Dominio senza soggetto
- Sul superamento di una critica sociale riduttiva -
di Robert Kurz
3.
La differenza non poteva essere più netta: per il marxismo volgare, il movimento autonomo del capitale, la valorizzazione del valore, è proprio quell'apparenza che dev'essere ricondotta agli obiettivi, alla volontà e all'attitudine soggettiva delle persone, risolvendosi, così, nella soggettività (di carattere autoritario ed "errato"). Una critica radicale e coerente del feticismo, al contrario, avrebbe dovuto denunciare come apparenza la stessa soggettività empirica, ossia, avrebbe dovuto dissolvere gli obiettivi, la volontà e l'azione soggettiva delle persone produttrici di merci, nella loro vera assenza di soggetto, come semplice esecuzione di una forma feticcio presupposta rispetto a tutti i soggetti - non per sottomettersi al "soggetto automatico", ma per poterlo comprendere come tale e superarlo.
Solo una tale inversione rende possibile riconoscere in generale lo scandalo della totale mancanza di coscienza sul piano della determinazione sociale della forma, che è il presupposto per superarla. Quando affermano che l'assenza del soggetto, nel soggetto borghese e costituito dalla forma merce, è mera apparenza o semplice illusione, il marxismo volgare e le teorie tradizionali del dominio si rendono complici del feticcio e si vedono impossibilitati a criticarlo nella sua oggettività. La contraddizione dello pseudo-radicalismo dell'agitazione ha radici profonde nel concetto di soggetto. Ironicamente, l'evocazione diretta del soggetto presupposto ed aprioristico non è altro che la forma teorica della sottomissione all'assenza feticistica del soggetto.
L'eterno anatema scagliato contro i dominanti e l'eterna supposizione per cui nelle stesse forme moderne del denaro e della merce sarebbe possibile un'organizzazione del tutto diversa e più umanitaria - bastando solamente una diversa e migliore volontà che la guidi - col tempo si è trasformata senza ombra di dubbio in una terapia occupazionale per i più sciocchi fra i critici sociali. Oggi, questa illustre cerchia comprende tanto la rimanenza dei marxisti ortodossi e degli pseudo-radicali quanto i "realisti". A parte questi incorreggibili non-pensatori, però, la teoria del dominio si è sviluppata da molto tempo. Già dalla fine del XIX secolo, o al più tardi negli anni 20, i più intelligenti fra i critici sociali dell'Occidente si confrontavano sempre più con i fenomeni dovuti all'assenza di soggetto.
Un prodotto di tali sforzi fu la tesi della burocratizzazione. Nelle analisi borghesi - le quali, al contrario del breviario della letteratura marxista, non si fissavano così fortemente su un malvagio gruppo personificato chiamato "borghesia" - ben presto apparve l'emblema del "mondo amministrativo". Nella famosa sociologia delle associazioni di partito di Robert Michels, e soprattutto nella teoria di Max Weber, cominciò a formarsi un concetto strutturale della reale assenza del soggetto del dominio moderno. Weber fissa il concetto generale della burocrazia agli "interessi" dei poteri sociali, seppure ancora superficialmente, chiamandolo "strumento di precisione" "che si può mettere al servizio degli interessi dominanti, sia puramente politici che puramente economici o di qualsiasi altro genere" (Max Weber, Economia e Società).
Allo stesso tempo, tuttavia, egli fa anche riferimento alla dinamica "materiale" e senza soggetto del processo moderno di burocratizzazione, che si discosta dalle teorie tradizionali del dominio: " Il funzionario di carriera è (...) solamente un membro isolato, responsabile di compiti specializzati, in un meccanismo (...) di progressione instancabile, che prevede, essenzialmente, una marcia forzata (...) I dominati, inoltre, non possono, da parte loro, prescindere né sostituire l'esistente apparato burocratico di dominio (...) Il vincolo del destino materiale delle masse al funzionamento sempre corretto delle organizzazioni del capitale privato, sempre più burocratiche, cresce costantemente, e la possibilità di liberarsene diventa sempre più utopica (...) La burocrazia ha carattere razionale: regole, obiettivi, mezzi e materiali impersonali reggono la sua condotta" (Weber, ibid.)
Nella retorica della lotta di classe di sinistra, la tesi della burocratizzazione si insinua per prima e soprattutto nei trotskisti, che si ritengono difensori del Graal dei rispettivi avvertimenti di Lenin e che si ritrovano con il problema di dover spiegare un supposto dominio non-capitalista sulla classe operaia in uno Stato con "basi economiche socialiste", da loro difeso. Per cui si viene a rendere utile usare la formula del dominio burocratico. Con tale formula, senza dubbio, non si portava avanti un concetto di dominio senza soggetto. Come prima cosa, si trattava solo di sostituire apertamente, specialmente riguardo all'Unione Sovietica, il vecchio soggetto esploratore e dominante della "classe capitalista" col soggetto dominante, suppostamente transitorio, della "casta burocratica". Il concetto soggettivo del dominio non veniva messo teoricamente in discussione, sebbene fosse stato involontariamente indebolito. Il concetto di burocrazia fu innanzitutto un succedaneo teorico; scusandosi, venne utilizzato con zelo come separato dal concetto di "classe dominante" in senso proprio. Lo stesso Trotsky forza questo esitante concetto di burocrazia dentro il vecchio schema, dove Weber risuona sordamente:
"Nella società borghese, la burocrazia rappresenta gli interessi dei proprietari e della classe colta, la quale dispone di innumerevoli mezzi per controllare la propria amministrazione. La burocrazia sovietica, tuttavia, si è erta sopra una classe che finiva di liberarsi dalla miseria e dall'oscurantismo e non possedeva alcuna tradizione di dominio o di comando (!). Se i fascisti, dopo aver afferrato il potere, si accordarono con l'alta borghesia per mezzo di interessi comuni, amicizie e legami matrimoniali, la burocrazia dell'Unione Sovietica assunse su di sé i costumi borghesi, senza avere accanto una borghesia nazionale." (Leon Trotsky. La rivoluzione tradita).
A quanto si vede, Trotsky non smette di seguire vagamente il concetto di dominio soggettivo e collettivamente personale del marxismo volgare. La burocrazia viene presentata come una sorta di aiuto-sceriffo socio-economico che ha perso casualmente lo sceriffo e che ora governa per suo proprio conto, senza disporre della "particolarità" del dominio (di classe). Questo pensiero - prigioniero di determinate categorie sociali (classe lavoratrice, alta borghesia, burocrazia), la cui costituzione nella forma sociale senza soggetto non arriva dentro il campo visivo, e che vengono comprese in modo acritico solo come tali, nella loro reciprocità soggettiva delle azioni - non può apportare teoricamente niente di nuovo alla tesi della burocratizzazione. Il concetto trotskista di burocrazia rimane empiricamente riduttivo e viene solo strumentalizzato al fine di poter rappresentare lo sviluppo non compreso dell'Unione Sovietica, con un'apparenza di plausibilità propria del marxismo volgare (nota: questo vale anche per tutti gli sforzi successivi, come ad esempio le analisi di Ernst Mandel, che non si è mai liberato dai limiti teorici del suo "maestro"). Un ulteriore passo avanti venne fatto dalla Teoria Critica, i cui rappresentanti avevano previsto i cambiamenti con molta più chiarezza rispetto al marxismo volgare di partito. I teorici della Scuola di Francoforte si allontanarono dalla mera retorica della lotta di classe, il cui pallore per primi avevano notato (senza peraltro poterlo superare teoricamente), prelevarono la tesi della burocratizzazione dalla sociologia occidentale e cercarono di acclimatarla in un progetto di critica sociale (sempre più pessimista). Ma Horkheimer arrivava così a tratteggiare un'immagine peculiare del dominio, dove i concetti del marxismo volgare e delle teorie sociologiche della burocrazia venivano ecletticamente fuse.
"La borghesia è decimata, la maggior parte dei borghesi ha perso la propria autonomia; quando non si abbassano al livello del proletariato o della massa dei disoccupati, cadono nella dipendenza dalle grandi imprese o dello Stato (...) Quello che rimane, come caput mortuum del processo di trasformazione della borghesia, è la burocrazia industriale e statale di altro rango." (Max Horkheimer, Stato autoritario, scritto all'inizio del 1940).
Se Weber formula il problema in maniera ambivalente, se per Trotsky e i suoi pupilli occidentali domina ancora inequivocabilmente il concetto soggettivo e classista del dominio a fronte del concetto di burocrazia, Horkheimer (che è oggettivamente più vicino a Weber che a Trotsky) tematizza già la dissoluzione del concetto di dominio delle classi, per mezzo dello sviluppo reale delle società occidentali stesse. Ma l'espressione "caput mortuum" mostra che non si libera dall'ostinata idea soggettivo-sociologica del dominio. La si trova profondamente inserita nel pensiero illuminista occidentale, che fin dal principio fissa la "soggettività" come astratta ed aprioristica. Tutte le relazioni sociali devono essere dedotte in un qualche modo da questo soggetto francamente chimerico, che rimane l'alfa e l'omega di ogni analisi.
La tesi della burocratizzazione, in tutte le sue varianti, sembra avvicinarsi ad un concetto di dominio senza soggetto. Tuttavia, essa rivela allo stesso tempo la resistenza dell'idea illuminista del soggetto, propensa a diventare schizzinosa quando perde le sue prerogative. Il fatto che tanto Weber quanto Horkheimer e Adorno, ed anche altri come Freud, cadano in un pessimismo antropologico, li allinea involontariamente a quei pessimisti culturali reazionari che essi avevano sempre criticato. Una tale affinità impura non è dovuta solo alle esperienze catastrofiche delle Guerre Mondiali, ma anche alle contraddizioni dell'ideologia illuminista del soggetto, e del marxismo come sua appendice.
Il concetto di burocrazia riflette solo negativamente l'assurdità tanto delle teorie del dominio borghese quanto quelle dei marxisti. Però, per quanto riguarda la manifesta assenza del soggetto dominante, questa rimane non spiegata e semplicemente descrittiva. Il confinamento all'ideologia borghese del soggetto, e con essa ad un concetto soggettivo di dominio, permette poco più che constatare un fenomeno sociologico che non può essere dedotto se non in accordo con i modelli "tecnici" e di "organizzazione". Il concetto di tecnocrazia è l'eco di questa impotenza finora insuperata. Il dominio della burocrazia viene ancora discusso in termini teorici soggettivi, anche se la sua vera dipendenza (in contrasto con i gruppi dominanti facilmente individuabili, come la nobiltà e la borghesia) indica "l'Altro" oscuro, già incapace di essere captato dallo spirito illuminista. Così, c'è poco da meravigliarsi che la stessa Teoria Critica non abbia assimilato sistematicamente la critica del feticismo di Marx. Tale incapacità non è frutto di una debolezza analitica, ma indica innanzi tutto un limite di fondo della razionalità occidentale, la quale non arriva a riconoscere nemmeno le varianti del suo stesso carattere feticista.
- Robert Kurz -
- 3 di 12 – continua …
fonte: EXIT!
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