La schiacciante responsabilità di Hamas per la catastrofe palestinese
- Jean-Pierre Filiu -
Il nazionalismo palestinese, ha sempre sofferto di uno schiacciante rapporto di forza a favore del movimento sionista, prima, e dello Stato di Israele, dopo. È tuttavia assai discutibile voler eludere la responsabilità di alcuni leader palestinesi in quei due disastri storici che sono stati la Nakba - la "catastrofe" del 1948 - con l'esodo di oltre la metà della popolazione araba della Palestina, e la catastrofe in corso, in una Striscia di Gaza già devastata. In entrambi i casi, i movimenti palestinesi - in aperta lotta contro altre fazioni palestinesi - hanno anteposto i propri interessi di parte alla causa nazionale che pretendevano di difendere. In entrambi i casi, hanno commesso, più che un crimine, un errore strategico: Haj Amin Al-Husseini associandosi al nazismo nel 1941, e Hamas perpetrando il massacro del 7 ottobre 2023. Nel 1917 il Regno Unito si impegnava a sostenere «la creazione, in Palestina, di una patria nazionale per il popolo ebraico», e tre anni dopo riceveva dalla Società delle Nazioni un mandato su questo territorio, fino ad allora ottomano. La popolazione araba, maggioritaria al 90%, si opponeva categoricamente a quella che percepiva come una spoliazione. Le autorità britanniche aggirarono questo ostacolo creando, nel 1921, la carica di «gran muftì di Gerusalemme», che venne assegnata a Haj Amin Al-Husseini.
Rilanci massimalisti
Riuscirono così a dividere il nazionalismo palestinese, riducendolo dapprima alla sua dimensione islamica, e poi mettendo i sostenitori di Husseini contro quelli di Nashashibi, loro tradizionali rivali. Furono queste manovre a favorire la repressione della rivolta araba del 1936-1939. Husseini, esiliato nel 1937, quattro anni dopo si mise al servizio di Adolf Hitler, proprio mentre la popolazione palestinese sosteneva in maggioranza le democrazie, contro l'Asse. Tuttavia, quello che si impone nuovamente, nel 1945, alla guida del nazionalismo palestinese, è un Husseini vendicativo che, con le sue esagerazioni massimaliste, eclissa i suoi concorrenti. Non solo offuscò con il suo discredito personale la causa del suo stesso popolo, ma nel 1947 rifiutò il piano di spartizione della Palestina tra uno Stato ebraico e uno arabo, precipitando così la popolazione palestinese in un conflitto disastroso. È illuminante il parallelo con gli islamisti della Striscia di Gaza, che a partire dal 1967 l'esercito di occupazione israeliano favorisce, a scapito dei nazionalisti dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Furono questi stessi islamisti che, passando da un estremo all'altro nel 1987, fondarono Hamas, dedito alla distruzione di Israele, mentre invece l'OLP si impegnava a riconoscere Israele, riaprendo così la strada alla “soluzione dei due Stati”. Lo scisma inter-palestinese culmina così con la rottura del 2007, tra Hamas, padrone di Gaza, e l'Autorità Palestinese (AP), che gestisce parte della Cisgiordania per conto dell'OLP.
Salvare Hamas, piuttosto che Gaza
Benyamin Netanyahu - primo ministro dal 2009 al 2021, e poi dal 2022 - fa di tutto per approfondire il divario tra l'interno della Striscia di Gaza, assediata da tutte le parti, e la Cisgiordania, che viene così consegnata alla colonizzazione. Ma il 7 ottobre 2023 Hamas infligge a Israele quello che è il giorno più sanguinoso della sua storia. Attuando questa serie di massacri, gli islamisti sperano di riuscire a soppiantare l'OLP pacifista all'interno del nazionalismo palestinese. Sono consapevoli del fatto che le rappresaglie israeliane saranno terribili, e si sono preparati proteggendo il loro apparato, ma senza alcun riguardo per la popolazione lasciata senza alcuna difesa.
Ecco perché l'offensiva israeliana si trasforma assai rapidamente nella distruzione di Gaza, piuttosto che di Hamas, che ai fini del suo dominio islamista, approfitta persino della liquidazione, nella società palestinese, dei contro-poteri universitari, culturali e associativi. Quanto a Netanyahu, egli fa il gioco di Hamas, tanto più che esclude qualsiasi ripristino dell'Autorità Palestinese a Gaza, proprio per impedire il rilancio della "soluzione dei due Stati".
Questo rifiuto di una prospettiva politica, rende così Hamas l'unico interlocutore palestinese di Israele per quel che riguarda Gaza, anche se nell'ambito di colloqui indiretti sotto l'egida del Qatar, sostenuto dagli Stati Uniti e dall'Egitto. In tal modo, il movimento islamista rimane al centro della scena palestinese, e questo malgrado l'eliminazione della maggior parte dei suoi leader politici e militari, sostituiti però da dei responsabili che sono ancora più intransigenti. Il fatto che i negoziati ignorino il futuro di Gaza, per concentrarsi sugli scambi tra gli ostaggi israeliani e i detenuti palestinesi, accentua ulteriormente questo vantaggio degli estremisti di Hamas. Nel mese di maggio, uno dei loro portavoce, esiliato in Qatar, ha espresso senza mezzi termini la loro inquietante indifferenza per le sofferenze dei loro compatrioti: «I grembi delle nostre donne daranno alla luce molti più figli di quelli che sono morti da martiri». Una dichiarazione così provocatoria, che ha suscitato, nella Striscia di Gaza, tutta una serie di spontanee manifestazioni di protesta contro Hamas, le quali però sono state rapidamente soffocate proprio dal proseguimento dei bombardamenti israeliani. Quando le truppe israeliane, a Beirut, nell'estate del 1982, assediarono l'OLP, il suo leader, Yasser Arafat, accettò di venire evacuato insieme a migliaia di combattenti, in modo così da abbreviare le sofferenze dei civili. Al contrario, Hamas, a quasi due anni dall'inizio del conflitto in corso, continua a far prevalere i propri interessi di partito su quelli di una popolazione sempre più in difficoltà. Non c'è dubbio che il verdetto della storia contro gli islamisti palestinesi, sarà inappellabile. Per ora, tuttavia, sono le donne, gli uomini e i bambini di Gaza a morire.
- Jean-Pierre Filiu - Pubblicato su Le Monde del 31/8/2025 -
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