«Tutto ciò che può servire a far sì che questo rimanga nell'oblio più profondo della società spagnola, sarà una buona cosa (...) anche se ci sono dei popoli più inclini a dimenticare, rispetto ad altri.», così Zapatero nel novembre del 2008. Raccomandazioni governative, volte a rafforzare quel "patto di oblio", o "patto di silenzio", che continua a designare in modo ingannevole il "contratto" che legherebbe Stato e Società spagnola, al fine di stabilire la democrazia, ricacciando indietro e reprimendo il ricordo del "conflitto fratricida". Una sorta di "giuramento" che sancisce una rinuncia alla memoria, affinché il conflitto non rinasca. Il risultato di questa sorta di anestesia della memoria è una memoria frammentata e individualizzata, composta da una miriade di pezzi separati fra di loro. Non per niente, la Spagna è una nazione che ha scelto un inno senza parole! Impossibile trovare un accordo pur minimo su un testo comune. Impossibile una "memoria storica", cioè una rappresentazione del passato costruita nel presente, quando gli attori coscienti e determinati di una guerra civile devono essere trasformati in vittime di un conflitto fratricida, e trattati su un piano identico a prescindere da quale fosse il loro campo.
«A breve termine è possibile che la storia la facciano i vincitori, ma a lungo termine i guadagni della conoscenza storica provengono dai vinti.» - Reinhard Koselleck, "L'esperienza della storia" -
La natura complessa del conflitto spagnolo riesce, in parte, a spiegare i problemi legati alla memoria, a partire dai diversi nomi del conflitto stesso. "Guerra di Spagna", "guerra civile", "rivoluzione spagnola" e, perfino, "prova generale"! Ciascuno dei termini ha preteso, e pretende, di definire il conflitto, di esprimerne il carattere essenziale. L'opposizione principiale si gioca fra i termini di "guerra" e di "rivoluzione", i quali affondano le loro radici nelle due opposte interpretazioni politiche del conflitto, e i cui rami si propagano sulla memoria odierna. "Prova generale", intesa come preludio alla seconda guerra mondiale, è invece il termine forgiato dai servizi della propaganda repubblicana al fine di opporsi alla politica di non-intervento.
La guerra civile spagnola ha messo in atto una continua mitologizzazione di sé stessa, e dei suoi avvenimenti che vengono tutti amplificati attraverso l'utilizzo dei mezzi di propaganda. Viene instituita una memoria scritta e visiva che trasfigura la Storia e le assegna una dimensione epica: il documento filmato che mostra la presa del Cuartel de la Montaña, da parte del popolo madrileno, in realtà è una ricostruzione.
I bombardamenti di Barcellona sono stati assai più terribili di quelli di Guernica, ma nella memoria quello che domina è il quadro di Picasso. Anche la comprensione, e la conseguente memorizzazione, della guerra soffre di qualche problema già proprio nel fuoco del combattimento. Denominazioni paradossali: i contro-rivoluzionari vengono chiamati "ribelli", mentre i rivoluzionari vanno a riconoscersi nel termine "lealisti". Del resto, siamo in una guerra civile che ha permesso di vedere gli anarchici al governo ed un partito comunista che difende la proprietà e la Chiesa, mentre si registra la sicura presenza di "Hitlero-trotskisti” su tutto il territorio della Repubblica! Non c'è niente che non abbia un doppio senso, anche il famoso "non-intervento", considerato che, malgrado i divieti decisi dai governi, i franchisti ricevono il supporto della truppe italiane e tedesche, mentre la Francia del Fronte Popolare fa avere al governo repubblicano tutto ciò che non è stata autorizzata a spedire.
