domenica 10 giugno 2018

Naufragi

gentile

Nell'agosto 1914, allo scoppio delle ostilità, molti si erano arruolati entusiasti, immaginando di prender parte a una gloriosa avventura, convinti che il sacrificio del sangue avrebbe dato vita a un mondo e un uomo rinnovati. Dopo pochi mesi, l'entusiasmo era scomparso. Ci si rese conto che la guerra era completamente diversa da quelle fino ad allora combattute: per l'enormità delle masse mobilitate, per la potenza bellica e industriale impiegata, per l'esasperazione parossistica dell'odio ideologico, per l'ingente numero di soldati sacrificati inutilmente. La Grande Guerra rappresentava il naufragio della civiltà moderna. I combattimenti cessarono alle ore 11 dell'11 novembre 1918. E già all'orizzonte nuove tragedie si profilavano, poiché il trattato di Versailles ridisegnava l'intera geografia europea secondo la volontà dei vincitori, con conseguenze gravi e di lunga durata a livello politico e ideologico: le rivendicazioni territoriali, la corsa al riarmo e la militarizzazione di massa della società saranno alcuni dei principi cardine sui quali regimi totalitari come il fascismo e il nazismo baseranno il proprio consenso. Gentile ricostruisce il contesto sociale, culturale e antropologico entro il quale maturò quella che è ritenuta una delle più tragiche esperienze del Novecento, soffermandosi in particolare sugli artisti e gli intellettuali che, se all'inizio avevano invocato la guerra come una catarsi, si fecero poi interpreti dell'angoscia profonda da essa scatenata.

(dal risvolto di copertina di: L' apocalisse della modernità. La Grande guerra per l'uomo nuovo di Emilio Gentile. Mondadori.)

La società liquida
- di Patrice-Hans Perrier -

Il mondo postmoderno si disintegra, e lo fa in un contesto nel quale la sfera finanziaria impone i suoi dogmi. L'ubiquità delle transazioni, all'interno di un'economia virtuale che divora la sfera produttiva, apre la strada a massicci trasferimenti di masse monetarie che svolgono la funzione di rimodellare le nostre società moribonde. È praticamente impossibile che in un simile contesto si possano coagulare delle reali relazioni civili. Quando il processo di cittadinanza non riesce più a coagularsi, gli stili di vita hanno già lasciato il posto al fenomeno delle mode, a queste escrescenza della macchina dello spettacolo. La politica spettacolare funziona in maniera orizzontale, anche se i suoi operatori sono parte di una gerarchia verticale. Come in una mare agitato, i consumatori (o neo-cittadini) cercano di restare a galla e di dirigersi verso delle destinazioni che tuttavia alla fine rimangono effimere. L'identità somiglia alla pelle del camaleonte, mentre l'imperativo diviene quello di mascherare le proprie intenzioni, i propri sentimenti e le proprie opinioni.

L'uomo-macchina
Si tratta del processo della produttività, che è stato innescato dal cuore della rivoluzione industriale, e che finirà per avere ragione delle vecchie strutture antropologiche. La performance ed il rendimento costituiscono il ritornello di un nuovo culto: le conquiste della tecnologia, continuamente rinnovate, permetteranno di trasformare il mondo che ci circonda e, in maniera estrema, la nostra condizione umana.
Lo storico Emilio Gentile, nel suo libro dal titolo "L'apocalisse della modernità", fa uso di una visione folgorante presa da Nietzsche: «Quella che racconto, è la storia dei due prossimi secoli, descrivo ciò che verrà, ciò che non può non venire: l'avvento del nichilismo [...].»
Nietzsche, filosofo prometeico e scapestrato, aveva visto giusto quando denunciava il potere vacillante di una Chiesa cattolica percepita come il principale vampiro del defunto Impero romano. Emilio Gentile spiega la sua osservazione sottolineando che «per Nietzsche, la modernità è stata l'epoca culminante di un processo di disgregazione cominciato nel Medioevo, quando la Chiesa non riusciva più a contenere le forze che le erano ostili». A questo fece seguito la Riforma, così come l'affermazione di uno Stato organizzato «attraverso l'egoismo di coloro che si arricchivano e per mezzo della tirannia militare».
Come ho già sostenuto, in un articolo dedicato all'utopia nell'architettura, «se i Templari sono stati i primi banchieri d'Occidente, i monasteri hanno rappresentato un abbozzo delle fabbriche e delle imprese della Rivoluzione industriale. L'utopia dell'ordine finisce sempre per prevalere su quella della libertà». Perciò, l'organizzazione monastica rappresenta, forse, l'embrione di una Rivoluzione industriale a venire, un'economia produttiva che introduce la cronometria delle attività umane. E, pertanto, un regime che allontana l'uomo dai cicli della natura.

