martedì 14 luglio 2015

L'inizio della fine

the-walking-dead-poster

A picco
- La situazione mondiale comincia a sgretolarsi -
- di Robert Kurz -

Crisi, quale crisi? Così cantava, fino a poco fa, il populismo del cessato allarme e della tranquillizzazione, anche a sinistra. Questa volta, alla fine, il recupero dell'estremamente flessibile economia capitalista avrebbe dovuto essere sostenibile, e si calcolava che sarebbe durato per molti anni. Sembrava che la crisi finanziaria, latente a livello mondiale a partire dall'estate del 2007, avrebbe pregiudicato ben poco tali annunci di successo. E che se fosse avvenuta una cosa simile, si sarebbe trattato tutt'al più di una piccola depressione congiunturale negli Stati Uniti. La zona euro non ne sarebbe stata colpita, ed i paesi emergenti avrebbero potuto fungere facilmente da locomotiva, grazie al loro elevato tasso di crescita. Questo discorso mediatico e politico si distingueva soprattutto per la sua ignoranza. Ora, in una sola settimana, si vedono piovere solamente dati negativi e pronostici cupi.

La maggioranza delle imprese dell'indice DAX, inclusa la Daimler e la BMW, hanno dovuto rivedere drasticamente al ribasso le previsioni dei loro risultati. Dopo il tonfo del settore bancario, con immensi ammortamenti, ora quasi tutti i rami industriali sono "sensibili alla congiuntura". Gli ordinatavi, presumibilmente pieni, arrivano appena alla fine dell'autunno; subito dopo domina un enorme vuoto, dal momento che per il periodo successivo manca qualsiasi ordinativo. Secondo l'Istituto IFO di Monaco, la prospettiva per l'inverno è "molto cattiva"; con la riduzione dei posti di lavoro nell'industria e nei servizi bisogna fare i conti con un fronte assai più ampio. E' scomparso l'aumento di consumi interni, su cui si sperava in primavera, che avrebbe dovuto portare posti di lavoro supplementari. Che fine hanno fatto, visti i bassi salari, il lavoro temporaneo ed i contratti a termine? Le vendite di fine estate sono state le più misere che si vedevano da anni. E le revisioni salariali finora negoziate dai maggiori sindacati, che a malapena riescono a muoversi a causa della loro moderazione, nella migliore delle ipotesi hanno coperto il tasso crescente di inflazione.

Il boom delle esportazioni apparentemente senza fine, che aveva più che compensato la debolezza della domanda interna, è arrivato alla fine; la situazione mondiale comincia a sgretolarsi. In primo piano, continua la recessione negli Stati Uniti. In realtà c'era già stata, nell'ultimo trimestre del 2007, una crescita negativa, per la prima volta dopo tanto tempo. Ma nella primavera del 2008 il consumo è stato nuovamente supportato con crediti fiscali di centomila milioni di dollari. Questo fuoco di paglia si sarebbe estinto nel secondo trimestre. Le conseguenze della crisi del settore immobiliare hanno raggiunto l'economia reale in tutta la sua estensione. Anche la distruzione di posti di lavoro nel settore bancario si trova soltanto al suo inizio; nonostante questo il tasso di disoccupazione negli USA è già chiaramente aumentato. Si annuncia la prossima ondata di crisi finanziaria: secondo le dichiarazioni dell'economista Nouriel Roubuni, il settore delle carte di credito negli Stati Uniti si sta sgretolando su larga scala, esigendo ammortamenti fra 1 e 2 miliardi di dollari, superando la dimensione dello scoppio della bolla immobiliare.

In inverno, la fine del "miracolo consumistico" negli Stati Uniti si andrà a ripercuotere duramente sulla situazione mondiale. "L'America cammina verso la peggior crisi economica dai tempi della grande depressione" (Handelsbatt, il 4 agosto). Ma l'Europa non deve restare in attesa del disastro dall'altra parte dell'Atlantico; essa ha prodotto la sua propria catastrofe. Nel frattempo sono scoppiate le bolle immobiliari in Gran Bretagna ed in Spagna, strangolando il consumo alimentato dai crediti ipotecari, come negli Stati Uniti. Anche l'Italia e la Francia hanno innestato la retromarcia. Uno scenario simile si presenta in Europa Orientale. Le "tigri baltiche", Estonia, Lettonia e Lituania, sono già al tappeto. La "tigre celtica" Irlanda è in attesa dello stesso destino alla fine di quest'anno. La tendenza negativa è aggravata dall'impossibilità di un maggior indebitamento. Secondo un nuovo studio della Deutsche Bank, l'offerta di credito, negli Stati Uniti e nella zona euro, ad imprese ed a privati verrà tagliata, fino al 2010, di almeno il 15%, come conseguenza della crisi finanziaria.

Con tutto ciò, non si tratta di un classico movimento ciclico. Sono quasi 30 anni che la situazione dell'economia reale ha perso la sua sostenibilità. Gli alti e bassi dell'economia mondiale sono state sempre più comandati dai mercati finanziari autonomizzati. La causa non è stata "l'avidità" degli speculatori, ma l'incapacità del capitale di mobilitare lavoro umano come sostanza della creazione di valore reale, su scala necessaria, nelle condizioni della terza rivoluzione industriale. Di fatto, la "rivoluzione neoliberista" non può soppiantare la debolezza strutturale della crescita che è venuta alla luce a partire dagli anni 1970. Invece, il mercato mondiale, incluso il volano dell'esportazione asiatica, è stato supportato da orge di indebitamento e bolle finanziarie. Il rovescio è stato la disoccupazione di massa, la sottoccupazione ed i bassi salari. Ora, l'onda lunga della crescita "finanziariamente indotta" è arrivata al suo termine.

- Robert Kurz - Pubblicato su "Freitag" del 8 agosto 2008 -

fonte: EXIT!

Nessun commento: