Negli anni '30 del secolo scorso, in Italia, il Minculpop dettava le sue regole per letteratura, teatro, cinema, ecc. Fra queste regole c'era quella che imponeva che l'assassino non poteva mai essere italiano. Ciò nonostante, Augusto De Angelis, giornalista e scrittore, in quegli anni inventò praticamente il giallo italiano, ambientando i suoi intrighi proprio nell'Italia fascista, dove si muoveva il commissario De Vincenzi, che anni dopo sarà protagonista di una serie televisiva interpretata da Paolo Stoppa.
“Si sa che, prima della rivelazione di Giorgio Scerbanenco, il più valido autore di gialli italiani è stato Augusto De Angelis, il creatore del commissario De Vincenzi, il funzionario di polizia non conformista che ebbe un certo successo in epoca fascista. Insomma, Augusto De Angelis lavorò e si affermò quando dire la verità era ancor più difficile di oggi…
Ma Augusto De Angelis era un vero scrittore e ogni vero scrittore, anche se si mette a raccontare la storia di Cappuccetto Rosso nel bosco, finisce per essere realista: così nei suoi libri intorno all'affascinante figura di Carlo De Vincenzi (umanissimo come il commissario Jules Maigret di Georges Simenon, romantico come il privato Philip Marlowe di Raymond Chandler, intellettuale come il dilettante Philo Vance di S.S. Van Dine, eppure ancora caparbiamente italiano tanto da poter essere considerato un immediato predecessore e un parente piuttosto stretto del commissario Ciccio Ingravallo di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda), intorno a questo eroe da ciclo poliziesco la nostra realtà di allora, e, ahimé, per tanti aspetti di ora, emerge viva nella sua stessa purulenza.
Augusto De Angelis nacque a Roma nel 1888 da una famiglia agiata. Studiò legge, ma la sua passione era il giornalismo in cui esordì giovanissimo. Fu redattore e inviato speciale di vari quotidiani, tra cui anche il “Corriere della Sera”. Le sue capacità di giornalista erano fuori discussione, avrebbe potuto fare una gran carriera, se solo si fosse piegato un poco ai tempi in cui gli toccò vivere. Ma aveva un sogno d'onestà (ne parlano continuamente le lettere conservate dalla figlia Franca), non seppe mai rassegnarsi all'abdicazione, anche se questo significava dover subire restrizioni e patire affanni. Lavorò sempre moltissimo, sia come giornalista sia come autore di romanzi o di teatro.
Alla caduta del fascismo nel 1943 fu redattore capo de “La Gazzetta del Popolo”. Lui che aveva sempre visto chiaro nelle vicende italiane non poteva illudersi che fosse miracolosamente finita. Troppi segni allarmanti marchiavano quel periodo. Restaurato il fascismo, Augusto De Angelis venne naturalmente incluso nelle liste di proscrizione e fu costretto a vagabondare in cerca di un rifugio. Credeva di averlo trovato a Bellagio. Ma fu arrestato, messo in prigione a Como, dove si ammalò seriamente. Quando tornò fuori dal carcere era in condizioni penose. Fu picchiato a morte da un fascista, e gli toccò sopportare una terribile agonia. Lo fece con grande dignità. Morì a cinquantasei anni nel 1944.
Di quanto aveva tentato e di quanto avrebbe tentato di fare ci restano quasi esclusivamente i romanzi gialli. Ma anche questa conferenza sul giallo tenuta in tempo fascista di cui la figlia ha conservato amorosamente gli appunti. “
- Oreste del Buono -
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