… comincia con un omone con una grossa barba, che cerca di svegliare un bambino morto toccandogli piano la fronte con il suo grasso indice. Con tenerezza. E forse è proprio il western quel bambino morto!
Il western che Kostner tenta, goffamente e teneramente, di svegliare da una morte probabilmente arrivata troppo presto. Chissà.... Mentre vediamo i fantasmi, quelli che fanno di notte la loro guerra, e che non possono essere certo fermati con dei fucili ad avancarica! E non verranno fermati finché, poi, non arriveranno le armi automatiche dell'esercito americano in giacca azzurra: la Colonizzazione è una guerra tra contadini e guerrieri. Ed è questo che scorre nella prima parte del film. Scorre la storia...
Un mandolino siciliano finito nella polvere che viene raccattato. La cultura... Le tombe degli Apache. Gli apache, i primi nativi che Kostner ci mostra: sono loro quelli che ci vivono, nel proprio territorio. Ma è già tutto che si muove come nel sogno di un vecchio capo che poi così vecchio non è; c'è tempo perché invecchi mentre i giovani muoiono. E Kevin Kostner ce lo racconta, da par suo. Per ora, manca una soundtrack che sia all'altezza. L'esercito, dà solo un'ora di tempo, ai coloni, per decidere se la libertà borghese vale la pena di essere tentata. E un'ora è troppo poco. La libertà dei nativi, invece, verrà decisa lungo un tempo infinitamente più lungo, e più breve allo stesso tempo. Resteranno tutti... e continueranno a incontrarsi, come se si muovessero in un... Destino!
Ed è qui che entra Kevin... e ci spiega che quando arrivano quelli che spingono l'aratro, non ci sarà mai nessuno esercito sulla terra in grado di fermarli. Più o meno come i contadini de I magnifici 7, quelli che alla fine vincono sempre loro! Ma a quanto pare, ora i problemi sono altri. Forse... Ma gli è che però in certi posti nessuno ci va a meno che non sappia che li c'è qualcuno che lo aspetta. O quanto meno se pensa che lì ci troverà qualcuno. O qualcosa. Come a dire che ... c'era una volta il West. Un West dove la libertà è sempre un cavallo nero che scalpita, e che se non viene liberato diventa pericoloso soprattutto per sé stesso; ma la libertà sono anche le regole che devono essere rispettate se non si vuole che tale libertà sia goduta dai pochi al prezzo salato pagato per te... dagli altri. E qui – nel film intendo – il prezzo da pagare agli altri è ancora una volta la cultura.
L'arte di chi è venuto a Ovest, con la moglie e un cuore da bambino, a disegnare nativi e bisonti. È troppo alto il prezzo dell'arte. Insostenibile. Da qualsiasi parte la guardi. E l'uomo lo paga. Sempre. Se vuole continuare a esserlo, un uomo. Ma mischiare le classi è sempre un problema. Soprattutto se succede nell'accampamento di una carovana che si muove verso un futuro che, mentre lo costruisce, questo futuro forse nemmeno esiste! E, soprattutto, forse non esisterà mai. Ma c'è un mondo intero dove poter andare. Allora perché proprio lì?!?? È sempre questo il succo. Ma, intanto è meglio accendere un fuoco. È sempre meglio. Come l'amore per amore. Come la resa dei conti ... con sé stessi, che arriva. Per quello che siamo. Accarezzando e aspettando - nel lungo finale - sulle note di Amazing Grace la promessa del secondo capitolo di una saga che tocca il cuore...
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