Per qualche tempo, Phil Dick si misurò con la teoria del "Virus del Linguaggio", elaborata da William Burroughs nel quadro del suo pensiero a proposito della cosiddetta "informazione vivente". La teoria di Burroughs lo intrigava e lo disturbava allo stesso tempo, come emerge dalle lettere in cui ne fa una lode, in quanto è riuscita a porre il giusto problema. Però, allo stesso tempo, si trova in disaccordo per quando riguarda la natura dell'entità. Così Dick coglie l'occasione per chiarire la propria posizione, in contrasto con quella di Burroughs. Come al solito, Dick è ... dickiano, e procede andando oltre la questione teorica, per speculare sulle sue proprie esperienze. Ne viene fuori un quadro teso e avvincente, quasi lovecraftiano nel descrivere quella che è allo stesso tempo attrazione e repulsione nei confronti delle idee di Burroughs a proposito del "paradosso dell'informazione".
"Non riesco ad accettare il punto di vista di Burroughs, il quale sostiene che siamo stati invasi da un virus alieno, un virus dell'informazione, però, da un altro lato, non posso semplicemente respingere questa bizzarra teoria, definendola una sua mera paranoia. Penso che vi sia qualcosa di reale e di importante, e che le sue dichiarazioni facciano più bene - molto più bene - che male (cioè, egli affronta il problema correttamente, anche se forse la sua analisi è difettosa; come se fosse troppo consapevole del problema per poter raggiungere un buon risultato). Ora, io sono stato in grado di trovare prove, narrazioni, nei tempi antichi, di quello che sembra essere un pensiero, o una disfunzione percettiva, o forse il pensiero di una disfunzione percettiva.
... Burroughs potrebbe aver rilevato davvero un "virus dell'informazione" o qualcosa di simile ad un virus dell'informazione, ma la mia supposizione è che se se ne ammette l'esistenza, esso è una cosa di lunga data. Tutta la mitologia del mondo lo sostiene. Non solo quella cristiana.
Dove Burroughs ed io siamo nettamente in disaccordo ha a che fare con la mia supposizione riguardo al fatto che se - SE - esiste una forma di informazione vivente (e questa è davvero una supposizione bizzarra e selvaggia), questa forma di vita è benigna; non ci danneggia; al contrario: ci informa (o forse, invece, non ha nessun interesse a farlo, si limita semplicemente a cavalcare il nostro traffico di informazioni, utilizzando i nostri media come vettori; questo è del tutto possibile. Gli è che io stesso, nella primavera del 1974, ho visto questa informazione vivente, e non è qualcosa che vorrei rendere noto; d'altra parte, non voglio negarlo. La questione è importante, vitale e, allo stesso tempo, elusiva. Se si ammette un virus occludente dell'informazione, allora anche tu sei occluso nell'analisi che fai di esso, così come della percezione della tua esistenza. C'è un paradosso in questa faccenda. Sono sicuro che tu puoi vederlo. Ed io cercherò di affrontarlo in "VALIS".
da Selected Letters of PKD 1980-1982, p.146
Nessun commento:
Posta un commento