giovedì 22 agosto 2024

Un mondo meglio di così…

Il volume, frutto di una estesa ricerca d’archivio, analizza le formazioni riconducibili a quella peculiare area politica che è stata la sinistra rivoluzionaria italiana fra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento. L’anarchismo e le dissidenze antistaliniste “storiche” hanno dato vita a esperienze organizzative significative che, a contatto con le lotte sociali e anticoloniali, hanno saputo intercettare le tensioni generazionali e politiche affiorate negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. Già prima del Sessantotto sono nate così nuove strutture di matrice antiautoritaria, operaista, marxista-leninista, e/o antimperialista, che hanno raggiunto il loro apogeo nella prima metà del decennio successivo per entrare poi rapidamente in crisi, strette tra il fenomeno della lotta armata, il disimpegno politico e l’emergere di altri bisogni e antagonismi (femminismo in primis).

(dal risvolto di copertina di: EROS FRANCESCANGELI, «Un mondo meglio di così». La sinistra rivoluzionaria in Italia (1943-1978) VIELLA Pagine 361,  €32)

La strana sparizione di Toni Negri
di ANTONIO CARIOTI

Il Sessantotto non fu «una sorgente», bensì «una conseguenza» dell’attività svolta in Italia dall’estrema sinistra, poiché gruppi preesistenti, della più svariata matrice ideologica, «prepararono e plasmarono a loro misura» la contestazione giovanile. È questa la tesi più significativa e originale sostenuta da Eros Francescangeli nel saggio «Un mondo meglio di così» (Viella), dedicato alla vicenda della sinistra rivoluzionaria nel nostro Paese. L’autore prende dunque le mosse da molto tempo prima del Sessantotto, dal contributo che gruppi anarchici e comunisti eretici diedero alla lotta di Liberazione, per poi tracciare una mappa particolareggiata delle varie correnti che si muovevano a sinistra del Pci. È tutto un fiorire di gruppi e gruppuscoli — bordighiani, trotskisti, libertari, dal 1956 in poi anche stalinisti e maoisti — con frequenti scissioni e ricomposizioni non facili da seguire. Sono due comunque le tendenze che si presentano puntuali all’appuntamento con la grande turbolenza di fine anni Sessanta: gli operaisti, convinti dalla necessità di puntare sullo spontaneo ribellismo della classe lavoratrice più insofferente alla disciplina di fabbrica, e i maoisti, dediti a una rigida militanza settaria. Si aggiungeranno il gruppo del «Manifesto», radiato dal Pci, e quella parte dei socialisti di sinistra del Psiup che sceglierà di non confluire nel partito di Enrico Berlinguer: insieme, ma muovendosi quasi da separati in casa, costituiranno il Pdup, forza dalla vita piuttosto travagliata. La parte più interessante del lavoro di Francescangeli, che ha deciso di non trattare il fenomeno della lotta armata clandestina, riguarda Lotta continua, il movimento di maggior spicco scaturito dal filone operaista. Il libro ne segue con attenzione le diverse svolte: il passaggio dal primato delle lotte in fabbrica alla conflittualità diffusa sul territorio all’insegna dello slogan «prendiamoci la città»; l’esaltazione della «violenza proletaria» sfociata in azioni come l’omicidio Calabresi, sulla cui matrice l’autore non mostra dubbi; la successiva presa di distanza dall’estremismo armato; la crisi determinata dalla rivolta delle donne contro il maschilismo dei vertici. Nel 1976 il congresso di Rimini vede Lotta continua in preda a «profonde e irreparabili lacerazioni interne» che ne determinano di fatto lo scioglimento. Esso non fu però, secondo Francescangeli, la «decisione dettata da senso di responsabilità» di cui parlano i reduci di quell’esperienza. Semmai il gruppo dirigente preferì lasciare «più o meno deliberatamente alla deriva» un’organizzazione diventata ingovernabile. Nel frattempo però, anche per effetto del movimento del 1977, cresceva il fenomeno dell’Autonomia operaia, che Francescangeli stranamente trascura: nessuno spazio trova nelle sue pagine l’operato di Toni Negri successivo alla dissoluzione di Potere operaio nel 1973, né si occupa del caso 7 aprile. All’indomani della scomparsa del professore padovano, da alcuni celebrato come un faro del pensiero, è una lacuna che lascia perplessi.

- Antonio Caroti -  Pubblicato su La Lettura del 24/12/2023 -

Nessun commento: