La mia casa in Santa croce. Un monolocale al piano terra con una piccola cucina e un cortiletto da dove Carolina, la mia prima gatta, una volta riuscì persino a rimediare un mezzo pollo arrosto proveniente da chissà dove. Carolina, uno scricciolo che si era rifugiato nella basilica di Santa croce, e che il prete infame aveva cacciato a scopate, non poteva non diventare la padrona in via Alfani, dove me la portai. Fu quella, una piccola casa per una cosa allora per me del tutto nuova. La moto, che parcheggiavo nel piccolo corridoio all'ingresso. Il mio primo lavoro in una ditta di trasporti industriali, i camionisti, i primi colleghi di lavoro, quelli buoni e quelli meno buoni, nessuno dei quali poi, come sempre , ho mai più rivisto ; ma me li ricordo tutti, uno per uno. È stata quella la mia prima vita dopo la fine del sogno. E ben presto, in capo a qualche anno, sarebbe finita anche questa. Ma chi è che me la può più togliere, oramai? Così, ogni tanto me la sfoglio, come un libro o, meglio ancora, come un mazzo di carte. Un solitario che cerco di rimettere insieme, mentre le giro, le carte che non tornano mai. Spesso baro, lo ammetto. Torno indietro di un paio di mosse, e ritento un'altra successione, che non ricordo se sia inedita, o già tentata. Ho tutto il tempo... Tanto che importa…
Nessun commento:
Posta un commento