Disoccupazione felice?
di Robert Kurz
Il discorso della liberazione del lavoro si è rivelato obsoleto. Mentre la terza rivoluzione industriale rende superfluo il lavoro su scala mondiale, allo stesso tempo vengono fabbricati massicciamente prodotti inutili o prodotti che costituiscono un pericolo pubblico. Il punto di vista del lavoro è demoralizzato. Quello che ora viene pagato a caro prezzo è il fatto che il marxismo ha ereditato dalla storia borghese l'etica protestante del lavoro e l'ideologia liberale del carattere antropologico e sovra-storico del lavoro.
Il carattere coercitivo del lavoro viene oggi espresso nello slogan dell'amministrazione del lavoro, secondo cui qualsiasi lavoro sarebbe migliore di nessun lavoro. L'occupazione va imposta a qualsiasi prezzo, anche con salari di fame, con orari da primordi del capitalismo, con esigenze di mobilità estrema, ecc.. Tutto questo viene giustificato facendo appello al "sorvegliante del lavoro interno" nell'individuo moderno, che interiorizza il punto di vista delle esigenze capitalistiche.
Ma con tutta la sua buona volontà, il capitalismo non può far tornare indietro le forze produttive che hanno oramai minato la sua "sostanza del lavoro". Dal momento che nella questione dell'acquisizione del lavoro oramai non funziona più niente, la prospettiva borghese scopre proprio ora la critica del lavoro. Già Paul Lafargue, il genero di Marx, com'è noto, esigeva ironicamente il "diritto alla pigrizia". In tal modo, pretendeva che i lavoratori salariati ottenessero, per mezzo di una lotta per la distribuzione, una porzione maggiore di "ricchezza astratta" (Marx) della valorizzazione del capitale, per poter godere di quei frutti, anziché limitarsi alla frugale etica del lavoro. Oggi, però, con la terza rivoluzione industriale, insieme all'etica del lavoro, è stata resa obsoleta anche la tradizionale limitazione alla lotta per la distribuzione. La forma capitalista stessa di ricchezza, nella figura di una "mostruosa accumulazione di merci" (Marx), dev'essere criticata e superata. Quando ora viene propagandata, senza riferimento alcuno alla forma sociale, "La scoperta della pigrizia" senza alcuna mediazione, come nel caso del best-seller dell'autrice francese Corinne Maier, in realtà si evita di affrontare le relazioni di coercizione e povertà della crisi.
Espressamente, Corinne Maier non intende formulare alcuna critica fondamentale del sistema. Sottolinea le assurdità della filosofia di gestione e di rianimazione del lavoro, ma in realtà il suo appello non va oltre il "licenziamento interiore": chi ha ancora un impiego, deve trincerarsi nel suo posto di lavoro, fare il meno possibile e continuare ad imbrogliare in qualche modo. Questa strategia alla Schweik va incontro alla coscienza dell'individualizzazione postmoderna e alle illusioni della "nuova classe media" in caduta, che vuole ancora credere che il suo impoverimento è solo un film. "Fallire in bellezza" (Mathias Horx) è all'ordine del giorno. Come se fosse stato commissionato, ecco che arriva, come complemento il libro di Alexander von Schönburgs, "L'arte di impoverire in grande stile", anch'esso lodato dai periodici.
Quello che negli anni novanta veniva ancora presentato, dai "Disoccupati Felici" di Berlino, come sovversivo per eludere le prepotenze della burocrazia del lavoro, adesso minaccia paradossalmente di trasformarsi in parte integrante dell'amministrazione della crisi. Anche gli attuali concetti presenti nei settori di sinistra, come i "negozi gratuiti" ed altri progetti di auto-impiego del benessere terapeutico, finiscono semplicemente per diventare povertà auto-amministrata, che negano la critica radicale. Senza un serio movimento sociale di resistenza, tutte le fantasie picaresche di pigrizia suonano false e diventano recuperabili in maniera conservatrice. Una critica del lavoro ridotta e superficiale, che non comprende tutta la riproduzione sociale, in breve finisce per essere svilita, come il vecchio punto di vista del lavoro.
- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland del 22/4/2005 -
fonte: EXIT!
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