La critica del valore in Brasile
- Intervista di Clément Homs e Vincent Roulet a Robson de Oliveira, marzo-aprile 2015 -
In Francia, abbiamo cominciato a conosce la critica del valore soprattutto a partire dalla metà degli anni 2000 e, a parte la summa che ne ha fatto Anselm Jappe in "Les Aventures de la marchandise" e la traduzione di gran parte dell'opera di Moishe Postone, la situazione della ricezione della WertKritik in Francia è ancora ai suoi inizi, soprattutto perché non è ancora stata tradotta alcuna opera maggiore di Robert Kurz. E' stato solo nel 2015 che abbiamo potuto leggere la traduzione di "Der Kollaps der Modernisierung" di Kurz, che è stato scritto nel 1992... Se guardiamo al Brasile ed al Portogallo, c'è da essere invidiosi per la situazione della ricezione di questa critica, che appare essere molto più avanzata! E' straordinario il numero di traduzioni che vi appare. Com'è avvenuta questa ricezione, nel mondo lusofono, a partire dagli anni 90 e, a tuo avviso, quali sono le ragioni di questo interesse?
Robson de Oliveira: La critica del valore arriva in Brasile nel momento in cui il paese vive la turbolenza degli anni successivi alla dittatura militare. Negli anni 90, risuona ancora quello che viene chiamato "il decennio perduto". Alla turbolenza brasiliana degli inizi degli anni 90, si aggiunge la caduta del socialismo dell'Est. Ho come l'impressione che, in seno alla sinistra ed agli intellettuali di sinistra, abbia chiamato alla riflessione - che non significa necessariamente una riflessione radicale. Con questo non voglio dire semplicemente che la critica radicale del valore debba il suo inizio in Brasile ad un tale contesto, ma sappiamo che in diversi luoghi, come San Paolo e Fortaleza, c'erano delle persone che si ponevano delle domande. In ogni caso, "Der Kollaps" è stato tradotto in Brasile un anno dopo la sua pubblicazione in Germania, e ci sono state numerose riedizioni. A mio avviso, chi ha servito da innesco per introdurre Kurz in Brasile, è stato Robert Schwarz, un intellettuale molto rispettato sia in seno alla sinistra che nel mondo accademico. E' stato lui a pubblicare un articolo su Folha de São Paulo (è in questo giornale che Kurz scriverà dei lunghi articoli a metà degli anni 2000), in cui faceva l'elogio del libro che era stato pubblicato in Germania. Quest'articolo è poi diventato in qualche modo la prefazione alla traduzione brasiliana. Questo non vuol dire affatto che l'elogio da parte di Schwarz sia stato sufficiente a fornire le credenziali a Kurz. Le polemiche sollevato dal libro non potevano lasciare indifferente la sinistra intellettuale, e Kurz è stato oggetto di molti dibattiti universitari ed è stato anche bersaglio di molti attacchi. In ogni caso, il libro è stato letto, e i docenti, anche quelli che lo criticavano, hanno diffuso il libro. Direi che in un certo modo Kurz è penetrato rapidamente nei circoli universitari - nei movimenti sociali, non sempre è il benvenuto. Simultaneamente agli sforzi di Schwarz - che ancora non si richiamavano alla critica del valore - bisogna sottolineare anche gli sforzi di Dieter Heidemann in seno al Laboratorio di Geografia Urbana dell'Università di San Paolo, che ha giocato un ruolo fondamentale nella traduzione, nella diffusione e nella discussione dell'opera di Kurz, così come, più tardi, quello delle persone che hanno costituito un gruppo a Rio de Janeiro, denominato Antivalor. Bisogna sottolineare anche il ruolo maggiore giocato oggi dalle persone che ruotano intorno al sito Obeco, portoghese, che traducono e diffondo molti testi online. In un quadro non accademico, il gruppo Critica Radical di Fortaleza ha giocato un ruolo altrettanto importante nella riflessione e nella diffusione della critica del lavoro in quella regione. Oggi, le discussioni intorno alla critica del valore si svolgono ovunque. Forse l'interesse accademico è minore, ma, oltre ai gruppi storici (come a San Paolo, a Rio e a Fortaleza), ne sorgono altri. Credo che oggi, ad aver letto Kurz, ci sia più di una generazione. C'è chi sostiene che sia stata solo una moda passeggera, ci sono quelli che mescolano gli approcci della critica del valore ai resti del marxismo tradizionale, soprattutto per quel che concerne la lotta di classe, e c'è anche chi vuol fare una critica del valore adattata al contesto brasiliano. Ma ci sono anche quelli, soprattutto dopo il breve sviluppo del Brasile in questi ultimi anni, che vogliono mettere in discussione la teoria della crisi sviluppata da Kurz a partire dal Marx esoterico. In realtà, oggi Kurz rimane un autore essenziale nel dibattito di sinistra - anche se non è sempre ben compreso. Lo sviluppo degli ultimi dieci anni in Brasile, sostenuto dal boom delle materie prime, ha comportato l'arrivo delle relazioni di mercato ovunque prima erano poco sviluppate, oppure mescolate ad altre relazioni non di mercato. Va sottolineato che il dualismo civiltà e barbarie non è più applicabile al contesto dei paesi del Terzo Mondo, soprattutto al Brasile. Sviluppo della civiltà significa barbarie - è questo il contesto brasiliano attuale. E le tesi della Critica del valore hanno molto da dire sulla dialettica fra lo sforzo di sviluppo sostenuto dal capitale fittizio - insieme al pompaggio delle materie prime e alla trasformazione rapida ed atroce dell'agricoltura in agroindustria - e la barbarie che significa allo stesso tempo la continuazione della forma sociale della merce.
Se non sbaglio, anche tu sei originario di Fortaleza, ed avrai costeggiato le attività del gruppo Critica Radicale che si basa, da molti anni, sulle analisi, soprattutto, di R. Kurz. Qaul è l'origine di questo gruppo e per mezzo di quali attività e di quali lotte si organizzano i nostri compagni brasiliani?
Robson de Oliveira: Il gruppo Critica Radical è nato dai movimenti sociali in seguito alla lotta contro la dittatura. All'inizio, si trattava di persone che partecipavano alla lotta contro la dittatura provenendo dai partiti politici. Penso che qui la cosa più importante sia raccontare l'inizio della rottura con il marxismo tradizionale. Il gruppo è sempre stato molto attivo nei movimenti sociali operai - ad un certo momento, aveva anche il controllo di importanti sindacati - ma anche nei movimenti degli insegnanti, dei senzatetto e delle persone nella provincia, affamate in seguito alla siccità. Non bisogna dimenticare le azioni in seno all'Unione delle donne - tema tabù per la sinistra dell'epoca, per la quale non esisteva una questione femminile, ma soltanto una questione operaia. Il gruppo ha partecipato a qualche dozzina di occupazioni di terreni urbani, cosa che faceva arrabbiare i proprietari che aspettavano l'aumento dei prezzi. In queste occupazioni, il gruppo ha cercato, oltre a tentare di organizzare le persone per la rivoluzione, di creare degli spazi propizi alla discussione intorno alle forme di auto-organizzazione e di solidarietà, per poter andare oltre la lotta limitata per un alloggio individuale. Ma non è stato per niente facile. Appena le persone si sistemavano, la discussione perdeva il loro entusiasmo e la vita mercificata riprendeva il predominio sulle altre preoccupazioni. Ma la vittoria proveniva dalla lotta, quindi bisognava sperare. Un modo di sperare è stato quello di presentarsi alle elezioni. E' stato così che il gruppo (che partecipava ai partiti, ma che si organizzava anche in partiti clandestini) ha ottenuto dei deputati, dei consiglieri municipali, fino a conquistare, nel 1985, il comune, in un'elezione che ha visto un'enorme partecipazione popolare, e in cui la prima donna di sinistra è stata eletta a capo dell'amministrazione di un capoluogo di provincia. A quel tempo, il gruppo era iscritto al Partito dei Lavoratori ed era organizzato dentro un altro partito, però clandestino. Il Partito dei Lavoratori voleva, già all'epoca, gestire la citta in maniera moderata per dare prova di responsabilità e vincere così le elezioni presidenziali. Ma il gruppo, al contrario, voleva approfittare della situazione di grande mobilitazione e fare una gestione radicalmente popolare. Questa visione delle cose venne ferocemente attaccata dai media, dalla destra, dai ricchi, dagli imprenditori che volevano dei vantaggi, ed anche dagli altri partiti di sinistra. Come si poteva immaginare che l'amministrazione realizzasse una campagna in cui raccontava la storia delle persone che si rivoltavano contro il servizio cittadino dei trasporti in rovina, affollato, sempre in ritardo e molto caro? Era qualcosa di inimmaginabile. La destra, i media e le imprese private che controllavano i trasporti ci vedevano un'incitazione alla rivolta. Come poteva lo Stato incitare alla rivolta? L'esperienza amministrativa fu traumatica a causa dei conflitti con i padroni e con il Partito dei Lavoratori, che alla fine espulse tutto il gruppo, ma anche a causa della presa di coscienza rispetto alla pratica di quel che significava la politica. Anche mentre era in municipio, il gruppo continuava a fare delle occupazioni di terreni ed a partecipare ai sindacati, soprattutto a quelli del settore metallurgico. E' a partire dai dubbi, sopraggiunti a fronte dell'impossibilità di creare un governo popolare che gestisse il capitalismo, dopo la caduta del muro di Berlino e dopo l'esperienza sindacale che il gruppo cominciò una svolta. A quel tempo, era la fine degli anni 80, l'industria metallurgica nella nostra città aveva dovuto adattarsi agli standard di produttività mondiale per poter esportare. La conseguenza diretta: il licenziamento. L'arrivo della tecnologia aveva estromesso dalle imprese un numero considerevole di operai. Quelli che restavano divennero più reticenti a scioperare. Tutto questo contesto, alla fine aveva portato a scuotere le certezze del gruppo. La strada scelta per cercare di comprendere quel contesto storico della fine della dittatura per mezzo della conciliazione, della disillusione nei confronti della politica, della disillusione nei confronti del socialismo e dei cambiamenti nel processo di produzione che economizzavano il lavoro in quei settori in cui il gruppo aveva una presenza sindacale, la strada è stata quella di tornare ai testi di Marx. In questa rilettura, è stato il testo di Grundrisse a colpire in particolare uno dei pilastri del gruppo, Jorge Paiva. A quel tempo, quel libro era praticamente sconosciuto in Brasile (la traduzione brasiliana uscirà solo nel 2011), soprattutto in una città provinciale come la nostra. C'erano perfino dei vecchi comunisti che dicevano che quel libro non esistesse affatto, che era un'invenzione del gruppo per far passare delle idee come se fossero le idee di Marx. E' stato proprio il frammento sulle macchine a catturare l'attenzione. L'idea di una contraddizione interna al capitale, la comprensione quindi di una crisi in seno alla forma di produzione della ricchezza capitalista, il valore, via via e nella misura in cui il lavoro morto si sostituisce al lavoro vivente, e la comprensione di questa sostituzione come ultimo atto della società delle merci ha scosso le certezze del gruppo, che ha dovuto abbandonare la sua interpretazione di Marx, abbandonare il marxismo quindi. Come interpretare il fatto che invece di una rivoluzione imminente portata avanti dalla classe operaia, è il capitalismo stesso che, per la sua logica interna, entra in crisi? Questo non era ovvio. C'è voluto qualche anno per digerire questa scoperta. Ma la pubblicazione de "Il crollo della modernizzazione" ha accelerato le cose. La lettura di quel libro fu difficile, i concetti apportati da Kurz erano abbastanza estranei alla cultura marxista. A titolo di aneddoto, in una riunione di studio del libro, era stata prevista la presentazione degli argomenti avanzati dall'autore, ma il gruppo responsabile della presentazione si rifiutò di presentare quelle idee considerate come esplosive nei confronti della comprensione del capitalismo che aveva il gruppo. Dopo questo libro di Kurz, è venuto il periodo in cui i testi di Kurz venivano pubblicati nel giornale Folha de São Paulo, degli articoli assai densi e molto teorici. Gli anni 90 sono stati gli anni della maturazione di quest'idea. Il gruppo ha stabilito dei contatti con persone del Labur de São Paulo e, nel 1999, si è fatta la presentazione del "Manifesto contro il lavoro". Dopo, abbiamo invitato Anselm Jappe a venire a presentare il suo "Guy Debord" e, nel 2000, si è organizzato un seminario internazionale dal titolo "La teoria critica radicale, il superamento del capitalismo e l'emancipazione umana", cui hanno partecipato Kurz, Jappe, Postone, Heidemann, Trenkle e Lohoff. E più di duemila fra curiosi ed interessati. Da allora, il gruppo ha conosciuto più rotture. L'uscita dalla politica è avvenuta nel 1998, e dopo il 2000 non siamo stati più dentro alcun sindacato. Tutte queste rotture hanno comportato anche un diminuzione considerevole del numero di partecipanti. Molti non hanno accettato l'uscita dalla politica o dai sindacati. All'inizio degli anni 2000 c'è stato un momento di radicalizzazione teorica e la revoca di una prassi diretta. Da allora, si è investito sulle discussioni teoriche insieme alle persone dei sindacati, delle comunità create sui terreni che avevamo aiutato ad occupare, nelle università, ecc.. Abbiamo fatto delle presentazioni di libri, dei seminari, dei dibattiti in luoghi pubblici. Ultimamente, è "Denaro senza valore, ad essere oggetto delle nostre discussioni. La domanda in qualche modo è la seguente: che fare di questa teoria che apparentemente non ha niente a che vedere con la prassi sociale immediata? Il nostro sforzo è volto a far sì che questa teoria critica dica la sua parola su dei problemi della società, che essa partecipi, nella misura del possibile, al dibattito, senza mai perdere la sua radicalità. Non possiamo immaginare che le persone non possano capire, che sia troppo complicato e che abbiano solo bisogno di vitto e alloggio. Bisogna che la critica del valore crei una tensione con questa società. E' per questo che si cerca sempre più di discutere con i movimenti sociali, senza voler fare opera di mediazione movimentista. Si cerca di contribuire ad un cambiamento della base teorica dei movimenti sociali, che rimane sempre marxista tradizionale, sempre dentro il solo quadro della lotta di classe. Si partecipa agli scioperi, quando c'è uno spazio possibile di discussione, si partecipa a dei movimenti ecologisti, anche, si anima allo stesso tempo un movimento di sciopero degli elettori. Quando si partecipa ai movimenti, si fa di tutto affinché la nostra posizione sia chiara per quel che concerne la critica del capitalismo. In ogni caso, è diventato pressoché impossibile sentire oggi, nei movimenti, una parola d'ordine contro il capitalismo. O è contro la finanza, o è semplicemente contro i ricchi, oppure contro una "élite". Al momento, siamo anche impegnati in un progetto di fattoria comunitaria. Il fine, è quello di produrre delle cose insieme e di distribuire le cose prodotte insieme. L'idea, è che questa fattoria contribuisca in pratica ad una riflessione sulle relazioni di mercato, senza che sia un esempio di come superare il capitalismo. L'idea, è che un movimento che sostiene la rottura ontologica con la forma sociale di merce possa anche avere uno spazio per condividere altro che non sia la discussione teorica. Quindi, diversamente dalle fattorie già esistenti nel mondo, si vuole che si guardi all'orizzonte della critica radicale, invece di voler vivere in maniera più sana nel quadro di una società malata.
Tu hai citato "l'idea di una contraddizione interna al capitale, la comprensione del capitale in quanto contraddizione permanente in processo", come se fosse una novità introdotta dalla scoperta dei Grundrisse. Ora, questa è un'idea che si trova già nel cuore del Capitale. Quindi non è stata affatto una novità in sé. Non si è trattato allora di un modo un po' differente di capire questa contraddizione? Nel contesto francese della fine degli anni 70, i Grundrisse - e soprattutto il suo "Frammento sulle macchine" - sono stati molto in voga, dal momento che sembravano fornire una base più positiva all'attività politica. In un'epoca in cui la lotta di classe perde il suo lustro, sembra possibile giocare sulla contraddizione interna al capitale, invertendo in qualche modo il polo della "ricchezza materiale". Questo approccio, inaugurato in Italia dopo la più forte contestazione del lavoro che si sia mai conosciuta, in seguito si è evoluta, soprattutto sotto l'influenza dei vecchi operaisti come Negri, verso l'affermazione di un polo radicale che sembrava stare dentro il rapporto sociale capitalista, quello del General Intellect. Questo investimento che evolverà verso una posizione quasi pro-capitalista ha conosciuto degli equivalenti in Brasile negli anni 90 e successivi? E questo orientamento non incontra qualche risonanza con certi dibattiti e scelte di attività pratiche in seno al gruppo di cui parli?
