Il mercato assurdo degli uomini senza qualità
- Presentazione del libro di Robert Kurz, "Le ultime battaglie" -
di Anselm Jappe
Il capitalismo sta volgendo al termine. La prova: la caduta dell'Unione Sovietica. La base di quest'analisi: la "oscura" critica del "valore" di un tale Karl Marx. Forse la lotta di classe e la lotta per la democrazia sconfiggeranno il capitalismo? La lotta di classe non è stata altro che il motore dello sviluppo capitalista e non potrà mai portare al suo superamento. La democrazia non è l'antagonista del capitalismo bensì la sua forma politica, ed entrambi hanno esaurito il loro ruolo storico. La caduta dei regimi dell'Est non significa il trionfo definitivo dell'economia di mercato, ma un ulteriore passo in direzione del declino della società globale della merce.
Queste, fra le altre, le tesi più audaci di Robert Kurz e del gruppo che insieme a lui pubblica in Germania la rivista Krisis. Si tratta, forse, dell'inizio di una vera rivoluzione teorica: perciò, confrontarsi con le idee di questo gruppo darà molto fruttuoso per tutti coloro che non considerano questa società l'ultima parola della storia, e che non sono soddisfatti di una critica che si limita a trascinare stancamente dei concetti che appaiono sempre più chiaramente superati. Partendo dall'intenzione di rinnovare la teoria marxista, Kurz ed i suoi amici si sono imbarcati in una vera e propria avventura della riflessione e, in questo percorso, hanno finito per abbandonare molte delle venerabili certezze di sinistra. Tuttavia, al contrario di altri tentativi di revisione della teoria marxista, qui non si tratta di "realismo" o di riformismo, ma di una nuova collocazione della critica radicale.
Il lavoro più strettamente teorico è stato sviluppato, finora, in venti voluminosi numeri della rivista Krisis (precedentemente chiamata Marxistische Kritik), pubblicati a partire dal 1986. Robert Kurz, in libri, articoli, conferenze e dibattiti ha presentato ad un pubblico più ampio diverse analisi dell'attuale crisi economica e politica. Con ventimila copie vendute de "Il collasso della modernizzazione", pubblicato nel 1991 grazie ad Hans Magnus Enzensberger, le teorie di Krisis hanno cominciato ad essere ampiamente conosciute in Germania (*) (spesso, quelli che si sono mostrati più ricettivi nei confronti di Krisis, sono state persone di provenienza non strettamente marxista).
Il punto di partenza delle sue analisi si trova nei concetti marxiani di "feticismo" e di "valore" in quanto descrivono la trasformazione dell'attività umana concreta in qualcosa di astratto e puramente quantitativo come il valore di scambio, incarnato nella merce e nel denaro. Il "feticismo" non è, quindi, solamente un'illusione o un fenomeno della coscienza, ma una realtà: l'autonomizzazione delle merce che segue solo le sue proprie leggi di sviluppo. "Dietro" la processualità cieca ed auto-referenziale del valore non c'è nessun soggetto che "fa" la Storia. Ma, a differenza dello strutturalismo, Krisis non crede che il processo senza soggetto sia una legge fondamentale ed immutabile dell'esistenza, lo concepisce piuttosto come una fase storica necessaria, ma transitoria.
Nel n°13 di Krisis, Ernst Lohoff scrive: "L'attitudine contemplativa ed affermativa attraverso la quale Hegel fa sviluppare la realtà a partire dal concetto di Essere, è totalmente estranea alla descrizione marxiana (del valore). In Marx, il valore non può contenere la realtà, ma la subordina alla sua propria forma e la distrugge, distruggendo sé stesso in questo atto. La critica marxiana del valore non accetta il valore come un dato di base positivo, né lo difende, ma decifra come apparenza la sua esistenza auto-sufficiente. La realizzazione su grande scala della mediazione della forma merce non porta al trionfo definitivo di questa, ma coincide con la sua crisi." In altre parole: il "valore" contiene già nella sua forma essenziale (descritta nel primo capitolo del Capitale) una contraddizione insolubile che porta, inesorabilmente, anche se questo richiede molto tempo, alla sua crisi finale. Questa crisi sta cominciando davanti ai nostri occhi.
