché instaura proprio un rapporto di fiducia, non solo tra gli utenti, ma anche fra questi ultimi ed esso stesso. Perché funzioni, è una magia nella quale tutti sono obbligati a credere - e non è interesse di nessuno dubitarne, poiché da esso dipende la rovina o la fortuna di ciascuno. Il tesoriere, il maresciallo, l'astrologo... L'intera corte ne viene immediatamente conquistata, tranne il folle, troppo semplice per poter comprendere la complessità di questo denaro, di quest'oro che non è oro, e per chiedere ingenuamente: «Questo vale dell’oro vero?!?»
- Alexis Bétemps - Pubblicato il 29/5/2018 su Philitt -
Il testo FAUST di Goethe, in PDF, nella traduzione italiana può essere letto e/o scaricato da qui.
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