domenica 4 gennaio 2015

Sottomettersi

richard-matheson-8

Dominio senza soggetto
- Sul superamento di una critica sociale riduttiva -
di Robert Kurz

2.
La riduzione del capitale, e della sua perniciosità, ad agenti soggettivi, a soggetti guidati dalla volontà e dall'interesse, non è solo un crasso errore teorico, ma ha anche conseguenza pratiche fatali. Con gli slogan agitatori circa la volontà malevola ed il calcolo soggettivo dell'interesse dei dominanti, non si comprende la realtà in progresso né si riesce a catturare i soggetti da tale realtà costituiti. Com'è evidente, il carattere tautologico ed autodistruttivo della macchina capitalista ha superato qualsivoglia egoismo degli agenti e dei proprietari. E, d'altra parte, le "vittime e servi del capitale e dello Stato" sono informati circa il contenuto oggettivo della realtà di quelle coercizioni che i marxisti così ostinatamente imputano all'interesse soggettivo dei dominanti.
L'argomento soggettivista si prestava alla fase storica dell'ascesa del capitale, quando i lavoratori, ancora in questo involucro sociale, dovevano risultare soggetti della forma merce. In quanto i diversi soggetti-merce si formano e portano avanti la lotta per i propri interessi monetari sul terreno della forma merce, in quanto essi creano e mobilitano le istituzioni ed i collegamenti, la critica sociale può ridursi ad una prospettiva soggettivista. Fin dall'inizio, però, quest'argomento non si presenta teoricamente, ma rimane occulto, poiché tutto il movimento pratico della critica poteva ancora essere immanente al capitale.
A partire da quest'immanenza, vengono portate avanti, in forma astratta, le posizioni pseudo-radicali del marxismo volgare, come per esempio quelle del "Gruppo Marxista"; oggi, tuttavia, esse sono del tutto superate e fuori luogo, poiché il capitale, come relazione universale, ha raggiunto il suo stato maturo (di crisi) e ha reso così impossibile, per principio, una critica immanente. La coercizione della forma merce è oggettiva, non in senso antropologico, ma in senso storico. Essa è superabile, ma solamente con il superamento della stessa forma merce. Il fardello dell'agitazione soggettivistica e della sua immanenza, consiste solo nel fatto che essa non affronta questo problema del superamento. Giacché gli "effetti sgradevoli" scaturirebbero solo dalla volontà e dal calcolo degli interessi dei dominanti - che suppostamente, nonostante la forma sociale senza soggetto, potrebbero cambiare atteggiamento - allora essi devono essere eliminati in modo tale che le "vittime e i servi" possano cavarsela senza dover toccare la loro forma di soggetti-merce.
Il vantaggio, per l'agitatore, di questa conclusione riduttiva, però è solo illusorio, in special modo quando egli "non vuole essere riformista". L'assioma della sua agitazione è già, di per sé, riformista, nella misura in cui non definisce criticamente, nella sua forma sociale, la necessità sensibile. In questo rimane compatibile con la coscienza costituita dalla forma merce dei suoi destinatari "guadagnatori di denaro", sebbene con ciò, che gli piaccia o meno, cada nelle grinfie della coercizione materiale. Egli incorre nella contraddizione irrisolvibile di esigere, da un lato, che i soggetti facciano valere le loro necessità sensibili senza considerare le leggi strutturali coercitive della forma merce, ma, dall'altro lato, pone quest'obbligo dentro la stessa forma merce, o quanto meno impedisce che possa essere così compresa. Il "Gruppo Marxista", per esempio, occasionalmente lascia trasparire nei suoi trattati come la "corretta economia pianificata" non potrebbe nemmeno funzionare col "denaro", ma questo diventa lettera morta ed incomprensibile quando, anteriormente, esso stesso fa causa comune con la nozione monetaria della quotidianità capitalistica cui si richiama in ogni momento in nome degli "interessi" delle signore e dei signori della classe operaia.
A partire da questo dilemma, si spiega anche perché la teoria strettamente legata all'agitazione sia incapace di fondare sistematicamente la critica della relazione denaro-merce sugli scritti di Marx. Un riciclaggio teorico del marxismo storico del movimento operaio e del suo concetto di socialismo è altrettanto impossibile quanto lo è una mediazione sociale dell'indispensabile critica dell'economia. Con la critica radicale del denaro non si può, nell'immediato, fare agitazione proletaria - e viceversa: chi fa volantinaggio di massa senza mediazione non può elaborare la critica radicale del denaro. Il presunto "inganno" delle "vittime servi" dev'essere sempre attaccato nella sua forma senza soggetto, che è il vero "autore" sociale. L'agitazione fallisce pertanto a causa di sé stessa, e non a causa della stupidità delle masse o a causa delle pressioni del Tribunale di Difesa Costituzionale. Il vano sforzo degli agitatori non impatta gli attivisti ed i movimenti sociali, che vengono censurati per il loro "pensiero sbagliato", "incoerenza", ecc., mentre quello che è più importante non viene detto né elaborato; di fatto, è stata proprio l'incoerenza dei marxisti che ha mantenuto intatto il divario fra calcolo di interessi, costituito dalla forma merce, e critica del capitale.
La mobilitazione, di per sé sempre immanente, della "asimmetria fra capitale e lavoro", che può spostare solo una contraddizione all'interno dello stesso capitale, ha raggiunto storicamente il suo limite. I momenti della teoria di Marx in essa contenuti cadono a terra, diventano documenti storici, e con questo muore il marxismo in tutte le sue varianti. Ma la teoria di Marx contiene, nel concetto di critica del feticismo, un approccio del tutto diverso alla realtà, finora mantenuto nascosto. Il marxismo non poteva far niente con questo, soprattutto niente di pratico. Per il "Gruppo Marxista" (al fine di cominciare a stendere il suo necrologio), il problema del feticismo, nelle analisi del "capitale" contenute nel suo documento originario di fondazione, sistematicamente non viene considerato. Il Gruppo, però, ritiene opportuno denunciare il "vaniloquio sulla reificazione e l'alienazione" e respingere espressamente un'infiltrazione feticista della vita borghese nelle "sfere derivate" (forma di pensiero, sessualità, arte, ecc.). Invece di liberare il problema dall'accusa di "vaniloquio" ed assimilarlo teoricamente, non viene attuata nessuna conoscenza delle sue possibilità e si investe in forma pseudo-positivista nelle categorie economiche. La critica simultanea - abbastanza vaga - di una concezione del capitale visto come una "relazione personale di dipendenza" e delle "teorie volgari degli agenti", era destinata a rimanere senza alcuna efficacia. Lo stesso "Gruppo Marxista" non vi si attiene, nella misura in cui, nella sua immagine teorica ridotta, ricade continuamente in un concetto di dominio soggettivista.
Di fatto, tutta la teoria del dominio, che rimanda ad un calcolo di utilità economica o politica, ha difficoltà a liberarsi, se non in maniera superficiale, di un concetto di "dipendenza personale". Il problema della cosificazione delle relazioni sociali e del dominio viene compreso in forma molto riduttiva quando si limita al fatto che, nella forma merce, "gli uomini si utilizzano reciprocamente come mezzo per il loro obiettivi individuali". L'importanza assegnata alla soggettività data e costituita, incompresa nella sua costituzione senza soggetto, rimane così insuperata. Tale concezione riduttiva suggerisce un salto agile ed immediato dalla costituzione dei soggetti, guidato dalla forma merce, allo "sfruttamento capitalista". La cosificazione e la "utilizzazione reciproca" si riducono quindi, ben presto, al fatto che, nella dipendenza del lavoratore, non si tratta solo di un vincolo "personale", nella misura in cui non si rimane per tutta la vita dipendenti dal capitalista Tal dei Tali, ma della "classe capitalista" in generale e delle "sue" istituzioni. Il concetto soggettivista di dominio viene qui criticato in quanto "personale" nel senso più crudo, seppure non venga risolto, ma solo dislocato verso un soggetto collettivo di dominio.
Il "Gruppo Marxista", di fatto, relativizza la sua stessa critica delle teorie "volgari" del dominio, personali e moralisteggianti, declinando il riferimento a Marx, a proposito della cosificazione (feticista), nel senso che, "d'altra parte", nella "stessa dichiarazione si nasconde il riferimento per cui, a causa dell'astrazione che costituisce il contenuto sociale della loro attività, gli individui produttori di merci si sottomettono ad altri individui". In questo modo, l'argomentazione evita il problema del feticcio e torna a parlare di risolvere la relazione cosificata in ambito soggettivo. Il concetto di "soggetto automatico" (Marx), il vero piano senza soggetto della relazione feticistica, viene così fondamentalmente smarrito.