Un'importante conseguenza del riconoscimento della logica del valore come centro di tutte le crisi, è la critica del sociologismo e delle illusioni riguardo il soggetto. Lo sviluppo del capitalismo, con la dissoluzione di tutte le qualità che sembravano indissolubilmente legate alle persone, tende a separare le funzioni, come essere operaio o essere dirigente, dagli individui empirici: e Krisis accusa di sociologismo tutta la sinistra che considera i soggetti collettivi - come la borghesia ed il proletariato, con i loro interessi e la loro avidità di profitto - come attori di un sistema del quale sono solamente un ingranaggio. Invece di voler smascherare i veri interessi che si nascondono dietro gli imperativi tecnologici o del mercato, Krisis denuncia, come radice del male, l'esistenza di tali imperativi, osservando che attualmente non c'è nessuna proposta che vada oltre la formula della distribuzione quantitativa o della rivendicazione di maggior "giustizia". Questo, però, è completamente inutile: chiedere prezzi equi (ad esempio, per il Terzo Mondo) è tanto insensato quanto chiedere una pressione atmosferica giusta, poiché significa riferirsi a qualcosa che non è un soggetto, come se lo fosse. Il vero scandalo è la trasformazione di un oggetto concreto in un'unità di lavoro astratto e poi in denaro.
Così "l'addio al proletariato" viene ad essere definitivo: come gruppo sociale basato su condizioni identiche di lavoro, di vita, di cultura e di coscienza, il proletariato non è mai stato niente di più che il principale prodotto del capitalismo, se non un residuo feudale. Con la sua lotta per integrarsi pienamente nella società capitalista, in realtà il proletariato l'ha aiutata ad andare avanti e a raggiungere la sua piena realizzazione. Il movimento operaio e le sue ideologie non sono andate oltre l'orizzonte della società del valore, avendo giocato un ruolo centrale nella trasformazione degli individui in mere monadi, in particelle formalmente uguali e libere.
Da questo punto di vista, le presunte rivoluzioni dei paesi dell'Est e del Terzo Mondo, ma anche il fascismo ed il nazismo, possono essere interpretate come processi tardivi di modernizzazione e come tentativi di ristrutturazione accelerata di tali paesi, secondo le esigenze imposte dalla merce. Krisis non solo include in questo giudizio tutto il marxismo, perfino le sue correnti critiche, ma stabilisce anche una distinzione all'interno della teoria dello stesso Marx: il concetto di lotta di classe era, in fondo, una teoria di liberazione del capitalismo dai suoi residui pre-capitalisti, nella misura in cui è nella teoria del valore e del feticismo che Marx ha anticipato una critica che solo oggi acquisisce piena attualità.
E' inutile esigere più democrazia: la democrazia, intesa come uguaglianze e libertà formali, si è già realizzata e coincide con la società degli uomini senza qualità. Come la merce, tutti i cittadini sono misurati con lo stesso parametro: sono parti quantitative di una stessa astrazione. E pertanto, per la merce, e conseguentemente per la democrazia capitalista, è impossibile che tutte le parti siano uguali. Oggi, il compito non è la realizzazione della vera democrazia, sempre deformata dal capitalismo, ma il superamento di entrambi. Per Krisis, è inutile opporre le idee dell'illuminismo borghese, come l'uguaglianza e la libertà, ad una loro cattiva realizzazione, dal momento che già in queste idee riconosce una struttura creata dalla merce: il valore è sempre simultaneamente forma di coscienza, di produzione e di riproduzione.
Il movimento operaio ha sempre confuso il capitalismo con qualcosa che era solo una determinata tappa della sua evoluzione. Le lotte di classe erano conflitti di interesse che si sviluppavano sempre in un orizzonte di società della merce, senza metterla in discussione. Non poteva essere diversamente: il capitalismo era ancora in una fase ascendente, e non aveva ancora sviluppato tutte le sue possibilità, che avrebbero rappresentato un progresso effettivo se comparate alle fasi pre-capitaliste. Se il fordismo ha segnato il suo apogeo, è con l'informatizzazione che questo sviluppo entra definitivamente in crisi, e non solo sotto un aspetto particolare, ma in un aspetto centrale, che è la contraddizione insostenibile tra il contenuto materiale della produzione e la form ad essa imposta dal valore.