Anche il concetto di "antifascismo" si dimostra portatore di significati, i più differenti. La parentela dichiarata dell'estrema destra falangista con il fascismo, insieme alle manifestazioni di simpatia per Hitler e Mussolini nel campo nazionalista, concorrono a rendere reale la percezione di un pericolo fascista in Spagna. Tuttavia, il termine diventa dominante solo dopo aver soppiantato la parola "rivoluzionario", a partire dalle prime fratture che compaiono nel campo repubblicano. Fino al punto che oggi questo termine serve a distinguere due correnti storiografiche, due letture del conflitto. Da una parte - Stéphane Courtois o François Furet per esempio - l'antifascismo viene visto come una creazione, ed una strumentalizzazione, del movimento comunista internazionale e la Spagna rappresenta il momento più alto della propaganda dell'Internazionale Comunista che su essa forgia la sua storia e la sua leggenda; in questo quadro l'antifascismo serve a mascherare la realtà del conflitto e l'opposizione fra rivoluzione e contro-rivoluzione. Dall'altra parte invece si afferma che « L'assimilazione pura e semplice dell'antifascismo al comunismo, è una proiezione retrospettiva della storiografia anticomunista, più che un giudizio formulato sulla base di un'analisi contestuale.» (Enzo Traverso, "A ferro e fuoco. La guerra civile europea, 1914-1945", Bologna, Il Mulino, 2007): per questa corrente storiografica, fare dell'antifascismo una mistificazione significa dimenticare la complessità della situazione e le ambivalenze dell'impegno antifascista; con la guerra civile spagnola compare una nuova dimensione simbolica ed il campo politico si risolve in uno scontro tra fascisti e antifascisti, laddove l'antifascismo rappresenta il sentimento di tutti quelli che vogliono battersi per una visione del mondo in cui sono i difensori della ragione.
Finito il conflitto, le memorie si sono spaccate. Da una parte i vincitori franchisti che hanno imposto un racconto basato sull'esaltazione dei vincitori e sulla distruzione fisica e morale dei vinti; lo spazio pubblico coperto di simboli a glorificazione dei vincitori, della "guerra patriottica" e della "Santa Crociata". Dall'altra parte, l'esilio conserva e protegge la sua propria memoria: la trasmissione di questa memoria altra viene vista come la missione principale dei vinti e dei loro discendenti, una memoria che vuole essere quello che rimane della vera Spagna.
Oggi, la ricerca della memoria, e i dibattiti mediatici che ne conseguono, hanno portato a porre l'accento sulla repressione, sicuramente reale, esercitata dai vincitori e, quindi, allo stesso tempo, a ridurre la complessità storica della guerra civile. Il problema storico di quello che è stato un formidabile sisma sociale viene ridotto alla sola questione repressiva, attuando uno spostamento di significato che oggi viene riassunto con l'espressione, sempre più diffusa, di "Olocausto dei repubblicani"; il parallelo con la Shoah si ritrova, ugualmente, nella petizione che reclama una "Norimberga spagnola", come se tutto potesse essere ridotto ad una questione fra carnefici e vittime! La percezione dei protagonisti del conflitto spagnolo si fa sempre più sfuocata e le forme di rappresentazione attuale stendono un velo sulla complessità dell'impegno di quell'epoca.
Un grado ancora più alto di confusione si raggiunge quando, seguendo le logiche economiche della museificazione turistica, a Casa Viejas, per esempio, si installa un complesso alberghiero in un luogo che ha segnato l'inizio della guerra civile; oppure a Viznar - luogo dove forse si trovano le spoglie di Federico Garcia Lorca - dove si può seguire la "Ruta del Poeta" da parte dei turisti di tutto il mondo, per non parlare dei circuiti di trekking sulle tracce dei guerriglieri antifranchisti, creati pressoché in tutte le regioni della Spagna, e delle gite ai luoghi dove si sono svolte le principali battaglie, da Teruel all’Ebro.
La storia si vede così sintetizzata dentro una memoria ufficiale dell'antifranchismo che tralascia i conflitti violenti che attraversarono il campo repubblicano. La narrazione vittimistica finisce per assorbire tutte le altre, riducendole a niente e neutralizzando tutti i conflitti del passato. Dal momento che tutti sono stati "vittime di una guerra fratricida", non importa stare a cercare i significati della guerra e della rivoluzione spagnola. La stessa parola, "Rivoluzione", sparisce da tutte le discussioni e da tutti i dibattiti e dalle pubblicazioni che parlano di "recuperare la memoria storica". La retorica del compromesso oramai è dappertutto ed è ad essa che si ispirano i testi dei memoriali consacrati alla guerra civile. L'espressione, "A tutte le vittime della guerra civile", è quella che che si trova in tutti i luoghi della memoria. Non sono le vittime a fare le rivoluzioni!
2 commenti:
Grazie Franco Senia sempre articoli superbi.
Grazie, sei molto gentile
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