Robson de Oliveira: Va detto che in Brasile non c'è stata una vera e propria discussione intorno ai Grundrisse e al suo famoso Frammento. Il testo è stato considerato un abbozzo interessante, ma un abbozzo. Ho l'impressione che - ma ho potuto seguire il dibattito soltanto a partire dagli anni 2000 - l'interesse per i Grundrisse non sia mai stato sistematico. Si possono trovare degli articoli persi in mezzo ad un mucchio di altri temi ritenuti più urgenti, dei riferimenti in qualche libro, dopo gli anni 1990. La traduzione brasiliano/portoghese è uscita solo nel 2011, cosa che dimostra l'importanza attribuita al testo. Non sono uno specialista e non posso dire di aver letto tutte le riviste dei gruppi della sinistra dell'epoca, ma se si dà un rapido sguardo su qualcuna, la tematica dei Grundrisse non sempre appare, e quando appare vi si trova il tema dell'emancipazione basata sulle forze produttive liberate dal giogo del capitale, l'apologia del General Intellect, ma anche la messa in guardia contro l'idea che il capitalismo operi per la sua propria distruzione, che esso possa collassare senza la lotta operaia. Anche quando ci si appassiona in relazione allo "sviluppo delle individualità" grazie allo sviluppo delle macchine, ciò normalmente avviene in rapporto alla lotta di classe. Non ho affatto l'impressione che quest'aspetto abbia giocato un ruolo nel cambiamento dell'approccio svolto dalla pratica politica. La sinistra tradizionale non ha mai ammesso il declino della lotta di classe, dal momento che per essa la lotta di classe è un conflitto che la storia ha sempre conosciuto. Inoltre, il contesto brasiliano rimane un contesto di lotta, è la fine della dittatura, ed il ritorno dei partiti nella democrazia che nasceva era un segno della fede nell'azione popolare - le preoccupazioni teoriche di fondo rimanevano secondarie. E l'azione politica portata avanti dal gruppo di Fortaleza è stata anche un segno di questa fede nel movimento - malgrado i sospetti riguardo alla democrazia di mercato. Penso che il merito del gruppo di Fortaleza, se ne ha uno, sia stato quello di leggere, a partire dall'inizio degli anni 1990, i Grundrisse, soprattutto il celebre Frammento sulle macchine, come una riflessione sulla contraddizione interna al capitale, sul suo limite interno. Se si guarda un po' alle tematiche affrontate in certe riviste brasiliane di sinistra dell'epoca, si può notare come i soggetti prediletti siano piuttosto l'imperialismo, il dominio della classe borghese, il significato storico della rivoluzione d'ottobre, il sindacalismo, ecc.. Anche le tesi operaiste sono state oggetto di critica da parte dei marxisti brasiliani, ma sempre dal punto di vista di una critica marxista. Ciò che spaventa i marxisti, è la possibilità che venga messo in discussione il lavoro. Secondo un marxista tradizionale piuttosto famoso in Brasile, Ricardo Antunes - feroce difensore dell'ontologia del lavoro -, la cosa più importante nei Grundrisse è che Marx abbia previsto la possibilità di emancipazione attraverso le macchine, dal momento che lo sviluppo delle forze produttive avrebbe potuto rendere il lavoro[!] meno penoso, meno faticoso e sempre più libero, autonomo. Quel che esprime la sua idea, più che il romanticismo del lavoro autonomo grazie alle macchine, è il desiderio inespresso di fondare la società sulle basi dello sviluppo capitalista, soltanto liberata dalla sua gestione irrazionale. Vediamo come l'ontologia del lavoro divenga molto velocemente ontologia del valore, quando dice, in un'intervista a proposito dei Grundrisse, quando vengono pubblicati in Brasile, che la scienza e la tecnica non pregiudicano la produzione di valore da parte del lavoro. Un altro celebre marxista, Ruy Fausto, in un'analisi dei Grundrisse datata 1989 - la differenza fra le analisi è sempre sorprendente -, ha il merito di riflettere sulla crisi del limite interno, ma sempre dal punto di vista dell'ideologia marxista. Il punto di partenza del suo articolo è la crisi, cosa abbastanza notevole per quel periodo, ma egli non sfugge ad una visione politica della crisi che analizza. Per lui - senza voler ridurre il suo articolo soltanto a questo aspetto - i Grundrisse annunciano l'emergere di un uomo che non è più un semplice sorvegliante del processo di produzione, ma ne è il padrone. Per lui, è la fine della sottomissione del lavoro [!] al capitale. Non a caso considera la ricchezza concreta come prodotto del lavoro concreto, e la ricchezza astratta come prodotto del lavoro astratto. Per quel che riguarda lo sviluppo dell'auto-contraddizione, è vero che la si può cogliere nel Capitale, e non si può sostenere che siano soltanto i Grundrisse a contenere l'analisi della crisi del limite interno. Evidentemente, piuttosto ho voluto sottolineare i Grundrisse per dire come si sia cominciato a scoprire la critica del valore in un processo che ha richiesto del tempo. Kurz, per esempio, diceva che per lui non c'era in testo di partenza, ma che era piuttosto l'insieme. Ma per il gruppo di Fortaleza, i Grundrisse sono il punto di partenza. E' a partire da questo testo che si è riletto il Capitale da un punto di vista diverso e si è potuto osservare come lo sviluppo della contraddizione fosse già dentro il Capitale, sebbene in maniera differente. Quindi, in effetti, è un modo diverso di apprendere le cose. Ma non si deve immaginare che i Grundrisse siano stati una rivelazione. Per molti anni, la nostra critica del valore è rimasta mescolata a dei resti di marxismo tradizionale e, come ho detto riguardo alla domanda precedente, sono stati necessari anni di maturazione, e lo sono ancora. Perché i Grundrisse sono stati la porta d'ingresso? Forse perché la ricerca ha avuto inizio a partire dai testi sconosciuti o misconosciuti, fra cui i Grundrisse. Ma potrebbe anch'essere, ed io scommetto su questa possibilità, per il fatto che il Frammento di Mar è stato molto più chiaro sul potere della contraddizione di far saltare il modo di produzione capitalista. Come ha detto Kurz, in Denaro senza Valore, il Marx del Capitale è meno incisivo, il limite interno (terminale) appare in maniera più irregolare di come appare nel Frammento. Forse ci sono nel nostro gruppo delle persone per le quali il ruolo delle forze produttive, un soggetto assai problematico anche nei Grundrisse, non è un soggetto criticamente superato. Ma questo lato, diciamo, politico dei Grundrisse non viene considerato come una base per una prassi sociale. Bisogna anche dire che il punto comune, quest'idea per cui la logica interna del capitale mina la sua propria esistenza, è l'analisi impressionante e diretta di quest'implosione capitalista contenuta nei Grundrisse. Ed è ugualmente interessante constatare che gli intellettuali brasiliani in generale non hanno assunto i Grundrisse secondo questo prisma della crisi del limite interno assoluto. Apparentemente, credevano molto di più, e credono ancora, alle controtendenze come compensazione. Si può immaginare che parlare del limite interno, di auto-decomposizione della forma sociale capitalista, potrebbe smobilitare i movimenti dei lavoratori destinati a farla finita col capitalismo cos' compreso come eterno e che può perire soltanto se un attacco dall'esterno arriva a demolirlo. Molti critici, fra cui alcuni marxisti tradizionali brasiliani, hanno cercato, in rapporto al concetto di crisi della critica del valore, di rimproverarle l'abbandono dell'idea di rivoluzione a vantaggio di una concezione della crisi volta a smobilitare la classe operaia. Quello che più infastidisce nella critica del valore - e questo salta agli occhi per quanto riguarda molti intellettuali brasiliani - è la mancanza del soggetto rivoluzionario, è il fatto che la critica del valore sottolinea degli aspetti che non hanno sbocchi pratici immediati, secondo gli intellettuali movimentisti. Vedono una pratica possibile soltanto nella lotta per la spartizione della ricchezza delle merci, soltanto nella lotta per appropriarsi della ricchezza della classe dei capitalisti. Per loro, è la pratica la vera teoria - a volte, non importa quale pratica sia - è la pratica a dare il sigillo di autenticità ad ogni teoria. La critica radicale del valore, col suo concetto di crisi e la sua critica della forma soggetto, smobilita, secondo i movimentisti.
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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