Quest'analisi ha permesso a Krisis di anticipare l'attuale crisi economica mondiale e di essere fra i primi a sostenere che la riunificazione delle due Germanie non poteva che condurre ad un disastro. L'Unione Sovietica, afferma Krisis, era pienamente integrata nel sistema mondiale della merce, ma non è riuscita più a resistere alla concorrenza del mercato mondiale a causa della pietrificazione delle stesse strutture di dirigismo grazie alle quali era prima riuscita a situarsi fra i paesi avanzati, ripetendo, a marcia forzata e sotto la direzione statale, il medesimo processo di accumulazione primitiva attraverso cui i paesi occidentali erano passati secoli prima, in maniera più lenta e quindi più morbida. Quando la coscienza occidentale inorridiva davanti al "totalitarismo", in realtà vedeva solo un'immagine concentrata del suo stesso passato.
La caduta dell'Unione Sovietica non dimostra la superiorità dell'economia di mercato di cui essa stessa faceva parte, ma evidenzia che si tratta di una gara il cui numero ristretto di partecipanti si riduce costantemente a causa della necessità di un impiego sempre maggiore delle tecnologie per poter produrre ad un costo competitivo, e che gli esclusi finiscono in miseria. La simultaneità della crisi economica e di quella ecologica, così come la tendenza ad una piccola guerra civile mondiale, sono conseguenza del fatto che le attuali capacità produttive, le più elevate che siano mai esistite, devono passare per la cruna dell'ago della forma astratta del valore e delle capacità di trasformarsi in denaro. Nessuna strategia che non miri all'abolizione di questo stato di cose potrà arrivare ad un cambiamento reale. Krisis pertanto non nutre alcuna speranza nelle diverse opzioni politiche attualmente disponibili sul mercato.
Dalla tesi per cui tutta la storia fino ad ora è stata, più che storia della lotta di classe, la storia delle relazioni feticiste, consegue che fino ad ora non è stata possibile la formazione di alcun soggetto. Non esiste nessun polo positivo "in sé" - il proletariato, o il Terzo Mondo, le donne, o la vita dell'individuo - che sia sufficiente per arrivare ad appropriarsi del mondo. Non si può andare a trovare il soggetto nel passato, ma è possibile che questo nasca a partire dal superamento della "seconda natura" in cui si è trasformata la società.
Il tentativo di leggere la storia come una "storia di relazioni feticiste", in cui il valore ha preso il posto della terra, della parentela di sangue e del totemismo, in quanto forme nelle quali si esprimeva la potenza umana incosciente di sé stessa, conduce all'affermazione per cui questa preistoria dell'umanità sta arrivando alla fine. Tutte queste forme si sono convertite in una seconda natura, come strumenti indispensabili all'uomo, per differenziarsi dalla sua prima natura. Ma oggi è possibile, e anche necessario, procedere ad una seconda umanizzazione, questa volta cosciente. Se sono le relazioni feticiste quelle che hanno finora fatto la storia e che hanno creato, insieme alle relazioni di produzione, anche le forme corrispondenti della coscienza, allora non è più necessario ricorrere a sofisticate teorie di manipolazione per spiegare come le classi dominanti siano riuscite ad imporre alla maggioranza, nel corso dei millenni, un sistema di sfruttamento.
(*) nota: di Kurz vale la pena sottolineare: "La vendetta di Honecker" (1991), "Il ritorno del Potemkin" (1993) - entrambi sull'impossibilità della riunificazone tedesca - e la raccolta di articoli "L'ultimo spenga la luce" (1993). Una serie di articoli di Peter Klein sulla Rivoluzione di Ottobre, pubblicati nei numeri 3 e 6 di Krisis, sono stati raccolti in un libro dal titolo "Die Illusion von 1917" (1992). Un volume collettivo sulla democrazia ed i suoi estremisti di destra è stato pubblicato col titolo "Rosemaries Babies" (1993).
Anselm Jappe – 31/12/1998 -
fonte: Krisis
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