Il fatto che gli individui produttori di merci si "sottomettono ad altri individui" per mezzo dell'astrazione della forma merce è semplicemente falsa, come affermazione isolata. Una simile concezione potrebbe valere al massimo quando la forma merce dei soggetti non fosse ancora totalmente sviluppata, mentre l'insieme delle altre tradizioni premoderne rimane ancora inefficace. Fino a quando rimaneva dubbio essere trattati come "signori", la stessa astrazione della merce ancora non costituiva pienamente per gli individui "il contenuto sociale della loro attività". Al giorno d'oggi, l'architetto si rivolge cordialmente al suo aiutante: "Signor X, per favore, mi vada a prendere in magazzino ....". Una conversazione che usa il "tu", d'altra parte, non significa una diminuzione, ma una confidenza egualitaria. I più recenti programmi di amministrazione utilizzano, con cognizione di causa, tali forme di interazione egualitaria.
Non si tratta semplicemente di una formalità superficiale, dietro cui si nasconderebbe la vecchia "sottomissione agli altri individui". Nessun soggetto-merce pienamente modernizzato ha mai la sensazione di "sottomettersi" ad un altro individuo in quanto tale. E questa valutazione spontanea non inganna. Quello che gli individui percepiscono come eteronomia, è sempre un funzionalismo astratto del sistema che non si risolve mai in una qualche soggettività. Tutti i funzionari delle gerarchie funzionali sono assunti per quello che sono: esecutori subalterni di processi senza soggetto, cui le persone non solo non si "sottomettono", ma che devono essere giudicati per la loro "capacità funzionale".
Un superiore odiato viene valutato nella sua irrazionalità non tanto su un modello soddisfacente di relazionamento umano, quanto per il fatto che la sua condotta è disfunzionale al funzionamento dell'impresa, cioè, nella misura in cui egli svolge male il "suo lavoro". Al contrario, un "soggetto duro" che ha un comportamento corretto, egualitario e rivolto al "successo", viene accettato proprio perché "fa il suo lavoro" ("io avrei fatto esattamente lo stesso"). Perciò non si può parlare di "sottomissione" ad un individuo, poiché, in primo luogo, nella sua funzione, l'esecutore non oppone una resistenza individuale né viene così percepito, e, in secondo luogo, perché la stessa identità individuale rimane intatta in quanto soggetto-merce monetizzato. Secondo il momento e la situazione, è pienamente accettabile che prima si facciano eseguire, con sobrietà commerciale, le funzioni impiegatizie sugli individui, e poi, se possibile, si esca a farsi una birra insieme.
Il discorso della "sottomissione agli altri individui", che deve avvenire da parte degli uomini produttori di merci proprio per mezzo della "astrazione che costituisce il contenuto sociale della loro attività", evidentemente non costituisce il problema. Si tratta di un linguaggio confinato alle categorie di un concetto superficiale e soggettivo di dominio, ecletticamente collegato ed in corto circuito col problema, ancora da elaborare, dell'assenza feticistica di soggetto. Con un tal genere di agitazione non si può mai arrivare a cogliere la vera eteronomia degli individui produttori di merci, né la coscienza che essi hanno di un tale assunto.
Ora, in tal modo la base stessa del sistema viene concepita in maniera erronea. Il fatto che i soggetti-merce "si utilizzerebbero reciprocamente per i loro obiettivi individuali" non è il nocciolo della questione, e ancor meno una spiegazione. Piuttosto, è la mera forma fenomenica di "qualcosa di diverso" - vale a dire, del feticcio senza soggetto che si manifesta negli individui che agiscono. I loro "obiettivi individuali" non sono quello che appaiono essere: secondo la loro forma, non sono obiettivi individuali o volontari, e quindi per questo anche il loro contenuto è distorto, e sfocia nell'autodistruzione. Il fatto essenziale non è che gli individui si utilizzino reciprocamente per i loro obiettivi individuali, ma semmai, nella misura in cui sembrano fare così, che eseguano in sé stessi un obiettivo totalmente diverso, sovra-individuale e senza soggetto: il movimento autonomo (valorizzazione) del capitale.

- Robert Kurz -

2 di 12 – continua …

fonte: EXIT!

Nessun commento: