Dominio senza soggetto
- Sul superamento di una critica sociale riduttiva -
di Robert Kurz
8.
Il punto decisivo è che deve esserci un piano nella costituzione umana e sociale, e pertanto anche in ogni uomo isolato, un piano che si trova al di là del dualismo fra soggetto ed oggetto *. Per la coscienza illuminista esiste solo il soggetto (coscienza). o l'oggetto, mai un tertium genus. Il concetto-chiave per la comprensione di questo "tertium genus" veramente costitutivo può essere solo il concetto di inconscio. Senza dubbio, è di Freud il merito teorico di aver introdotto sistematicamente questo concetto. Tuttavia, qui non si tratterà (o quanto meno non nello specifico o in modo esclusivo) dell'inconscio nell'accezione particolare di Freud. Non a caso uno dei momenti costitutivi dello stesso strutturalismo è dato da un ritorno a Freud. Per l'idea illuminista del soggetto, la teoria freudiana è stata un tormento fin dal principio, una volta che il concetto di inconscio - non senza ragione - è stato inteso come un attacco frontale ai fondamenti stessi dell'illuminismo; la distruzione del soggetto radioso e maturo della modernità come essere autocosciente, guidato da impulsi incoscienti (e anche perfino sessuali), doveva sembrare insopportabile. Però in questo modo passarono inosservati alcuni momenti affermativi della teoria freudiana che potevano essere fruiti nel declino storico della teoria illuminista del soggetto, e che per così dire cadevano dal cielo per gli strutturalisti.
L'inconscio freudiano non rappresenta ancora un superamento del soggetto illuminista, ma è uno spartiacque che può essere sviluppato tanto in direzione del concetto grezzo dell'assenza del soggetto (strutturalismo) quanto in direzione di una metacritica della costituzione del feticcio. Di fatto, Freud ha elaborato in primo luogo il concetto di inconscio, soprattutto ed unilateralmente, sotto l'aspetto individuale e psicologico, sebbene le relazioni sociali abbiano enorme importanza e vengano discusse nei suoi scritti sulla teoria della cultura. Tuttavia, il vero problema della costituzione sociale dell'inconscio non viene affrontato sistematicamente da Freud.
Date le sue premesse teoriche, questo era assolutamente impossibile, poiché - ed in questo egli rimane un pensatore illuminista - Freud ha subito ontologizzato la sua conoscenza. Egli sviluppa le categorie dell'inconscio, in ultima analisi in maniera astorica, come struttura di un inconscio in generale, ragione per cui egli ontologizza il problema all'orizzonte della sua teoria della cultura e lo definisce come relazione di un inconscio in generale con la cultura in generale. Questo spiega anche la sua deduzione pessimistica riguardo la cultura, dal momento che le contraddizioni ontologizzate degli impulsi incoscienti e dei prodotti culturali appaiono insuperabili, e in fin dei conti disastrose (Il disagio della civiltà).
Poi, Freud - ed in questo il suo pensiero si lega al positivismo biologico del XIX secolo - collega gli elementi essenziali dell'inconscio direttamente alla prima natura, soprattutto in base all'impulso sessuale concepito in maniera astorica. La definizione di Marx di una relazione fra la prima natura (biologica) e la seconda natura (costituita dal feticismo e simbolicamente codificata) manca del tutto in Freud, cosa che ovviamente favorisce l'ontologizzazione. Sotto il segno di un'istanza di base dello "Id" e dei cosiddetti impulsi, la prima natura arriva direttamente ed immediatamente nella società e nelle sue produzioni culturali: "La più antica delle province, o istanze psichiche, che chiamiamo dell'Id: il suo contenuto è tutto quello che è stato ereditato, tramandato per nascita, stabilito costituzionalmente, soprattutto gli impulsi che provengono dall'organizzazione del corpo (...) Le forze che supponiamo essere dietro le tensioni della necessità dell'Id, li chiamiamo impulsi. Essi rappresentano le esigenze corporali sulla vita dell'anima(...)" (Sigmund Freud, Abriss der Psychoanalyse).
Né la differenziazione della "struttura degli impulsi", né l'analisi dei "prodotti sublimati" nella cultura, modifica qualcosa in questo legame immediato, giacché la mediazione storico-sociale di ciò che si manifesta come puro "impulso" (naturale e biologico) semplicemente non avviene. Questo ovviamente non significa che non esista il substrato della prima natura nell'uomo e che esso non abbia relazione alcuna con la coscienza, o nessun influsso sulla vita mentale dell'uomo. Ma, quando fra questo substrato (che deve contenere - al di là della natura biologica in senso fisiologico - anche alcuni resti atrofizzati dell'istinto animalesco) e la coscienza superficiale dell'uomo concepito storicamente si erge la natura diversa della costituzione del feticcio, con la sua gigantesca storia, allora la base naturale determinata (e determinante) biologicamente apprende con molto meno profondità di quanto supponga Freud, circa la costituzione dell'uomo.
Infine, Freud relaziona il concetto di inconscio principalmente ai piani "inferiori" della coscienza apparente dell'ego, procedendo ad una differenziazione fra il semplice "inconscio", da una parte, e l'iceberg dell'incosciente profondo e strutturale, dall'altro. Inoltre, egli suppone nella figura del superego un'altra istanza per così dire "superiore" dell'ego cosciente, condizionata da influssi esterni, la cui determinazione tuttavia non arriva alla costituzione sociale del feticcio, ma rimane ristretta, in forma fenomenologica e per così dire tecnica, nella condizione di semplice "influenza" (specialmente durante l'infanzia) riguardo l'apparato psichico individuale: "Come residuo del lungo periodo dell'infanzia, durante il quale la persona in sviluppo vive nella dipendenza dai suoi genitori, si forma nel suo ego un'istanza peculiare nella quale persiste l'influsso paterno. Tale istanza, ha ricevuto il nome di superego. Nella misura in cui si separa dall'ego e ad esso si oppone, questo superego costituisce un terzo potere che deve tener conto dell'ego (...) Nell'influsso paterno, è chiaro, non agisce solo l'essere personale dei genitori, ma anche l'influenza delle tradizioni di famiglia, di razza e delle persone da esso promosse, così come le esigenze da esse rappresentate del relativo ambito sociale. In modo analogo, nel corso dello sviluppo individuale il superego accetta contributi di avatar e sostituti dei genitori, quali insegnanti, esempi pubblici ed ideali venerati nella società." (Sigmund Freud, Abriss der Psychoanalyse).
L'assorbimento delle istanze sociali e storiche appare qui chiaramente insoddisfacente. L'inconscio compare solo nelle figure di quelle istanze, o "province", dell'apparato psichico sulle quali l'ego non esercita alcun controllo. Però l'inconscio non è solo il regno mentale sopra o sotto la coscienza dell'ego. Se comprendiamo il concetto di inconscio in termini affatto semplici e generali, indipendentemente dal corso specifico dell'investigazione di Freud, si vede qualcosa di completamente differente. L'inconscio non è solo il contenuto dell'anima al di là della coscienza fenomenica dell'ego, ma è anche la forma stessa della coscienza. Poiché la forma della coscienza non è equiparabile in alcun modo alla coscienza stessa o ai suoi contenuti e "province". E nella forma del sé stesso incosciente, la coscienza deve cercare il segreto del tertium che non è né soggetto né oggetto, ma che plasma la soggettività, l'oggettività ed il dominio in quanto cieca costituzione formale. La forma storico-sociale della coscienza è allo stesso tempo la più profondamente propria e la più profondamente estranea ed incosciente; perciò, non appena viene sistematizzata, essa dev'essere compresa e sperimentata come "potere" esterno ed alieno.
La questione della forma (universale) della coscienza e delle azioni sociali umane è stata descritta prima di Freud - indipendentemente dal suo concetto di inconscio - da Kant e dallo stesso Marx. Sarebbe bastato riunire questi concetti apparentemente sparsi ed unificarli in maniera storica e critica. Kant è stato il primo ad investigare in modo sistematico e "critico" la forma generale (inconscia per la coscienza stessa) della coscienza - critico solo nel senso di una coscientizzazione affermativa di tale forma.( Più tardi, Hegel riprodurrà il principio di questo procedimento, sebbene avesse storicizzato l'evoluzione, col quale perde parzialmente il punto di partenza critico; ossia, egli espone, sulla scia critica di Kant, la storia e la fenomenologia della coscienza, ma perde in gran parte la coscienza problematica per quanto riguarda la forma.)
