Nel 1938 un visconte francese avventuroso e un po’ avventuriero, sempre alla ricerca di un senso da dare alla vita, decide di partire per l’estremo Nord, al di là del Canada, dove vivono le popolazioni più «primitive». Nel racconto di questa esperienza – una lenta e progressiva acclimatazione, in ogni senso, al nuovo mondo – tutto incanta fin dal primo istante: le durissime prove di resistenza, l’asprezza degli elementi, descritti con una vivacità e un’immediatezza fuori del comune, ma sopra ogni altra cosa l’incontro con gli Inuit, i più arcaici abitanti dell’Artico. Dapprima irrigidito nella sua supremazia di Kabloona, «uomo bianco» – si spingerà a dire che gli Inuit «non pensano», il che secondo i nostri angusti canoni potrebbe sembrare vero –, Gontran de Poncins finirà per imparare molto da queste genti, che non si pongono affatto il problema di dare un senso alla vita, come scopriremo in pagine profonde, spiazzanti, educative nel senso più alto della parola. E nell’ora sofferta del ritorno, si renderà conto, inaspettatamente, di essere diventato uno di loro. Il suo cuore rimarrà lì, come quello di noi lettori, illuminati da un’avventura che, superando ogni distanza, riesce a farci entrare nell’anima di un popolo e di un tempo che non potranno essere più
(dal risvolto di copertina di Gontran de Poncins, "Kabloona. L'uomo bianco". Adelphi, pp.332, €22,80)
Un bianco fra gli eschimesi
- di Tommaso Pincio -
Inutile girarci intorno. "Kabloona" è proprio un bel libro. Inutile anche cercare aggettivi alternativi come «necessario», solo in apparenza più sofisticati ma in fin dei conti ridicoli. Del resto è possibile definirlo bello non tanto perché ben scritto, con una lingua calibratissima e vivida, peraltro resa splendidamente in traduzione da Marco Rossari. Lo è in particolar modo perché impartisce belle lezioni di umiltà e dunque di rinunzia ai fronzoli. E il bello di queste lezioni è che, seppure non strettamente necessarie, rimettono in prospettiva le cose. È il 1938 quando Gontran de Poncins, discendente nientemeno che di Montaine e viaggiatore, matura il convincimento di voler andare nell'Artico per passare un po' di tempo con i primitivi che vivono in quelle lande desolate e ghiacciate. Bussa perciò alla porta dei Padri Oblati, che nella loro opera di evangelizzazione si sono spinti anche nell'Artico centrale, dove l'uomo bianco si è finora incarnato solo in qualche raro missionario. Il viaggiatore sa che in quelle zone remote un vescovo si sposta con un aereo personale. Spera in un passaggio e quando spiega la sua richiesta, il religioso che gli ha concesso udienza non fa una piega, some se andare nell'Artico fosse una pratica normalissima e non chissà che impresa. Scriva al vescovo e lui risponderà, dice. Non è che la prima lezione di umiltà. Innumerevoli altre seguiranno. impartite al viaggiatore da una natura in cui la vita sembra impossibile, e dalle popolazioni che pure ci vivono. Nella lingua di quei luoghi "kabloona" vuol dire «uomo bianco» ma il tema del libro sono gli eschimesi. Parla in sostanza dell'incontro tra due mentalità distanti ovvero di come, d occidentali evoluti ma pieni di fronzoli, sia possibile smettere di essere individui per tornare quelli che eravamo un tempo, semplici esseri umani.
- Tommaso Pincio - Pubblicato su Tutto Libri del 16/12/2023 -
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