La perdita del legame naturale
Jean Giono - la controparte pagana di Pier Paolo Pasolini - traccia il quadro di una comunità contadina [relativamente] indipendente dalla macchinazione capitalista. Coloro che hanno rinfacciato a Giono la sua incorreggibile nostalgia, non hanno capito niente. Si deve leggere "Triomphe de la vie" (1941), un'opera inclassificabile che punta il dito contro quelle che sono le basi dell'alienazione dell'uomo moderno. La comunità contadina, con le trasformazioni del periodo postbellico (1939-1945), rappresenta una società relativamente libera in quanto poggia su delle basi naturali. Nell'opera di Giono, l'artigiano è praticamente il contrario del proletario. C'è poca mediazione fra la sua attività produttiva e questa natura che viene qui percepita come il substrato di ogni forma di organizzazione vivente. In questo modo, «la civiltà interamente costruita a partire dal punto di vista della nostra ragione, fornirà loro [ai proletari] tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere. I gesti che compiranno lungo l'arco di tutta la loro vita diverranno talmente meccanici che li faranno senza pensarci...».
L'alienazione contemporanea non è il frutto di antiche sottomissioni, risalenti a delle epoche in cui la ragione dominante si affermava per mezzo delle armi. Niente affatto. Il nichilismo della società contemporanea è una diretta conseguenza dell'erosione del legame che teneva unite le comunità umane e la natura. Nietzsche ha fatto l'apologia della guerra, prima di sprofondare nella sua follia, sostenendo che lo scatenarsi della Nemesi avrebbe come conseguenza quello di liberare il vecchio uomo dalla sua decadenza. Al di là del bene e del male, un nuovo uomo dionisiaco emergerebbe, affondando in profondità le sue radici nello zoccolo della "vita naturale". Tuttavia, la storia contemporanea ci insegna che in fin dei conti Nietzsche si è sbagliato.

La teoria dello shock
Le grandi guerre che si sono susseguite, dalla fine del XIX secolo fino ai nostri giorni, a posteriori, hanno contribuito a frammentare le società umane, permettendo alla sfera finanziaria di riconfigurare a piacere le vecchie nazioni rimaste. In questo modo, la frammentazione degli Stati balcanici, per non parlare della polverizzazione dell'antico Impero austro-ungarico, hanno permesso alla Germania postmoderna di costituirsi un hinterland industriale brulicante di forza lavoro a basso costo. La Germania ha perso le ultime grandi guerre, ma ha finito per vincere il gioco economico e per assumere il governo di un'Unione Europea che non è altro che un dispositivo che serve per distruggere ciò che rimane del "concerto delle nazioni". Ad essere liberata, è stata la cittadinanza, e non quel "vecchio uomo" decadente che aveva stimolato il delirio nietzschiano. Il nichilismo delle élite, quello che ha continuato a perdurare dall'epoca del romanticismo fino al movimento surrealista, si è diffuso fino ad investire tutte le sfere della società. Piuttosto, è stato Robert Musil, con il suo romanzo "L'uomo senza qualità", ad aver puntato il dito nella giusta direzione. L'uomo contemporaneo è del tutto impreparato, e rappresenta l'antitesi del contadino di Giono. Sarebbe bene lavorare ad un ricerca comparativa relativa a questi due autori, se non è già stato fatto.
Di fatto, l'attività motoria della guerra, nutrita dall'hybris delle élite che controllano le leve, ha funzionato da detonatore, permettendo la disintegrazione dei sedimenti delle società umane. Per poi ricomporre i resti, facendo uso della tecnica del collage, questa pratica "artistica" che rimane l'unica realizzazione della cultura postmoderna. Ordo ab Chao. Ed il Nuovo Ordine Mondiale viene probabilmente chiamato a governare gestendo dei flussi, a guisa di un nocchiero che traghetta i morti viventi della decadenza postmoderna.