Il carattere affermativo della sua investigazione è dettato dal fatto di ontologizzare immediatamente, da buon illuminista, i concetti appena scoperti della forma generale della coscienza, ed assumerli come forme umane della coscienza in generale (in maniera analoga, quanto a questo, all'ontologizzazione della conoscenza operata da Freud). Kant qualifica così le forme universali della sensibilità (spazio e tempo) e le forme universali della comprensione - come le celebri "forme a priori" della capacità cognitiva - indipendentemente dai suoi oggetti, e "l'imperativo categorico", come se fossero la "semplice forma di una legge universale", ossia, come principio etico per ogni azione umana. Queste forme di coscienza a priori si manifestano tuttavia in modo astorico e stigmatizzate "nell'uomo". Kant non discute il luogo di questo stigma né la sua relazione con la natura fisiologica.
Marx, che sembra poco preoccupato di Kant e del suo problema formale di coscienza, arriva per mezzo di Hegel ad una storicizzazione della storia della forma, esposta dapprima come storia delle formazioni (politico-economiche) della società; ed in questo ovviamente si imbatte nel problema della forma universale della coscienza, da lui elaborata storicamente come costituzione del feticcio ed esposta brevemente, nei suoi elementi principali, nel capitolo introduttivo del Capitale, per poi svilupparla, in base alle sue determinazioni sociali oggettivate, nella figura delle categorie economiche della relazione capitalistica. Non lascia alcun dubbio, tuttavia, che si tratti qui di forme di coscienza universale, e "invertite". Se Marx non si estende alla forma universale di coscienza del sistema produttore di merci costituito dal feticcio, questo avviene perché il suo pensiero si confronta qui con un limite: il riferimento al lavoro (ontologia del lavoro) e il punto di vista di classe e la classe operaia esige un approccio dualista e antagonistico che riporti la questione della coscienza alla rispettiva "coscienza di classe", in modo che la questione della forma universale della coscienza non possa essere posta chiaramente "prima" dell'antagonismo delle classi. **
Oggi, nelle condizioni di crisi già mature del sistema produttore di merci, la critica del feticcio di Marx può essere solo riformulata e sviluppata adeguatamente come critica della forma universale di coscienza che includa tutte le categorie di classe e di interesse (e va ben al di là delle mere determinazioni socio-economiche in senso stretto). Solo ora le concezioni di Kant, Marx e Freud possono così essere unificate sistematicamente, solo ora si può osare di riformulare la "storia della lotta di classe" come "storia delle relazioni feticistiche" (e con questo, oltre la "lotta di classe", risalire all'origine della trasformazione umana).
* nota: in questo modo, il problema è identico a quello della modernità e viene formulato nelle categorie della modernità. Il moderno sistema produttore di merci è stato il primo ad elaborare in forma pura il dualismo soggetto-oggetto. Nelle formazioni premoderne, il problema sarebbe stato, come detto, non formulabile. Ma lì lo si trova latente, sebbene non differenziato. Forse si potrebbe dire che il dualismo soggetto-oggetto rappresenta la determinazione universale ed astratta del modo funzionale della "seconda natura", come un tutto, ma che solamente nella storia della "seconda natura" si sarebbe differenziato, per acquistare così uno status di conoscenza nella modernità, e quindi venire formulato.
** nota: Il problema risiede nel fatto che Marx, senza rendersene conto, mescola due piani e due concezioni teoriche storicamente non mescolabili: ora la lotta degli interessi interna al capitalismo (la lotta di classe), che può essere concepita come il motore della modernizzazione attraverso la forma merce, ora la crisi e la critica della stessa forma merce (costituzione del feticcio), che solo oggi entra nel campo visivo come qualcosa "oltre la lotta di classe". I marxisti dei movimenti operai e le loro forme tardive si sono sempre potuti riferire al "primo Marx"; ma proprio per questo la problematica del "secondo Marx" è dovuta rimanere un libro chiuso a sette chiavi.
- Robert Kurz -
- 8 di 12 - continua ...
fonte: EXIT!
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