L'umanismo deviato
"L'uomo nuovo", questo superuomo prometeico che sostituirebbe "l'uomo vecchio" non esisterà mai. Si tratta piuttosto del "uomo-protesi", così come viene anticipato dai nuovi teorici del trans-umanismo, che prenderà il posto di un proletariato che nella fattispecie è diventato una chimera. Il contadino era legato alla sua terra, poco importavano le vicissitudini legate alla sua sopravvivenza, il proletario è stato incatenato alla sua macchina e, infine, il transumano sarà condizionato dalle manipolazioni genetiche e tecnologiche del futuro. Il processo di alienazione (e non più di produzione, questa volta) avrà completato la sua traiettoria.
Dopotutto, Gesù ha detto che egli era "il figlio dell'uomo". È attraverso la sua condizione umana che l'essere umano trascende le vicissitudini della vita. Qui ed ora. La verticalità spirituale rimane l'unica condizione della sua sopravvivenza ontologica. L'eternità che i teorici del trans-umanismo ci propongono non fanno più parte della storia. Proprio come aveva anticipato il film Matrix (1999), i grandi architetti che si comportano come se fossero dei registi, hanno finito per realizzare questa "Società dello Spettacolo" così tanto temuta da Guy Debord. Il tempo ripristinato per mezzo della "politica spettacolare" non ha più alcun rapporto con alcuna forma di produzione industriale o economica. Per parafrasare Debord, si tratta di "organizzare la fiction", in modo tale che la storia umana venga definitivamente cancellata. L'uomo "senzaterra", senza legami mnemonici e senza legami emotivi, così come definito dal sociologo Zygmunt Bauman, è un esempio di vacuità. Il "metrosessuale", sorta di personaggio fantoccio, ha già preso il posto del vecchio consumatore, quello dell'era postmoderna. Egli consuma sempre dei beni e dei servizi, ma non lo fa allo stesso modo. La plasticità dei social media lo costringe ad agitarsi come un insetto, ad ogni secondo, subendo l'elettroshock di una doxa spietata. I punti di riferimento cognitivi vengono manipolati a volontà. Si tratta di essere modellati secondo "l'aria dei tempi". E l'«Aria del nostro tempo» viene modulata dalla matrice finanziaria che domina da Est ad Ovest. Bisogna perciò praticare delle immersioni subacquee, e da qui deriva l'utilizzo nel film Martrix di questa potente metafora del sottomarino. Siamo sommersi dal mondo virtuale. Mercurio, messaggero degli dei, non vola più attraverso le onde hertziane e fra gli angeli, no. L'immediatezza del mondo delle comunicazioni virtuali è pesante da sopportare. Si tratta di un immenso masso di Sisifo  che siamo condannati a spingere, incatenati davanti ai nostri schermi del computer. Bisognerebbe spegnere, di tanto in tanto, il monitor. Per reinventare la "comunità umana".

- Patrice-Hans Perrier - Pubblicato il 20/3/2015 su CARNETS D'UN PROMENEUR -

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